Un pittore famoso e la moglie si stabiliscono in un'isola semideserta. Lei
legge il diario segreto di lui, scopre che è ancora ossessionato da una
vecchia fiamma (Veronica) e da torbide e inspiegabili allucinazioni. Lei
tenta di avvicinarsi, proteggerlo, ma al contrario subisce anche lei i
fenomeni allucinatori di cui è preda il marito.
Un film “terribilmente personale”, come lo definisce lo stesso Bergman, in
cui si trovano molti dei suoi temi usuali: il senso soffertissimo, quasi
tragico, di incompatibilità coniugale, la figura femminile salvifica e
remissiva, l'artista tormentato e altro ancora.
All'inizio del film il protagonista mostra alla moglie una serie di bozzetti
violentemente caricaturali; non è un caso: poco più tardi, Bergman
“dipingerà” la scena in cui i due vanno a cena con i repellenti
aristocratici locali in modo marcatamente caricaturale, con un senso del
grottesco quasi espressionista. Espressionista peraltro è anche la
fotografia del fido Sven Nykvist, che lacera i primi piani degli attori (la
figura stilistica bergmaniana per eccellenza, anche qui molto frequente) con
contrasti luminosi violenti.
La ragione di questa ricerca affannosa del grottesco è chiara: gli
aristocratici (che più tardi incarneranno i fantasmi allucinatori del
pittore) sono genericamente “Gli Altri”, il “mondo esterno” che è destinato
a irrompere nell'impossibile isolazionismo della coppia nelle due forme
opposte della paura (i personaggi grottescamente caratterizzati) e del
desiderio (Veronica). Tra marito e moglie allora si crea una voragine che il
pittore non potrà esorcizzare con i suoi quadretti caricaturali: i fantasmi
più caricaturali che mai riemergono e contagiano la stessa consorte, che non
potrà più essere caldo ventre materno protettivo come nella scena della cena
in cui “Gli Altri” perseguitano il protagonista con le loro fattezze
mostruose. Una voragine che non conosce rimedio (tant'è che lui le spara),
proprio perché determinata dall'eccessiva intimità: l'unica reazione
possibile sarà precipitarsi verso un altra voragine, quella tra il film e il
suo spettatore: la moglie, infatti, apre e chiude il film guardando
direttamente verso lo spettatore, trasmettendoci, come solo i frequenti
sguardi in macchina di Bergman sanno fare, la bruciante impossibilità del
contatto tra due sguardi frontali.
Il DVD rende fortunatamente giustizia alla “guerra fredda” tra il bianco e
nero che è la fotografia post-espressionista di Sven Nykvist, soprattutto
quando la “battaglia” si consuma (e accade spesso) sui volti degli attori,
dove la luce lavora di giustezza e sono vietate le sbavature.
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