ANALISI ESTESA DEL FILM
La
niÑa santa
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Amalia (Marìa Alche), una ragazzina che vive nell’hotel in cui lavora la madre Helena (Mercedes Morán), e la sua amica Josefina (Julieta Zylberberg) frequentano la scuola cattolica e nel loro immaginario adolescenziale mescolano religiosità, istinti sessuali e vocazione. Quando durante un convegno medico che si svolge nell’albergo, il dottor Jano (Carlos Bolloso) palpeggia Amalia, questa rimane turbata e colpita, e decide di fare di lui la propria missione. Cerca così, a modo suo, di redimerlo e al contempo di sedurlo, mentre la madre divorziata si invaghisce a sua volta del medico. Con la benedizione di Pedro Almodovar (produttore esecutivo del film), la quarantenne argentina Lucrecia Martel, dopo il successo de LA CIENAGA, scrive e dirige LA NIÑA SANTA, controversa storia di fede, sentimenti e passione (che, spesso e volentieri, finiscono per confondersi in un’unica pulsione vitale). L’ambientazione è claustrofobica, delimitata quasi sempre dalle mura squallide di un hotel polveroso e mal illuminato. I personaggi sono sospesi fra colpa e innocenza. Ma mentre gli adulti sembrano ormai impantanati nel fango delle loro esistenze, sono i ragazzi gli unici ad essere animati da un autentico slancio vitale, volti all’esplorazione di un mondo circostante intriso di sensazioni. La giovane Amalia, pur confinata dalle mura dell’hotel e da quelle meno materiali ma altrettanto costrittive dell’educazione religiosa, sembra avvertire comunque una forte tensione verso l’esterno. Il giudizio, in ogni caso, è sospeso: la Martel non tenta in nessun modo di esprimere un verdetto su personalità e comportamenti, senza attribuire colpe ma cercando piuttosto di trasmettere un semplice resoconto dei fatti. La regia è allo stesso tempo delicata ma intensa, capace di sfruttare al meglio le singole inquadrature (e i predominanti primissimi piani degli attori), e nella stessa direzione va la recitazione complessiva, contenuta ma in grado di condensare tutta l’interiorità di un personaggio in uno sguardo sommesso. Lucrecia Martel non mira a costruire un film gradevole, preferendo concentrarsi su spazi chiusi e vicende potenzialmente disturbanti, ma l’operazione risulta interessante e la regista argentina rimane un talento emergente da seguire nei suoi passi futuri. |
La niÑa santa |