Dopo il cinema di Luigi Di Gianni, quest’anno il NodoDocFest
ha rivelato il cinema di Cecilia Mangini, classe 1927, regista e fotografa
decana del documentarismo italiano. L’omaggio, che ha presentato una corposa
selezione dei suoi lavori più importanti dagli anni ’50 ad oggi, si è aperto
con ESSERE DONNE, intenso spaccato sulla condizione del lavoro femminile
nell’Italia degli anni ’60 attraverso le fabbriche del Nord e le campagne
del Sud. “Al cuore di un paese”, questo il titolo della rassegna curata da
Federico Rossin, è stato soprattutto l’occasione per approfondire la vasta
produzione della Mangini che, pur toccando i temi più diversi, - oltre alla
questione femminile anche il lavoro, il rito il consumismo, lo sport- si
caratterizza per il suo sguardo appassionato sull’uomo e sulla storia, così
come ha permesso di conoscere da vicino l’autrice che, forte della calorosa
accoglienza da parte del pubblico, ha fatto promessa di ritornare anche
l’anno prossimo.
Cornice del Festival, come di consueto, il Cinema Ariston di
Trieste che nei sei giorni di programmazione ha registrato ben 7.800
presenze in sala, segno evidente della crescente popolarità del cinema
documentario, oggi al centro dell’interesse di registi emergenti così come
degli autori più affermati.
Filo conduttore di quest’edizione la figura femminile, vista
attraverso l’opera della videasta svizzera Carole Roussopoulos, ed al centro
di molti dei lavori presentati in concorso. La sezione PANORAMA ha visto in
gara 13 documentari di recente produzione da Grecia, Israele, Slovacchia,
Irlanda, Svizzera, Argentina, Belgio, più 3 eventi speciali fuori concorso
tra cui il conferimento di un premio e le proiezioni dei documentari BELOW
SEA LEVEL e BOATMAN del regista Gianfranco Rosi.
Miglior film secondo la giuria composta dagli studenti del
Corso di laurea in Discipline dello spettacolo e Scienze della comunicazione
dell'Università di Trieste, è DESPUÉS DEL ZAPATISMO della regista spagnola
Leticia Agudo perché, come recita la motivazione, “il documentario ha
esposto un tema fondamentale nella storia dell'evoluzione dell'uomo:
l'emancipazione femminile, tema trattato in maniera molto delicata e con
grande chiarezza espositiva. La regista è riuscita a selezionare delle
immagini fondamentali e rappresentative di ciò che non appartiene al nostro
mondo e alla nostra attualità. Per la semplicità del montaggio e la stretta
connessione con la vita dei personaggi è stato possibile per lo spettatore
lasciarsi trasportare dalle emozioni e vivere la condizione sociale dei
protagonisti”. Tra gli altri film, hanno suscitato molto HAIR INDIA di
Raffaele Brunetti, racconto sul culto della bellezza nell’era della
globalizzazione, JAPAN A STORY OF LOVE AND HATE di Sean McAllister, storia
di sopravvivenza nel Giappone della crisi economica, e PIZZA IN AUSCHWITZ di
Moshe Zimerman, per la delicatezza con cui affronta uno dei capitoli più
dolorosi della storia occidentale.
Accanto alla ormai consolidata sezione “ROCK&DOC” sulla new
wave musicale nostrana, il festival ha visto quest’anno la nascita di
“ArchINDoc”, incentrata sul rapporto poco noto tra cinema ed architettura.
A completamento dell’omaggio di NodoDocFest, prosegue tra gli
spazi del Cinema Ariston e la Galleria Metro Kubo fino al 21 maggio la
mostra “L’IMPERO DELL’IMMAGINE: CECILIA MANGINI FOTOGRAFA 1952-1965”. In
esposizione più di 50 immagini, dalle desolate saline di Lipari alle
periferie di Milano, attraverso la Firenze dei romanzi di Pratolini e i
lavoratori della Val d’Arno, per concludersi con il reportage in Vietnam nel
quale la Mangini raggiunge la punta più matura delle sue esperienze
fotografiche. |