TEATRO FONDAMENTA NUOVE 2010 PRESENTA...
 

Movimenti

FAGARAZZI & ZUFFELLATO

dessert/dessert

Venezia, Fondamenta Nuove, 04 marzo 2010
 

 

di Gabriele FRANCIONI

 

30/30

 

Collegamenti:

- Teatro Fondamenta Nuove

- Fagarazzi & Zuffellato: "Dessert/Dessert"

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a) moltiplicazioni identitarie=annullamenti d'identità

 

siamo in cerca di incerte certezze e, solitamente, Teatro Fondamenta Nuove aiuta il nostro scandaglio. in particolar modo siamo convinti da tempo che arti performative (danza/teatro/ musica) e performance art, estensione delle arti visive da almeno 50 anni, o un secolo, se partiamo dal Dada invece che da Klein, siano ormai vicine al punto di fusione.

 

l'andirivieni tra museo e spazi pubblici, costrittive cornici e paesaggi da impacchettare, rassicuranti white cubes e ambienti privati, o tra palco e pubblico/alto e basso,/Autore e fruitore, non può continuare all'infinito, dopo che un terzo spazio, questa volta “virtuale”, ha rivoluzionato lo schema di partenza.

 

pensiamo, con presunzione di certezza, che internet abbia prodotto una moltiplicazione della nostra matrice identitaria, centrifugando censo/classe sociale, ideologia/credo politico e infine sesso: ci ha ridefiniti Tutti e Nessuno di fronte al vuoto convesso del web, pieno d'informazioni leggibili verso l'alto e il basso, ma privo di profondità=Storia.

 

usciamo dalle nostre stanze svuotati e nuovamente riempiti da nickname, avatar, moltiplicazioni dell'io che ci ridefiniscono, ma ci lasciano storditi, dopo ore di ronzio internettiano, e presi dall'impulso irrefrenabile di ANDARE FUORI, solcando nuove/antiche profondità, per ritrovare i nostri “simili” altrettanto sperduti e ugualmente decisi a creare nuove koinài, ma questa volta a-ideologiche, a-politiche, a-religiose, a-sessuate.

Forse solamente Artistiche.

comunità dove il dibattito sarà giocoso e non preconcetto. dove lo scopo sarà forse quello di confondersi gli uni con/ne gli altri, in un MELTING (si veda la “lezione di mosh pit”) che ha le sue radici nel fango di Woodstock 1969 – 1994 – 1999.

 

sia chiaro: le comunità, come insegna il TEATRO DEL LEMMING, si costruiscono anche prendendo il Singolo e ri-raccontandogli la Storia dopo averlo bendato e condotto nelle profondità buie del Tempo.

Reinserendolo, cioè, nella Polis.

 

Fagarazzi & Zuffellato ti bendano anche loro e t'impartiscono lezioni di mosh-pit, dopo averti raccolto nel tuo vagare multi-identitario, scegliendo un modo diverso di costruire comunità.

 

b) nuova arte relazionale

 

entrare in uno spazio pubblico e notare vasetti pieni di “canestrelli”, invitanti come il banco col vino bianco e rosso (“ogni bicchiere, 1 domanda”), fa subito pensare ai dolcetti di Gonzales-Torres, ma la loro disposizione amorfa e la quantità limitata non ammettono questo rimando.

palco vuoto, ma pieno di icone sul desktop ingrandito dei performer Fagarazzi e Zuffellato. due, tre, quattro visi asiatici femminili e due, tre, quattro ragazzi con barba. ologrammi? avatar? arte organizzata? allucinazioni? intanto l'effetto è quello di un riuscito mix di umani disposti in spazio senza gerarchie. tavolini sparsi e sedie che accolgono quella che una volta era l'audience. lo era già  prima degli anni '70, non lo è stata più ai tempi della cosiddetta arte relazionale e torna, con cadenza ventennale, a non esserlo all'inizio degli anni '10.

 

Andrea Fagarazzi e I-Chen Zuffellato (studi a Parigi e Amsterdam) pesano -purtroppo- più dei pochi canestrelli divorati in un attimo, ma hanno piena consapevolezza di questi corsi e ricorsi storici.

 

Correttamente la serata scompagina subito le regole dei rapporti eternamente dibattuti tra artista e fruitori ed è solo propedeutica a “ENIMIRC”, evento imperdibile dell'11 marzo.

In un rimbalzo continuo, non solo il pubblico è portato al livello degli artisti, ma questi si specchiano nel loro doppio, ovvero una ragazza asiatica e un ragazzo con la barba - sono Wen Ting Yang e Jacopo Lantieri (vedasi qui sotto l'evento SAME MOMENT, Bologna, dicembre 2009).

Qualcuno potrebbe credere che questi ultimi, intervistati da F&Z, siano i veri performer.

Mix identitario.

 

L'interrogazione e il flusso biunivoco che si creano, una volta partiti i video prodotti dal duo, stabiliscono immediatamente quel controsistema di relazioni ribaltate cui si tendeva.

Il risultato pieno, naturalmente, è oltre: sta(rebbe) nel citato MELTING degli uni (dentro) gli altri, nello stabilirsi di un continuum spazial-corporeo che in LEZIONE DI MOSHPIT è già a un ottimo livello.Intanto:

 

“(...)rendere testimonianza di quello che accade nel momento della visione, ruotare lo sguardo di 180° - dall'ideale palcoscenico alla platea - e osservare cosa accade, nello stesso momento, allo spettatore, è il tentativo di Same Moment. Una ripercognizione che si sviluppa su due piani, spesso sovrapposti e inseparabili: il primo in una dimensione più fisica e personale, che ha a che fare con la nostra capacità di vedere, immaginare e ricostruire, il secondo più antropologico e sociale, in cui il corpo del singolo spettatore si unisce ad una comunità - intesa come performance body, piuttosto che insieme di forme e regole - per analizzarne i comportamenti collettivi. Quello che cerchiamo, seguendo l'ipotesi di Jacques Rancière nel testo 'Lo Spettatore Emancipato' e giocando coi paradossi, è un teatro 'senza spettatori': un teatro in cui lo spettatore non è più spettatore, ma partecipante attivo di una performance collettiva” (Jacopo Lantieri, dicembre 2009).

 

Anche se qui siamo nel territorio vasto delle arti performative e non rigorosamente visive, è necessario fare un salto indietro fino agli anni '70.

Anticipata dalle premesse assolute di Yves Klein, che nel 1960 presentò "Anthropométrique", se non dalla critica radicale dell'Autore di matrice barthesiana o foucaultiana, l'arte coinvolgente il pubblico ha giustamente abbandonato la forza estrema e le pro-vocazioni di  Gina Pane o della coppia Abramoviç/Kulaj, trasformandosi, secondo la citata cadenza ventennale, in una rallentata meditazione (la Relational Art degli anni '90, appunto) su atti sostitutivi a forte matrice teorica, dove il luogo e la messa in crisi dell'autoritarismo museal-galleristico sono progressivamente andati a morire (torniamo a Gonzales Torres, adesso anche a Punta della Dogana).Ha perso purtroppo anche la matrice ancestral-rituale di Joseph Beuys, ma i riti collettivi dello stesso mosh-pit potrebbero anticiparne una ridefinizione orgiastica.

Se oggi Tiravanija e Holler riempiono serenamente la Biennale Arte, poi, vuol dire che il radicalismo è passato di mano e, nelle forme conferitegli da una Lucy Orta o dall'italiano Pietroiusti -non giovanissimi,e questo è un bene- invade mai come prima strade, igloo, case private, bar, negozi, grotte urbane. Teatri.

c) pezzi d'arte performativa=performance art=video

 

Lasciamo parlare  F&Z per  “Lezione di mosh-pit”, durante il quale i due si lanciano liberamente su cumuli di cartoni vuoti (ma potrebbero essere pericolosamente pieni: occorre fidarsi, stabilire un rapporto di “fede” in ciò che ci appare distante/indistinto/pericoloso). Siamo forti e coraggiosi come i bisonti che vengono messi in scena.

 

Lezione di Moshpit installazione video. Il moshing è una danza violenta e sfrenata, una sorta di moderno ballo tribale che si pratica durante i concerti di hard-rock, punk, metal. Una marea inarrestabile di corpi che si spingono e si lanciano l’uno contro l’altro. La zona sotto il palco dove il pubblico si scatena si chiama Moshpit. Nei loro lavori Fagarazzi & Zuffellato questionano l’atto performativo, le sue forme e la sua relazione con il pubblico, con Lezione di Moshpit, continuano la loro ricerca attorno questi aspetti.Andrea Fagarazzi & I-Chen Zuffellato collaborano dal 2005. Realizzano progetti in cui esplorano i concetti corporei considerando la diversità in relazione all’identità e la sua alterità, utilizzando diversi linguaggi espressivi senza confini di genere. Il lavoro IO Lusso ha vinto il 3° premio a EXTRA – segnali dalla nuova scena italiana 2007/08. 

 

Aspettando ENIMIRC, quindi, intanto ci immergiamo nella materia volatile di questi lavori in video, mentre F&Z vengono intervistati dai loro doppi.

 

Si tratta di altri lavori “domestici”, come OLYMPIA SOTTOVUOTO. Un corpo si stende nel vuoto di una vasca che non ne contiene più l'identità, avendo anche perso il viso da qualche parte. L'unicità dell'Olympia scompare. Nylon che impacchetta l'oggetto semovente: un pollo umano nella sua declinazione domestica. Come quello, senza testa, pronto per qualche forma di consumo.

 

IO LUSSO fa uso di leggere protesi, come fogli metallizzati argento e oro, per coprire le bocche e - parzialmente - i visi di F&Z. Si attraggono, in una tensione che vuole creare il melting di cui si diceva: i 2 vogliono diventare 1, agendo avvicinamenti che sono baci mediati dalle protesi. L'occhio del pubblico è sempre stato lì, poiché ne è sottintesa la presenza. Appare il lusso, altro tema ricorrente, nel semplice outing di Argento e Oro.

 

In APPARENZE DOMESTICHE (complementare a OLYMPIA), I-Chen deforma i propri tratti lasciandosi morphare pelle e muscoli da un telo di plastica trasparente, sotto il quale il corpo performante è anche cangiante e muta perdendo identità e connotati, in una visione che richiama il viso deformato di Laura Dern in INLAND EMPIRE. Ancora una volta, coerente moltiplicazione di sentieri, lost (high)ways.

 

GOLDEN BEACH, presentato per primo, è il lusso e il corpo senza testa, impacchettato dentro buste d'oro, mentre abitiamo una dimensione da porto turistico dove lo yacht viene rigirato come un guanto di pelle ricchissima e bianca: la sua natura privatissima, gelosamente e nascostamente sensuale, si apre a noi come in un peep show collettivo. Sculture di carne senza espressione - un uomo in camicia - entrano nel frame dell'immagine, come sculture d'addobbo inconsapevole. 

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Venezia, Fondamenta Nuove, 04 marzo 2010