Tra i numerosi ospiti del FilmForum
Festival (Udine-Gorizia 12-21 marzo) c'era anche PAOLO GIOLI, artista
multimediale la cui fama è legata soprattutto alle sue straordinarie
immagini polaroid, ma anche ai fotofinish e alle fotografie stenopeiche.
Noto ed apprezzato in tutto il mondo, tanto da essere considerato come uno
tra i maggiori fotografi della scena contemporanea, Gioli è invitato
dalle maggiori istituzioni culturali internazionali e presente con le sue
opere nelle collezioni dei più importanti musei europei e statunitensi, in
particolare ricordiamo il Centre Pompidou, l’Art Institute of Chicago e il
MoMA di New York. Come molto spesso accade, Gioli non è riuscito a
conseguire in patria lo stesso successo che gli hanno riservato all'estero.
Negli ultimi anni alcune tra le manifestazione più attente al cinema di
ricerca hanno intrapreso una significativa opera di riscoperta della sua
attività di originalissimo e prolifico filmmaker. Nel giugno del 2009 la
Mostra Internazionale del Cinema Nuovo di Pesaro ha ospitato una sua
retrospettiva cinematografica, arricchita da una mostra e dalla
pubblicazione del volume “Il cinema dell'impronta”, a cura della Kiwido e
Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, con i contributi, tra
gli altri, di David Bordwell, Dominque Paini e Bruno Di Marino. Nel 2012 gli
è stata dedicata una rassegna con numerosi film distribuiti nelle diverse
giornate del Lucca Film Festival, e quest'anno il FilmForum ha fornito
un'altra preziosa occasione per conoscere l'opera di questo artista così
difficilmente categorizzabile.
Accanto alla tavola rotonda, dove vari studiosi hanno evidenziato le
particolarità del suo cinema, l'omaggio del FilmForum ha proposto una
selezione di otto suoi cortometraggi, introdotti dallo stesso Gioli presso
il Kinemax di Gorizia. Tra i titoli in programma, l'ultimo QUANDO I CORPI
SI TOCCANO presentato al Toronto Film Festival nello scorso autunno, ed in
questi giorni al Film Festival di Hong Kong, riporta alla ribalta la
centralità del found footage nell'opera di Gioli, un autentico 'rigattiere'
del cinema che fabbrica i suoi film con materiali di scarto, spezzoni di
pellicola inutilizzata.
Il suo film manifesto è L'UOMO SENZA MACCHINA DA PRESA (1973), realizzato,
come dice il titolo vertoviano senza macchina da presa, più precisamente
attraverso un utensile autoprogettato che consente di realizzare
sia fotografie che brevissime riprese filmate senza l’ausilio né
dell’apparecchio fotografico né di quello cinematografico. Ospite del
FilmForum era anche il suo produttore Paolo
Vampa, col quale ha stretto amicizia e un vero e proprio sodalizio artistico
quando abitavano a New York alla fine degli anni �Sessanta e Gioli
cominciava a fare i primi esperimenti nel campo del cinema.
Gioli ha realizzato oltre trenta film
utilizzando apparecchiature da lui stesso prodotte, concentrandosi sul tema
del corpo, soprattutto quello femminile, e su ciò che esso può trasmettere.
FILMARYLIN è un film girato in 16 mm, in bianco e nero e muto, realizzato
nel 1992 con una serie di fotografie realizzate dal fotografo Bert Stern per
un servizio di moda per la rivista
Vogue:
le tre sessioni del servizio si svolsero all’Hotel Bel Air di Los Angeles
alla fine del giugno 1962, sei settimane prima la morte di Marilyn.
“Questo breve film”, così lo descrive il suo autore,
“mi sembra, alla fine, come (se lo) avessi ritrovato in
qualche parte completamente dimenticato, come fosse stato un provino
pre-cinematografico non riuscito. Tutte le animazioni costruite da
fotografie di un unico grosso libro. Al termine lei muore e nella
simulazione viene trovata così come nella simulazione [sic: ma leggasi
“realtà”]; come fossi stato io con la mia cinepresa a entrare per primo
nella sua stanza di morte.
BIOGRAFIA
Paolo Gioli, veneto, nasce a Sarzano (Rovigo) il 12 Ott 1942.
Nel 1960 frequenta la scuola libera del nudo presso l’Accademia di Belle
Arti a Venezia dove per qualche anno si stabilisce e lavora.
Nel 1967 parte per New York, dove resterà a lavorare per un anno ottenendo
anche una borsa di studio della John Cabot
Fund, conosce il New American Cinema e - in pittura - la Scuola di New York
ed entra in contatto con i galleristi Leo Castelli e Martha Jackson.
Costretto ad interrompere l’esperienza americana e a rientrare in Italia per
problemi collegati al visto di soggiorno (siamo ai giorni della uccisione di
Martin Luther King e Bob Kennedy che vide l’applicazione di norme più severe
da parte dell’Immigration Office americano) Gioli, nel 1970, si stabilisce a
Roma dove entra in rapporto con la Cooperativa Cinema Indipendente che
orbita intorno al Filmstudio e cui fanno capo un po’ tutti gli autori di
cinema sperimentale italiano. è
tra Rovigo e Roma che produce i primi film che sviluppa da se stesso usando
la cinecamera come un laboratorio sulla scia dei Lumière.
A Roma approfondisce anche il suo interesse per la fotografia di cui indaga
specialmente le origini. Nel 76 si trasferisce a Milano dove, oltre al
cinema, si dedica con continuità alla fotografia. Troverà nel polaroid - che
egli chiama umido incunabolo della storia moderna - un sorprendente mezzo
per allargare ulteriormente la sua ricerca sulla fotografia istantanea,
travasandone la materia su supporti diversi dalla pellicola come la carta e
la tela e apparentandola così alle arti belle. Agli inizi degli anni ’80
torna nella sua terra in Polesine. Oggi vive e lavora a Lendinara. |