ANALISI ESTESA DEL FILM

MY GENERATION
di Thomas Haneke e Barbara Kopple
USA 2000
Documentario

di Gabriele FRANCIONI

MUD


Il denominatore comune tra i 3 festival di Woodstock (1969, 1994, 1999) è stato il fango, mud, in cui gettarsi e scivolare per operare una catarsi dal segno ogni volta diverso: la generazione del Flower Power dichiarava così la sua comunione con gli Elementi e ribaltava l'immagine mediatica del fango vietnamita, pantano per gli ideali di pace, portando la Terra ad essere Acqua, come nelle bucoliche scene di nudismo fluviale collettivo; la Generation X che aveva appena sepolto Kurt Cobain lo modella invece come un'argilla per body-art o performance istantanea destinata a rivelare il marcio in cui arrancano i ventenni del '94, svezzati a colpi di grunge, "senza un cazzo in cui credere", interessati solo ad autorappresentare la loro realtà disastrata (Trent Reznor dei Nine Inch Nails cantava quasi fosse Martin Sheen in APOCALYPSE NOW, emerso da un bagno nella melma); puro divertimento, invece, per i ragazzini nati all'inizio degli anni '80, nel segmento finale del documentario di Barbara Koepple, forse perché era stata concessa a tutti qualche ora di libera uscita prima del diluvio di petrolio che copre la bara in cui giacciono gli U.S.A. dal 2000.
Il discrimine tra le due estremità temporali sta nel fatto che Charlie Manson ordinava di squartare Sharon Tate a Cielo Drive, località Bel Air, un paio di giorni prima del festival del 1969, ma nessuno avrebbe mai pensato che l'hyppie "musicista" potesse incarnare il Male in tempi di Peace, Love & Understanding, mentre Reznor si chiuse proprio in quella spelonca maledetta - Casa Polanski - per prepararsi all'Evento, respirare l'odore del sangue di Folger-Frykowski e cogliere lo Zeitgeist dell'epoca. Per qualche settimana fu il suo studio di registrazione. Qualcuno è anche morto durante l'esibizione dei N.I.N.
Un solco netto va tracciato, per non creare equivoci di ordine ermeneutico, affermando quanto segue: nessuno ricorda gli intermezzi tra le canzoni nel film del '69, pura eversione rock, nessuno fa caso a chi suona in MY GENERATION o, se capita, non è per la qualità della musica.
è la Storia che dispone steccati e determina le gerarchie, non la ybris senza tempo dei Figli dei Fiori: come dicono Peter Gabriel e Todd Rundgren alla Koepple, ciascuna generazione (siamo sempre lì) deve difendere le sue icone - chi se ne frega di Santana se ho a disposizione Henry Rollins o Perry Farrell! - ma è palese che la Casa del Rock non possa stare in piedi senza i pilastri Hendrix, Who, Janis Joplin, Jefferson Airplane, Neil Young, mentre Green Day, Porno for Pyros e Red Hot Chili Peppers troveranno spazio su Google al massimo come transeunti elementi d'arredo. Nessun demerito o colpa, se non quella di essere nati out of time, fuori tempo massimo.
Una Woodstock del '77, invece, avrebbe avuto più senso di ogni altra!
Eppure il film di Koepple è sadomasochisticamente attraente, così impietoso nell'inscenare la spontanea atrocity exhibition della gioventù che si piega su se stessa, entrando nei nuovi corpi deformati dal tempo, sino a incarnarsi in vecchi campeggiatori con lo spinello o l'acido in una mano e il cellulare nell'altra.
Il bello e l'orrido del Rock è proprio questo: un'Arte Sempre Giovane legata all'idea di lasciare bellissimi cadaveri non toccati dal tempo (Morrison, Joplin, Elvis) è obbligata progressivamente a fare i conti con zombie e mummie guidati da Mick Jagger, Keith Richards, Steven Tyler, inguardabili, senescenti, pronti per l'ospizio, eppure costituenti un problema da risolvere.
Nel 1994 tutti i leader musicali del passato avevano superato i cinquanta e ciò che si coglie in MY GENERATION - i Joe Cocker e i Carlos Santana da reparto geriatria - è l'inizio della fine di quell'idea di immarcescibilità.
Oggi, 2007, il senso profondo del lavoro di Koepple ha infine generato una piena consapevolezza imprenditoriale: il pop (non esiste più vero rock'n roll) va scisso in tre categorie d'età e altrettante classi di fruitori.
A) I Nonni, dai sessanta in su, fanno musica che non può lordare la levigata bidimensionalità da photoshop dei videoclip, ma finalmente i loro cd (che oggetto arcaico è mai questo?) vanno al primo posto nelle Hit Parade (che termini desueti!), acquistati da altri nonni che hanno i soldi per comprarseli e l'inettitudine per downloadare.
Dylan, Stones, Aerosmith, Avanzi di Beatles.
B) Gli Inutili, dai 18 ai 28 di età, infettano SOLO lo spazio-tempo di Mtv, entro il quale nascono-vivono-si dissolvono: teenager music, boy-bands, spiraguilere, robbi uilliams, bionsé varie...sino, brucia doverlo ammettere, all'infetta e corrotta non-scena dell'hip-hop, i piffi-diddi, i giei-zi...
Anche per loro le classifiche sono territorio di caccia e, in più, arredano casa con gremmiauords sganciati dalle Major discografiche con sospettà generosità.
C) I Giusti - c'è sempre un Giusto in ogni storia che si dica tale - lavorano nell'oscurità, sono sicuramente giovani, ma spesso hanno un'identità anche anagrafica sfumata dallo schermo velatissmo del Web: fanno musica in provincia, a parte alcuni casi NON si arricchiscono, vivono coi soldi delle tournée e hanno un pubblico tutto internettaro, che downloada un secondo dopo la messa on line dei pezzi.

MY GENERATION ci fa capire come si è d/evoluta la cultura musicale in più di trent'anni e fa molta più sociologia del primo film.
Sono i ragazzi a occupare la scena, tra un acido posticcio e il racconto angosciato delle bollette da pagare-il lavoro che manca- il fucile col colpo in canna- l'assenza di priorità e ideali.
I due/tre giorni di vacanza dei Woodstock '94 e '99 sono stati per loro una breve, significativa oasi pacifica nel mare dell'assordante Nulla.

La stirpe dei Padri, invece, viveva saldamente ancorata a three, four issues, come le definiscono ironicamente, colmi d'invidia e rancore, i Figli: Pace, Amore, Comprensione, Musica.
La regista seleziona e opportunamente accosta i sorrisi infiniti dei SixtyNiners e l'apatia aggressiva dei NinetyFortie(r)s delle prime file del pubblico, prima seduto sul proprio relax oppiaceo, quindi - venticinque anni dopo - lanciato verso la m.d.p. con il vuoto risentimento che non avevano nemmeno i punk delle origini.
Peggio di loro, però, il punkrocker finto e stanco Henry Rollins.
A chi gli domanda se avrebbe affrontato fango e pioggia come fa il suo pubblico e se rimpiange i vent'anni, risponde grondante cinismo: "Sei pazzo? Io ne ho 33... meglio stare al Marriots Hotel che in questo casino!".

Passato con ottimo riscontro di pubblico e critica alla 57.ma Mostra del Cinema di Venezia, nel 2000, MY GENERATION è diventato grazie a Dolmen un dvd imperdibile, perché restituisce "il" documentario musicale come dovrebbe essere: scansione di piani temporali, taglio da inchiesta a 360 gradi, nessuna concessione all'estetica da videoclip, predisposizione all'attacco del fortino dello star-system e ironia verso i musicisti di oggi, piatti, apatici, risentiti.
Stupendi gli inserti del concerto del 1969, riproposti in b/n virato sul blu e di stupefacente nitidezza. Nella loro perentorietà (ri)evocativa, sembrano migliori dell'originale e messi a confronto con le repliche svelano l'incredibile potenza di una musica che aveva nei testi e nell'interpretazione la propria forza.
Inevitabile che tutto si chiuda con un'istantanea del '99: la marea di volti si gira verso un enorme video-wall e tributa l'ovazione più grande ad un artista virtuale, che transita fantasmaticamente su quel palco bidimensionale: è un nero, mancino e impugna una Stratocaster bianca.


dolmen

MY GENERATION
di Thomas Haneke e Barbara Kopple