Hanging shadows

Perspective on italian horror cinema
 

un documentario di Paolo Fazzini
 

di Gabriele FRANCIONI


L'opera di Paolo Fazzini, ormai uno dei massimi esperti internazionali nel campo della materia trattata (l'horror italiano dal dopoguerra ai nostri giorni), si arricchisce di un altro importantissimo capitolo: la seconda parte del corpus di interviste condotte insieme ai Maestri del genere, completata da alcuni imprescindibili inserti dell'ultima ora riguardanti la scena più recente della produzione orientata al solo mercato dell'home video (Fratter).
Considerato, poi, che il testo GLI ARTIGIANI DELL'ORRORE, uscito l'inverno scorso e premiato con un ottimo successo di pubblico e positivamente accolto dalla stampa, raccoglie la quasi totalità delle interviste presenti sia in HANGING SHADOWS che in LE OMBRE DELLA PAURA, se ne evince che gli appassionati ed esperti del genere non possono assolutamente prescindere da una tale quantità e qualità di interventi, riordinati e assemblati con cura e taglio critico assolutamente originali e pertinenti allo stesso tempo, per poter affrontare seriamente un'importantissima categoria del cinema nostrano.
Come il testo-intervista di Truffaut è da tempo il "libro da comodino" di tutti gli studiosi di Alfred Hitchcock, similmente l'opera dell'ascolano ha un posto fisso nella video/biblioteca dei cinefili e critici attenti agli sviluppi di ciò che, ormai Fazzini lo ha chiarito con grande lucidità interpretativa, non va più considerata una zona d'ombra del cinema italiano, ora che sono stati sdoganati i lavori non solo di Sergio Martino, Lucio Fulci - se ce ne fosse stato bisogno - ma anche le pellicole di Lamberto Bava, Michele Soavi o Sergio Stivaletti, seppur con notevoli differenze puntualmente rilevate dall'autore.
Eppure, in un contesto che tende a recuperare in maniera talvolta superficiale e, per così dire, "generalista" l'intera produzione riconducibile sotto la denominazione di cinema "trash" (si veda la pletora di uscite in edicola di dvd che celebrano le gesta e l'estro di maestri della recitazione quali Bombolo o Alvaro Vitali o l'ammiccamento di ex-critici di vaglia verso ambienti frequentati dalla neo-intellighenzia romana e annessi notevoli esponenti, quali Er Piotta), Fazzini conduce ostinatamente la sua ricerca sui binari di analisi colte e mai scontate, che all'osservazione volta a sviscerare i contenuti squisitamente estetici, associa un sottilissimo tracciato secondario, ovvero un sottotesto rivolto ad approfondire il contesto socio-politico in cui le opere vennero prodotte.

Ecco allora che, ripartendo dalla fine degli anni Settanta, comprendiamo, con ancora maggiore chiarezza rispetto alle OMBRE DELLA PAURA, la differenza tra l'horror rurale, grottesco e sanguigno di un Avati degli esordi e la scelta quasi ideologica (e poi coerentemente stilistica) di un Dario Argento interessato alla metropoli italiana degli anni di piombo, seppur alleggerita dal rischio di iper-realismi di sorta e lontana da ogni mimetismo applicato allo scontro allora in atto tra sinistra e destra, brigatismo e neo-fascismo.
Assai apprezzabile da parte del regista di Ascoli (ormai pronto per girare un film di finzione), il cambio di registro rispetto al lavoro che precede HANGING SHADOWS: man mano che sprofondiamo letteralmente nel buio degli oscuri anni '80, eredi del decennio "di piombo", ma rispetto ad esso assai più visceralmente cupi e "cannibalistici" - lo hyuppismo di derivazione statunitense prevedeva l'annullamento dell'avversario, fagocitato e digerito sulla base di una logica di truculenta concorrenza breteastonellisiana: altro che Milano da bere! semmai, da mangiare... - Fazzini adotta gli stilemi del neo-horror, sempre più affidato al realismo degli effetti speciali pre-CGI, di cui Stivaletti fu il maestro riconosciuto, insieme al meno giovane Giannetto De Rossi.
HANGING SHADOWS è impreziosito da inserti visivi ancora non presenti nelle OMBRE; da tagli di montaggio sincronizzati al commento sonoro con attenzione maniacale, al punto da affidare l'elaborazione della colonna sonora ad alcuni suoi stretti collaboratori.
Le policromie che invadono lo schermo e lo colorano come una tela della coeva transavanguardia bonitoliviana (pensiamo al marchigiano Enzo Cucchi o Sandro Chia) sono a tutti gli effetti non semplice tributo alla svolta, ad esempio, dell'Argento trascendentalista di INFERNO (1980, non a caso: tutto contrastatissimi colori primari e materia ematica in primo piano), ma descrivono con sapienza un'arte autonoma del fare "documentari".
Come in altro settore Alina Marazzi, Fazzini aderisce alla materia trattata (si veda a questo proposito il precedente speciale su GLI ARTIGIANI DELL'ORRORE e il più recente lavoro sulla stessa Marazzi, sempre su KINEMATRIX), procedendo per osmosi tra il proprio racconto e le narrazioni contenute nei testi analizzati.
Quando Soavi parla del significato di fare cinema di genere negli anni '80, di film come LA CHIESA o LA SETTA, egli è l'attore del regista Fazzini, che mai si adagia sui tempi morti di interviste-fiume viste altrove, ma segmenta le ore di girato con grande senso dei tempi narrativi e un "ritmo" sempre alto, quasi un "beat" memore del suo passato di musicista.

In un periodo in cui si assiste, anche grazie alle tecnologie digitali, ad un grande ritorno verso il genere (bastino titoli come THE DESCENT, capolavoro del neo-horror britannico, di matrice hammeriana, o come HAUTE TENSION, che vede lo straordinario lavoro "poverista" di Giannettò De Rossì elogiato da regista e attori negli extra del dvd: un must assoluto ascoltare Cecile De France o Maywenn Le Besco che ricordano ANCHE a noi italiani i trascorsi viscontiani di De Rossi, da noi poco conosciuto e/o stimato quanto dovrebbe), la ricerca fazziniana acquista il significato di trait d'union tra un passato abbastanza recente e un presente/futuro più rosei e ricchi di aspettative, dopo la crisi degli anni Novanta, che emarginò un numero impressionante di "artigiani dell'orrore" riluttanti al riciclo televisivo, alcuni dei quali ne sono, letteralmente, morti.
Ecco, un certo senso di cupezza macabra presente in LE OMBRE (valga per tutti il disincanto di Margheriti/Dawson prossimo alla fine), lascia il posto ad un misto velato pessimismo e neo-ottimismo che colora anche le espressioni e il gergo dei vari Bava, Dardano Sacchetti e Deodato (collaboratore di Roberto Rossellini).
Un Deodato che parla, a ragion veduta, della valenza metaforica di CANNIBAL HOLOCAUST, il suo controverso e contestatissimo lavoro dall'apparenza pre-gore e iniziatore del classico filone anni '80 (esotismo ed erotismo a braccetto con cannibalismi vagamente rituali). "Antropofagia mediatica" è l'espressione usata dal regista e riferita al contro-cannibalismo della stampa di quegli anni, capace di distruggere la carriera di un autore, fatto a pezzi sulle riviste dell'epoca, quando quella rappresentava ipocritamente l'orrore dei reportages di guerra (corpi realmente straziati, sadismo d'accatto, etc), già protagonisti dei telegiornali coevi.
Soavi, a questo proposito, parla di "sublimazione o catarsi" di un immaginario visivo collettivo ormai irrimediabilmente corrotto dalla cronaca "nera" degli orrori quotidiani (morte negli stadi, morte in diretta) attraverso una ri-generazione dello stile, che risale a topoi non solo figurativi di quegli anni, come DYLAN DOG ("l'orrore nell'ovvio, nel comune").

HANGING SHADOWS è stato visto da un vastissimo pubblico al recente Noir In Festival di Courmayeur e avrà sicuramente una distribuzione meno complessa di LE OMBRE, ma ci piacerebbe che un Neil Marshall ne analizzasse, ad esempio, parti come il breve segmento dedicato a LA LUCERTOLA CON LA PELLE DI DONNA di Fulci, dove i pipistrelli del giovane Rambaldi anticipano THE DESCENT, per riconoscere i debiti del cinema internazionale nei confronti della misconosciuta produzione italica.
Paolo Fazzini mette subito in chiaro le cose: Mario Bava fu il "pittore" del genere horror; Riccardo Freda l'intellettuale colto e raffinato; Lucio Fulci il cineasta puro, all'americana, quasi un Sergio Leone vissuto nell'ombra.
Forse è il momento, quindi, che dopo la meritoria opera di riscoperta partita dall'aficionado Quentin Tarantino e dopo i lavori fazziniani (il regista di KILL BILL prese dalle mani di chi scrive proprio una copia del dvd di LE OMBRE DELLA PAURA!), anche l'Europa riconosca il valore dei registi appena citati e di quelli che seguirono, con retrospettive (Annecy, ad esempio), saggi e cataloghi.
Ciò porterebbe a nuove possibilità distributive di lavori futuri, poiché è ingiusto che un NASCONDIGLIO DEL DIAVOLO/THE CAVE, pessimo esempio di cinema americano sgraziato e svuotato di ogni contenuto, goda delle attenzioni della stampa di ogni paese, laddove molti autori italiani avrebbero senza dubbio fatto meglio.
Ma, come sottolinea Lamberto Bava in chiusura di HANGING SHADOWS, nell'italietta degli scoop giornalistici grondanti sangue in prime time e dei grandi fratelli, nell'epoca dell'iperrealismo bidimensionale dell'Iraq troppo lontano per toccarci veramente, accostato senza ritegno alla falsa "reality" del quotidiano, nessuno vuole sporcarsi le mani con sceneggiature poco controllabili e inadatte alla prima serata.

 


"HANGING SHADOWS"
dal pressbook del film

 

LA STORIA
“Il cinema italiano del terrore, ma più in generale il cinema di genere, in Italia non esiste più. Ho sentito quindi il desiderio di documentare tale stato di cose. Il cinema thriller italiano ha avuto il suo exploit durante gli anni ’70 (così come l’action movie), mentre l’horror ed il fantastico hanno proliferato durante gli anni ’80 ed i primissimi anni ’90. Dopodiché una grande crisi ha colpito il cinema commerciale; i registi che avevano conquistato notorietà internazionale scompaiono dagli schermi e vivono quasi esclusivamente nelle parole che famosi registi come Scorsese e Tarantino tributano loro.
Nel presente documentario si tenta di ricostruire alcuni aspetti del cinema italiano fantastico degli ultimi venti anni attraverso le parole di alcuni dei più noti professionisti che hanno segnato le tappe fondamentali di questo genere cinematografico. Più che una storia del cinema, mi interessava far emergere le singole personalità e alcune delle tematiche legate a questo genere di produzioni comunemente considerate, in Italia, puri prodotti di intrattenimento. Insieme alla violenta ondata americana (Carpenter, Hooper, Craven, Romero, Cronenberg) i nostri film horror, senza ricorrere a metafore esplicite o limitanti, riuscirono a rappresentare i timori e le nevrosi di un’epoca. Perché, come le belle favole, anche le storie basate sulla fantasia impaurita, non sono ancorate a realtà transitorie, ma parlano di sentimenti permanenti. Infatti, al di fuori dei circuiti istituzionali, l’horror continua ad essere un genere amato e praticato da registi che spesso realizzano le proprie opere in Italia ma che vengono distribuite in paesi esteri, e le numerose clip di recenti film e cortometraggi alternati alle interviste lo dimostrano.
è possibile considerare il documentario una sorta di viaggio, fisico e psichico, alla ricerca di registi, sceneggiatori, critici, a volte filmati direttamente sui loro luoghi di lavoro; lo stile di ripresa ed il montaggio sono volutamente aggressivi, sporchi, sfuggenti, così come spesso erano i film realizzati da queste persone che, con la loro abilità e le loro intuizioni, sono riusciti a tradurre ed a portare sugli schermi di tutto il mondo le nostre paure.”
PAOLO FAZZINI

DARIO ARGENTO
“Queste predisposizioni, nascono in un periodo particolare, come la fase infantile e l’adolescenza. E anche io ho iniziato a prendere contatto con queste cose quando ero ragazzino, dapprima leggendo grandi autori, come Edgar Allan Poe e i fratelli Grimm, e poi vedendo i primi film horror.”

LUIGI COZZI
“I film horror riflettono ciò che era presente nella società italiana di quegli anni, quindi i registi si raccoglievano le sensazioni che erano nell’aria. I film horror erano prodotti che derivavano dal genere western. Il cinema horror italiano subisce queste influenze. I thriller nascono dalle stesse persone che avevano realizzato questi western violenti, e quando hanno capito che si potevano applicare le stesse regole anche ai film horror superando tutti i precedenti, allora si è innescata una gara a chi si spingeva più oltre. “

RUGGERO DEODATO
“Cannibal holocaust è una storia contro i giornalisti dell’epoca - ed oggi la situazione è ulteriormente peggiorata - che facevano degli scoop tremendi e li mostravano in televisione in prima serata. Mio figlio, allora piccolo, si lamentava spesso con me delle immagini orribili che a volte venivano mostrate; Allora, attraverso il soggetto di quel film, attaccai i mass media.”

MICHELE SOAVI
“Il pubblico va al cinema a vedere film con contenuti violenti per esorcizzare le proprie paure, per sfogarsi, ed è simile a quando si va allo stadio, luogo che peraltro ritengo molto più pericoloso di una sala cinematografica, perché lo stadio non è una realtà virtuale e sappiamo che spesso si verificano incidenti. Il cinema, invece, può essere uno strumento di autoanalisi perché lì le persone sfogano le paure, le angosce; ed è per questo che dopo aver visto un bel film ci si sente come riempiti, rinnovati.”

VITTORIO GIACCI
“La violenza rappresentata nei film crea nuova violenza o la sublima e la cancella? Credo che nessuno psicologo o sociologo abbia mai dato risposta a questa domanda. Penso che su questi argomenti abbia detto una cosa intelligente Hitchcock, che di violenza se ne intendeva: “ stiamo attenti cosa comunichiamo ad un bambino, perché un bambino è come una banca: ci restituirà tutto quando sarà grande, e con gli interessi!”

ANTONIO TENTORI
“In Italia i produttori preferiscono distribuire film esteri piuttosto che produrli, e secondo me è un errore perché questo tipo di film risulta fortemente esportabile. E poi c’è un altro fatto, e cioè che i film horror sono generalmente vietati ai minori di 14 anni quindi in tv, in prime-time, non possono essere trasmessi; quindi questi film passano in seconda serata con il conseguente calo di investimenti pubblicitari e quindi di guadagni.”
 


IL REGISTA
Paolo Fazzini (Ascoli Piceno, 1974) si laurea in Filmologia presso l’Università Roma Tre.
Si diploma alla N.U.C.T. presso Cinecittà in Regia Televisiva e Pubblicitaria.
Nel 2001 scrive e dirige il cortometraggio L’uomo astratto, interpretato da Remo Remotti, con il quale vince il primo premio al festival ‘Corto per Scelta’.
Nel 2002 cura e dirige il documentario Le ombre della paura - Il cinema italiano del terrore 1960/1980 distribuito dalla Mikado (Milano), con il quale partecipa al Festival del Cinema di Venezia 2004 ed ai più importanti festival nazionali.
Quindi dirige i documentari Albania (prodotto dalla organizzazione non governativa INTERSOS/ECHO (Roma), Ritmi di Vita girato all’interno dei carceri di Padova e Rovigo.
Nel 2003 dirige il documentario Il sogno di Adolphe Sax – Una storia del sassofono con interviste ai più famosi jazzisti internazionali (Steve Lacy, Lee Konitz, Bradford Marsalis, Wayne Shorter, Joshua Redman, Maurizio Giammarco, ecc.) con il quale partecipa a numerosi festival nazionali e distribuito da Vitagraph (Bologna).
è caporedattore del sito web di cinema www.kinematrix.net per il quale segue e recensisce novità cinematografiche, festival e realizza interviste.
Nel 2004 pubblica il volume Gli artigiani dell’orrore – 50 anni di brivido (casa editrice ‘Un mondo a parte’).
Nel 2005 scrive e dirige Romusik, format tv in onda sul canale RomaUno (canale Sky 860).

FILMOGRAFIA
1998
FRATELLO DI SANGUE (cortometraggio)
PERSI NELLO SPECCHIO DI NESSUNO
(cortometraggio)
L’ULTIMA STANZA (cortometraggio)
PASSI (durata 14 min.)

2002 L’UOMO ASTRATTO (premi: miglior corto al Festival Corto per Scelta 2003)
LE OMBRE DELLA PAURA – 1960/1980 Il cinema italiano del
terrore (documentario)
ALBANIA (documentario, produzione Intersos)

2003 IL SOGNO DI ADOLPHE SAX Una storia del saxofono (documentario)
RITMI DI VITA (documentario)
2004 COLTELLI (cortometraggio)
2005 ROMUSIK (8 puntate per Romauno TV)
 

Hanging shadows

Perspective on italian horror cinema
Regia: Paolo Fazzini
Sceneggiatura: Paolo Fazzini
Cast: Dario Argento, Michele Soavi, Lamberto Bava, Sergio Stivaletti, Ruggero Deodato
Fotografia: Alfonso De Munno
Montaggio: Gianluca Paoletti
Musica: Andrea “A.N.D.” Antonini
Produttore: Paolo Fazzini
Produzione: Gore Bros Production
gobross@tin.it
Co-produzione: Film Optino
Italia, 2005 - 60’, video, colore