7° MILANO FILM FESTIVAL
13 - 22 Settembre 2002

 

Capita, a volte, di trovare nella plumbea Milano una scheggia di vitalità, un lampo di originalità che quasi stona con l'amplomb austero e compassato di questa città. Il vernissage di una mostra fotografica, l'apertura di un club nell'ex periferia ormai inglobata nel centro, o magari il MilanoFilmFestival, appuntamento dedicato al corto d'autore che rischia seriamente di diventare l'iniziativa più stimolante nel panorama culturale attuale. Giunto di slancio alla settima edizione, il M.F.F. dimostra anno dopo anno di essere in continua crescita, tanto che addirittura gli accoglienti spazi del Piccolo Teatro iniziano a stare stretti: un successo indiscutibile, se si pensa che il primo tentativo targato 1996 aveva fatto registrare 330 coraggiose presenze, mentre in questi giorni è stato superato il pur ragguardevole traguardo dei 12000 spettatori del 2001. Numeri di tutto rispetto anche per quanto riguarda le proposte presentate ai selezionatori, costretti a scegliere le 49 opere in concorso (45 corti e 4 lunghi) fra le 1148 arrivate da 75 paesi, e davvero scusate se è poco... Responsabile di buona parte delle genialate che possono essere apprezzate a Milano durante tutto l'anno (oltre al M.F.F. si può citare, su tutte, il Salone Internazionale dell'Arredo Urbano, in concomitanza con il Salone del Mobile), l'equipe di "Esterni" ha potuto realmente "ragionare in grande", realizzando il sogno di architettare un festival che fosse prima di tutto un meeting, un melting pot di intelligenze e punti di vista spesso lontanissimi, invitando al Piccolo registi svizzeri e georgiani, olandesi e vietnamiti, iraniani e canadesi, a comporre un mosaico che, a detta del film-maker austriaco Christian Moris Mueller, "trova il suo minimo comune denominatore nella volontà di rischiare. E' quello che ci si aspetta da ogni artista, d'altronde, quello che a nessun altro è usualmente concesso - se non ad un artista, appunto". Se un'affermazione del genere vi suona lievemente snobistica, non preoccupatevi: il guaio, se poi di guaio si tratta, è che Mueller, premiato per il suo "Unter der Erde", ha perfettamente ragione. Nella dimensione iper-concentrata del cortometraggio, infatti, il regista può recuperare la leggerezza e il gusto per il paradossale che produzioni più impegnative fatalmente soffocherebbero. E' il caso, ad esempio, del "Provider" di Matt Smith, un omaggio all'horror sperimentale dei primissimi Romero e Cronemberg, un progetto che oggi, probabilmente, verrebbe vietato anche agli stessi Romero e Cronenberg, qualora si azzardassero a proporne il plot presso una major. Questa frizzante libertà creativa, che tanto ha sorpreso e impressionato al M.F.F., rischia di diventare però una debolezza un volta spentisi gli echi e gli applausi festivalieri: il problema, infatti, è quello della distribuzione, operazione già di per sé difficoltosa per i corti, ai limiti del possibile per corti indipendenti: ebbene, "Esterni" ha pensato anche a questo, curando la realizzazione di due DVD contententi l'uno i film premiati quest'anno, l'altro il meglio delle ultime tre edizioni. L'obiettivo è quello di raggiungere sale, cineclub, scuole di cinema e arene estive, offrendo agli episodi selezionati una visibilità avvicinabile a quella dei ben più blasonati "lunghi": un traguardo senza dubbio ambizioso, l'ennesima scommessa da vincere per un gruppo di professionisti del rischio ormai specializzati nel dar corpo ai loro sogni.

Luca Caldarelli

Premio dello Staff : Unter der Erde, Christian Morris Mueller
Premio migliore attrice : Natalie Richard per Maintenant, Ines Rabadan
Premio miglior attore : James Urbaniak per Daypass, Deborah Crow
Premio Autocritica : Beware People, Luk Gobin Premio del Pubblico : Mihai si Cristina, Cristian Nemescu
Premio miglior lungometraggio : ex-aequo Song of the Stork, John Foo e Les Enfants de l'Amour, Geoffrey Enthoven
Premio miglior cortometraggio : Memphis, Thorgeir Gudmundsson
Premio Aprile : La discussione, Francesco Villa



Si è appena conclusa la settima edizione del Milano Film Festival ospitata dal Piccolo Teatro, "evento globale che porta avanti un discorso di cinema allargato" come dichiarano gli organizzatori, il gruppo esterni. Il contesto entro cui si inserisce questa rassegna è indubbiamente a più strati, le proiezioni al Teatro Strehler e al Teatro Studio si incastrano in un mosaico di altre iniziative, dai dibattiti alle performance dal vivo, dalla musica dei dj fino a tarda notte agli incontri con gli autori, tutte ospitate nella trattoria allestita per l'occasione nella piazza antistante lo Strehler. Il clima ha favorito l'evento e ogni sera molta gente ha partecipato alle numerose sezioni del Festival, intervallando le visioni con una sosta alla trattoria dove era possibile parlare con i registi delle opere in concorso. I giovani organizzatori hanno selezionato 45 cortometraggi e 4 lungometraggi tra 1148 opere realizzate negli ultimi 12 mesi provenienti da tutto il mondo, una selezione ulteriore verrà eseguita per il Progetto Circuitazione volto a ridistribuire i migliori film nei cineforum, nelle cineteche, nelle altre rassegne in cui si dia spazio a un cinema alternativo a quello della grande distribuzione; sempre nell'ambito della diffusione di un cinema "nuovo", in questa edizione del Festival milanese sono stati realizzati anche due dvd che contengono ciascuno novanta minuti di corti, forse verranno distribuiti a partire da ottobre, l'esigenza di vedere opere valide e selezionate è forte. Il punto di partenza del gruppo esterni, li cito liberamente, è la passione, il risultato è una rassegna di opere di qualità molto elevata, organizzata (bene) in modo che in tre giorni sia possibile guardarla pressoché tutta e supportata da numerose iniziative a latere che invitano invece a non perdersi un giorno di programmazione. Giurie differenti hanno assegnato i premi ai film in concorso: la redazione di Duel ha premiato l'islandese Memphis di T. Gudmundsson come miglior cortometraggio, un unico piano-sequenza in cui man mano che entrano personaggi in scena si chiarifica l'instabile situazione di partenza che precipita davanti ai nostri occhi mantenendo un ritmo notevole, neve all'esterno dell'edificio che contiene l'azione che rimanda di continuo proprio all'esterno e alla neve in un gioco in cui fuori e dentro si mischiano a sottolineare la mancanza di chiarezza dei rapporti che intercorrono tra i personaggi; un corto complesso nella forma e nei contenuti. Il premio del pubblico è andato al rumeno Mihai si Cristina di C. Nemescu, storia dell'adolescente Mihai innamorato della compagna di classe e del suo "viaggio" per raggiungerla che lo cambierà. La scuola Paolo Grassi ha premiato i migliori attori: Nathalie Richard che in Maintenant di I. Rabadàn interpreta una donna alle prese con una vita che non le piace affatto, ma che scopre lentamente di poter cambiare e James Urbaniak, protagonista di Daypass di D. Chow una commedia canadese sopra le righe. La giuria che ha premiato i lungometraggi, un ex aequo per Vu khuc con so (Song of the Stork) di J. Foo e N. Phan Quang Binh, film vietnamita sulla ricostruzione dei ricordi della guerra in Vietnam di un corrispondente bellico e Les enfants de l'amour di G. Enthoven, narrazione belga delle sofferenze che le scelte degli adulti provocano nei bambini, era composta da personaggi provenienti da diversi settori del mondo della cultura italiano; di questi lavori il primo ha il grande pregio di fornirci un punto di vista inedito sul conflitto in Vietnam e lo fa evitando sia lo stile documentaristico che la retorica patriottica, ma scegliendo di spingersi a fondo nella vita degli uomini che combattevano per se stessi e per le proprie famiglie con uno stile pacato che unisce spezzoni di filmati dell'epoca, ricostruzioni (la maggior parte) e narrazioni del protagonista. Al di fuori della lista dei premiati segnalo alcune opere: il filosofico Das Rad (Rocks) di C. Stenner, H. Wittlinger e A. Uibel, cortometraggio d'animazione che mette in scena una bella trattazione del tempo percepito dalle rocce e del tutt'altro che scontato senso positivo del termine "evoluzione"; Nosferatu Tango di Z. Horvath, altro corto d'animazione, ovvero la storia di una zanzara che si innamora perdutamente di un vampiro; Fremdkorper (Transposed Bodies) di K. Pratschke, un Jules et Jim ai tempi delle manipolazioni genetiche che ha ben presente i fotogrammi fissi de La Jeetée di Chris Marker e li unisce, loro in questo caso fisici, a numerosi rimandi culturali in un'unione ennesima di corpi e di menti. Un Festival ben congegnato per trasmettere la passione, quella della dichiarazione di intenti degli organizzatori, al pubblico che viene al contempo sfamato di immagini e reso dipendente da queste. La speranza è che opere come quelle qui proiettate possano diffondersi.

Sara Troilo


26 - 09 - 02


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