ANALISI ESTESA DEL FILM

UOMINI E DONNE
di Bart Freundlich
USA 2005
Con  Julianne Moore, David Duchovny

di Gabriele FRANCIONI

Il film mutua solo l'assonanza del titolo da UN UOMO E UNA DONNA di Lelouch, per fortuna dello spettatore.
Si viene immediatamente proiettati dentro un quadretto bifamiliare, anche se solo una è la coppia sposata, dove la prassi quotidiana sta nella frequenza delle crisi e l'eccezione nel loro superamento.
Si naviga a vista, a volte piacevolmente, a volte meno.
Trattasi di commedia americana citazionista anni Duemila, un po' scorretta (le fart-situazioni alla TUTTI PAZZI PER MARY, il voyeurismo sessuale internettiano, l'atmosfera molto "Sex and the City") e un po' malinconica, che vaga randomly nella speranza di ritrovarsi prima o poi dalle parti di CLOSER, colonna sonora inclusa.
I ruoli maschili avrebbero più materia da mettere in campo, poiché l'indecisionismo compulsivo è il loro territorio d'azione, contrapposto alle scelte definitive delle donne (comunque matrimonio).
Le performance di Maggie Gyllenhaal e Julianne Moore, però, ribaltano le dinamiche attoriali annientando la controparte, che va alla deriva tra irritanti caratterizzazioni - Crudup, assolutamente fuori ruolo - e immobilismo psico-facciale - David Duchovny, il post-investigatore di X-filesiana fama.
La commedia contemporanea, in assenza di uno sfondo di tematiche condivise e collettive (diciamo anni '70), deve assolutamente dotarsi di solidissima e chiara scrittura di cinema da camera, per giocare al meglio l'unico asso nella manica, ovvero la capacità degli attori di vestire e fare proprio uno spartito inattaccabile in partenza, anche se vuoto, o, come nel citato CLOSER, orchestrato attorno a un vuoto (di sentimenti).
Mancando questo canovaccio è evidente che, come qui, anche i due ruoli femminili, per quanto meglio sviluppati, soffrano di debolezza congenita, essendo lo sceneggiatore e regista Bart Freundlich poco propenso a esporre lo spettatore ai rischi di un qualsivoglia scandaglio interiore e la tenace applicazione delle due star si perde tra dialoghi e situazioni improbabili.

Tom/Duchovny, erotomane perennemente connesso a siti porno, fa da sempre comunella con il freak Tobey/Crudup, suo cognato creativo sconnesso dal mondo reale.
Il film, nel giro di un paio di scene, dispone entrambi i personaggi su un poco affascinante sfondo coprologico, tra figli stitici e gas di varia natura, nel tentativo di raccontarci il buffo nonsense di esistenze trascinate attorno a un centro che manca.
Tom, sui quaranta e sposato con la coetanea Rebecca/Moore, attrice di teatro, inciampa in una relazione extra-coniugale con la provocante Pamela, mamma single incontrata all'asilo, capace di agganciarlo con citazionistica destrezza ("Hey, you, "rebel without a cause"..."), mentre il trentenne Tobey sta perdendo per strada l'eterna fidanzata Elaine/Gyllenhaal, scrittrice imprecisamente dotata e ossessionata dall'idea della maternità.
Le coppie s'incontrano spesso, senza peraltro trovare un piano comune di dialogo, in quanto la giocosa superficialità dei maschi s'infrange contro lo scoglio del serio e inattaccabile realismo femminile, generando comunque dinamiche centrifughe.
Ogni cosa è stabilita a priori (caratteri, scelte private, contesto sociale) e tenuta nel limbo di una comoda indefinitezza che apre il varco al solo tono da commedia, leggero, a-problematico.
Il tutto risulterebbe accettabile sotto il tiro incrociato di fenomenali battute e gag, che però latitano, e il film rimane accovacciato su se stesso, persino manicheo e maschilista nel tratteggiare la mappa dei tipi umani alternativi alla coppia: i flirt degli uomini hanno le immancabili facies di irresistibili bambole del sesso, in quanto tali giustificabili, mentre quelli di Rebecca ed Elaine risultano programmaticamente impraticabili (dal pastore folksinger all'intellettuale russo, dall'attor giovane palpatore all'editrice lesbica), raccontati in modo tale da rendere accettabili i precedenti mariti/fidanzati.
UOMINI E DONNE, insomma, spinge a operare scelte per difetto, imbastendo una filosofia del male minore abbastanza agghiacciante in epoca di revisione spinta della famiglia tradizionalmente intesa (l'Europa, con Almodovar e altri simili - ma certo non Ozpetek! - è da anni molto più avanti nel raccontarci i mutamenti in atto).
Le donne, pare voler dire Freundlich, dovrebbero evitare peregrinazioni sentimentali extra moenia domestiche perché immancabilmente destinate a incrociare ogni tipologia di falliti e maniaci, mentre una sana cura del sesso alternativo agito dal coniuge può restituire loro il compagno tirato a lucido, pronto per riarredare con la sua presenza anodina i vuoti del soggiorno o della camera da letto.
Peccato per l'evidente spreco del cast femminile (si vedano anche i due minuti scarsi di Ellen Barkin): Gyllenhaal e Moore, richiestissime e quasi sempre perfette, ultimamente alternano scelte azzeccate ad altre molto meno ponderate.

UOMINI E DONNE
di Bart Freundlich