ANALISI ESTESA DEL FILM

 

SANGUE E ARENA

di Rouben Mamoulian
USA 1941
Con Rita Hayworth, Tyrone Power

di Gabriele FRANCIONI

"Aja toro, aja toro!": così Rita Hayworth (Doña Sol) chiama Tyrone Power (il torero Juan Gallardo) all'incornata sessuale in BLOOD AND SAND, epitome di ogni contrapposizione manichea tra bene e male, love-crime and punishment.
Eppure, nonostante il rigido schematismo, SANGUE E ARENA - prodotto dalla 20th Century Fox - contiene un nucleo, un centro assolutamente geniale: la denuncia dell'inaffidabilità muliebre anche in materia di fede.
Siamo a Siviglia e assistiamo ad un'accesa reprimenda da parte di suocera (vedova e madre di toreri) nei confronti di nuora ingenua e tradita (Carmen Gallardo nel film), colpevole di chiedere aiuto solo alla Madonna locale (la Macarena sevillana) perché abbia termine la tresca tra l'incolto ma ricco e famoso Juan, il coniuge, e l'erudita, fascinosa Doña Sol.
Il punto di vista della suocera è che anche la Vergine, femmina, sia impotente per statuto e inaffidabile per natura, il ché spiegherebbe l'ineffettualità delle sue precedenti invocazioni, rivolte per restituirle il marito incolume.
"Io ora prego un dio uomo. Gesù ha un grande potere e gli chiedo che Juan venga ferito, per potersi ritirare, e tu non abbia un figlio, perché crescerebbe per tormentarti e farti morire tutte le domeniche, proprio come stai morendo adesso...".
Strepitoso il salto successivo al primissimo piano della statua raffigurante la Macarena, coi tratti e la voce della Hayworth (di cui è chiaro esserne il doppio), intenta a rassicurare distrattamente - l'ascoltiamo addirittura in viva voce - Dona Gallardo postulante miracoli e cambiamenti.
Il fade-out sulla Virgen apre a un fade-in esplicativo sulla figura sinuosa della Hayworth, intenta, appunto, a toreare Tyrone Power e successivamente tranquillizzare Dona Carmen (il cerchio si chiude).
Mamoulian si ricorda, ogni tanto, del romanzo di Vicente Blasco Ibáñez (1908) da cui è tratto il film (remake di una pellicola con Rodolfo Valentino del 1922), anche se l'emergere del testo è occasionale, tale da non indurre supposizioni di sorta su presunte volontà da parte del regista di veicolare un senso preciso.
Lo sfruttamento di alcuni spunti offerti da Ibañez , come il ricorso alla componente religiosa (sul versante di un opprimente cattolicesimo ispanico, qui vagamente menagramo), contribuisce semmai a giustificare la puntigliosa e fastosa costruzione dell'apparato scenografico, che rimanda costantemente a Goya, e l'uso maniacale di un'illuminazione pittorica.
Di ipnotica bellezza alcuni studiatissimi e reiterati segmenti in quella che dovrebbe essere la cappella adiacente alla plaza de toros; superflue, al contrario, le concessioni al folklore locale (le coreografie delle danze gitane).
Mancano, in definitiva, le sottigliezze di DR. JECKILL E MR. HYDE, uno dei film di Mamoulian maggiormente incline all'introspezione psicologica.
S. E A. perde per strada alcuni passaggi e snodi (che fine ha fatto la formazione madrilena del giovane Juan? dove sarebbe il corteo di sicofanti? che senso ha non mostrare il ferimento di Nacional/John Carradine? perché la madre non invecchia? da cosa trae forza la neo-vedova Carmencita?), lasciandoci nel dubbio che Mamoulian, allievo di Stanislavskj, abbia patito i dettami di quella lezione al punto da ribellarsi col suo stile ridondante al rigoroso naturalismo appreso negli anni di formazione.
Ostinata la colonna sonora, basata su prevedibili linee melodiche che attingono al flamenco e alle sevillanas, contrappuntati da un'exploitation spietata (per lo spettatore/ascoltatore) del mesto tema di "Giochi Proibiti".
Il periodo di Broadway - dopo l'Europa e prima di Hollywood - influenzò la concezione proto-multimediale del prodotto-cinema da parte del regista di CITY STREETS.
Interessante il cast, rinforzato da un giovane Anthony Quinn-Antagonista e dalla splendida Linda Darnell/Carmen (ricchissima la sua filmografia), dove Power e Hayworth gareggiano nell'interpretare se stessi.

SANGUE E ARENA

di Rouben Mamoulian