RECENSIONE DVD ED EXTRA

 

 

IL TATUAGGIO DEL DRAGO

il dovere di un leone
di Makino Masahiro
Giappone 1969

Con Junko Fuji e Ken Takakura

di Marco Grosoli


Direttamente dalla grande retrospettiva sulla “Storia Segreta del Cinema Giapponese” della Mostra di Venezia 2005, due episodi della serie Il tatuaggio del drago. Il regista, Makino Masahiro, è figlio di una sorta di patriarca del cinema nipponico, ed è stato, nella sua lunga carriera, sbalorditivamente prolifrico: 260 film diretti, più svariate sceneggiature, parti da attore e altro. Il protagonista della serie è il mitico Takakura Ken (quello di Yakuza di Pollack, tra le mille altre cose).
L'assaggio che ci offre la Dolmen con questi due dvd vanta, al di là di un appetitoso montaggio sul cinema nipponico degli anni '60 e una breve scheda di Makino, soprattutto (in L'inferno è il destino dell'uomo) un imprescindibile inquadramento critico da parte di Maria Roberta Novielli, tra i massimi esperti italiani di cinema giapponese. Il tatuaggio del drago, come molte delle serie cinematografiche tanto in voga negli anni 60 per contrastare il nascente strapotere della TV (memorabile, per esempio, la Peonia scarlatta di Kato Tai), si impernia (per ingraziarsi un pubblico in gran parte giovane) sulla difficoltà per gli eroi, marginali e spesso vagabondi in un mondo in preda alla deriva morale, di mantenere l'”onore”, nella specifica connotazione giapponese che lo vuole all'intersezione tra il dovere e i sentimenti personali. Un conflitto, quello tra questi due poli, così incontrovertibilmente melodrammatico da poter dar vita a un'infinita serie di variazione nei vari cicli che, come questo, ne trattano. Ma un conflitto ancora fertile e aperto al riscatto dell'eroe, prima che il geniale cinismo dei film di Fukasaku degli anni 70 ne faccia senza scampo una questione di istinti di sopravvivenza, meschinità, avidità e bassezze varie.
Il dovere di un leone, per esempio, è la storia di due yakuza avversari divisi in tutto il possibile, compresa una geisha “in comune”, fin dall'inizio buttati dai loro padroni su schieramenti opposti, ma che alla fine si uniranno per vendicare il potere corrotto che non è riuscito a corromperli fino a farsi scannare a vicenda. L'inferno è il destino dell'uomo racconta gli sforzi del medesimo protagonista per rifarsi una vita al di fuori della malavita – e relativi fallimenti e riemersioni del passato. Il primo amministra uno sviluppo drammatico tradizionale evitando il rischio di “annacquatura”, grazie soprattutto a profondità di campo e cinemascope convocati adeguatamente, e conducendo il film verso picchi di intensità piuttosto azzeccati figurativamente (si pensi ai bellissimi jump cut sulla camminata finale del protagonista). Insomma, un formalismo moderato ma soddisfacente. Il secondo film forse è uno di quelli che Makino girava in fretta (inevitabile del resto, ne ha fatti più di 260...), ma questo non è per forza un difetto. Col senno di poi gli si riconosce infatti una certa (magari involontaria) modernità, con quelle numerosi ellissi che fanno passare anni in due secondi (senza nulla che li segnali) che fanno il paio con digressioni comiche inaspettate, o divagazioni che si prendono tranquillamente tutto il loro tempo. Tracce narrative che sembravano finire lì a mezz'aria e invece tornano fuori quando uno non se l'aspetta; un ritmo disteso e appoggiato sulla quotidianità ordinaria del ristorante della matrigna cieca del protagonista, presso cui lavora senza rivelare a lei l'identità (perché è appena uscito di galera e non lo vorrebbe intorno...), una linea narrativa dinamicamente a zigzag. Alla fine, insomma, questa relativa “mollezza” sottolinea molto bene, per contrasto, le vigorose impennate melodrammatiche che emergono quando il passato riaffiora – anche qui, la condotta figurativa è impeccabile.
Insomma, una bella occasione per scoprire un cinema sterminato e sommerso, tanto uniforme quanto aperto alle più impensabili sfumature.

dolmen

IL TATUAGGIO DEL DRAGO

il dovere di un leone
di Makino Masahiro