ANALISI ESTESA DEL FILM

MESSENGER
di Baltasar Kormakur
USA, Islanda 2005
Con Forest Whitaker e Julia Stiles

di Luca MINIUSSI

In un paesino nevoso del Minnesota, un agente liquidatore di una compagnia assicurativa (l’ormai non solo bravo ma anche consacrato dall’Oscar Forest Whitaker) deve indagare sulla morte per incidente d’auto di un loro assicurato che aveva nominato la sorella come unica beneficiaria del premio di un milione di dollari. Come un novello Philip Marlowe in trasferta da Los Angeles nell’entroterra americano, il protagonista si aggira con la sua tipica andatura malinconica e un po’ malconcia tra una serie di personaggi bizzarri che sono un caleidoscopio di vizi, difetti, violenze e misteri.

L’incipit del film è accattivante nella sua fredda presentazione del cinico mondo degli assicuratori, pronti a tutto pur di invalidare la polizza al momento del pagamento. E in poche battute si delineano già le due diverse personalità di Whitaker e del suo collega Peter Coyote. Sin dal principio, in realtà, il film è spiazzante perché cancella subito la sensazione di assistere ad un apologo sul mondo spietato delle compagnie assicurative, portandoci in tutt’altro ambiente e atmosfera e facendoci assistere ad una sequenza di improvvisa violenza, quasi ispirata a THE HITCHER. Subito dopo, con la necessaria rapidità che si richiede ad un film di genere, le due storie si incontreranno facendo emergere il lato nascosto, l’"History of Violence" tipico dei posti dove sembra che non succeda mai niente.

Sorprende positivamente l’attenzione per i dettagli scenografici, sonori e cromatici che il giovane regista islandese riserva al film, rivelando, per nostra fortuna, che stiamo assistendo ad un falso B-movie. Le musiche di sottofondo spesso prevaricano l’immagine, non solo accompagnandola ma portandola quasi in atmosfere care al cinema poliziesco anni ‘70. La confusionaria, disordinata e cadente abitazione dei due coniugi del Minnesota ben contrasta con l’asettica e geometrica stanza degli assicuratori e sicuramente l’aver girato molte scene in Islanda aggiunge maggiore originalità visiva al film. Soprattutto i colori rappresentano il punto di forza di un film, che si lascia guardare con delizia per gran parte della durata quasi come se si fosse di fronte a un film di Michael Mann.

MESSENGER
di Baltasar Kormakur