Lee Won-Suk, regista sudcoreano diplomato all’American
Film Institute, ha trovato un’accoglienza calorosissima a Udine fin dalla
proiezione del suo film in sala. E lui, molto legato al nostro paese (sua
moglie ha studiato italiano a Firenze per quattro anni, e per la loro figlia
hanno scelto un nome italiano: Luce), ha ricambiato l’entusiasmo con grande
simpatia, fotografando lui stesso con lo smartphone il pubblico che faceva
altrettanto e lo applaudiva.
Quali aspetti l’hanno più colpito nella scelta dell’attrice protagonista?
L’attrice che ho scelto, Lee Si-young, somiglia molto al suo personaggio
perché apparentemente ha un’immagine “da dura”, sicura di sé, decisa. E
infatti parallelamente alla carriera di attrice gareggia come puglie non
professionista, per questo la sua meticolosità si riflette spesso anche nel
lavoro, dove vuole essere sempre molto preparata e precisa. Sono partito
dall’idea base, ormai diffusa, che il successo è importante se vuoi essere
qualcuno: non importa che strada fai, ma il risultato. Inoltre, per una
donna è più difficile avere il successo di un uomo, e questo comporta una
maggiore aggressività, a scapito delle relazioni.
Quali modelli ha avuto nel girare i suoi film e questo in particolare?
Il mio background e la mia storia personale sono stati importanti per il mio
lavoro, poiché i miei genitori mi hanno sempre permesso di studiare ciò che
mi piaceva. Ho iniziato con la pubblicità, il mio sogno era diventare
designer pubblicitario, ma poi mi sono reso conto che era si trattava di un
ambito troppo industrializzato, con poco spazio per la libertà creativa. Il
momento di svolta è stato il viaggio a New York, dal quale ho poi iniziato a
studiare cinema e tecnica dei film con maggiore sicurezza in me stesso, dopo
di che sono tornato in Corea del Sud e ho iniziato a realizzare
cortometraggi. Per quanto riguarda questo film, mi sono basato sui video
scolastici della mia infanzia e adolescenza, che insegnavano il “come fare
per”, ma poi la storia e la lavorazione si sono sviluppate da sé seguendo
una strada autonoma.
è
un film di cui vado fiero perché ho potuto fare personalmente alcune scelte
che riguardavano aspetti della produzione.
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