xii nAPOLI
film FESTIVAL
Il Cinema delle nuove generazioni si racconta
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Napoli Film Festival giunge alla sua XII edizione, aprendo le porte a Talenti di ogni genere della cinematografia Italiana, Partenopea e Internazionale. In questa edizione si cerca di offrire una opportunità a giovani registi emergenti, creando una sezione ”Concorso Cortometraggi” tutta concentrata sui loro lavori; un incubatore di talenti, intenti a rappresentare in modo magistrale, attraverso pochi minuti di girato, squarci di realtà quotidiana, come svariati aspetti che colpiscono gli uomini, la vita e la vita partenopea. Uno degli obiettivi di questa sezione è di dare un volto a coloro che diversamente non avrebbero avuto largo spazio nel vasto ambito cinematografico internazionale; per l’occasione i migliori cortometraggi faranno parte del Festival di Clermont Ferrand, una tappa imperdibile per i corti Europei. Una macchina, quella del Napoli Film Festival, che racchiude in sé creatori di ogni genere, con un bisogno estremo di raccontare, di operare mediante la conoscenza di un territorio come per la Campania, indigente di visibilità. Vari sono stati gli argomenti trattati: dalla camorra, alla violenza sulle donne, l’amore e suoi aspetti più intensi, ai problemi sociali e le difficoltà giornaliere. Quello che traspare da questi corti, è la dura difficoltà di chi lotta inevitabilmente con un vestito troppo stretto, anche per coloro che non conoscono altra realtà, se non quello della strada.
Tra i tanti fiumi di immagini, l’interesse maggiore lo si è avuto per artisti che hanno catturato con sguardo più attento i diversi volti di Napoli e della Campania, come tutti i meandri del genere umano; inoltre per molti che hanno collaborato all’estero, riportando realtà parallele di altri paesi sul nostro schermo.
Fra i molti punti di vista di coloro che hanno raccontato cosa vuol dire essere della Campania, come vivere la regione, in modo rilevante ce lo racconta il regista Enzo De Calillis, con i suoi straordinari 20 minuti di corto in cui racconta una storia autobiografica: la moglie viene imprigionata per diciannove giorni, ritenuta coinvolta in affari di camorra, ma per errore. Il regista attraverso questa messa in scena su “19 giorni di massima sicurezza”, ripercorre in modo esilarante lo stato d’animo di questa donna (sua moglie), privata senza motivazioni, senza certezze della propria dignità. Interpretata da Luisa Ranieri, reduce da grandi successi, Anna racconta di come sia stata vittima di un sistema giudiziario, che di solito è il responsabile di sicurezza e giustizia, e come abbia invece fatto di lei una perfetta cavia, una perfetta criminale. Chiusa in carcere trova la forza e il coraggio di affrontare tutto attraverso la solidarietà femminile, ed in modo particolare della compagna più anziana, interpretata da Maria Del Monte, donna di teatro, che veste il ruolo di guida per Anna. Il corto di De Calillis è una combinazione di elementi volti a rendere la storia più penetrante possibile; usa la macchina da presa come un occhio che scalfisce l’animo, ne cura l’estetica, meraviglioso montaggio, scegliendo un direttore della fotografia come Roberto Girometti, collaboratore di notevoli registi di tutto il mondo.
Il regista Giuseppe Pizzo con “La vita accanto” ci racconta, attraverso gli occhi di un bambino, l’altra faccia della camorra. Percorre le fasi inevitabili della vita di Angelo un bambino della provincia campana, con la famiglia costretta a vivere in una realtà da cui è difficile uscire. Il Regista racconta di essersi servito di ragazzi di buona famiglia, interpreti straordinari, per raccontare questa storia, quasi a sottolineare quanto sia facile, anche per loro, essere e vestire le vesti di uno di loro. Angelo ha circa 10 anni, non vede altro: il fratello rincorre la fama dei soldi e potere, il padre prelevato dalla polizia di notte da casa per traffico di droga, gli amici massacrati dallo stesso fratello, cadaveri degli amici del fratello sull’asfalto, la madre immersa nella sua realtà. Allo stesso tempo ci mostra il volto di chi ama la giustizia come un padre e un figlio che scelgono di non scendere a patti con chi “comanda” solo per un lavoro. Quella di Pizzo, è uno squarcio di realtà quotidiana che non ti offre scelte ma Angelo una scelta se offre quando eviterà di sporcarsi le mani. L’autore racchiude in una piccola pillola: speranza, fiducia, coraggio; inoltre con trent’anni alle spalle nell’Arma, riconosce quanto sia lontano lo stato in queste terre e come la camorra sia la vera risposta alla sopravvivenza se non riconosci che può esistere anche il sapore della libertà.
Diversa, ma allo stesso tempo incisiva, è la visione che ha il regista Fabrizio Livigni, di un'altra faccia partenopea:i rifiuti per le strade. Con il suo “Matilda”, ironizza su una vicenda senza precedenti. Sette minuti dove riprende un netturbino, interpretato da Giuseppe Battiston, reduce dal successo televisivo “Tutti pazzi per amore”, con la sua piccola Ape Car della nettezza urbana, che gira per la città annoiato; bloccato nel traffico viene colpito dal volto di una ragazza in cartellone vestita all’hawaiana, che pubblicizzava una marca di televisioni, durante i continui giri fra i rifiuti, scopre un televisore buttato, e viene colpito da “un’ allucinazione” lui che balla hawaiano con Matilda. Un soggetto, quello di Livigni, che racchiude in sé una combinazione di ironia e riflessione che sottolinea la facoltà di chi si abitua e convivere con il degrado, come i rifiuti per le strade, e che è costretto a credere che la fantasia sia l’unico mezzo per sfuggire. Regia con una perfetta combinazione fra una elegante fotografia, un ottimo uso estetico del mezzo, con un montaggio scorrevole e lineare; inoltre traspare l’ esperienza estera del regista da suo modo di raccontare.
Nel quotidiano altri sono i volti di chi
rincorre a qualcosa per sopravvivere, come i disoccupati. Persone
perennemente in cerca di lavoro, nell’arte dell’arrangiarsi, molto nota
soprattutto ai partenopei, trovano un modo per vivere. Una versatilità, quella di Fabio Massa, da attore a sceneggiatore a regista, che lo proietta verso un futuro radioso nel panorama cinematografico; ma da non perdere di vista il perfezionamento che si richiede ai grandi. Inoltre il suo esplorare gli aspetti e condizioni degli stati d’ animo, lo conduce, anche per la sua giovane età, a rientrare in una sensibilità artistica elevata, come nel suo secondo corto in concorso “Lontano nei miei occhi”: in un minuto si rappresenta il passaggio breve che avviene dall’essere spettatore e vittima di gesti violenti da parte di un genitore sull’altro, a diventare nel tempo noi stessi i carnefici. è sempre di violenza sulle donne che si parla nel lavoro del regista Enzo Pizza con Fiori, in cui descrive le quattro arie: violenza assistita, subita, prodotta e corrisposta; come le donne siano ignare di quello che può essere la motivazione che le rende prete di tanto orrore.
Tornando alla vita da disoccupati e a tutte le sue difficoltà, ci serviamo della visione che ci mostra sotto altre vesti la regista e interprete Cinzia Mirabella con suo corto “Disoccupate”. Un corto in cui un’attrice ricrea il suo microcosmo, la stanza visiva dell’attore, per sfuggire all’attesa di un lavoro; ma questo spazio viene trafitto ogni qualvolta elementi come lo squillo del telefono o il suono del citofono la conducevano alla sua condizione sociale: disoccupata! Una condizione molto universale! Una regia con una scarsa del conoscenza del mezzo, che tralascia dettagli come la fotografia, e il montaggio.
Il corto “Bisesto” dei registi Giovanni Esposito e Francesco Prisco, porta un poco di fantasia, è storia di un bambino, Vincenzino, nato in un anno bisestile, che invecchia ogni quattro anni, con la passione per il gioco trascorre la sua vita senza tempo mentre i suoi cari vengono a mancare. Ben realizzato, con una narrazione che rispetta i salti temporali con eleganza e continuità, quasi a ricordare “il Curioso Caso di Benjamin Button”.
Da Roma arrivano le immagini del giovane regista napoletano Giuseppe Bucci con “Non fermarti”. Un corto dove un uomo corre per le strade della città in cerca di qualcosa, di una risposta o di un perché; ad ogni angolo delle strade incrocia volti che fanno parte del nostro quotidiano, vivendo in penombra per l’estrema diceria umana o altro, come: barboni, madri sole, omosessuali ecc. Realizzato a basso costo, ma avvalendosi di prestigiose collaborazioni del mondo televisivo, Bucci è riuscito a realizzare un corto che racchiude in sé un’esplosione di attesa e di fuga ma allo stesso tempo di ricerca di una risposta per i dilemmi dell’ esistenza umana, che vive nella condizione soffocante di attesa. Una buona regia che esalta un’ottima fotografia, un minuzioso lavoro di montaggio, e una accurata scelta dei volti dei due protagonisti e tutti gli interpreti, degli “emarginati” , ma con un riassunto nel finale che lascia molto da intendere.
Non si fermano i flussi di immagini che raccontano altri pezzi di vita, come quelle dateci dal regista e interprete Riccardo Marchese, che racconta la storia d’amore fra due giovani in attesa della fine del mondo. Preoccupati di come sarà l’ultimo istante di vita per gli umani, ci si scopre bisognosi di dare amore e di non restare soli. Un racconto sottile che mostra quanto tutto si riduce nella vita, alle gesti essenziali di sopravvivenza: amore e compagnia. Realizzato in collaborazione con addetti ai lavori, fuori dal nostro contesto nazionale.
è da sottolineare che la scelta fatta dall’organizzazione di tutti giovani artisti in concorso è stato notevole; un lavoro straordinario è anche la capacità di tutti questi artisti di realizzare, con espressioni essenziali come: mostrare, denunciare, rappresentare, illustrare lunghe panoramiche del genere umano e delle condizioni precarie del mondo partenopeo e non solo, come il male incurabile dell’arrivismo e della malavita. Si avverte in questa sezione un bisogno di raccontare, senza tralasciare i dettagli del riconoscere di essere noi a volte anche gli artefici del malessere sociale. Incuriosisce anche quanti svariati volti noti del nostro mondo artistico si siano prestati a servizio di questi giovani artisti, alcuni esordienti altri meno, come molti ancora acerbi e sconosciuti al grande pubblico; traspare come si voglia raggiungere una nuova idea di concepire il cinema che si fonda con il bisogno di raccontare insieme il mondo, la vita, la realtà, la personalità di ognuno di noi, con tutti i suoi ostacoli; come far crescere il nostro cinema come tutti gli artisti che ne fanno parte; oppure è solo un modo per accrescere la propria visibilità? Lo lasciamo decidere ai posteri! |
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