DANZEDAUTUNNO/DANZE WEEKEND
 

ALEPH COMPANY

OH CARROT!

(è più facile di quanto sembri)
secondo studio
 

concept Aleph Company
regia e drammaturgia Vincenzo Manna
interpretato da Gabriele Bajo e Marianna Andrigo
coreografie Margherita Pirotto
musiche e elaborazioni musicali Carlo Carcano
video Raffaella Rivi
oggetti di scena Aleph Company
costumi Claudia Fabris
 

Venezia, Fondamenta Nuove, 3 febbraio 2012
 

 

di Gabriele FRANCIONI

 

28/30

 

Collegamenti:

- Teatro Fondamenta Nuove

- ALEPH COMPANY

“Un uomo, Paul, e una donna, Jeanne, s'incontrano, s'innamorano, si sposano, affrontano diversi problemi del loro rapporto... e poi muoiono” (dal testo di presentazione dello spettacolo, N.d.R.). 

“Oh, carrot!” suona molto come “Oh, caro!” e crea subito una vertigine di senso.

Aleph Company - cioè Vincenzo Manna (drammaturgia e regia), Margherita Pirotto (coreografa), Raffaella Rivi (videomaker), Carlo Carcano (musiche), Claudia Fabbris (stilista) e Gabriele Bajo e Marianna Andrigo (in scena) - espone subito il proprio approccio metatestuale a questa sorta di rivisitazione in forma di scrittura scenica di “Ultimo tango a Parigi” dichiarando laconicamente identità e azione dei protagonisti. Accompagnati da un mattone che ne sigla l’autopresentazione - “Gabriele” e “Marianna” scritto su una faccia, “Paul” e “Jeanne” sull’altra-  i due mettono in moto un sapiente meccanismo che gioca sul doppio attoriale, partendo dal non intreccio del film di Bertolucci, per crearvi innesti finalizzati a dimostrare le infinite possibilità multimediali del theatron. L’identità messa in discussione è, quindi, non solo quella di chi sta sul palco, ma del medium in questione, ontologicamente inteso, qui preso e tirato come un elastico fino a diventare suono e/o luci e/o danza. Il tragitto attraversa intelligentemente teatro di parola e di figura, tenendo ben presente il cinema, atto ad evocare dimensioni atemporali in cui Gabriele e Marianna si perdono mentre investigano se stessi cercando di essere altro da sé e di passare, lievi, attraverso i nodi di una relazione complicata. Come tutte, come la vita. Vengono, così, messe in atto derive affascinanti che incrociano Lynch e Romeo Castellucci, tra teste di animali (cavallo/coniglio) che sono maschere o protesi e banda sonora tenuta in primissimo piano . “Raccontiamo attraverso l'arte queste relazioni, l'esperienza stessa della vita. Per questo sono utili tutti i linguaggi che riteniamo necessari ad una comunicazione chiara con il pubblico: il movimento, la parola, il suono, l'immagine” (Margherita Pirotto).

Una gabbia-camerino, che è stanza emozionale (grazie anche alle bellissime proiezioni) e filtro delle identità in transito, segna la soglia delle trasformazioni, risultando allo stesso tempo elemento scenico assai efficace e luogo cui sempre tornare.

La carota del titolo viene mangiata, durante un’altra vertigine del senso (e dei sensi), a metà spettacolo, mentre Paul e Jeanne abbozzano un diverbio - si parla del figlio -  contrappuntato da sorrisi d’intesa capaci di trascinare sulla scena Gabriele e Marianna. Non siamo nella Cuba del 1948, citata a inizio spettacolo, o nel film del 1972, quanto piuttosto dentro il farsi, articolato ma preciso, di un metatesto costruito con ironia e profondità. Siamo, quindi, SIA a Cuba SIA dentro Ultimo tango, cioè a Parigi.

Il box, alternativamente lasciato sul fondo o portato in fronte scena, accoglie le ombre proiettate degli attori, mentre musiche antiche caraibiche vengono alternate ai Beach Boys (“I get around”) e a drones sui quali gli animali ruminano suoni indistinti. (We) “Could be Anywhere”, come viene suggerito da un’altra proiezione.

Nel finale il box viene ribaltato e si creano due livelli, sul più basso dei quali va a depositarsi Jeanne, scossa da una sensuale danza orizzontale da noi osservata in controluce. Qui parte il segmento conclusivo: Paul si contorce a terra, muovendosi dal centro del palco sino all’angolo alto alla nostra sinistra, dove si raccoglie in una buia solitudine fatta di scoppi/spari sui quali (meglio: sull’odore di polvere da sparo dei quali) lo spettacolo va chiudendosi e si muore.

 

ALEPH COMPANY nasce all inizio del 2011 per volontà della danzatrice e coreografa Margherita Pirotto di creare un gruppo di artisti attivi nel campo della danza, del teatro, della musica e del video. Lo scopo è l ideazione di spettacoli attraverso i quali si veicoli una visione dell arte in cui il movimento, la parola, il suono e l immagine siano accolti nella messa in scena, non come semplice decorazione o giustapposizione o accostamento, secondo una visione gerarchizzata della scena, ma come fusione di linguaggi. La prima produzione di Aleph Company è OH, CARROT! sostenuta da Nu.D.I. - Nuova Danza Indipendente e Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza. La compagnia ha lavorato al primo studio dello spettacolo nel settembre 2011 presso il Teatro Comunale di Vicenza e a Gennaio 2012 ha potuto sviluppare il progetto durante una residenza presso il CSC di Bassano Opera Festival.

DANZEDAUTUNNO/DANZE WEEKEND
 

secondo studio

aleph company

Venezia, Fondamenta Nuove, 03 febbraio 2012