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GIORNO TRE, 11:04:2005
Ultranova di Bouli Lanners Il belga Bouli Lanners costruisce il proprio primo lungometraggio da regista intorno al silenzio. Un silenzio più interrogativo che significativo, frutto della totale impenetrabilità e anti-empaticità del protagonista, Dimitri, un agente immobiliare che fatica a stringere rapporti con chiunque e vive chiuso in un misterioso mutismo che sembra scaturire da un passato torbido. Il gelo che circonda e compenetra i personaggi di ULTRANOVA è perenne ed inarrestabile e il lavoro di Lanners sembra volersi concentrare sul collasso delle dinamiche sociali, rese dure e fragilissime dall’insoddisfazione, dall’insensibilità. Sulla carta il tema è interessante, ma avrebbe necessitato di una regia più rigorosa, di una ricerca più approfondita, di una schematizzazione meno rigida dei rapporti tra i personaggi. Così com’è ULTRANOVA pare un esperimento poco riuscito, un film che sembra non avere il coraggio di essere amaro e cinico fino in fondo e stempera continuamente l’evidente pessimismo che lo pervade con pennellate grottesche e una riflessione sulla predestinazione espressa nel finale ma pulsante lungo tutta la pellicola che lascia perplessi. VOTO 22/30
Onde di Francesco Fei Unico italiano in concorso, Francesco Fei debutta alla regia di un lungo con un film che ha i propri pregi e difetti principali in un’autarchia pressochè totale. Alla supremazia della parola tipica del cinema italiano, Fei contrappone il primato dell’immagine; lo sguardo è dinamico, multiforme, mentre il dialogo è statico, intrappolato. In questo senso, la storia di Luca e Francesca è un racconto le cui immagini funzionano perfettamente, giustificate dalla loro stessa nitidezza geometrica e cromatica, indifferenti alla concatenazione narrativa, mentre le parole che i due si scambiano sembrano soffrire di una scrittura poco efficace, che sfiora più di una volta l’artificiosità. La riflessione sull’handicap, che rappresenta il fulcro delle vite lui, cieco, e lei, segnata da una voglia sul viso, è lucida e lontana dal patetismo (molto lontana, visto che trovare simpatica Francesca, una brava Anita Caprioli, riesce difficilissimo...) e la scelta, ancora una volta controcorrente, di un commento sonoro dissonante, materico, genuinamente rumoroso, è assolutamente vincente. Mancano una sceneggiatura più solida e dialoghi costruiti con più attenzione, il resto è un’ottima promessa. VOTO 26/30
The Soup, One Morning di Takahashi Izumi Film molto spigoloso quello del giapponese Takahasi Izumi, che si affida ad un’estetica più che minimalista per narrare le vicende di un giovane che entra a far parte di una setta para-new age e dell’evoluzione del suo rapporto con la compagna. Girato secondo stilemi che paiono voler suggerire una via giapponese al (defunto) Dogme, il film scorre lungo piani statici in cui la fissità della macchina da presa accentua intelligentemente l’orrore della routine e dell’incomunicabilità tra i due. Si diceva di un lavoro spigoloso e in effetti i dialoghi spezzati, l’assenza di una concatenazione solida tra i “quadri”, l’assoluta, inderogabile anti-spettacolarità della pellicola non sono scogli facili da oltrepassare. Eppure il film funziona, lavora su dinamiche reali e non pretende di analizzarle, le dipinge con una fotografia cruda, ambienti spartani, visi anonimi; un lavoro pulitissimo e urticante, supremamente disincantato, che piace proprio perchè non scende a patti con lo spettatore, mai. VOTO 27/30
Andrè Valente di Catarina Ruivo Andrè è ha otto anni e vive alla periferia di una grande città del Portogallo con la madre, una donna coraggiosa ma disillusa, che dopo la fuga del marito ha perso la voglia di combattere. Il piccolo Leonardo Viveiros è bravissimo, ma non basta; il film, esordio assoluto della Ruivo, pecca di superficialità e si accontenta di un tratteggio sommario laddove un maggiore approfondimento della psicologia dei personaggi avrebbe giovato ad una storia semplice ma affascinante. Solo la figura di Andrè, intelligentissimo e caparbio, gode di un’analisi affettuosa e profonda. Il resto è didascalico; edificante, è vero, ma lontano dal restituire l’intensità delle emozioni dei personaggi. L’amicizia di Andrè con Nicolai, immigrato russo dal cuore d’oro è in bilico sul crinale che divide il reale dal favolistico e soffre dell’assenza di una sterzata che possa condurla in una direzione precisa, definendone i contorni e gli spazi. Il film è comunque gradevole, se non altro per la confezione più che sobria e, laddove una maggiore scaltrezza avrebbe condotto sui binari del patetismo, l’acerbità narrativa della Ruivo genera ad un’essenzialità forse non del tutto conscia, ma almeno onesta. VOTO 23/30
GIORNO DUE, 10:04:2005 Willenbrock di Andreas Dresen
WILLENBROCK è un film che riflette sul venir meno del senso di sicurezza che
si prova rispetto alle proprie cose e ai propri famigliari; ambientata nella
parte orientale della Germania, la pellicola racconta di un uomo, Berndt
Willenbrock, che assiste alla disgregazione delle proprie certezze nel
volgere di una notte, quella in cui due malintenzionati irrompono in casa
sua, costringendolo a cercare riparo con la moglie presso i vicini. Diretto
con mano più che esperta da Andreas Dresen, regista che può vantare
un’anzianità professionale nettamente superiore rispetto a quella di buona
parte dei colleghi in concorso, il film è una riflessione trasversale, che
analizza rapporti famigliari, rapporti sociali, affetti, come a voler
sondare nella sua interezza la sfera relazionale del “tedesco medio”
Willenbrock, ottimamente interpretato dal veterano Axel Prahl. E’ in effetti
la prova più che convincente dell’attore protagonista a sollevare le sorti
di una pellicola scritta e girata piuttosto bene, ma affossata da una
tendenza deleteria alla multidirezionalità, un’ipertrofia dello sguardo che
penalizza il grado di approfondimento con cui vengono trattate le vicende
dei personaggi secondari e, cosa più grave, rende del tutto implausibile la
redenzione (perchè, in effetti, di questo tratta il film) del protagonista.
di Enid Zentelis
di Buddhadev Dasgupta
di Daoud Aoulad-Syad
GIORNO UNO, 09:04:2005 The Living and The Dead
di Kari Paljakka
di Thom Best |