Il Dvd di
UN'ORA SOLA TI VORREI, primo lungometraggio della regista milanese Alina
Marazzi, ha un valore e un sapore del tutto particolari, poiché alcune sue
caratteristiche lo differenziano dalla maggioranza degli analoghi supporti
digitali in circolazione. Il primo motivo è legato alla ricca, ma complessa
vicenda produttiva, che ne ha prolungato l'esistenza artistica dal 2002 al
2005.
Il che significa che il Dvd in questione interviene a colmare un'esigenza e
un'urgenza, testimoniate dalle centinaia di interventi sul blog del sito
dedicato (www.unorasola.it): la gente che non lo ha potuto vedere in questi
tre anni può finalmente apprezzare e, soprattutto, conservare un'opera
splendida, che già di per sè è un atto di amore e di conservazione della
memoria.
Il film sulla vicenda di Liseli Hoepli Marazzi è un oggetto d'arte privata
che dobbiamo tenere sul "comodino" ideale della nostra stanza, sempre pronto
per una nuova visione.
Il secondo motivo riguarda la qualità non esclusivamente tecnica della
riproduzione digitale, ovvero i cosiddetti "extra".
1/ Intervista della Marazzi prima dell'inizio del lavoro di montaggio
L'autrice parla a ruota libera e in preda all'emozione, che la coglie quando
arriva a raccontare della madre ("il mio confronto con questa... faccia...
la faccia di una mamma che non c'è..."). Al di là di ogni retorica, è uno
dei momenti più toccanti ed è straordinario il fatto che la regista abbia
avuto il coraggio di mettersi a nudo, senza occultarne la natura
privatissima e dolorosa, anche se liberatoria.
Le lacrime sullo splendido viso di Alina valgono quanto cento pellicole di
finzione e sono il manifesto più chiaro di cosa sia in grado di comunicare
un "documentario" concepito fuori della norma del canonico freddo reportage
sulle realtà del mondo.
Il primo mondo che (non) conosciamo è il nostro mondo interiore e la Marazzi
ci accompagna in questo splendido viaggio di conoscenza.
2/ Commento dell'autrice a tre anni dal termine della lavorazione
Il volto di Alina, questa volta, è ripreso fuori fuoco. L'immagine, però, ci
restituisce - per contrasto - una persona tranquilla e più sicura,
consapevole del fatto che questi ultimi anni e l'apprezzamento verso il suo
lavoro l'hanno aiutata nell'opera di "ricostruzione", di "recherche" della
madre perduta.
Titoli muti anticipano le domande cui lei risponde.
Anche nella delicata scelta di voler creare una sorta di distanza tra chi
guarda e chi parla, la Marazzi dimostra finezza artistica e rare capacità
narrative: proprio quando ce l'aspetteremmo ancora più "a fuoco" ed
esplicita, lei torna a nascondersi. L'opera di confronto col dolore, sia
chiaro, è appena iniziata.
Oppure, più semplicemente, la sfocatura e il "muto" sono un omaggio ai
supporti filmici utilizzati dal nonno e un ulteriore segno della compresenza
di passato e presente.
3/ Spezzoni muti girati da Ulrico Hoepli
Assolutamente emozionanti!
Entriamo nel giardino segreto di un cineasta amatoriale ma abile e
sensibile, dati i mezzi e il tempo a sua disposizione.
Un incredibile viaggio senza sonoro tra le Italie di quasi un secolo, che
improvvisamente acquistano un dato di "realtà" e plausibilità garantite,
anche, dalla straordinaria qualità visiva, frutto della rimasterizzazione e
del riversamento in formato digitale.
Bellissimi i momenti in cui Liseli strapazza un paio di riviste di cinema
del padre ("Schermo" e "Cinema"), di cui possiamo vedere le pagine ancora
fresche di stampa(!), la patinatura e la modernità, anche se una rappresenta
la rigida "mascella che al cortile parlava", sepolta da decenni di
democratica razionalità.
La guerra: il contrasto tra la difesa di una felicità privata e la
rappresentazione della sofferenza fuori dalle mura domestiche (i camioncini
degli alleati che risalgono una strada illuminata). Oltre ogni cinegiornale
dell'Istituto Luce, oltre ogni indagine-tv degli anni Settanta, questi pochi
minuti ci fanno entrare come mai prima dentro una realtà a noi sconosciuta.
Un filmino senza parole ci lascia, letteralmente, senza parole.
Ancora: altri imperdibili momenti passati a correre sulla camionetta, forse,
di un soldato o autista, che porta Liseli e la mamma su per strade di
montagna, verso una probabile villa di vacanze.
Colori vivissimi, qualità visiva ed emozionale altissima.
Infine: Liseli e il fratellino con le prime biciclette, sul terriccio di un
giardino milanese. Un ginocchio scorticato.
4/ I "credits" del cast tecnico (Alina Marazzi, la montatrice Ilaria
Fraioli, il responsabile del sonoro, Benni Atria) e della produzione.
5/ Un'introduzione scritta della Marazzi, concepita come una sorta di
riassunto delle "FAQ", e conseguenti risposte, rivolte alla regista in
questi tre anni dai vari intervistatori.
6/ Una completissima bio-filmografia dell'autrice
DOLMEN
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