Milano Film Festival – X Edizione
Sono passati dieci anni, e per la piccola favola del Milano Film Festival è
giunto il momento di non stupire più, quanto piuttosto di offrire delle
conferme dimostrando di essere in grado di mantenere gli ottimi risultati
delle passate edizioni.
Partito come festival strettamente underground e di nicchia ben una decade
fa, il MFF è riuscito negli anni a guadagnare visibilità, fino a divenire in
tempi recenti un appuntamento di spicco all’interno del calendario culturale
milanese, ennesima conferma della vitalità del progetto di
Esterni.
Il maggiore merito del Festival consiste indubbiamente nell’attenzione
riservata a realtà cinematografiche esterne al mainstream, e nell’ampio
spazio riservato a registi alle prime armi o appartenenti a paesi
economicamente svantaggiati. L’interesse per il cinema sociale è stato
confermato anche quest’anno dal numero di opere in concorso che affrontavano
problematiche rilevanti per la collettività, mentre l’età media dei registi,
non superiore ai trent’anni, conferma quanto detto a proposito del favore
concesso agli artisti emergenti.
Fulcro della manifestazione è stato il concorso internazionale per
cortometraggi, contraddistinto quest’anno da una qualità decisamente
altalenante, spaziando da opere di estremo interesse come EXOTICORE, corto
del regista belga Nicolas Provost che narra della delirante
solitudine di un immigrato africano alle prese con le difficoltà di
inserimento nella sospettosa società norvegese - emotivamente toccante oltre
che notevole dal punto di vista di regia, montaggio e fotografia - ad
esperimenti insulsi come il tentativo di cinema-verità dell’olandese CALLING
911. Paradossalmente, mentre il primo non ha ricevuto alcun premio il
secondo si è portato a casa il premio per la miglior colonna sonora.
Tuttavia, fra i 45 cortometraggi in concorso ce ne sono stati vari degni di
interesse: citerei fra gli altri il catalano LA RUTA NATURAL (La
via naturale), che si è aggiudicato il premio come
miglior
cortometraggio (e il risultato è ancora più ragguardevole se si
considera che si tratta del lavoro con cui si è diplomato presso la sua
scuola di cinema il 24enne Alex Pastor). Il titolo a palindromo ci
rimanda alla curiosa vicenda di Divad, che rivive la propria vita al
contrario, dalla morte nella vasca da bagno fino alla sua nascita, come se
questa prospettiva ribaltata fosse perfettamente naturale.
Il divertente DIE UBERRAUSHUNG (La
sorpresa) del tedesco Lancelot Von Naso, con il suo ritmo
serrato e vari gustosi colpi di scena, si è invece aggiudicato, oltre che
una menzione speciale della
giuria, il Premio del Pubblico.
Il Premio Aprile, conferito da Esterni al
cortometraggio giudicato maggiormente rappresentativo del Festival, è andato
al curioso WRONG dell’inglese Tom Geens, che con uno stile scarno ed
essenziale ci mostra l’intima umiliazione di un uomo alle prese con una
bambola gonfiabile, mentre il Premio Fa’ la Cosa Giusta – dedicato
all’opera che meglio affronta tematiche di stampo sociale - è andato a
GROCERY STORE WARS, blanda e prevedibile parodia di
Guerre Stellari che
contrappone le truppe ribelli dei cibi biologici al malvagio Impero degli
alimenti geneticamente modificati.
Fra i lungometraggi vince LAS MANTENIDAS SIN SUEÑOS di Martìn
Salvo e Vera Fogwill, coproduzione argentina, spagnola ed olandese che
narra del rapporto invertito fra Florencia (interpretata dalla stessa
Fogwill), giovane madre tossica, e sua figlia di nove anni, Eugenia, che
deve in un certo modo occuparsi della madre.
Menzione speciale a THE FALL OF FUJIMORI, che ripercorre la
burrascosa carriera politica di alberto Fujimori, ex presidente del Perù ora
in esilio in Giappone.
I concorsi ufficiali sono stati poi affiancati da una notevole schiera di
iniziative interessanti, quali la Rassegna
Motion & Picture against poverty,
sul cinema come strumento di sensibilizzazione, e le varie proiezioni di
corti di animazione e video clip. Particolarmente degna di nota la
riproposizione dei film che furono proiettati nel corso del Festival du Film
Maudit di Biarritz, del 1949, rassegna controcorrente organizzata da nomi
del calibro di Cocteau, Bazin o Chabrol, votata a dare spazio al cinema
sperimentale e d’avanguardia. E’ stato così possibile rivedere alcune delle
opere che ispireranno la futura Nouvelle Vague, quali ZERO DE
CONDUITE e L’ATALANTE di Jean Vigo, o sperimentazioni quale ad esempio il
toccante GUERNICA di Alain Resnais, documentario che ci riporta al celebre
bombardamento del 1936 attraverso le opere di Pablo Picasso e la poesia di
Paul Eluard. Con questo omaggio, gli organizzatori del Milano Film Festival
hanno voluto in qualche modo sottolineare la continuità fra lo spirito
pioneristico del 1949 e quello che oggi anima il festival milanese.
Le conferme, in conclusione, arrivano, anche se come detto il Milano Film
Festival quest’anno non è riuscito a stupire. E’ confortante vedere comunque
che la tensione alla base dell’iniziativa sia sempre la stessa, così come
rimanga immutata la volontà di dare spazio ad altre realtà cinematografiche
(volontà testimoniata l’anno scorso dalla scelta di far vincere l’haitiano
L’EVANGILE DU COCHON CREOLE, nonostante ci fossero opere maggiormente
meritevoli in concorso) e di permettere a registi esordienti di guadagnare
visibilità. E già solo questo è sufficiente a giustificare il successo della
manifestazione.
Milano, 30:09:2005
|