FELLINI E MOLINARO
Ho avuto la fortuna di rivedere, in versione restaurata, quel capolavoro (ed
uso questo termine senza cinefiliaci slanci di entusiasmo) che è
La Dolce Vita, dell’immortale
Fellini. Le luci in sala si sono spente, l’inconfondibile musica di Rota si
è alzata per poi lasciar spazio al silenzio assoluto che accompagna il
Cristo volante delle prime immagini. Ma, durante la visione, qualcosa mi ha
distratto. La distrazione non era causata dalla signora dalla chioma
argentata che canticchiava sottovoce le note della colonna sonora, né dai
giovani che all’apparire di Mastroianni esclamavano “Guarda, è Mastroianni!”
o all’apparire di Anita Ekberg “Guarda la Ekberg com’era giovane!”.
Nulla di tutto ciò. Quello che mi ha piacevolmente distolto era un manifesto
che, sfuggevolmente, appariva su di un muro, ripreso in secondo piano
nell’inquadratura. Il manifesto, di natura chiaramente cinematografica,
recava scritto “Appuntamento con il delitto”. Sono rimasto davvero sorpreso
nel vedere che una locandina di un film di quel gran tuttofare di Edouard
Molinaro apparisse in un’opera del Maestro. Per chi non lo sapesse Edouard
Molinaro è nato in Francia nel 1928, è vivo, arzillo, ha diretto più di 60
film e l’anno scorso è tornato (o meglio, non se ne è mai andato) dietro la
macchina da presa per dirigere Un
homme par hasard, film tv francese. Appuntamento
con il delitto (Un témoin
dans la ville) è un suo film del 1959 coprodotto con capitali
francesi e italiani; del cast facevano parte Lino Ventura, Franco Fabrizi,
Robert Dalban. La presenza femminile era stata affidata a Sandra Milo alla
quale, un paio d’anni dopo, Fellini avrebbe fatto interpretare il ruolo
dell’amante in 8 ½. Nel 1958 invece Molinaro aveva diretto I
vampiri del sesso (Des femmes
disparaissent) e nel ’61, ancora un giallo,
Chi ha ucciso Bella Sherman
con Yves Robert e Jacques Monod.
Ma Molinaro ha affrontato, durante la sua lunga carriera, tutti i generi
cinematografici, con particolare predilezione per la commedia. Suoi sono
infatti Dracula padre e figlio,
una parodia che vede Cristopher Lee alle prese con l'avvento del socialismo
in Romania, evento che pone fine al regno di Dracula. Il famoso conte quindi
è costretto ad emigrare a Parigi, dove trova impiego come attore nei film
dell'orrore. Di Edouard Molinaro sono anche
Un’adorabile idiota (1963)
con Brigitte Bardot e Anthony Perkins,
Il rompiballe con Lino
Ventura ed il nostro Nino Castelnuovo,
I sette peccati capitali del
1962, film composto di sette episodi ispirati ai sette peccati e firmati
anche da Roger Vadim, Claude Chabrol e Jacques Demi.

Moltissimi comunque i film di
Molinaro da ricordare: da Congiura
di spie a Quelli della banda
Beretta, da Louis De Funes e
il nonno surgelato al recente
Beaumarchais, l'insolent del 1996. Ma le due pellicole che forse più
di tutte hanno reso celebre il nome del regista francese sono state
La cage aux folles ed il
sequel La cage aux folles II,
distribuiti in Italia con i titoli di
Il vizietto e
Il vizietto 2 interpretati da
Ugo Tognazi e Michel Serrault.

Nel frattempo, però, le immagini de
La dolce vita continuavano a scorrere sullo schermo e, preso (adesso
sì!) da un’irrefrenabile senso di colpa per essermi distratto dalla visione
di quella magìa, ho cercato di mettere un punto ai miei voli pindarici con
un ultimissimo pensiero. In mio soccorso è arrivato un altro tuttofare del
cinema (questa volta italiano) che era Mario Bava. Bava ha diretto un
bellissimo film dal titolo
Operazione paura, nel quale compariva l’onirica immagine di una
bambina-fantasma che faceva rimbalzare un’inquietante palla bianca. Lo
stesso personaggio fa la sua apparizione in
Toby Dammit, episodio diretto
da Fellini nella pellicola Tre passi
nel delirio. Si narra che ad una serata mondana Mario Bava, con la
modestia e discrezione che lo caratterizzavano, avesse avvicinato Giulietta
Masina e le avesse chiesto spiegazioni relative a quello che sembrava essere
un classico furto d’autore. Si dice che la Masina alzò le sue piccole e
tonde spallucce ed esclamò, socchiudendo gli occhioni: “Bè, che vuoi che ti
dica…! Sai com’è Federico!”
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