film middle east now

iv edizione

 

Firenze, 03 / 08 aprile 2013

 

 

recensioni

di Aude VANRIETTE, Manuela MENICI

Al cinema Odeon di Firenze dal 3 all’8 aprile 2013 si è svolta la quarta edizione del FILM MIDDLE EAST NOW, festival di cinema, arte e cultura del Medio Oriente. Lo schermo del cinema si è così trasformato in una finestra attraverso la quale il pubblico ha potuto cercare di vedere e di capire le complesse e contraddittorie vicende che si svolgono in questa parte di mondo.

> a world not ours di Mahdi Fleifel
>
cinema jenin
di Marcus Vetter

> free running gaza di GAzar e MShahin

> Make humus not war di Trevor Graham

> The boxing girls of Kabul di Ariel Nasr

> The invisible men di Yariv Mozer

 

the invisible men
di Yariv Mozer

Israele/Palestina 2012, 80'

 

Greenhouse film

Manuela Menici

24/30

Questo documentario racconta le vite di tre ragazzi palestinesi, sono gay e per questo rifiutati dalle loro famiglie e perseguitati in Palestina. Vivono da “uomini invisibili” in Israele, dove c’è una maggiore accettazione dell’omosessualità ma qui sono perseguitati in quanto Palestinesi. Questi volti sono segnati dalla sofferenza e uno di loro è segnato nel vero senso della parola da un taglio sul volto che il padre gli ha fatto quando ha scoperto la sua omosessualità. è possibile chiedere asilo in Europa e iniziare una nuova vita, due di loro riescono a farlo, ma la felicità è ancora lontana. Tra vivere a Tel Aviv nella paura ma nella loro cultura e vivere liberi ma lontani dalle loro radici hanno scelto con estremo coraggio la seconda possibilità.

free running gaza
di George Azar e Mariam Shahin

Palestina 2012, 25'

 

Anteprima italiana

Aude Vanriette

24/30

Mohammed e Abdullah sono due adolescenti che vivono a Khan Younis nella striscia di Gaza, una zona lungo la costa del Mediterraneo tra Egitto e Israele, lunga 40 km e larga 10 km, in cui vivono più di 1,7 milioni di Palestinesi. La striscia di Gaza ha una tra le maggiori percentuali di densità di popolazione al mondo; nel 2005 l’esercito israeliano formalmente si ritira dalla Striscia, ma, di fatto, continua a detenere il controllo dei confini, dello spazio aereo e di mare. è in questo contesto che Mohammed e Abdullah sentono il bisogno di esprimere la loro condizione di uomini isolati e “intrappolati”; lo fanno attraverso una disciplina che scoprono tramite internet, l’unico strumento che gli permette di evadere e di scoprire cosa c’è al di là dei confini. Il "Free Running" è l’evoluzione più acrobatica del Parkour, disciplina metropolitana nata in Francia agli inizi degli anni ’80 che consiste nello spostarsi da un punto ad un altro nel modo più fantasioso e veloce possibile.
I due adolescenti fondano un gruppo di praticanti Parkour per trasmettere la loro esperienza anche ai più giovani; si allenano sulle spiagge, in strutture distrutte e abbandonate, come l’aeroporto di Gaza, ultima via d’uscita dalla Palestina prima dei bombardamenti.
Grazie a Parkour i ragazzi scaricano le loro tensioni ed evadono da una quotidianità opprimente, si tengono in contatto tramite internet con una comunità mondiale di free runners riuscendo simbolicamente ad abbattere l’isolamento.
“Sogniamo ad occhi aperti che un giorno questo sport ci aiuti a superare il confine”.

The boxing girls of Kabul
di Ariel Nasr

Canada/Afghanistan 2012, 52'

 

Anteprima italiana

Manuela Menici

28/30

Un gruppo di ragazze pratica pugilato in una palestra di Kabul sotto la guida del loro istruttore fermamente convinto di riuscire a portarle alle olimpiadi, questo il tema del documentario. La situazione per le donne in Afghanistan non è semplice, queste ragazze hanno alle spalle delle famiglie colte e dalla mentalità aperta, per questo possono studiare, lavorare e praticare sport. All’affermazione di un vicino che le dice: “Sua figlia pratica pugilato perché non vuole trovare marito”, la madre risponde: “Se non lo troverà sarà il pugilato suo marito, in fondo quanti mariti picchiano le mogli?” Viviamo intensamente insieme alle protagoniste la faticosa preparazione che questo sport richiede fino agli incontri delle trasferte che si riveleranno più duri del previsto. Le loro avversarie sono più forti, forse si sono allenate di più, forse semplicemente non devono convivere con tutte le tensioni che invece loro son costrette ad assorbire. Anche l’insegnante subisce delle minacce, non è visto di buon occhio che un uomo alleni delle ragazze. La lotta continua, sul ring e fuori.

a world not ours
di Mahdi Fleifel

Libano 2012, 93'

 

Anteprima italiana

Aude Vanriette

28/30

Nel campo profughi libanese di Ain el Helweb, un'area di un chilometro quadrato costruito in via provvisoria nel 1948, vivono circa 70 000 persone in condizioni di vita estreme, fra queste persone vi sono anche il nonno, l’amico d’infanzia Abu Iyad e lo zio di Mahdi Fleifel.
Il regista influenzato dalla passione del padre che per 20 anni ha documentato la vita della sua famiglia attraverso la cinepresa, sceglie come punto di partenza la sua infanzia a Dubai e la successiva emigrazione in Danimarca. Sulla prosecuzione del padre deciderà di tornare alle proprie origini con lo scopo di realizzare questo film utilizzando anche parte delle riprese di famiglia.
Saranno poi i racconti dell’amico Abu Iyad e dello zio a mostrarci la realtà odierna del campo profughi, dove i bambini giocano con le armi e gli uomini sopravvivono grazie agli aiuti internazionali. Tutto si svolge come un susseguirsi di interviste, conversazioni attraverso la cinepresa dove manca secondo me un punto di vista femminile. Le donne non sembrano partecipare alla vita collettiva in quanto non incluse nella realizzazione del film, creando un vuoto con la propria assenza.
Un documentario autobiografico che lascia trapelare una nostalgia dei luoghi e delle persone lasciate; un ritratto di una situazione estremamente degradata che non vede nessuna via d’uscita.

make hummus not war
di Ariel Nasr

Gran Bretagna 2012, 77'

 

Anteprima italiana

Manuela Menici

26/30

Anche se ovviamente tutti sono reticenti nello svelare la ricetta del loro Hummus sappiamo che è a base di ceci, semi di sesamo, cumino, un goccio d’olio, aglio, succo di limone, una spolverata di paprika e prezzemolo finemente tritato. Ma non c’è da preoccuparsi non è uno di quei programmi di cucina che vanno tanto di moda in Europa e soprattutto in Italia in questo momento. Il documentario dal taglio ironico propone a Israeliani, Palestinesi e Libanesi che si contendono la paternità di questo piatto, di condividerlo insieme invece di farsi l’ennesima guerra.

Cinema Jenin
di Marcus Vetter

Palestina/Germania 2012, 95'

 

Anteprima italiana

Aude Vanriette

28/30

Un documentario molto dettagliato che racconta la vicenda del regista tedesco Marcus Vetter alle prese con la ricostruzione di un vecchio cinema situato a Jenin, città Palestinese di 40 mila abitanti, di cui 16 mila stipati all’interno dell’omonimo campo profughi.
Il regista si reca inizialmente a Jenin per documentare la morte del figlio di Ismael Khatib ucciso da soldati israeliani nel 2005; Ismael compie un gesto di pace e riconciliazione donando gli organi a bambini israeliani, da questa vicenda Marcus Vetter realizza il film Cuore di Jenin che ha contribuito a diffondere il messaggio in tutto il mondo.
Partendo proprio da questa esperienza, nasce l’idea di riportare in vita un vecchio cinema costruito nel 1960; in Palestina fino al 1987 si trovavano una settantina di cinema che furono definitivamente chiusi con la prima Intifada.
Il regista documenta tutto il percorso, dalla presentazione del progetto, alla richiesta dei fondi, alle trattative amministrative e politiche fino all’inaugurazione del cinema avvenuta il 5 agosto 2010. Incontra varie difficoltà sia con i proprietari del cinema che vorrebbero garanzie sull’affitto del locale, sia con le autorità del luogo che dichiarano le loro perplessità riguardo all’intento e alla programmazione. Nascono problemi anche rispetto alla popolazione che in parte non vede di buon occhio questo progetto, soprattutto quando iniziano a farne parte anche alcuni israeliani come l’attivista e regista israelo-palestinese Juliano Mer-Khamis,direttore del Freedom Theatre, nel campo profughi della città di Jenin.
Il regista mobilita il Ministero della cultura tedesco, diversi donatori e investitori privati anche di eccezione, come il bassista culto dei Pink Floyd, Roger Waters, che ha sovvenzionato l'impianto audio. Inizia il progetto grazie ad una squadra di architetti, fonici, tecnici e volontari di vario genere; anche il proiezionista del vecchio cinema è coinvolto nel progetto per tentare di rimettere in funzione la macchina da proiezione. La tensione è molto alta e i lavori subiscono rallentamenti continui; nonostante tutto, la volontà di terminare il progetto prende il sopravvento e alla presenza delle autorità israeliane e palestinesi, i cittadini di Jenin vedono nascere il nuovo cinema. Pochi mesi dopo viene assassinato Juliano Mer-Khamis e tutto si ferma: il lavoro, l’entusiasmo; le motivazioni che erano all'origine del progetto rimangono nel cuore della popolazione di Jenin e il cinema riprende il suo percorso anche in ricordo di Juliano Mer-Khamis.
Cinema Jenin è pensato per essere un luogo per il popolo, un ponte verso il vasto mondo al di là del muro.

SITO UFFICIALE

 

4.film middle east now

Firenze, 04 / 08 aprile 2013