1) VITE VINILICHE
Il rock'n roll, è stato dimostrato, salva la vita. La musica, più in
generale, stabilisce ponti tra le coscienze e, nei casi più fortunati, tra
le diverse generazioni.
Grazie ad esso è (era?) concepibile una continua rivoluzione privata e
pubblica, capace di affrancare dai lacci familiari, o almeno di allentarli,
e di consentire una ricostruzione dell'Io come soggetto facente parte di un
nuovo nucleo.
Si pensi alle radio "libere", ai raduni woodstockiani o all'odierna
condivisione internettiana degli Mp3: famiglie, né più né meno.
Zac (sua la "Z" nell'acronimo del titolo che accorpa i nomi di 5 fratelli)
nasce nel 1960 in Quebec, nazione indefinibile,
né America né colonia europea.
Paese asessuato ricco di bei luoghi, come la famiglia "Beaulieu".
Ambiente distrattamente provinciale, dove la realtà arriva attutita dalla
neve o non arriva proprio - Vietnam, Maggio francese - e i soli brandelli di
cultura occidentale abbandonati sulla riva di questi territori alieni sono i
miti di una non dirottabile rivoluzione giovanile, arrivata col vinile e il
cinema: Pink Floyd, Bowie, Bruce Lee su tutti.
Dei Kennedy assassinati, ad esempio, si parla solo in SYMPATHY FOR THE DEVIL
(Rolling Stones): il giradischi sostituiva la televisione grazie al suo
potere analogicamente immaginifico.
Come Baz Luhrman, poi, Jean-Marc Vallée usa testi rock e pop a supporto dei
dialoghi e lascia che Zac s'impossessi di SPACE ODDITY per il suo canto
d'amore disperato: "Can you hear me Major Tom?", urlerà truccato come il
Bowie del periodo Alladin Sane.
2) IL NUOVO TOMMY
Partorito il giorno di Natale da una madre-Madonna in odore di santità,
Zachary Beaulieu - il trasognato Marc-André Grondin - è anch'egli
angelicamente asessuato.
Inizia presto a indurre miracolose guarigioni e soffre di minzioni notturne
vissute come segnali del Cielo (ascoltiamo anche "The Messiah Will Come
Again" di Roy Buchanan). Ne consegue un'evidente natura messianica che fa
pensare al TOMMY di Russell e Pete Townshend, confortata da altri piccoli
segni di diversità: la ciocca bianca di capelli, l'asma che anticipa e
ripropone come sofferta debolezza l'omosessualità latente.
A costo della vita, Zac affronterà quindi prove per superare l'una e, di
riflesso, l'altra.
Crede nei suoi superpoteri a causa del particolarissimo genetliaco.
Tra la Madonna e il Cristo, poi, il padre non può che essere Dio.
Meglio: "è un dio", a sentire Z., diverso dagli altri adulti e più cool
per via dei Ray-ban alla moda (il figlio li indosserà, impossessandosi
di una momentanea virilità), per le auto curate e nonostante ami Aznavour e
Patsy Cline.
Allo stesso tempo il genitore è però il suo maggior nemico, la mascolinità
da combattere se non si riesce a portarla dalla propria parte, anche quando
il musicista mancato Gervais Beaulieu si convince di avere un erede
dotatissimo - "Suona come il fottuto Buddy Ritchie!" - e lo copre
compulsivamente di regali sbagliati ogni volta che arriva il Natale, quasi
che chitarre, percussioni e banjo possano contribuire a farne un uomo
vero.
Chiarissima anche la valenza simbolica del 33 giri di Patsy Cline, destinato
a produrre sempre uno scarto nel racconto e a determinare la temperatura del
rapporto padre-figlio in un dato momento. Il disco viene prima rotto
intenzionalmente dal bambino iconoclasta, còlto nell'atto di eliminare
raffigurazioni e presenze femminili in casa, specie se queste attraggono
l'attenzione del padre, la cui inattaccabile eterosessualità vuole
inconsciamente negare.
Poi, adolescente, Zachary impacchetta i pezzi dell'album e li dona, come
dichiarazione di guerra, al genitore che ha scoperto inequivocabilmente le
sue passioni gay.
Infine, durante la redenzione/outing del finale, con tanto di Cristo
alternativo sacrificato per far vivere Zac, una copia del disco appare al
ventenne in viaggio, che lo nota in un mercato di strada a Gerusalemme e lo
consegna definitivamente - enorme ostia nera vinilica e segno di pace -
all'anziano padre che ha accettato ormai tutto.
3) VIAGGI SPAZIALI
Circondato anche da cugine e amiche poco dialoganti, Zac vive in mondi
immaginari: WHITE RABBIT (quindi "Alice nel paese delle meraviglie" filtrato
dai Jefferson Airplane) serve, come nelle FALSE VERITà
dell'altro canadese Egoyan,
a moltiplicare i livelli di coscienza e a preparare il terreno per le
maschere da indossare, a partire dal trasversale Ziggy Stardust.
Viaggi spaziali e mutazioni psichiche sono sempre indotti dal rock
(SPACE ODDITY, DARK SIDE OF THE MOON, SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND).
Più precisamente, ogni conflitto familiare trova un contrappeso nelle fughe
psichiche indotte dalla musica dei Pink Floyd; ogni rivendicazione
omosessuale s'incarna nei poster o nelle copertine degli album del Duca
Bianco (ALLAD-IN SANE, SPACE ODDITY, DIAMOND DOGS); ogni dimostrazione di
forza dello Zac "uomo" passa attraverso la sfrontatezza di Jagger.
Persino il vago simbolismo iconico dell'arredo adolescenziale - il triangolo
di DARK SIDE, il cerchio di WISH YOU WERE HERE attaccati alle pareti della
camera/rifugio - serve a definire il cuneo tra spigolosa razionalità
maschile e femminilità piena, completa.
è sempre il rock, poi, a
segnare potentemente le ellissi temporali che fissano le rinascite di
Zac adolescente e, successivamente, ragazzo: nel primo caso il bambino
annegato en ralenti dai compagni del campeggio punitivo - LOLITA? -
risorge quindicenne sulle quattro evocative note iniziali di SHINE ON YOU
CRAZY DIAMOND (movimento basso-alto del viso dell'attore inserito nel
triangolo di DARK SIDE) ; nel secondo si passa dallo sfondo di un poster di
Bowie, davanti al quale l'adolescente si china e scompare, alla copertina di
"Time" del dicembre '80 raffigurante John Lennon appenna assassinato e
recante la scritta "When the music dies" (identico movimento del viso dal
basso all'alto, a coprire Lennon).
Zac è ora ventenne, post-punk e in transizione finto-etero.
4) UNA CASA POCO ACIDA
Un'aura gioiosamente mitica pervade inaspettatamente un film
sostanzialmente malinconico e nostalgico.
C.R.A.Z.Y. è un oggetto che si muove con la grazia poliritmica del racconto
di formazione travestito da comedy-drama familiare, incluso ovvio e
pieno coinvolgimento dei genitori - Michel Côté e Danielle Proulx - presi
nel cortocircuito tra crescita dei figli e invecchiamento.
Il linguaggio-musica (Bowie e Pink Floyd vs Aznavour e Patsy Cline,
ma anche brani d'opera come "L'Elisir d'Amore" di Donizetti) serve ancora
una volta a fissare la drammaturgia del racconto e permette d'intrecciare
universi distanti, smussando le differenze e le antitetiche posizioni.
L'intuizione di Vallée sta nell'aver scelto di operare uno scarto rispetto
al ribellismo unilaterale e anti-dialettico di tanto cinema derivato dalla
letteratura ispirata a rock e punk: Hornby, Welsh, Doyle sono stati portati
sullo schermo quasi sempre adottando il solo punto di vista del narratore
giovane, immerso nel liquido amniotico di una condizione socio-psicologica
emarginata, talvolta artatamente definita come ostacolo assoluto verso il
mondo esterno, solo intravisto o deformato dal filtro anfetaminico di
additivi vari e, infine, pretesto per un'estetica dell'eccesso (THE ACID
HOUSE, ad esempio), qui totalmente assente.
Dal rischio di un possibile sguardo chiuso e di una lettura
uni-generazionale della realtà, alla ricca dialettica di C.R.A.Z.Y., che non
abbandona il racconto in prima persona di Zac-boy, ma legge a 360 gradi
l'universo che gli gira intorno, fatto anche di adulti.
Non è un caso che il finale sancisca il fallimento dell'unico fratello che
si è staccato subito dalla famiglia, perché non interagisce con la
complessità del Reale, ma lo sa combattere attraverso l'uso del solo
linguaggio verbale, compulsivamente aggressivo, mentre Zachary va modellando
corpo-movenze-makeup-voce seguendo una propria linea autocritica, dialogante
e mai ottusa, anche a costo di operare momentanei travestimenti
tattici.
5) REGIA
Il regista, con tali materiali a disposizione, è sempre attento a sfruttare
la natura multisegnica del mezzo espressivo, intrecciando narrazione
filmica, verbale, sonora, scenografica, stratificata su piani diversi eppure
perfettamente leggibili.
In ciò è supportato da un meccanismo narrativo molto strutturato e costruito
sugli spunti autobiografici del co-sceneggiatore François Boulay.
L'uso del voice over - per una volta inevitabile e pertinente - immerge lo
spettatore nel viaggio interiore di un essere umano sempre mutante,
che si sottopone a prove iniziatiche per superare tutto ciò che lo rende
diverso (le minzioni notturne, l'handicap dell'asma, l'identità sessuale
spiazzante).
Il racconto del tempo della vita scandito ossessivamente dalla ricorrenza
natalizia, che amplia ma soffoca la gioia dei vari compleanni (1966, 1967,
1975...), è il vero metronomo di C.R.A.Z.Y.: momento-luogo in cui sogni e
aspettative, filtrate attraverso l'universo fantastico del
bambino/adolescente, hanno un picco sempre frustrato dalle ricadute
familiari.
Sono questi, insieme ai processi di formazione vissuti col padre, i momenti
più poetici del film, quando la forza onirica del piccolo Messia
ricolloca come in un puzzle i pezzi di realtà: le ripetitive messe di
mezzanotte diventano quasi un concerto rock (bellissimo il chorus di
SYMPATHY FOR THE DEVIL intonato dai fedeli) .
Il mondo come dovrebbe essere, deformato dal sogno, è il leit motiv del
film. Vallée lo mette nelle mani di Zachary perché lo modelli a suo
piacimento, lo reinventi coi colori pastello della stanza-ventre-materno
(ritorna nelle tante riprese della madre incinta l'attesa messianica di
"qualcosa" - una sorella? - che operi uno scarto rispetto alla quotidianità
testosteronicamente maschile), o perlomeno lo renda migliore, guarendo amici
e parenti. Ma a metà del racconto, poiché i superpoteri non servono a
chi li possiede, l'ennesimo ralenti di una prova fallita per scongiurare
l'asma/omosessualità segna il definitivo discrimine tragico: non esiste un'alternativa
su questa Terra e la complessità va vissuta pienamente, senza argini
costruiti dall'educazione cattolica.
Leggermente in tono
minore il segmento del pre-finale a Gerusalemme. Il messia ormai incapace di
fare miracoli vi si reca per un catartico outing sessuale.
Di ritorno in Quebec, certi nodi vengono inevitabilmente al pettine e il
racconto, tra dolorosi redde rationem e lutti, non vola più, toccando terra
più di una volta e arenandosi in un cul de sac obbligato, asfittico, chiuso
anche alla qualità aerea della musica.
Sono solo 15 minuti, che
non intaccano il valore di un prezioso capolavoro.
VOTO: 30/30
23/01/2007
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