ANALISI ESTESA DEL FILM

C.R.A.Z.Y.

di Jean-Marc Vallée

CANADA 2005

Con Michel Côté, Marc-André Grondin

di Gabriele FRANCIONI

1) VITE VINILICHE

Il rock'n roll, è stato dimostrato, salva la vita. La musica, più in generale, stabilisce ponti tra le coscienze e, nei casi più fortunati, tra le diverse generazioni.
Grazie ad esso è (era?) concepibile una continua rivoluzione privata e pubblica, capace di affrancare dai lacci familiari, o almeno di allentarli, e di consentire una ricostruzione dell'Io come soggetto facente parte di un nuovo nucleo.
Si pensi alle radio "libere", ai raduni woodstockiani o all'odierna condivisione internettiana degli Mp3: famiglie, né più né meno.
Zac (sua la "Z" nell'acronimo del titolo che accorpa i nomi di 5 fratelli) nasce nel 1960 in Quebec, nazione indefinibile,
né America né colonia europea.
Paese asessuato ricco di bei luoghi, come la famiglia "Beaulieu".
Ambiente distrattamente provinciale, dove la realtà arriva attutita dalla neve o non arriva proprio - Vietnam, Maggio francese - e i soli brandelli di cultura occidentale abbandonati sulla riva di questi territori alieni sono i miti di una non dirottabile rivoluzione giovanile, arrivata col vinile e il cinema: Pink Floyd, Bowie, Bruce Lee su tutti.
Dei Kennedy assassinati, ad esempio, si parla solo in SYMPATHY FOR THE DEVIL (Rolling Stones): il giradischi sostituiva la televisione grazie al suo potere analogicamente immaginifico.
Come Baz Luhrman, poi, Jean-Marc Vallée usa testi rock e pop a supporto dei dialoghi e lascia che Zac s'impossessi di SPACE ODDITY per il suo canto d'amore disperato: "Can you hear me Major Tom?", urlerà truccato come il Bowie del periodo Alladin Sane.

2) IL NUOVO TOMMY

Partorito il giorno di Natale da una madre-Madonna in odore di santità, Zachary Beaulieu - il trasognato Marc-André Grondin - è anch'egli angelicamente asessuato.
Inizia presto a indurre miracolose guarigioni e soffre di minzioni notturne vissute come segnali del Cielo (ascoltiamo anche "The Messiah Will Come Again" di Roy Buchanan). Ne consegue un'evidente natura messianica che fa pensare al TOMMY di Russell e Pete Townshend, confortata da altri piccoli segni di diversità: la ciocca bianca di capelli, l'asma che anticipa e ripropone come sofferta debolezza l'omosessualità latente.
A costo della vita, Zac affronterà quindi prove per superare l'una e, di riflesso, l'altra.
Crede nei suoi superpoteri a causa del particolarissimo genetliaco.
Tra la Madonna e il Cristo, poi, il padre non può che essere Dio.
Meglio: "è un dio", a sentire Z., diverso dagli altri adulti e più cool per via dei Ray-ban alla moda (il figlio li indosserà, impossessandosi di una momentanea virilità), per le auto curate e nonostante ami Aznavour e Patsy Cline.
Allo stesso tempo il genitore è però il suo maggior nemico, la mascolinità da combattere se non si riesce a portarla dalla propria parte, anche quando il musicista mancato Gervais Beaulieu si convince di avere un erede dotatissimo - "Suona come il fottuto Buddy Ritchie!" - e lo copre compulsivamente di regali sbagliati ogni volta che arriva il Natale, quasi che chitarre, percussioni e banjo possano contribuire a farne un uomo vero.
Chiarissima anche la valenza simbolica del 33 giri di Patsy Cline, destinato a produrre sempre uno scarto nel racconto e a determinare la temperatura del rapporto padre-figlio in un dato momento. Il disco viene prima rotto intenzionalmente dal bambino iconoclasta, còlto nell'atto di eliminare raffigurazioni e presenze femminili in casa, specie se queste attraggono l'attenzione del padre, la cui inattaccabile eterosessualità vuole inconsciamente negare.
Poi, adolescente, Zachary impacchetta i pezzi dell'album e li dona, come dichiarazione di guerra, al genitore che ha scoperto inequivocabilmente le sue passioni gay.
Infine, durante la redenzione/outing del finale, con tanto di Cristo alternativo sacrificato per far vivere Zac, una copia del disco appare al ventenne in viaggio, che lo nota in un mercato di strada a Gerusalemme e lo consegna definitivamente - enorme ostia nera vinilica e segno di pace - all'anziano padre che ha accettato ormai tutto.

3) VIAGGI SPAZIALI

Circondato anche da cugine e amiche poco dialoganti, Zac vive in mondi immaginari: WHITE RABBIT (quindi "Alice nel paese delle meraviglie" filtrato dai Jefferson Airplane) serve, come nelle FALSE VERITà dell'altro canadese Egoyan,
a moltiplicare i livelli di coscienza e a preparare il terreno per le maschere da indossare, a partire dal trasversale Ziggy Stardust.
Viaggi spaziali
e mutazioni psichiche sono sempre indotti dal rock (SPACE ODDITY, DARK SIDE OF THE MOON, SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND).
Più precisamente, ogni conflitto familiare trova un contrappeso nelle fughe psichiche indotte dalla musica dei Pink Floyd; ogni rivendicazione omosessuale s'incarna nei poster o nelle copertine degli album del Duca Bianco (ALLAD-IN SANE, SPACE ODDITY, DIAMOND DOGS); ogni dimostrazione di forza dello Zac "uomo" passa attraverso la sfrontatezza di Jagger.
Persino il vago simbolismo iconico dell'arredo adolescenziale - il triangolo di DARK SIDE, il cerchio di WISH YOU WERE HERE attaccati alle pareti della camera/rifugio - serve a definire il cuneo tra spigolosa razionalità maschile e femminilità piena, completa.
è sempre il rock, poi, a segnare potentemente le ellissi temporali che fissano le rinascite di Zac adolescente e, successivamente, ragazzo: nel primo caso il bambino annegato en ralenti dai compagni del campeggio punitivo - LOLITA? - risorge quindicenne sulle quattro evocative note iniziali di SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND (movimento basso-alto del viso dell'attore inserito nel triangolo di DARK SIDE) ; nel secondo si passa dallo sfondo di un poster di Bowie, davanti al quale l'adolescente si china e scompare, alla copertina di "Time" del dicembre '80 raffigurante John Lennon appenna assassinato e recante la scritta "When the music dies" (identico movimento del viso dal basso all'alto, a coprire Lennon).
Zac è ora ventenne, post-punk e in transizione finto-etero.

4) UNA CASA POCO ACIDA


Un'aura gioiosamente mitica pervade inaspettatamente un film sostanzialmente malinconico e nostalgico.
C.R.A.Z.Y. è un oggetto che si muove con la grazia poliritmica del racconto di formazione travestito da comedy-drama familiare, incluso ovvio e pieno coinvolgimento dei genitori - Michel Côté e Danielle Proulx - presi nel cortocircuito tra crescita dei figli e invecchiamento.
Il linguaggio-musica (Bowie e Pink Floyd vs Aznavour e Patsy Cline, ma anche brani d'opera come "L'Elisir d'Amore" di Donizetti) serve ancora una volta a fissare la drammaturgia del racconto e permette d'intrecciare universi distanti, smussando le differenze e le antitetiche posizioni.
L'intuizione di Vallée sta nell'aver scelto di operare uno scarto rispetto al ribellismo unilaterale e anti-dialettico di tanto cinema derivato dalla letteratura ispirata a rock e punk: Hornby, Welsh, Doyle sono stati portati sullo schermo quasi sempre adottando il solo punto di vista del narratore giovane, immerso nel liquido amniotico di una condizione socio-psicologica emarginata, talvolta artatamente definita come ostacolo assoluto verso il mondo esterno, solo intravisto o deformato dal filtro anfetaminico di additivi vari e, infine, pretesto per un'estetica dell'eccesso (THE ACID HOUSE, ad esempio), qui totalmente assente.
Dal rischio di un possibile sguardo chiuso e di una lettura uni-generazionale della realtà, alla ricca dialettica di C.R.A.Z.Y., che non abbandona il racconto in prima persona di Zac-boy, ma legge a 360 gradi l'universo che gli gira intorno, fatto anche di adulti.
Non è un caso che il finale sancisca il fallimento dell'unico fratello che si è staccato subito dalla famiglia, perché non interagisce con la complessità del Reale, ma lo sa combattere attraverso l'uso del solo linguaggio verbale, compulsivamente aggressivo, mentre Zachary va modellando corpo-movenze-makeup-voce seguendo una propria linea autocritica, dialogante e mai ottusa, anche a costo di operare momentanei travestimenti tattici.

5) REGIA

Il regista, con tali materiali a disposizione, è sempre attento a sfruttare la natura multisegnica del mezzo espressivo, intrecciando narrazione filmica, verbale, sonora, scenografica, stratificata su piani diversi eppure perfettamente leggibili.
In ciò è supportato da un meccanismo narrativo molto strutturato e costruito sugli spunti autobiografici del co-sceneggiatore François Boulay.
L'uso del voice over - per una volta inevitabile e pertinente - immerge lo spettatore nel viaggio interiore di un essere umano sempre mutante, che si sottopone a prove iniziatiche per superare tutto ciò che lo rende diverso (le minzioni notturne, l'handicap dell'asma, l'identità sessuale spiazzante).
Il racconto del tempo della vita scandito ossessivamente dalla ricorrenza natalizia, che amplia ma soffoca la gioia dei vari compleanni (1966, 1967, 1975...), è il vero metronomo di C.R.A.Z.Y.: momento-luogo in cui sogni e aspettative, filtrate attraverso l'universo fantastico del bambino/adolescente, hanno un picco sempre frustrato dalle ricadute familiari.
Sono questi, insieme ai processi di formazione vissuti col padre, i momenti più poetici del film, quando la forza onirica del piccolo Messia ricolloca come in un puzzle i pezzi di realtà: le ripetitive messe di mezzanotte diventano quasi un concerto rock (bellissimo il chorus di SYMPATHY FOR THE DEVIL intonato dai fedeli) .
Il mondo come dovrebbe essere, deformato dal sogno, è il leit motiv del film. Vallée lo mette nelle mani di Zachary perché lo modelli a suo piacimento, lo reinventi coi colori pastello della stanza-ventre-materno (ritorna nelle tante riprese della madre incinta l'attesa messianica di "qualcosa" - una sorella? - che operi uno scarto rispetto alla quotidianità testosteronicamente maschile), o perlomeno lo renda migliore, guarendo amici e parenti. Ma a metà del racconto, poiché i superpoteri non servono a chi li possiede, l'ennesimo ralenti di una prova fallita per scongiurare l'asma/omosessualità segna il definitivo discrimine tragico: non esiste un'alternativa su questa Terra e la complessità va vissuta pienamente, senza argini costruiti dall'educazione cattolica.

Leggermente in tono minore il segmento del pre-finale a Gerusalemme. Il messia ormai incapace di fare miracoli vi si reca per un catartico outing sessuale.
Di ritorno in Quebec, certi nodi vengono inevitabilmente al pettine e il racconto, tra dolorosi redde rationem e lutti, non vola più, toccando terra più di una volta e arenandosi in un cul de sac obbligato, asfittico, chiuso anche alla qualità aerea della musica.

Sono solo 15 minuti, che non intaccano il valore di un prezioso capolavoro.
 

VOTO: 30/30
23/01/2007

C.R.A.Z.Y.

di Jean-Marc Vallée