11.mo far east festival
Udine, 24 Aprile - 02 Maggio 2009

 

di Sarah GHERBITZ

Con l’attesa proiezione del super-blockbuster YATTERMAN, seguito dalla commedia cinese TROUBLE MAKERS di Cao Baoping, si è conclusa l’undicesima edizione del Far East Film Festival, la kermesse che dal 24 aprile al 2 maggio ha portato a Udine il meglio del cinema prodotto in Estremo Oriente. Con un’affluenza di oltre 50 mila spettatori, e 1200 presenze da una decina di paesi (dagli Stati Uniti alla Repubblica Ceca), divisi tra la sede storica del Teatro Nuovo e le sale del Visionario, il Far East si riconferma così come il più importante appuntamento occidentale con il cinema popolare asiatico. Le nove giornate di programmazione hanno visto presentare al pubblico una selezione di 56 titoli provenienti da 9 paesi diversi, tra cui spicca la Corea del Sud, che sembra tornare all’epoca brillante degli anni ’90, insieme all’Indonesia, rappresentata da ben sei titoli tra cui 2 horror. Se da un lato il cinema dell’Estremo Oriente ha ormai conquistato le attenzioni dei festival maggiori smettendo di essere quell’universo sconosciuto che aveva attirato l’attenzione pionieristica del Far East, dall’altro lato è un cinema che ha saputo reagire alla crisi con un’autentica rivoluzione. Nuove storie, nuovi autori, dinamicità organizzativa e produttiva, capacità di assorbimento di nuovi fermenti e mezzi espressivi, attenzione al pubblico e al mercato locale, varietà delle produzioni e delle co-produzioni…

Si spiega così l’incredibile doppietta di DEPARTURES (2008), il film giapponese vincitore dell’Oscar come miglior film straniero, che a Udine ha portato a casa sia l’Audience Award che il Black Dragon, i due maggiori premi assegnati sulla base delle preferenze espresse dal pubblico al termine della proiezione. Diretto da Takita Yojiro, cresciuto alla scuola del cinema erotico nipponico, la pellicola vede come protagonista Daigo, un violoncellista disoccupato che trova un nuovo impiego come ‘nokanshi’, un professionista che lava e riveste il corpo del defunto secondo la tradizione di un millenario rito giapponese. “Il protagonista è un uomo che non aveva mai dovuto prendere decisioni sulla propria vita. Sin dalla sua infanzia altri avevano deciso per lui”, racconta il regista. “Questa è la storia della sua crescita come essere umano e della sua personale scoperta dei propri valori.” 

Al secondo posto, la strepitosa commedia coreana SCANDAL MAKERS (2008) di Kang Hyeong-Chul, con protagonista uno scatenato dee-jay radiofonico che, come nel recente libro di Nick Hornby, si ritrova padre e insieme nonno a soli quarant’anni.

Terzo classificato, THE RAINBOW TROOPS (2008) di Riri Riza, melodramma che ha battuto tutti i record storici di botteghino in Indonesia, conferma la vocazione del Far East come luogo di scoperta di nuovi talenti e rivelazione di cinematografie poco conosciute.

In particolare quest’anno il festival ha dato ampia visibilità alla produzione indonesiana, ospitando ben sei titoli provenienti da quello che ormai si può considerare la ‘new wave’ cinematograficamente più nuova e stimolante del continente asiatico. Prodotto nell’ambito del progetto Kalyana Shira Foundation, volto a dar voce ai diritti delle donne, CHANTS OF LOTUS (2008) è un film in quattro episodi, scritto da due diverse sceneggiatrici, Vivian Idris e Melissa Karim, e diretti da quattro registe - Fatimah T. Rony, Unpi, Nia Dinata, Lasia F. Susatyo - intesi a raccontare storie al ‘femminile’ in diversi contesti geografici e sociali dell’Indonesia. Presentato nella sua versione integrale al Jakarta Film Festival, la pellicola ha incontrato pesanti obiezioni da parte della censura, ed alla fine è dovuto uscire sugli schermi indonesiani in versione censurata, meritandosi così la palma di film indonesiano più controverso del 2008.

 

Ospite l’anno scorso al Far East Film, per presentare “Quickie express” di cui era sceneggiatore, Joko Anwar è tornato a presentare il suo ultimo THE FORBIDDEN DOOR (2009), un visionario psycho-thriller che lo conferma uno dei talenti più promettenti del nuovo cinema indonesiano. Seconda tappa di una trilogia iniziata da Anwar con Kala, il film, con protagonista Gambir, artista conosciuto per le sue sculture raffiguranti donne incinte, s’inserisce nel filone di film indonesiani sull’aborto e misteriose gravidanze, un genere che nell’ultimo anno ha conosciuto in Indonesia evidente popolarità. In questo caso però la pellicola è densa di espliciti rimandi cinefili, in particolare al cinema e all’immaginario di David Lynch, di cui Anwar riprende una serie di rimandi e suggestioni visivi e narrativi, da Velluto blu a Twin peaks, da Strade perdute sino a INLAND EMPIRE. 

Al Far East, “The Forbidden Door” faceva coppia con FICTION (2008), l’altra pellicola scritta da Joko Anwar con cui condivide la fascinazione per il sottile limite che separa fantasia e realtà. Incentrato sui disturbi di un’adolescente ricca e viziata, cresciuta in una bolla protettiva che l’ha tenuta a distanza di sicurezza dal mondo reale, “Fiction” è un thriller psicologico elegante e curatissimo nella messa in scena, che rivela la giovanissima regista Mouly Sourya, qui al suo esordio nel lungometraggio, come nuovo sicuro talento del cinema indonesiano.

Protagonista del Festival è stato il regista coreano Kim Je-Woon con l’anteprima del suo ultimo film THE GOOD, THE BAD, THE WEIRD (2008), ispirato al celebre cult di Sergio Leone e proiettato in omaggio del grande maestro a vent’anni dalla scomparsa. Rilettura in chiave decisamente splatter di Il buono, il brutto e il cattivo, la pellicola ci porta nella Manciuria del 1930, dove il “cattivissimo” Chan-yi viene ingaggiato per rubare una preziosa mappa ad un banchiere. Decide di sorprenderlo sul treno, peccato però che la stessa idea sia venuta anche al cacciatore di taglie Do-woon (“il buono”) e il ladro Tae-gu (“il brutto”), incaricati della stessa missione. Dopo aver affrontato generi diversi, dalla commedia sportiva A Foul King all’horror A Bittersweet Life, Kim Je-Woon si misura con lo spaghetti-western, e il risultato, è come da lui stesso simpaticamente definito all’incontro stampa, un “kimchi-western”, con chiaro riferimento al tradizionale piatto coreano.

 

L’edizione 2009, oltre a svolgersi nella storica sede del Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” e quella del “Visionario”, ha visto anche la prima edizione della NOTTE GIALLA, con l’apertura straordinaria dei negozi per lo shopping serale e con una performance, realizzata in collaborazione con l’associazione Ateneo delle Idee, che si è sviluppata nelle strade del centro cittadino. A partire dalle 22.30, in tre azioni scandite circa ogni ora e mezza, si è svolto “MisSunderstanding”, un omaggio al noto regista giapponese Shinya Tsukamoto. Novità assoluta di quest’edizione, il FAR EAST MARKET, vero e proprio mercatino di prodotti orientali, ha visto le vie del centro storico occupate da una ventina di bancarelle variopinte, dall’oggettistica per la casa alla cerimonia del tè, passando per i fumetti e i kimono, tutto rigorosamente made in Asia.

 

La retrospettiva NEW MUEY THAI FILMS sul cinema di arti marziali prodotto in Thailandia, ha presentato il cinema del ‘vero’ kung-fu, fatto di acrobazie, combattimenti spettacolari e forza fisica senza l’uso di effetti speciali. Accanto all’icona del genere Tony Jaa, regista ed anche attore di ONG BAK 2 (2008), proiettato in serata d’apertura, il programma ha rivelato con CHOCOLATE (2008) di Prachya Pinkaew la nuova star del combattimento Jeeja Yanin, qui nei panni di una ragazza autistica impegnata a proteggere la famiglia dalla minaccia della yakuza.

Tra un film di arti marziali e una scorpacciata di cioccolatini, Zen fa fuori uno dopo l’altro tutti i debitori e i loro gorilla, in una fabbrica di ghiaccio, in uno stabilimento della Choco e in un mercato della carne, meritando alla Yanin, nella vita reale un’esperta di taekwondo, l’appellativo di ‘scatenatissima Jackie Chan al femminile’.

Due anni dopo la retrospettiva su Patrick Tam, il Far East prosegue la sua ricerca sul cinema di Hong Kong con la personale dedicata alla regista ANN HUI, curata da Tim Youngs in collaborazione con Law Kar. L’omaggio ha presentato dieci dei suoi lavori televisivi degli anni Settanta ancora inediti per le platee occidentali, e il recente e poetico docudrama THE WAY WE ARE (2008), ambientato a Tin Shui Wai, quartiere satellite ai margini di Hong Kong.

Nelle vicende dei protagonisti ordinary heroes, poliziotti corrotti, immigrati poverissimi, prostitute senza speranza, si riflettono fatti di cronaca quotidiana realmente accaduti, che forniscono un duro spaccato della società hongkonghese e dei suoi problemi, così simili e vicini, per certi versi in maniera sorprendente, a quelli delle periferie occidentali.  

 

L’evento più atteso dell’undicesimo Far East è stato senz’altro la closing night con l’anteprima di YATTERMAN  (2009) di Miike Takashi, un action fantasy carica di effetti di computer graphics, basato su un cartone animato particolarmente caro alle generazione degli anni settanta e ottanta. La storia è quella di un giovane inventore, Yatterman 1, e della sua audace fidanzata, Yatterman 2, alla ricerca dei frammenti della Pietra del Teschio prima che i loro antagonisti, il trio Doronbo, possano metterci le grinfie. Sebbene popolato da attori in carne e ossa, “Yatterman” sembra appunto un’animazione da quant’è ardita la sua messa in scena: spettacoli robotici con canzoni pop, sequenze riprese dal vero sulle strade di Tokyo, scene ricostruite con effetti speciali strabilianti e, ad insaporire il tutto, anche una certa dose di sensualità ed erotismo… Infine, per chiudere in bellezza, tutti al San Giorgio, dove il popolo delle Far East Nights si è scatenato per il concerto evento di quest’undicesima edizione: l’unica data europea di YURA YURA TEIKOKU, band della scena underground e psichedelica di Tokyo, un raro ibrido tra Jimi Hendrix, Les Rallizes DesNudes, Velvet Underground, pop giapponese degli anni sessanta e i 13th Floor Elevators.  

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