NOIR IN FESTIVAL

06/12:12:2005

COURMAYEUR

di Paolo FAZZINI

 

THE TORTURER,

l'ultimo lavoro di Lamberto BAVA

 

 

Il Premio del Pubblico,

PIANO 17 dei Manetti BROS.

 

 

L'intervista a

Giovanni PIANIGIANI, regista


 

 

 

THE TORTURER, di Lamberto BAVA
 


Una vera anteprima del Noir In Festival (anche perché presentato come work in progress, soprattutto per quel che riguarda il missaggio audio) è The Torturer che segna il ritorno all’horror di Lamberto Bava. Il film, firmato da Bava insieme a due vecchie ‘volpi’ del cinema di genere come Luciano Martino (anche produttore) e Dardano Sacchetti (è suo il soggetto), ha visto la luce grazie all’applicazione delle tecniche digitali di ripresa.

 

“Il mercato del dvd è in piena espansione, più del cinema”, spiega il regista, “e se oggi non sei in grado di girare in digitale sei come tagliato fuori dalle produzioni.” Inoltre, nella produzione, è intervenuta anche la spagnola Filmax, per cui tutta la postproduzione è stata effettuata a Barcellona. Ma ciò che sorprende di The Torturer è l’ottima resa cromatica e visiva delle immagini.
 

Il Torturatore è un film a basso costo, un horror a metà tra una cifra stilistica anni ’80 ed una più contemporanea.”, continua Bava, “è soprattutto un horror digitale. Ed è proprio questo punto che mi incuriosiva di più: lavorare con l’alta definizione e vedere le opzioni che il mezzo mette a disposizione del regista e del direttore della fotografia. Di fatto il digitale ci è servito per l’uso di effetti visivi, e per un lavoro accurato sui colori. La maneggevolezza del mezzo ancora non è ottimale e poi da questo punto di vista i cambiamenti stilistici sono ben pochi, ho sempre lavorato con grandi movimenti di macchina anche all’epoca del 35mm”.


A proposto delle protagoniste del film, Bava ha rivelato che “le attrici sono tutte giovani e pressoché esordienti. Visto che il film ha come protagoniste delle ragazze che tentano la via del cinema e si sottopongono a dei provini, mi sembrava opportuno scegliere tra coloro che realmente avessero poca esperienza cinematografica. A proposito di giovani, devo ringraziare in particolar modo, il montatore Raimondo Aiello e il musicista Paolo Vivaldi, due ragazzi giovani che hanno lavorato in perfetta sintonia”.


Ginette, una giovane aspirante attrice, ha un provino con Alex Scerba, un regista piuttosto eccentrico, tristemente noto per la sua indecenza, per i suoi film smodati e la sua costante ricerca dell’estremo. Durante l’audizione Ginette cade vittima del fascino di Alex e i due cominciano a frequentarsi. Da alcuni indizi, inequivocabili, Ginette, capisce che anche la sua migliore amica Marzia, scomparsa diversi giorni prima senza lasciare alcuna traccia, aveva fatto un provino con Scerba. Nello stesso posto altre giovani ragazze stanno partecipando ad un provino con un uomo che nasconde il proprio viso e la propria identità. Tre di queste ragazze, pronte a tutto per diventare attrici, sono sottoposte ad un folle processo di selezione fatto di torture sconsiderate e perverse.
Queste due storie contemporanee, legate da un filo narrativo delirante, si dipanano in un breve arco di tempo, per poi intrecciarsi l’una con l’altra nel gran finale.
 

Tralasciando la sceneggiatura (prevedibile il colpevole, approssimativi l’intreccio e i personaggi) ciò che sembra interessare più Bava è una costruzione delle immagini, delle composizioni delle inquadrature che negli ultimi lavori (per il cinema e la tv) pareva non avere più a cuore. Volutamente girato quasi interamente di notte e in interni per esaltare le potenzialità del digitale, il regista mette in scena un vero teatro della violenza (parecchie le scene gore) ricalcando dei meccanismi e temi provenienti direttamente dal thriller degli anni ’70. Non sarebbe un errore infatti considerare The Torturer una sorta di violento remake di Sei donne per l’assassino, proto-thriller diretto dal padre Mario nel 1964. Le aspiranti veline si sono sostituite alle modelle, un teatro di posa rimpiazza l’elegante atelier, ma l’accanimento con il quale l’assassino elimina i corpi delle vittime sembra invariato.

Non si sa ancora se la pellicola sarà distribuita esclusivamente in Home Video o se sarà possibile un’uscita nelle sale, ma il film merita senz’altro una visione, non fosse altro per capire come, in un panorama produttivo asfittico come quello italiano, i nostri registi tentano di ri-affrontare il genere e le tematiche legate alla paura e all’orrore.
Voto: 24/30

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PIANO 17, dei Manetti BROS.
 


Il Premio del Pubblico del Noir In Festival se lo è aggiudicato Piano 17, il nuovo film dei fratelli Manetti.
Come hanno spiegato i Manetti: “Il progetto nasce dal desiderio di un gruppo di amici professionisti di realizzare un film senza passare attraverso tutte le fasi, lunghissime e spesso inconcludenti, normalmente necessarie per poter produrre economicamente un film. Il gruppo si propone di autofinanziarsi mettendo nel progetto, oltre le proprie prestazioni professionali, quel minimo di apporto finanziario necessario alla realizzazione e di coinvolgere l’intera troupe (cast artistico e tecnico) e i fornitori a partecipare al progetto in una formula cooperativistica o gratuita.”
Gli artefici di questa produzione, costata circa settantamila euro, sono appunto gli stessi registi con la collaborazione degli attori che compongono il cast (Elisabetta Rocchetti, Enrico Silvestrin, Giuseppe Soleri), e il protagonista Giampaolo Morelli, che firma anche la sceneggiatura.


Mancini (Giampaolo Morelli) deve posizionare una bomba all’interno della direzione generale di una grande banca per distruggere alcuni importanti documenti scomodi ad un losco committente. Camuffato da uomo delle pulizie e con la bomba innescata da un timer, rimane però bloccato in ascensore insieme a due ignari impiegati (Elisabetta Rocchetti e Giuseppe Soleri) intenti a tornare a casa dopo il lavoro.
All’esterno dell’edificio due dei suoi complici, Pittana e Borgia (Enrico Silvestrin e Antonino Luorio) tengono sotto controllo la situazione, apparentemente in attesa che l’uomo porti a termine la sua “missione”.
In una corsa contro il tempo dove la tensione sale sempre più, Mancini comincia a rendersi conto che forse i suoi complici non lo stanno aiutando come dovrebbero…


Dopo l’invisibile Torino Boys e il deludente Zora la Vampira, i Manetti riescono a confezionare un film sentito, riuscito, divertente. Grazie alla buona prova degli attori (assolutamente efficaci Morelli e Lourio, più acerbi e artefatti la Rocchetti e Silvestrin) la pellicola, tarantiniana quanto basta, rappresenta finalmente l’opportuno omaggio a quel cinema di genere tanto amato dai registi che, invano, avevano tentato di citare nei precedenti lavori (il cameo di Enzo G. Castellari nei panni di un custode è sintomatico). Girato in digitale (in HD, ottima la fotografia di Fabio Amidei) Piano 17 è un altro esempio di dignitosa produzione italiana realizzata al di fuori del paludoso progetto di finanziamento statale, che mai come quest’anno ha rivelato tutte le falle di un sistema ormai al capolinea.
Nella prossima primavera dovremmo vedere in tv L’Ispettore Coliandro, le 5 puntate Rai dirette dai Manetti nel 2004 e inspiegabilmente congelate dalla rete.
Voto: 25/30

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Intervista a Giovanni PIANIGIANI

Giovanni Pianigiani, 43 anni, triestino, ha un lungo passato di filmaker: negli anni ‘80 ha comprato una cinepresa super8 e ha cominciato a fare film con amici sia a Bologna, dove si è diplomato al Dams, sia a Trieste.
Ha diretto il lungometraggio Nella notte e ora è uscito negli Stati Uniti, in home video, “Pilgrimage”, il suo episodio di Red Midnight.

KINEMATRIX Come sei arrivato a realizzate il lungometraggio Nella notte?
 

GIOVANNI PIANIGIANI Per arrivare a Nella notte sono passato attraverso varie esperienze lavorative e per la verità anche di disoccupazione! Dunque... sono un appassionato di cinema di vecchia data, praticamente da quando andavo al cinema del prete, a Trieste. Avevo 10 anni e mi deliziavo a vedere su grande schermo tutti i film di Godzilla, svariati spaghetti western, peplum, fantascienze varie. E iniziavo un tipo di vita piuttosto diverso da quello di tanti ragazzi italiani, cosa che si è riversata anche nella mia attività cinematografica di tanti anni dopo. Trieste è una città particolare, molto laica e aperta. Per dirla in breve, il prete non ci ha mai rotto i coglioni con discorsi bigotti verso il sesso e le ragazze.
Comunque... sono arrivato a Roma agli inizi degli anni novanta per cercare di fare cinema dopo una lunga esperienza come filmaker e dopo essermi laureato al Dams sulla trilogia dei morti viventi di Romero. Nel '96 o '97, non ricordo, ho vinto l'European Script Fund con un soggetto poi divenuto sceneggiatura intitolato "Trda Glava - Testa dura" assieme a Daniele Scarabotti. Ovviamente all'improvviso tutti hanno iniziato a leccarci il culo, la sceneggiatura è passata alla Rai e lì ho capito che fare cinema veramente libero in Italia sono cazzi amari: bisogna vincere qualche cavolo di premio istituzionale con storie giocoforza edulcorate, si deve vendere a una grossa televisione i diritti antenna (ed ecco perciò il funzionario Rai che ci fa togliere le parolacce e un monologo che la prostituta protagonista fa riguardo all'uso del preservativo), ho capito altresì che il genere non esisteva più e senza genere non si fanno i soldi da reinvestire in altri film compresi quelli "culturali", e senza il genere si fanno pochi film e perciò è impossibile imparare il mestiere. Per farla breve poi il film non l'abbiamo fatto perché è uscito un altro film sullo stesso argomento e con due scene uguali!

KMX E poi cosa è successo?
 

GP I nostri produttori si sono dileguati dopo mesi di corteggiamenti e non hanno mai telefonato per giustificarsi. Per cui mi sono trovato disoccupato, ho preso il telefono, ho chiamato il regista Alex Perry e mi sono dato al porno. è un mondo pieno di persone squallide, certo, ma anche di entusiasmo per il lavoro. Scrivevo il film che due mesi dopo era pronto, mentre giravamo un film arrivavano altri produttori e si preparavano le prossime "imprese". Di questa mia esperienza ho scritto un lungo soggettone pieno di sincero amore verso le attrici e gli attori, gli oscuri mestieranti che sono stati gli ultimi in Italia a fare cinema di genere che si produce da solo e continua a lavorare sulle proprie gambe. Dopo Alex Perry ho incontrato Lawrence Webber, al secolo Lorenzo Onorati, un esperto di soft e hard, un signore del cinema, uno che respira cinema e sa cos'è il cinema. Dopo aver fatto alcuni film da record (uno di questi, Spy Connection, l'ho scritto in una notte e l'abbiamo girato in un giorno!) mi ha telefonato e mi ha chiesto di fare un horror bello pesante, per provare a fare un altro tipo di genere. C'è da dire che io ho imparato a scrivere i film proprio tramite il porno: infatti mi si chiedeva la narrazione classica con protagonista, antagonista, sviluppo, crisi centrale e risoluzione. Uno di questi film, The consenting Husband/Col consenso del marito di Alex Perry, è veramente articolato e regge benissimo anche in versione soft.

kmx Quando avete avuto l’idea quindi di mettere in produzione questo horror?


GP Onorati e io abbiamo deciso di iniziare con un corto dal titolo "Nella notte". Ho scritto con cura la sceneggiatura, abbiamo chiamato quelli della Fanta X per gli effetti e Lorenzo ha girato il corto con me all'aiuto regia. Molti sapevano di questo nostro tentativo e ci commiseravano reputandolo il classico esempio di "nozze con i fichi secchi". Invece il corto è venuto tosto e appassionante e così ho scritto altri due episodi che continuavano le vicende del primo corto. Queste due nuove parti le ho girate io, mentre Lorenzo organizzava magnificamente un tour de force con una ventina di location e più di venti attori, con la basilare organizzazione di Marc Colly, altro regista di hardcore molto efficace. Insomma eravamo un miscuglio di gente proveniente dall'horror, dal porno, dal teatro drammatico, dal cinema "normale". E ne è uscito Nella notte, un film di 76 minuti composto dai tre episodi, quello girato da Lorenzo e i due miei. La Minerva ha messo dei soldi e ha pure comprato l'esclusiva del film... A tutt'ora lo ha venduto solo in Indonesia e non l'ha fatto uscire neppure in Italia. L'altra settimana ho mostrato il film in una scuola professionale di Trieste gestita da preti: i ragazzi urlavano dal giubilo completamente presi dalla trama, dal gore e dallo splatter del film. Secondo loro questo sarebbe un film che potrebbe vendere molto bene tra i giovani...

KMX Il tuo ultimo lavoro è "Pilgrimage", che però fa parte di un progetto più ampio…


GP è un film horror di 40 minuti, ed è l'episodio finale di una trilogia intitolata Red Midnight. Gli altri due registi sono gli americani Ray Shwetz e Brian Michael Finn, ed è prodotto dalla Cinema Image di Joe Zaso. Insomma è un prodotto scritto e recitato in inglese per il mercato americano. Joe l'ho conosciuto a Roma quando facevo l'aiuto regista in Demonium del regista tedesco Andreas Schnaas. La lavorazione era un disastro, non per colpa del regista, e preferisco sorvolare... In quel casino c'era questo autentico gentleman, attore efficace e presenza pacificante sul set. Siamo diventati amici e anni dopo Joe ha voluto vedere Nella notte di cui è rimasto entusiasta, sia per la trama che per il gusto splatter e bizzarro. Ha cercato di comprarlo, ma gli hanno chiesto 25000 dollari, manco avessimo Tom Cruise nel cast. E allora è partito il progetto Red Midnight. Il mio episodio si intitola "Pilgrimage", è ambientato a Roma ed è un mix di politica, sadismo, blasfemia... Io amo il cinema estremo, particolare... che sia Pasolini, Tarkovsky o Andrea Bianchi e Joe D'Amato. Per cinema particolare non intendo belle riprese storte e manierate, ma creazioni di proprie visioni del mondo, necessarie e sentite...
E il film è già in vendita tramite internet, senza tante esitazioni e perdite di tempo... è un piccolo film costato 10000 dollari (Nella notte era costato 85000 euro), ma esiste e ha una sua vita...
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Courmayeur, 13:12:2005