GLI INVISIBILI
 

NEMA PROBLEMA
di Giancarlo Bocchi
 

 

 

"NEMA PROBLEMA è uno di quei film che passerà rapidamente nelle sale cinematografiche italiane, e finirà altrettanto rapidamente - almeno in Italia - nel dimenticatoio, per essere recuperato successivamente dagli abbonati alla TV satellitare, vista la compartecipazione produttiva dell’ex TELE+, ora SKY. All’estero invece NEMA PROBLEMA riceverà premi e riconoscimenti, grazie ad anche ad una versione internazionale che vede il protagonista Vincent Riotta nelle vesti di un giornalista di nazionalità americana e non italiana". Così scrivevo qualche mese fa nello Speciale Anteprima dedicato a questa pellicola.

"è ovvio che a Giancarlo Bocchi auguriamo il contrario, ma ahimé avendo già visto la fine che hanno fatto alcuni film italiani di denuncia (...)": inutile continuare, il motivo del perchè NEMA PROBLEMA è finito in questa rubrica è chiaro.

La conclusione dello Speciale era: "(...) pur augurando a Bocchi sostanziosi incassi, provate ora a chiedervi se siete mai riusciti a vedere una qualcuna delle sue produzioni (lo stesso IMDB ci dà solo MORTE DI UN PACIFISTA, del 1995). Ecco perchè troverete la sua completa filmografia alla fine di questa pagina".

 

La RECENSIONE

 

NEMA PROBLEMA

di Giancarlo Bocchi

Con Z. Marolt, V. Riotta

 

di Matteo FERUGLIO

 

Da esperto documentarista, Giancarlo Bocchi ci racconta una storia verisimile (la ricerca del “Comandante Jako”), sfruttando la sua esperienza in zone di guerra (nella stessa Bosnia, ma anche nel Chapas e in Palestina), in cui gli avvenimenti principali che fanno da sfondo sono realmente accaduti: il bombardamento a salve della città, il treno di profughi finito nel nulla – sono fatti che “raccontano” e parlano da sé, quasi a voler bilanciare il flano della pellicola, in cui si afferma che "la verità è la prima vittima della guerra".
Lo stesso Lorenzi (interpretato da Vincent Riotta) che va alla ricerca dello scoop a tutti i costi, è un giornalista verosimile - si pensi al caso del New York Times, dove Howell Raines e Gerald M. Boyd, direttore e vice direttore, sono dovuti dimettersi bruciati dai falsi scoop di un reporter scorretto o, rimanendo in Italia, è al momento sotto accusa  il corrispondente di Repubblica dalla Cina, Marco Lupis, che secondo alcuni colleghi e lettori avrebbe inventato falsi reportage dall'Estremo Oriente. Ma Lorenzi crea e manipola la realtà più per cinismo che per cialtroneria - e certo, non è comunque giustificabile: egli vuole rendere la notizia più interessante non solo perchè la verità è la prima vittima della guerra, ma anche perchè la Notizia (con la enne maiuscola) è l’unica chance per ha per continuare a rimanere in Bosnia. Se fosse solo un cialtrone, quando Alan (un intenso Zan Marolt) gli propone una finta intervista al Comandante Jako, la acceterebbe sicuramente. Invece, dignitosamente, la rifiuta. Anche se, col senno di poi, avrebbe fatto meglio ad accettarla.
NEMA PROBLEMA è allora un film sulla verità e la sua manipolazione? E' sicuramente una pellicola che documenta le mille sfaccettature della Verità: esistono verità storiche, personali, mediatiche. Tenendo conto che queste ultime, a ben guardare, sono le più pericolose.

E le meno vere.

 

Voto: 30/30

01.05.2004


Di seguito, le note di regia, la filmografia e gli interventi di Ettore Mo, Adriano Sofri e Bernardo Valli tratti dal libro NEMA PROBLEMA, Manni Editore, di Giancarlo Bocchi, Arturo Curà e Luigi Riva.

 

GLI INTERVENTI

 

NEMA PROBLEMA

di Giancarlo Bocchi

 

 

Guardare il film di Giancarlo Bocchi è stato come leggere uno di quei racconti brevi, scarni, essenziali dove nessuna parola è superflua: e proprio per questo il racconto, come il film, ti avvince e trascina provocando emozioni profonde. Le immagini mi hanno ricondotto di colpo sui sentieri di guerra della Bosnia-Erzegovina e mi sono accodato ai due reporter del film rivivendo le fatiche, i rischi e anche gli entusiasmi di quelle straordinarie giornate.
Non era una guerra facile da raccontare, quella dell’ex Jugoslavia nei primi anni Novanta, una guerra di tutti contro tutti, e non sempre gli inviati al fronte riuscivano ad offrire un quadro oggettivo e veritiero di quanto stava avvenendo sotto i loro occhi: anzi in un paio d’occasioni, i due protagonisti del film forzano un po’ la mano. distorcendo la verità. In questo il regista, che ha frequentato assiduamente la zona a fianco di noi giornalisti, è stato obiettivo. Ci furono falsi scoop, notizie gridate e non verificate e anche interviste inventate.
Però la sua denuncia non ha il tono del moralista indignato, è una semplice constatazione che affiora sulle labbra di uno dei protagonisti del film quando dice che “la verità è la prima vittima della guerra”

Ettore Mo
Milano. 15 marzo 2004

(dalla prefazione del libro sui film di Giancarlo Bocchi “NEMA PROBLEMA” - Manni Editore)
C 2004 IMC S.r.l con licenza a Manni Editore, obbligo di citazione della fonte in modo integrale
 

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In una situazione grave, un giornalista deve essere anzitutto un testimone che descrive dei fatti dopo avere tentato di verificarli, nella misura del possibile. Molti imbrogliano. Ho sfogliato tanti giornali traboccanti invenzioni e visto tante trasmissioni televisive truccate. Per quanto riguarda la stampa scritta si dice che chi racconta balle «scrive un romanzo». Non è un complimento. Ma non è casi semplice.
Lucien Bodard se ne fregava dei fatti. Eppure raggiungeva quasi sempre l’obiettivo: vale a dire riusciva il più delle volte a comunicare al lettore la verità profonda di quel che avviene al di là delle apparenze. Sapeva descrivere l’avventura dell’uomo immerso in cose che lo superano. Il rapporto scrupoloso di un gendarme, o di un cronista meticoloso, non arriverà mai a questo risultato. Ci vuole l’arte del romanziere: e Lucien Badard lo è poi stato sul serio. Il romanziere può essere un testimone poco scrupoloso ma molto più efficace, e veritiero, sull’essenziale, del cronista pieno di scrupoli.
Nel suo omaggio critico all’amico-nemico Bodard, Max Clos ricordò la realistica descrizione della battaglia di Verdun (durante la Grande Guerra) nei due volumi di Les hommes de bonne volonté, il cui autore. Jules Romains, non aveva mai messo piede su quel campo di battaglia. l reduci di Verdun, quando i loro ricordi erano ancora freschi, si stupirono nel leggere pagine tanto aderenti alla realtà che avevano vissuto. Esistono tanti altri casi del genere nella letteratura. Mi vengono in mente Malraux, Celine, Malaparte. . . Di loro si potrebbe dire quel che Dumas diceva di se stesso: «Ho violato la storia, ma le ho fatto fare dei bei figli». Il suo Richelieu, nei Tre Moschettieri, è rimasta nella nostra memoria molto più vivo di quello imparato sui libri di storia.
La verità è che i Bodard senza talento sono dei semplici bugiardi. E quindi hanno scarso valore. Sono furfanti. Invece i veri Bodard suscitano in noi sentimenti contrastanti: ammirazione e diffidenza. Hanno un’aureola che ci intimidisce ed emanano un leggero odore di zolfo. Tra i sentimenti che ci ispirano c’è anche l’invidia. L’avevo dimenticata. Essa è dovuta al fatto che loro, attraverso dettagli inventati, riescono a dare il senso, il significato di una situazione. In sostanza comunicano l’essenziale. La verità che conta. Impresa molto ardua per noi prigionieri della verità del momento. Una verità che cambia da un minuto all’altro, lasciandoti tra le mani tanti dettagli esatti ma spesso insignificanti. È il destino ingrato dell’onesto artigiano, quale è il bravo cronista.

Bernardo Valli

Parigi. 7 marzo 2004

(dal testo introduttivo del libro sul film di Giancarlo Bocchi “NEMA PROBLEMA” - Manni editore)
C. 2004 IMC S.r.I con licenza a Manni Editore, obbligo di citazione della fonte in modo integrale.

 

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Nel film - avvincente, svelto, essenziale – l’intrigo regna sovrano, e tramuta tutte le fazioni e i personaggi in proprie patetiche marionette. Ciascuna fazione, ciascun personaggio è bensì titolare della propria peculiare menzogna, impostura, millanteria e corruzione. Ciascuno lo è con una sua autentica schiettezza - si può essere infatti schiettamente bugiardi e truffatori, e perfino sentimentalmente - ma l’esito è una specie di provvidenza alla rovescia: tutto congiura alla vittoria del male, e di un male senza grandezza e senza banalità, di un male ordinario e contagioso.

Salvo. forse al di là delle intenzioni degli autori, il più cattivo dei personaggi, il comandante Jako, servo padrone del viaggio attraverso tutte le linee, che rischia di riscattarsi con una intelligenza da regista, benchè paghi anche lui il suo prezzo esoso al copione della storia. Copione balcanico, forse, o già universale: nema problema, sul desolato pianeta di oggi.

Adriano Sofri

Pisa. Carcere Don Bosco, 20 marzo 2004

(dalla prefazione del libro sul film di Giancarlo Bocchi “NEMA PROBLEMA” - Manni Editore)
C. 2004 IMC S.r.l con licenza a Manni Editore, obbligo di citazione della fonte in modo integrale.
 

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NOTE DI REGIA


NEMA PROBLEMA è un viaggio, una corsa nel tempo non per fuggire, per cercare. E’ già accaduto: da Spalato a Sarajevo, da Khujand a Duschambe, da Kerki a Mazar e Sharif, da Pristina a Jakova.
Terre desolate e posti di blocco.
Luoghi dove l’aspetto più bestiale della storia, del mito e delle tradizioni riaffiora prepotentemente dalle divisioni etniche, religiose, tribali che ti schiacciano. In questi mondi senza pace la damanda è una sola: qual’è la verità? Esiste forse il diritto alla verità?
Se la propaganda, dalla disinformazione alla falsificazione sono elementi presenti di ogni guerra, qui non si possono scindere dalle comuni necessità della sopravvivenza, nel vedere solo quello che si vuole vedere, per rinchiudersi in un privato dominato “dalla finzione appassionata”.
Questi due piani, presenti nei film, si intersecano continuamente ponendo un’altra domanda: il “male” abita su sperdute e lontane montagne, vive mimetizzato accanto a noi, oppure è dentro di noi?
Ogni volta che tornavo da un paese in guerra, mi sforzavo di spiegare come le storie, le testimonianze, le espenenze che avevo raccolto non erano fuori dal mondo, ma erano tutte del nostro mondo.
Vedevo incredulità in quelli che non potendo più rispondere “non sappiamo..” sostenevano con forza “è colpa loro”.
Giorno giorno una realtà, anzi un’irrealtà bugiarda e consolatoria ci ha resi inconsapevoli complici. Cecchini della visione.
Lo schermo fuorviante delle diversità culturali, religiose, etniche e geografiche, insieme coni l’ancora più brutale paravento del “vero più vero del vero“ d’immagini televisive dove non c’è più niente da vedere, sono stati usati per giustificare la nostra lontananza, per impedirci di scoprire che non c’era più alcun diritto alla verità. Solo oggi scopriamo che non siamo affatto lontani da quei mondi in guerra. Vedere la verità costruita dalla disinformazione, dalla falsificazione del sistema o da una rimozione privata. Vedere una verità mai condivisa, storica, filosofica, ma semmai “rivelata’”, è stato la prima intuizione per iniziare a lavorare a questo film. Nella pellicola non c’è il primo fotogramma. È rimasto nella memoria di una giornata d’inverno, plumbea e tetra, sulle colline della prinna linea di Hotonj a Sarajevo. Il soldato dell’Armjia Bosnia che mi accompagna, con il solito ffatalismo balcanico, ha preso la via più breve per scendere in città, quella esposta al fuoco dell’assedianti. Siamo diventati amici fraterni dopo tanti giorni passati insiemme in trincea. Quel giorno nel suo sguardo c’è qualcosa di strano che mi allarma.
Mi fermo per riprendere con la mia telecannera la montagna di Zuc. ma un urlo mi blocca. “Martin” il soldato. mi sbraita di stargli accanto, di non allontanarmi. Forse teme che ci sia un cecchino. In quei prato, in discesa senza alberi o ripari, e impossibile proteggersi dai cecchini. Allora - mi chiedo - ho inquadrato qualcosa di segreto?
Ma è impossibile. È tutto il giorno che faccio riprese a destra e sinistra. “Martin” - lo chiamo così perchè assomiglia all’attore Martin Sheen - che ha colto il mio sguardo dubbioso, dice quasi seccato: “se mi stai vicino non ti sparano...”
È quest’episodio il primo fotogramma di NEMA PROBLEMA.
C’era qualcosa di vero in quell’avvertimento o “Martin” voleva solo rafforzare la nostra amicizia con un macabro scherzo?
Per giorni ho ripensato all’accaduto senza venirne a capo. Due mesi dopo ho scoperto cos’era successo. Non era uno scherzo. non era una mia fantasia o torbida dietrologia. Come ha detto un grande scrittore russo “la verità è talvolta inverosimile”. Ma c’è anche un’altra verità: il privilegio che avevo di potcr andare e tornare, mi dava il diritto, seppur con qualche fatica e rischio, di poter scoprire la verità.
Gli altri cittadini di Sarajevo, questo diritto non lo avevano.
Descrivere queste sensazioni che fanno rabbrividire, questa complessità mimetizzata da un’apparente semplicità si è subito rivelata impresa ardua.
Anche per questo, sono state innumerevoli le versioni della sceneggiatura.
Con Arturo Curà e Luigi Riva - gli sceneggiatori - abbiamo cercato una drammaturgia più scarna e asciutta possibile, lontana da ogni cedimento spettacolaristico e da ogni concessione al “genere” al “grottesco” e soprattutto al “d’apres “.
La replica su pellicola di una visione televisiva del mondo. Non volevamo realizzare un “film di guerra” e tantomeno il “solito” film sulle guerre balcaniche.
Volevamo fare un film “dentro” la guerra
Volevamo anche trasformare i vari, tumultuosi e aggrovigliati conflitti balcanici nella “guerra’” per definizione, senza entrare nelle problematiche “etniche” o strettamente legate a questi particolari conflitti: problematiche che avrebbero messo fuori fuoco il significato universale della narrazione.
Volevamo anche raccontare lo stravolgimento della realtà quotidiana di tutti che molto spesso diventa “fiction”.
Abbiamo condiviso l’idea di Riva: costruire una storia con una serie di episodi veri - il treno dei profughi, il bombardamento a salve della città - con i protagonisti che attraversassero un percorso, come sarebbe potuto realmente accadere.
Da un lato ho pensato a una realtà essenziale senza alcun compiacimento stilistico o estetico e dall’altra ad una apparente linearità di racconto che potesse rivelare la molteplicità di livelli e la complessità quasi labirintica di quello che si voleva rappresentare.
L’obiettivo registra oggettivamente, senza partecipazioni emotive, freddamente, non concedendo nessuno spazio alle tecniche tradizionali del film “d’azione” o di guerra. L’uso degli effetti speciali è volutamente scarno e solo dettato dalla necessità. Anche il ritmo del film rincorre i tempi della realtà di guerra: pause di vita quasi normale con improvvise accelerazioni di tensione drammatica. l passaggi temporali, che possono apparire quasi esasperati, sono stati utilizzati in funzione di un rafforzamento del “non detto“, che si dovrebbe vivere con la stessa inquietudine dei personaggi.
La storia solo apparentemente non ha un unico protagonista perchè il vero protagonista - il comandante Jako - non si vede mai. ma regna sovrano come il “regista interno “ alla storia.
Solo alla fine si scoprirà che senza saperlo lo abbiamo sempre incontrato. In questo senso la “fiction” viene annullata da una successiva narrazione interna. Alle battute o alle sequenze non c’è un solo sottotesto: c’è una evoluzione, attraverso successivi livelli temporali di lettura.
Non è casuale la fusione di lingue diverse (slavo, inglese, francese, italiano) che connotano le vicende con suoni che colorano i diversi personaggi, di un immediatezza estraniante fuori dalla tradizione della “lingua universale” all’origine di ogni falsificazione.
Il film è senza eroi o vincitori: una lunga sequenza di piccole verità e di grandi bugie che i protagonisti (i due “inviati” un pericoloso finto traduttore, una ragazza sbandata) conducono, sballottati qua e là da avvenimenti oscuri e tragici, rimanendo in perpetuo equilibrio precario tra ciò che è vero e ciò che è falso. Ognuno all’interno di un cerchio che li fa prigionieri e perciò sconfitti, usa l’altro cinicamente per i propri scopi.
Come ha sostenuto fortemente Arturo Curà, si doveva comporre un moderno quartetto da camera in cui ognuno, con il proprio specifico colore, è contemporaneamente solista e accompagnatore.
Aldo il traduttore - solo all’ apparenza il più lineare nelle motivazioni - racchiude almeno quattro personaggi che si incontrano e si scontrano.
Le motivazioni di Lorenzi - il giornalista - sono complesse ed avvolte nell’ombra fino alla fine. È un “drogato” dalla guerra, uno che non riesce più a vivere, a dare un senso a se stesso, lontano dal pericolo e dalla tensione.
Maxime - il giovane giornalista - è il carattere più semplice e anche il più contemporaneo. Un idealista arrogante, limitato nelle sue certezze da dilettante, ma tra le pieghe dell’idealismo nasconde la bassezza di chi vuole emergere e diventare famoso a tutti i costi.
Il personaggio di Sanja racchiude un forte senso di positività. Vuole salvarsi ma senza rinunciare alla sua dignità, ai suoi principi. La storia che si inventa, per Maxime, è un urlo di disperata protesta in un mare di mistificazione, manipolazione e disinformazione.
Quasi una scelta obbligata di “realismo”, è stato fatta sulla colonna sonora che in diversi momenti diventa chiave drammaturgia essenziale per essere “dentro” la guerra.
Mentre giravo, non ho mai pensato ad alcuna scena sostenuta da un sottofondo di violini, arpe o strumenti a fiato. Un commento musicale avrebbe inesorabilmente tolto all’intero racconto l’immediatezza cruda. L’essere dentro al racconto. L’essere avvolti e coinvolti.
Ho avuto la grande soddisfazione, realizzando il film, di veder gli amici croati, musulmani e serbi di nuovo riuniti, senza più divisioni e senza recriminazioni nel progetto in un lavoro comune.
Questo mi ha ricordato il vero senso, il più intimamente disturbante della guerra, ”la grande illusione“. Ogni vittoria porta inevitabilmente in sé un senso di sconfitta, un peso che si trasmetterà ineluttabilmente di generazione in generazione. Mi hanno raccontato tante volte: “ogni cìnquant’anni scoppia una guerra. Tutti noi dobbiamo subire almeno due guerre durante la nostra vita“.

Ho conosciuto un’anziana e risoluta “maika” che ha subito tre guerre. Nella prima guerra mondiale ha perso il padre, nella seconda il marito e nell’ultimo conflitto balcanico altri famigliari.
Dopo essere stato per la prima volta dentro una guerra ho finalmente capito cosa mi volesse dire mia madre quando da bambino mi raccontava, ancora con paura, che da piccola aveva subito un mitragliamento aereo.
lo vedevo quella scena come al cinema. Ma non era una scena di un film.
Il film voleva parlare anche di questo, tutto quello che rimane in noi dopo queste grandi tragedie.
“La verità è la prima vittima della guerra.. “ hanno scritto. È vero.
Se non si ha il coraggio di cercarla fuori e dentro di noi.

Giancarlo Bocchi

(dal press book)
 

FILMOGRAFIA

 

NEMA PROBLEMA

di Giancarlo Bocchi

 

Giancarlo Bocchi
regista e produttore indipendente


Si è occupato di arte e musica contemporanea, ha realizzato video sperimentali, video installazioni e documentari d’arte e cultura. Negli ultimi anni ha realizzato diversi film documentari su conflitti politici e sociali in varie parti del mondo (Afghanistan, Bosnia, Kosovo,Irlanda del Notti, Messico, Palestina, Tajikistan) tra i quali MILLE GIORNI DI SARAJEVO (Primo Premio al Festival Arcipelago - Roma 1996), SARAJEVO TERZO MILLENNIO (Premio Speciale – Anteprima per il Cinema Indipendente Italiano – 1996), MORTE DI UN PACIFISTA E IL PONTE DI SARAJEVO (Premio Trieste per il Nuovo Cinema Europeo – 1997), VIAGGIO NEL PIANETA MARCOS sul subcomandante Marcos e IL LEONE DEL PANSHIR con Ahmed Shah Massud, il leggendario comandante dell’Afghanistan. Ha realizzato diversi documentari sui conflitto in Kosovo: FUGA DAL KOSOVO (nominations al Rory Peck Award – Londra 1999), KOSSOVO ANNO ZERO (2000) e KOSOVO NASCITA E MORTE DI UNA NAZIONE (2001).

NEMA PROBLEMA è il suo primo film lungometraggio.

Filmografia essenziale 1994 —2004;

1994
mille giorni a Sarajevo
Film documentario, Bosnia, 24’
Una produzione IMP S.r.l.
Con la partecipazione di RAIDUE, BABEL, EBU-MEDIA
Regia, fotografia, suono: Giancarlo Bocchi
Montaggio: Roberto Missiroli, Jacopo Quadri

Sarajevo terzo millennio
Film documentario, Bosnia, 24’
Una produzione IMP S.r.l.
Con la partecipazione di RAIUNO, BABEL, EBU-MEDIA
Regia, fotografia, suono: Giancarlo Bocchi
Montaggio: Jacopo Quadri

1995
DIARIO DI UN ASSEDIO
Film documentario, Bosnia, 50’
Una produzione IMP S.r.l.
Regia , fotografia, suono: Giancarlo Bocchi
Montaggio: Jacopo Quadri

MORTE DI UN PACIFISTA (IL PONTE DI SARAJEVO)
Film documentario, Bosnia, 50’
Una produzione IMP S.r.l. con In partecipazione di TELE +
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Esmeralda Calabria

Storie di Sarajevo
Film documentario, Bosnia, 80’
Una produzione IMP S.r.l.
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Giancarlo Bocchi

1996
Viaggio nel pianeta Marcos
Film documentario, Messico, 21’
Una produzione IMP S.r.l.
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Esmeralda Calabria

Ragazzi di Città del Messico
Film documentario, Messico, 10’
Una produzione IMP S.r.l. per RAITRE
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Esmeralda Calabria

1997
Il Leone del Panshir - Ahmed Shah Massud
Film documentario, Afghanistan, 24’
Una produzione IMP S.r.l.
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Giancarlo Bocchi

Il Muro tra gli oceani
Film documentario, Messico/USA, 24’
Una produzione IMP S.r.l.
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Giancarlo Bocchi

Benvenuti all’inferno
Film documentario, Irlanda del Nord, 10ì, 24’
Una produzione IMP S.r.l.
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Giancarlo Bocchi

1999
Fuga dal Kosovo
Film documentario, Kosovo, 50’
Una produzione IMP S.r.l. per RAIDUE
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Esmeralda Calabria

Kosovo Anno Zero
Film documentario, Kosovo, 50’
Una produzione IMP S.r.l. per RAITRE
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Fulvio Molena

2000
Kosovo, nascita e morte di una nazione
Film documentario, Kosovo, 80’
Una produzione IMP S.r.l. con RAICINEMA FICTION - RAIDUE
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio : Giancarlo Bocchi ed altri

2001
In giorno a Gaza
Film documentario, Palestina, 10’
Una produzione IMP S.r.l.
Regia, fotografia, suono : Giancarlo Bocchi
Montaggio: Fulvio Molena

2004
NEMA PROBLENA
Film lungometraggio, Bosnia, 85’
Produzione IMC Independent Movie Companv SRL con la partecipazione di TELE+, con il supporto della Direzione Generale Cinema, Istituto Luce Distribuzione
Con Zan Marolt, Labina Mitevska, Vincent Riotta, Fabrizio Rongione.
Regia: Giancarlo Bocchi

GLI INVISIBILI
 

NEMA PROBLEMA
di Giancarlo Bocchi