Sabato 7 Novembre è stata
inaugurata a Roma, nella magnifica cornice dell'Auditorium Conciliazione,
l'edizione 2009 del MedFilm Festival.
è stata scelta come opera di
apertura Le grand voyage del
regista franco-marocchino Ismaël Ferroukhi, perfetta per rappresentare lo
spirito e le intenzioni di questa manifestazione culturale.
Si tratta di un road-movie che, attraverso il tema del viaggio, propone la
crescita interiore di Réda e suo padre, emblemi di due sguardi molto diversi
alla vita. Mustapha è un anziano marocchino da trent'anni emigrato in
Francia, dove i suoi figli sono nati e cresciuti. Il sentimento ed il
pensiero di Mustapha sono ancora molto legati alla religione islamica mentre
quelli dei figli ne sono più che mai distanti; distanza che non è dovuta ad
una voluta contrapposizione bensì alla totale mancanza di consapevolezza e
comprensione. Sentendo la morte vicina l'anziano decide che è giunta l'ora
di compiere il dovere di ogni musulmano: recarsi “in pellegrinaggio” alla
Mecca. Sarà Réda a doverlo accompagnare in quel viaggio lungo più di
cinquemila chilometri.
Il percorso offre lo spunto per mettere in relazione due culture: da una
parte la fede, incline spesso alla chiusura mentale, dall'altra la
“modernità” che non sa confrontarsi con le altre credenze.
Réda parte poiché gli è stato imposto; non condivide in alcun modo il
bisogno interiore di suo padre che d'altronde è sovente restio a comprendere
il giovane, troppo preso com'è nel ricordare che è lui a detenere
l'autorità. Alcuni comportamenti assurdi del vecchio musulmano, come tirare
il freno a mano in autostrada e scegliere la direzione secondo le proprie
sensazioni anziché consultando le cartine, richiamano immediatamente ad una
critica del dogmatismo, non solo religioso ma di qualsiasi tipo esso sia.
Non si tratta della ristrettezza di un particolare credo, o di una singola
cultura, ciò che bisogna vincere è la chiusura mentale e l'indisponibilità
al dialogo; messaggio, questo, che è parte integrante di ciò che il MedFilm
Festival si propone di promuovere. Altro tema caro al festival del cinema
del Mediterraneo è l'incomunicabilità, anch'esso espresso perfettamente
dalla pellicola.
Mustapha e suo figlio, nell'attraversare i paesi dell'Europa dell'est, si
trovano più volte a non riuscire a stabilire un dialogo con coloro che
incontrano. Réda tenta di farsi capire utilizzando l'inglese scolastico ma è
del tutto inutile; ciò è evidente metafora del fatto che spesso, per
instaurare una comunicazione, non è sufficiente un insieme di segni definito
“internazionale” per convenzione, bensì è necessaria la reale volontà di
comprendere l'altro. In questo contesto si inserisce il primo premio che è
stato consegnato in quest'edizione del MedFilm Festival, il premio Koinè,
con cui è stato insignito lo scrittore franco-marocchino Tahar Ben Jelloun
meritevole per il suo impegno, letterario e pratico, nell'educazione alla
diversità, alla tolleranza ed al dialogo interculturale.
Si ravvisa inoltre, nella pellicola del cineasta franco-marocchino, un senso
di assurdità della religione, espresso attraverso scene piuttosto lunghe,
quasi comiche, che mostrano quanto talvolta alcune convinzioni dogmatiche
siano eccessive. Questa critica alla credenza è affiancata dal risalto dato
ad altri sentimenti, più reali e forse più importanti, quali l'amore per la
propria donna – in prossimità della Mecca Réda, solo nel deserto, traccia il
nome “Lisa” nella sabbia – e l'affetto padre-figlio.
Il film risulta leggermente prolisso nella parte finale ma ciò non di meno
riesce perfettamente a far riflettere gli spettatori su tematiche di grande
importanza nella società odierna che si trova a dover operare un confronto
con molteplici contesti culturali, senza spesso esserne adeguatamente
preparata.
Quest'edizione del MedFilm Festival si apre dunque sotto i migliori auspici
e si preannuncia essere ricca di contenuti e messaggi.
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