LA STORIA
La meglio
Gioventù racconta la storia di una famiglia
italiana dalla fine degli anni sessanta ad oggi. Al
centro della vicenda due fratelli: Nicola e Matteo.
Che all’inizio condividono stessi sogni, stesse
speranze, stesse letture e amicizie, finché l’incontro
con una ragazza psichicamente disturbata (Giorgia) non
preciserà il destino di entrambi: Nicola deciderà di
diventare psichiatra, Matteo di abbandonare gli studi
ed entrare in polizia. Angelo – il padre – è genitore
e marito affettuoso, anche se la sua esuberanza viene
vissuta dalla famiglia con tollerante degnazione,
Adriana – la madre – è insegnante moderna e
irreprensibile, innamorata dei suoi studenti come dei
propri figli. C’è poi Giovanna, la figlia maggiore,
entrata giovanissima in magistratura, e Francesca, la
più piccola, che sposerà Carlo, il migliore amico di
Nicola, destinato a un importante ruolo alla Banca
d’Italia e per questa ragione – nel mirino del
terrorismo durante gli anni di piombo. Questa la
famiglia. Resta da dire di Giulia, la storia d’amore
centrale nella vita di Nicola, da cui nascerà Sara, e
di Mirella che, in tempi e modi diversi, incrocerà i
destini sia di Matteo che di Nicola. Attraverso questo
piccolo nucleo di personaggi rivivono ne
La meglio
Gioventù avvenimenti e luoghi cruciali della
storia del nostro paese: dalla Firenze dell’alluvione
alla Sicilia della lotta contro la mafia, dalle grandi
partite della Nazionale contro Corea e Germania alle
canzoni che hanno fatto epoca, dalla Torino operaia
degli anni settanta alla Milano degli anni ottanta,
dai movimenti giovanili al terrorismo, dalla crisi
degli anni novanta al tentativo di inventarsi e
costruire un paese moderno. Senza volerlo i nostri
personaggi inseguiranno le loro passioni inciampando
nella Storia, cresceranno, si faranno male, torneranno
a illudersi e a spendersi di nuovo. Come succede a
tutti. La
Meglio Gioventù – titolo di una raccolta di
poesie friulane di Pasolini ma anche di una vecchia
canzone degli alpini – è l’affresco di una generazione
che – nelle sue contraddizioni, nelle furie ora
ingenue ora violente, nella voce grossa e qualche
volta stonata – ha cercato di non rassegnarsi al mondo
così com’è ma di lasciarlo un poco migliore di come
l’ha trovato.
LA MEGLIO
GIOVENTU’
(Cinema della storia o storia del
cinema?)
L’ultima fatica di Marco Tullio Giordana che torna
trionfante dal Festival di Cannes durante il quale ha
vinto il premio come miglior film nella sezione Un
certain regard, è un’opera di dimensioni
straordinarie. Presentato da Rai Radiotelevisione
italiana come una produzione di Rai Fiction, BìBì Film
Tv e distribuito a livello internazionale da Rai
Trade, il film dura ben 366 minuti. Difficile trovare
dei film recenti coi quali mettere in atto dei
paragoni. Il più vicino a noi è sicuramente
Novecento
di Bernardo Bertolucci. Il film del maestro del quale
aspettiamo l’ultimo lavoro intitolato
I sognatori,
durava (nella versione poi messa in commercio) 315
minuti. Dunque Giordana batte Bertolucci sicuramente,
per quanto riguarda la durata. Vi sono però altre
interessanti relazioni tra i due autori, oltre la
durata spropositata del film. Adriana Asti, attrice,
nonché ex compagna di Bertolucci, figura nel cast.
Come in
Novecento, la storia è raccontata tramite
l’utilizzo di due personaggi molto legati l’uno
all’altro. Se Bertolucci alludeva nel suo film ad una
parentela mai precisata, Giordana è più diretto e
mette in scena due fratelli. Ma ancora, il regista di
Novecento
utilizzò le vite di questi due uomini per narrare una
serie di conflitti sociali. Giordana, pur fuggendo da
una visione meramente politica della storia, non si
sottrae a mettere, come fece il suo antecedente, i due
fratelli, l’uno sul versante opposto all’altro. Anche
qui troviamo una figura di ragazza folle che se in
Novecento
era rappresentata dalla moglie di Alfredo, ne
La meglio
gioventù si sdoppia e diviene da una parte la
ragazza che dà il via alla storia e dall’altra la
compagna di Nicola, la quale abbraccia il terrorismo
come in preda ad una febbre dalla quale non può
guarire. Ci sembra dunque che ci sia una vera e
propria volontà, alla base del film, di citare un
illustre antecedente. La storia di
Novecento
finisce con la fine della seconda guerra mondiale e la
caduta del fascismo, mentre Giordana decide di far
partire la sua storia nel 1966, l’anno dell’alluvione
di Firenze. Decide di saltare il periodo della
ricostruzione, il periodo del boom economico, per
iniziare la sua storia dalla generazione che oggi sta
guardando a ciò che ha costruito in questo lasso di
tempo. Inoltre abbiamo notato diversi elementi in
comune con altri film del maestro emiliano. Citiamo
una scena in cui, all’interno di un’abitazione, le
pareti sono dipinte coi colori della bandiera
vietnamita. Questi colori apparivano spesso in
relazione l’uno con l’altro nel film
Partner.
Per quanto riguarda l’impostazione psicologica dei
personaggi, ritroviamo anche in questo campo, alcune
analogie con
Novecento. Si nota, una forte relazione
caratteriale tra l’Alfredo bertolucciano e il Nicola
di Giordana. Entrambi hanno qualcosa di femminile:
mentre Alfredo veniva messo in scena con una repressa
pulsione omosessuale, Nicola è dalla parte delle
donne, è per l’emancipazione femminile ed ha col sesso
femminile un rapporto di interscambio continuo che lo
aiuta a crescere. Al contrario è suo fratello che
sembra covare un omosessualità repressa. Le analogie
continuano per arrivare fino alla fine. Alfredo, il
padrone che aveva avallato e giustificato il fascismo,
si suicida mettendo il collo sul binario del treno in
Novecento,
mentre Matteo, il quale ha scelto la vita militare per
non dover prendere decisioni, fa una fine simile ne
La meglio
gioventù. Al di là delle considerazioni
esclusivamente cinefile, il film di Giordana è
coinvolgente dall’inizio alla fine, soprattutto grazie
agli sceneggiatori Sandro Petraglia e Stefano Rulli i
quali riescono a disegnare dei personaggi credibili e
ad inserirli all’interno del passare del tempo,
intervallando con episodi importanti della storia del
nostro paese. La lezione bertolucciana prende forma
all’interno delle azioni di Nicola, il quale sceglie
la strada della psicanalisi. L’inquadratura di
Giordana soffre della sua natura televisiva in alcune
scene tipicamente televisive (o sarebbe meglio dire
teatrali) in cui i personaggi si danno le spalle per
rivolgersi alla macchina da presa ma la forte
struttura dialogica fa sì che lo spettatore non perda
mai la sua sana sospensione dell’icredulità. Come
altri registi avevano fatto in passato, il regista de
I cento passi consiglia agli italiani di analizzarsi a
fondo, per poter andare avanti. Così aveva già fatto
Bertolucci ne
Il Conformista. Nicola è colui che riesce a non
soccombere ed a tramandare una visione della vita
positiva, legata alla capacità ed al coraggio di
affrontare i problemi. Guardare dentro di sé e dietro
di sé al fine di fare in modo di non commettere gli
stessi errori del passato: questa è in sintesi la
lezione di Giordana. Il film sarà trasmesso in prima
serata, diviso in tre puntate della durata di circa
due ore l’una, sui canali Rai.
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