Un semplice documentario su Porto? No: molto, molto di più. Questo omaggio
del grande Manoel de Oliveira alla sua città, è anche un'appassionata
autobiografia (scandita dalla sua stessa voce), la bizzarra (come tutto ciò
che caratterizza il regista) raccolta di un pugno di istanti cruciali per la
sua esistenza “travestiti” da momenti semplicissimi. La prima emozione forte
davanti a uno spettacolo teatrale, i tentativi di abbordaggio falliti ai
caffé del centro, un viaggio notturno in macchina una sera come tante in cui
il tempo pareva fermarsi...
Ma non è nemmeno soltanto questo.
Porto da minha infancia è anche un saggio di straordinaria densità
filosofica sulla memoria. La differenza tra i segmenti ambientati nel
passato e le “scheletriche” incursioni documentarie sulle “rovine” (non
necessariamente fatiscenti: possono anche essere edifici rimessi a nuovo) di
quegli stessi luoghi come sono adesso svanisce: l'immediatezza del presente
si coagula nella distanza del passato grazie allo stile iperformalizzante e
statuario di Oliveira – ma nello stesso tempo il passato è fatto rivivere
grazie all'ineluttabilità del movimento, automaticamente apportata dal
cinema. Nessuno come de Oliveira riesce a far soffiare il movimento tra le
pieghe, scolpite da Maestro, delle proprie composizioni monumentali
dell'immagine. Nessuno come lui riesce a far avvertire il presente del
movimento nelle vene di quel passato che è la distanza stessa della sua
regia. Basta la scena iniziale del teatro a dircelo: l'Oliveira giovane
(interpretato dal nipote) e passato (la scena è infatti ambientata negli
anni '20), che guarda il se stesso presente e anziano (l'Oliveira che si
improvvisa magnificamente attore a 93 anni suonati) che recita sul palco.
Solo dalla distanza che è il passato riusciamo a scorgere il presente. Il
presente rimanda al passato come questo rimanda al presente, eternamente.
Un magistrale saggio sul Tempo metaforizzato come al solito dalla figura
oliveriana della Donna. Tutti i ricordi messi in scena ruotano intorno al
Femminile, che come il Tempo è l'orizzonte totalizzante e pacificato che a
noi è dato solo guardare al di qua della scissione primigenia
(maschile-femminile in un caso, passato-presente nell'altro).
Lodi alla Dolmen per aver cominciato a distribuire su supporto digitale le
opere di un cineasta che sarà un giorno una pietra miliare del cinema. Anche
perché questo DVD include un'ottima intervista al Maestro (tenuta all'ultima
edizione de “La Milanesiana”), che parlando di cinema, di arte e di altro
ancora semina alcune delle chiavi utili ad entrare in un universo, quello
oliveriano, compatto e profondo. Un universo che da decenni, film dopo film,
inesorabilmente, aggiusta la mira, approfondisce, spiega, incanta.
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