ANALISI ESTESA DEL FILM

IL SEME DELLA FOLLIA
di John Carpenter
USA 1995
Con Sam Neill, Jürgen Prochnow

di Marco Grosoli

Quanto hanno da imparare i pivellini che si arrampicano oggi, con troppo ritardo, lungo le volute impervie del rapporto tra Cinema e Scrittura, che siano Charlie Kaufman o chi fa i film tratti dalle sue sceneggiature (quasi tutti, non tutti) o quella truffa che è The Prestige di Nolan.
Difficile, in questo ambito, superare Il seme della follia, compendio eccellente di temi classici di H. P. Lovecraft. Un detective incaricato di scoprire dove sia finito Sutter Cane, scrittore horror di smisurato successo, scopre invece un autentico vaso di Pandora, scopre di essere lui stesso all'interno del libro e scoperchia l'inferno: realtà e illusione (leggi anche: “mutazione”) collassano l'una sull'altra, sicché quando finirà in manicomio ci starà per poco perché la fine del mondo incombe pressante, e lui si troverà ad assistervi guardando se stesso sullo schermo di una sala cinematografica.
E mentre si guarda sullo schermo ride: è l'indizio chiave, quello che ci riporta pari pari al finale di La cosa, capolavoro di John Carpenter di una decina di anni prima. La mutazione è già da sempre in atto, e non possiamo venirne a capo: l'immagine non è che il segno dell'indecidibilità che essa stessa sia percorsa o meno, sottopelle, da quella forma primigenia di mutazione che è la scrittura, in quanto ciò che marca una differenza primaria rispetto all'esistente. Nell'uno e nell'altro film, la risata finale è la pochissimo liberatoria esplosione dell'isteria che viene dal sapere che non possiamo sapere: l'immagine è la forma angosciante del sentirsi contemporaneamente fuori o dentro quella mutazione che è la scrittura. Una condizione paralizzante quant'altre mai: già questa vertigine cartesiana basta a essere più terrificante di qualsiasi horror.
Il densissimo spessore filosofico di quest'opera non viene come credono i vari Charlie Kaufman più o meno presuntuosetti dalla “quantità” della vertigine prodotta dall'intricarsi forsennato del gioco di specchi, ma al contrario dalla semplicità disarmante dell'impalcatura visiva, che con la chiarezza pulita delle sue linee e dei suoi vettori si richiama direttamente alla gloriosa Hollywood che fu (negli anni 30-40 e un po' dopo). La ragnatela di inquadrature e di sguardi, placidamente trasparente nella sua tessitura, mettendo la propria invisibilità al servizio del trapasso “indolore” tra questo mondo e quello di infernale irrealtà che è la scrittura, situa nel normalissimo atto del vedere quanto di meno normale e più destabilizzante ci sia. La nitidezza cristallina delle forme filmiche classiche si ribalta nella più assoluta imprevedibilità. Anche le invenzioni più sovrannaturali (una pagina di libro gigante che si squarcia lasciando via libera all'inferno), anche nei molti casi in cui la “soglia” tra una dimensione e l'altra viene enfatizzata visivamente, vengono disciolti in un'intelaiatura ottica che trasforma il visibile in una rete mentale che intrappola senza scampo. Anzi: ci avverte violentemente che la trappola per eccellenza sono i nostri occhi, come in Essi vivono dello stesso Carpenter in cui era necessario infilarsi un paio di occhiali miracolosi per potersi accorgere di chi, nel mondo circostante, fossero alieni travestiti da esseri umani e chi invece no.
Un teorema che si srotola davanti a noi, chiaro e netto, che cela dietro all'apparente estrema percorribilità delle sue forme la più radicale delle instabilità percettive e cognitive.
La Cecchi Gori ci offre con questa nuova edizione dvd, a fronte di una qualità visiva accettabile ma poco più, una nutrita serie di contenuti speciali, dalle interviste ai making of ai trailer e tanto altro ancora, per far luce ulteriormente su un film tanto più enigmatico quanto sembra invece chiaro e palmare.
 

cecchi gori home video

IL SEME DELLA FOLLIA
di John Carpenter