gran teatro la fenice
 

concerto di capodanno 2013

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice

Direttore: Sir John Eliot Gardiner

Maestro del Coro: Claudio Marino Moretti
Soprano: Desirée Rancatore
Tenore: Saimir Pirgu

GT La Fenice, Venezia, 31 dicembre 2012

 

di Gabriele FRANCIONI

Collegamenti rapidi: scheda

 

30/30

 

La Fenice ritrova John Eliot Gardiner, già protagonista del Concerto di Capodanno del 2010,direttore ormai di casa nella gloriosa istituzione veneziana,sulla quale sono puntati gli occhi di milioni di appassionati  europei della bell’arte del canto e della sinfonia, grazie alla collaborazione con “Rai Uno”, cui si deve il broadcasting internazionale dell’evento.
A questo proposito,al di là della piccola polemica a distanza con e su Vienna, è innegabile che la nuova politica culturale promossa in questi ultimi anni stia dando frutti di livello eccelso e che il Concerto di Capodanno sia tra le punte di diamante del nuovo corso, cui è doveroso aggiungere almeno il recente “duello” Verdi versus Wagner (che duello non è stato, ma semmai sinergia produttiva) nella presentazione in contemporanea di “Otello” e “Tristan und Isolde”, la continuazione delle stesse celebrazioni ancora in corso, il trittico mozartiano,sempre attesissimo, l’apertura alla musica “absoluta” di Philip Glass e la promozione di una linea scenografico-registica (Micheli, Michieletto), che riesce a spingersi oltre ogni limite visivo e tecnico-realizzativo, senza peraltro mettere a rischio l’irrinunciabile continuità con la tradizione (del testo, delle precedenti produzioni, della Fenice stessa).
La realizzazione dell’evento - vicina alla perfezione - richiede solo che, a partire dai prossimi anni, l’emittente nazionale trasmetta l’intero concerto, includendo nella diretta anche l’introduzione sinfonica,assolutamente godibile e, a nostro giudizio, rispettosa dei tempi e delle logiche televisive. Un plauso,quindi, alla direzione artistica della Fenice e al sovrintendente Cristiano Chiarot, nella speranza che la sinergia cui si accennava continui nell’immediato futuro, spinta da risultati - anche sotto il non secondario aspetto degli incassi - andati ben al di là delle aspettative.
 


Entriamo dunque nel 2013 con impeto assolutamente verdiano (appena ereditato dall’“Otello), qui rappresentato attraverso le linee espressive di opere come “Aida”, ”I Vespri Siciliani”, ”Rigoletto”, ”I Lombardi alla prima Crociata”, “Traviata” e “Nabucco”: “Va’ pensiero” e “Libiam ne’lieti calici” sono l’obbligatorio e necessario incipit del nuovo anno, posti a conclusione del programma, come da recente tradizione. Il Gardiner degli “esordi” - almeno in quanto a fama mondiale- risorge col suo sfacciato e graditissimo approccio radicalmente filologico, proponendo addirittura la Sinfonia prevista dal  Maestro di Busseto,  a mo’ di introduzione, per la prima di “Aida” del 1872 (Verona), “azzardo” tentato, in passato, da Claudio Abbado e, ancora prima, addirittura da Toscanini.Una piccola perla, che sarà forse più lunga del “Preludio” canonico (forse troppo lunga, in confronto a quello) e conterrà troppi temi, cinque rispetto a tre, ma ascoltata da sola suona familiare e piacevolmente nuova.Familiare perché anticipa il Radames in 6/8 che poi si ascolta nell’opera e nuova perché il Verdi di Gardiner non è quello del 2010 (che rallentava i tempi, per intenderci) e quindi ci appare subito più… verdiano!

Il Tchaikovsky della “Piccola Russia” (cioè l’Ucraina), Sinfonia n.2 in Do minore composta anch’essa nel 1872, non vede trattenuti, come ci si sarebbe potuto aspettare, i tratti folklorici e marziali dei quattro movimenti, segnatamente il secondo e il terzo. Gardiner, a dire il vero, disegna l’“Andante sostenuto” con un incipit e un finale meditativi, rallentati, salvo poi concedersi all’“allegrezza” dei due successivi passaggi.
Il primo movimento, con l’affascinante sviluppo inconcluso del tema principale, è quello che ci convince maggiormente. Da questo momento in poi la parata sonora tchaikovskiana si sviluppa attraversando una marcia - 2° mov.,  “Andantino marziale”, non a caso, costruito su un tema dell’opera  “Undina” - e una successione di Scherzo, Trio e Coda nella stessa tonalità dell’“Andante”, cioè il do minore. Lo “Scherzo” del direttore britannico - 3° movimento - è effettivamente molto, molto vivace, come da indicazione dell’autore, che considerava questa composizione quadripartita la sua migliore.
Addirittura vicina alla perfezione, almeno nella costruzione formale, attitudine nella quale, a suo dire, non eccelleva. Sta di fatto che Sir Gardiner ha egli stesso strutturato il primo tempo del concerto in maniera impeccabile, come forse non gli era riuscito tre anni fa. La scelta bipartita del direttore - prima dei brevi segmenti e delle continue interruzioni della seconda parte - è consona a una fruizione e a un ascolto concentrato e attento da parte del pubblico. Inoltre, un Tchaikovsky così allegro, addirittura ispiratosi alla tradizione folclorica ucraina per le canzoni di cui vengono ripresi i temi nel  I° e nel  IV°, si lega molto bene al Verdi che precede e segue.
 


Osservando l’orologio della Fenice - è passata poco meno di un’ora dall’inizio del concerto - per un attimo sospettiamo che per una volta Gardiner sia stato anti-filologico, proponendoci la versione rivista e più breve della Seconda (una trentina di minuti contro i quaranta dell’originale): ci sbagliamo.

Le luci si alzano, un po’ troppo, per favorire la ripresa televisiva:notiamo almeno cinque telecamere tra palcoscenico e palchi, senza contare quella manovrata a mano, quasi una steady-cam, dall’operatore Rai.


La seconda parte del concerto è anch’essa più equilibrata rispetto al 2010, prevedendo l’alternanza di momenti orchestrali e arie cantate, solo dal coro o dai bravissimi solisti:Desirée Rancatore e Saimir Pirgu. Dopo il “Galop” dal rossiniano ”Siège de Corinthe”, che stabilisce la temperatura espressiva di ciò che seguirà introducendo l’orchestra, è il momento del coro - “Di Madride noi siam mattadori”, dalla “Traviata” - condotto al galoppo da Gardiner, diremmo il nuovo Gardiner sceso a patti coi tempi verdiani, che qui paiono addirittura accelerati. Il testo e il canto del coro, al di là del “Bue grasso” di Parigi, del “circo dei tori” di Madrid e di un generale disincanto, punta a sottolineare i più miti cori:d’altronde, in prossimità del Capodanno, ”a noi basta folleggiar…”.Ecco allora che la conversione gardineriana sembra completa, con la sua folle velocizzazione.

I "Vespri Siciliani” vennero presentati per la prima volta, in italiano, proprio alla Fenice, il 26 dicembre 1855, precisamente 157 anni fa: oltre alla dimostrata conversione del direttore britannico dai tempi lenti ai veloci (in Verdi), riteniamo che, nellascelta dei brani, Sir Gardiner continui a essere puntiglioso e filologico, stabilendo connessioni e riferimenti, quasi nell’intento di creare un sottotesto da rileggere con calma dopo il concerto e impossibile da cogliere al momento dell’esecuzione.
Desirèe Rancatore esordisce quindi con “Merci, jeunes amies”/”Mercé, dilette amiche”, che nel contesto dell’opera è invece il saluto finale. Senza scomodare esempi inarrivabili di Elene passate - Callas, tanto per dirne una - siamo peraltro testimoni di un’ottima performance vocale, d’agilità impressionante e intonazione perfetta.
Dopo l’esordio di Pirgu in “Questa o quella per me pari son”, che (dal ”Rigoletto”) sembra farci rientrare in una dimensione di maggior leggerezza consona all’occasione, ascoltiamo il “Preludio” dell’“Attila” - ancora un esordio alla Fenice!per la precisione, il 17 marzo del 1846 - in cui Gardiner pare semplicemente volare alto nella nuova pausa solo orchestrale, che anticipa l’opera ambientata ad Aquileia.
Inutile dire che l’ossessione storicista del direttore d’orchestra non abbia tralasciato nulla neanche in questo caso:si deve infatti alla distruzione di Aquileia e Padova, da parte dello stesso Attila, la nascita di Venezia, che, ancora in forma di semplici ma inattaccabili isole di laguna, accolse le popolazioni fuggiasche. La direzione è magistrale, tutta giocata su un registro timbrico medio, trattenuto, poco presente in questa seconda parte.

“O Signore, dal tetto natio”, in perfetta successione cronologico-narrativa di un secondo sottotesto (questa volta non è la sequenza di “prime” alla Fenice o la serie di riferimenti a Venezia, ma la Storia d’Italia nel suo complesso, tra invasioni subite e colonizzazioni agìte), viene ripreso da “I Lombardi alla prima Crociata” e collega meravigliosamente l’“Attila” al secondo preludio, questa volta della “Traviata”, che reintroduce il coro prima del finale tutto vocale anche coi solisti.

Gardiner, che traghetta il programma dalla pausa orchestrale, quasi una magica oasi, sino alla “Sempre libera degg’io” - secondo momento di bravura della Rancatore, che pare oscurare, per un attimo, la performance di Pirgu - sembra limitarsi alle indicazioni dinamiche e di coloritura, ma in realtà infonde alla sua lettura un pathos raccolto e inaspettato, dopo le cavalcate precedenti. Il direttore è seguìto con attenzione sia dall' orchestra - e in particolare dagli archi, concentrati e assai espressivi - che dall’ottimo coro, preparato e diretto dal mastro Moretti.

Andiamo verso la conclusione, superata una non significativa “La mia letizia infondere” ancora da “I Lombardi”, con l’inevitabile “Va' Pensiero”, che ci permette di assestarci sulla grazia del "largo", poi ci prende e sospinge ottimisticamente verso il “Libiam”, quindi verso il nuovo anno.
“Va’ pensiero", dal Nabucco, è reso da Gardiner con la tranquilla maestosità che gli si addice, ed è bello perdersi in questo mare poliritmico - per così dire - talmente leggero da non permetterci di accorgersi delle strutture complesse che gli sono sottese.

"Libiamo nei lieti calici” da La Traviata, ancora una volta richiesto come bis, chiude un Concerto di Capodanno decisamente superiore alle attese.

programma:
Giuseppe Verdi:  ” Aida”, Sinfonia (versione 1872)
Pëtr Il’ič Čajkovskij:   Sinfonia n. 2 in do minore op. 17, “Piccola Russia”
Gioachino Rossini:”  Le siège de Corinthe“,Galop
Giuseppe Verdi:  “La Traviata” : «Di Madride noi siam mattadori»; “I vespri siciliani” : «Mercé, dilette amiche»; “Rigoletto”: «Questa o quella per me pari sono»; “Attila” : Preludio; “I lombardi alla prima crociata” : «O Signore, dal tetto natio»; “La Traviata”: Preludio atto,  «Sempre libera degg’io»; “I lombardi alla prima crociata” : «La mia letizia infondere»; “Nabucco” : «Va’ pensiero sull’ali dorate»; “La Traviata” : «Libiam ne’ lieti calici».
(In coproduzione con Raiuno)

SITO UFFICIALE

 

TEATRO LA FENICE

PREMIO UNA VITA PER LA MUSICA