Capita, a volte, di trovare nella plumbea
Milano una scheggia di vitalità, un lampo di originalità che quasi stona
con l'amplomb austero e compassato di questa città. Il vernissage di una
mostra fotografica, l'apertura di un club nell'ex periferia ormai inglobata
nel centro, o magari il MilanoFilmFestival, appuntamento dedicato al corto
d'autore che rischia seriamente di diventare l'iniziativa più stimolante
nel panorama culturale attuale. Giunto di slancio alla settima edizione,
il M.F.F. dimostra anno dopo anno di essere in continua crescita, tanto
che addirittura gli accoglienti spazi del Piccolo Teatro iniziano a stare
stretti: un successo indiscutibile, se si pensa che il primo tentativo
targato 1996 aveva fatto registrare 330 coraggiose presenze, mentre in
questi giorni è stato superato il pur ragguardevole traguardo dei 12000
spettatori del 2001. Numeri di tutto rispetto anche per quanto riguarda
le proposte presentate ai selezionatori, costretti a scegliere le 49 opere
in concorso (45 corti e 4 lunghi) fra le 1148 arrivate da 75 paesi, e
davvero scusate se è poco... Responsabile di buona parte delle genialate
che possono essere apprezzate a Milano durante tutto l'anno (oltre al
M.F.F. si può citare, su tutte, il Salone Internazionale dell'Arredo Urbano,
in concomitanza con il Salone del Mobile), l'equipe di "Esterni" ha potuto
realmente "ragionare in grande", realizzando il sogno di architettare
un festival che fosse prima di tutto un meeting, un melting pot di intelligenze
e punti di vista spesso lontanissimi, invitando al Piccolo registi svizzeri
e georgiani, olandesi e vietnamiti, iraniani e canadesi, a comporre un
mosaico che, a detta del film-maker austriaco Christian Moris Mueller,
"trova il suo minimo comune denominatore nella volontà di rischiare. E'
quello che ci si aspetta da ogni artista, d'altronde, quello che a nessun
altro è usualmente concesso - se non ad un artista, appunto". Se un'affermazione
del genere vi suona lievemente snobistica, non preoccupatevi: il guaio,
se poi di guaio si tratta, è che Mueller, premiato per il suo "Unter der
Erde", ha perfettamente ragione. Nella dimensione iper-concentrata del
cortometraggio, infatti, il regista può recuperare la leggerezza e il
gusto per il paradossale che produzioni più impegnative fatalmente soffocherebbero.
E' il caso, ad esempio, del "Provider" di Matt Smith, un omaggio all'horror
sperimentale dei primissimi Romero e Cronemberg, un progetto che oggi,
probabilmente, verrebbe vietato anche agli stessi Romero e Cronenberg,
qualora si azzardassero a proporne il plot presso una major. Questa frizzante
libertà creativa, che tanto ha sorpreso e impressionato al M.F.F., rischia
di diventare però una debolezza un volta spentisi gli echi e gli applausi
festivalieri: il problema, infatti, è quello della distribuzione, operazione
già di per sé difficoltosa per i corti, ai limiti del possibile per corti
indipendenti: ebbene, "Esterni" ha pensato anche a questo, curando la
realizzazione di due DVD contententi l'uno i film premiati quest'anno,
l'altro il meglio delle ultime tre edizioni. L'obiettivo è quello di raggiungere
sale, cineclub, scuole di cinema e arene estive, offrendo agli episodi
selezionati una visibilità avvicinabile a quella dei ben più blasonati
"lunghi": un traguardo senza dubbio ambizioso, l'ennesima scommessa da
vincere per un gruppo di professionisti del rischio ormai specializzati
nel dar corpo ai loro sogni.
Luca Caldarelli
Premio dello Staff : Unter der Erde,
Christian Morris Mueller
Premio migliore attrice : Natalie Richard per Maintenant, Ines
Rabadan
Premio miglior attore : James Urbaniak per Daypass, Deborah Crow
Premio Autocritica : Beware People, Luk Gobin Premio del Pubblico
: Mihai si Cristina, Cristian Nemescu
Premio miglior lungometraggio : ex-aequo Song of the Stork, John
Foo e Les Enfants de l'Amour, Geoffrey Enthoven
Premio miglior cortometraggio : Memphis, Thorgeir Gudmundsson
Premio Aprile : La discussione, Francesco Villa
Si è appena conclusa la settima edizione del Milano Film Festival ospitata
dal Piccolo Teatro, "evento globale che porta avanti un discorso di cinema
allargato" come dichiarano gli organizzatori, il gruppo esterni. Il contesto
entro cui si inserisce questa rassegna è indubbiamente a più strati, le
proiezioni al Teatro Strehler e al Teatro Studio si incastrano in un mosaico
di altre iniziative, dai dibattiti alle performance dal vivo, dalla musica
dei dj fino a tarda notte agli incontri con gli autori, tutte ospitate
nella trattoria allestita per l'occasione nella piazza antistante lo Strehler.
Il clima ha favorito l'evento e ogni sera molta gente ha partecipato alle
numerose sezioni del Festival, intervallando le visioni con una sosta
alla trattoria dove era possibile parlare con i registi delle opere in
concorso. I giovani organizzatori hanno selezionato 45 cortometraggi e
4 lungometraggi tra 1148 opere realizzate negli ultimi 12 mesi provenienti
da tutto il mondo, una selezione ulteriore verrà eseguita per il Progetto
Circuitazione volto a ridistribuire i migliori film nei cineforum, nelle
cineteche, nelle altre rassegne in cui si dia spazio a un cinema alternativo
a quello della grande distribuzione; sempre nell'ambito della diffusione
di un cinema "nuovo", in questa edizione del Festival milanese sono stati
realizzati anche due dvd che contengono ciascuno novanta minuti di corti,
forse verranno distribuiti a partire da ottobre, l'esigenza di vedere
opere valide e selezionate è forte. Il punto di partenza del gruppo esterni,
li cito liberamente, è la passione, il risultato è una rassegna di opere
di qualità molto elevata, organizzata (bene) in modo che in tre giorni
sia possibile guardarla pressoché tutta e supportata da numerose iniziative
a latere che invitano invece a non perdersi un giorno di programmazione.
Giurie differenti hanno assegnato i premi ai film in concorso: la redazione
di Duel ha premiato l'islandese Memphis di T. Gudmundsson come miglior
cortometraggio, un unico piano-sequenza in cui man mano che entrano personaggi
in scena si chiarifica l'instabile situazione di partenza che precipita
davanti ai nostri occhi mantenendo un ritmo notevole, neve all'esterno
dell'edificio che contiene l'azione che rimanda di continuo proprio all'esterno
e alla neve in un gioco in cui fuori e dentro si mischiano a sottolineare
la mancanza di chiarezza dei rapporti che intercorrono tra i personaggi;
un corto complesso nella forma e nei contenuti. Il premio del pubblico
è andato al rumeno Mihai si Cristina di C. Nemescu, storia dell'adolescente
Mihai innamorato della compagna di classe e del suo "viaggio" per raggiungerla
che lo cambierà. La scuola Paolo Grassi ha premiato i migliori attori:
Nathalie Richard che in Maintenant di I. Rabadàn interpreta una donna
alle prese con una vita che non le piace affatto, ma che scopre lentamente
di poter cambiare e James Urbaniak, protagonista di Daypass di D. Chow
una commedia canadese sopra le righe. La giuria che ha premiato i lungometraggi,
un ex aequo per Vu khuc con so (Song of the Stork) di J. Foo e N. Phan
Quang Binh, film vietnamita sulla ricostruzione dei ricordi della guerra
in Vietnam di un corrispondente bellico e Les enfants de l'amour di G.
Enthoven, narrazione belga delle sofferenze che le scelte degli adulti
provocano nei bambini, era composta da personaggi provenienti da diversi
settori del mondo della cultura italiano; di questi lavori il primo ha
il grande pregio di fornirci un punto di vista inedito sul conflitto in
Vietnam e lo fa evitando sia lo stile documentaristico che la retorica
patriottica, ma scegliendo di spingersi a fondo nella vita degli uomini
che combattevano per se stessi e per le proprie famiglie con uno stile
pacato che unisce spezzoni di filmati dell'epoca, ricostruzioni (la maggior
parte) e narrazioni del protagonista. Al di fuori della lista dei premiati
segnalo alcune opere: il filosofico Das Rad (Rocks) di C. Stenner, H.
Wittlinger e A. Uibel, cortometraggio d'animazione che mette in scena
una bella trattazione del tempo percepito dalle rocce e del tutt'altro
che scontato senso positivo del termine "evoluzione"; Nosferatu Tango
di Z. Horvath, altro corto d'animazione, ovvero la storia di una zanzara
che si innamora perdutamente di un vampiro; Fremdkorper (Transposed Bodies)
di K. Pratschke, un Jules et Jim ai tempi delle manipolazioni genetiche
che ha ben presente i fotogrammi fissi de La Jeetée di Chris Marker e
li unisce, loro in questo caso fisici, a numerosi rimandi culturali in
un'unione ennesima di corpi e di menti. Un Festival ben congegnato per
trasmettere la passione, quella della dichiarazione di intenti degli organizzatori,
al pubblico che viene al contempo sfamato di immagini e reso dipendente
da queste. La speranza è che opere come quelle qui proiettate possano
diffondersi.
Sara Troilo
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