000. Tributo a Andrea V., Isabella S., Alessandro T.
Xxx. Luminal.Fenobarbitale.Categoria: barbiturici.
292. Ai predicatori della morale:
Non voglio fare della morale, ma, per coloro che la fanno, ecco il mio
consiglio: provate a por mano a un'altra ricetta per non raggiungere, come è
accaduto fino ad oggi, il contrario di ciò che cercate: negate quelle
buone cose, togliete loro il plauso della plebe e il facile corso,
trasformatele di nuovo in celati pudori di anime solitarie, dite: la
morale è qualcosa di proibito! (F.Nietzsche, da "La Gaia Scienza").
A nervi scoperti, ma immobili.
Ears
wide open/eyes wide shut.
Immersi nel fluido di un'arte acustica, emotiva, ascoltiamo il film, ci
perdiamo (lose/loose) nella maglia percettiva a strati di LUMINAL. Rete
versus ragno. è
possibile, in LUMINAL, entrare in addiction. Per un colore. Innamorarsi di
un contrasto cromatico, di un azzardo visivo, di una pluralità alterata di
stimoli sensoriali. Anche di una banda sonora ridotta al silenzio, di un
singolo rewind (Demon(ia) in Heaven!).
LUMINAL è sexy/niente è sexy quanto LUMINAL. “We haven’t seen the light of
days in two years…”
Quindi, anche se “non riusciamo a credere nemmeno ai nostri sensi” (Erri De
Luca), è ora di mettersi in gioco, rischiare in termini di abitudini
percettive. Smettere i vestiti dell'antico credo. Let our synapsis play.
Play=recita/gioco/inganno.
Entriamo nel campo magnetico del “buio” (“Why does the morning always have
to come?”). Una marea di pericolo notturno, deceptive, tricky.
Una
notte per pensare che un film possa essere ancora altre cose oltre se
stesso.
Il fatto è che continuo a “usare” LUMINAL da giorni, come una scultura
proteiforme che esce dal lettore dvd. Un blob globale di magma blu-notte. Un
gel sonoro che accarezza/titilla i miei sensi. Vedo: Giger + Francisbacon +
Strangedays + Greenaway + Lynch + Santacroce: attacco massivo ai sensi/Ragno
preso nella rete fluida, gelatinosa.
L'analisi del “critico” rischia di distruggere, uccidere, come un
revolver, questo fluorescente gioco tra oscure demoniache amanti (?).
Demon+Davi è l'equazione risultante dalla vendita virtuale provvisoria di
corpi ad altri corpi desideranti = prostitute (?), che si spostano
come un fluido interstiziale tra le maglie allentate di Parigi, Londra… (“We
play these games…we sell ourselves and we undersell ourselves…and then we
forget…such a high kind of magic to never be heard…”).
Le categorie dell'“analisi”, le strategie di un ingannevole gioco di
scacchi tra “strutture interpretative” e “narrazione” non servono per la
poesia del suono, la sommessa declinazione del canto.
Cerimoniali allusivi (la morte della modella, le ritualità SM). Costumi
allusivi (un futuro, Il futuro, l'auricolare blu). Omaggi simbolici (Lynch).
La messa in forma di una fortissima Forma (Andrea V. ha un tratto,
uno stile già non confondibile, necessario al suo film). Figure e topoi
esasperati. Valori di ritmo. Esibizionismo Pop. “Touch my hands and
have some fun…”. Così ci chiama LUMINAL, subliminalmente,
cerebralmente, perché il nostro corpo è uno strumento, una cassa di
risonanza da violentare e non solo da “corrompere” attraverso il
“contenutismo coatto” di misteriosi fondi statali, orientati da miseri
nepotismi da fine impero (“A me scandalizzano la mediocrità, la bruttezza,
il cattivo gusto…”, Isa. S.).
Il presunto cinema italico è in macerie, sbeffeggiato da ogni parte (basti
Cannes, che lo ha cancellato definitivamente), ridotto a cumulo di idiozie
prenatali (gli intrattenimenti giovanilistici con sequel annesso), ma anche
ammasso di inutili film -30/40- concessi dallo Stato a gente
priva di talento.
A.V., invece, ha talento.
Leo Pescarolo e Alex Tate hanno avuto il grande merito di dar vita ad un
prodotto d'arte totale, che traccia linee trasversali colleganti
Londra-Parigi e l'Italia interiore di Santacroce.
Con grande talento, LUMINAL parte dalle mani di Isabella e, come colomba
nera, porta la sua scura innocenza in quelle di Andrea e Talexi, saltando
con uno scatto estatico/ecstasyco i confini, i limiti dell'essere stato
libro di autrice italiana e diventa altro da sé.
Opera totale transnazionale.
Che senso ha ingabbiare l'Arte in definizioni di sorta?.
Essa vive del suo, è oltre, sta al di là, se ne fotte
di ciò che le sta sotto.
Sotto stanno i nemici della sperimentazione, gli impiegati della mente, i
conservatori di un concetto di opera e
cinema
d'autore
che hanno un piede nella fossa, capaci solo di esalare l’ultimo respiro (“…l'estetica
da videoclip…”), mentre cercano di affrontare una
visionarietà
che li terrorizza più della morte.
“24 hours of darkness…only for us, travelling in dreams of an unending
nightime…”.
BLUE STAR MOVIES, splendido accostamento di termini che nascondono un cuore
trasgressivo (Blue
Movies),
è il motore produttivo di LUMINAL.
Michael Nyman e Gavin Rossdale tessono l'ordito musicale principale, Denis
Lavant (!), da MAUVAIS SANG, morde la materia filmica col suo ghigno di
animale, Jemeela Mustchin & Maria Mann Papas entrano
en
ralenti
nei corpi mutanti/talentuosi di Demon & Davi, Andrea Vecchiato dirige e
compone l'insieme con onirica sicurezza e uno stile deciso, solido come il
ghiaccio secco, quindi pronto a evaporare continue invenzioni
elettroacustiche/digitalvisive.
Andrea ha inventato un uso consapevole della
manipolazione,
con al centro gli splendidi microfastforward e invisibleralenti che
ipnotizzano, trascinano le nostre pupille con l'effetto di trascinamento
dell'immagine.
La non-storia di D & D parte/si sviluppa/deflagra facendo propria
un'affermazione di Santacroce sull'IMPERFEZIONE DELL'ESISTENZA (e del
cinema?): “Ho scritto un libro su questo: LUMINAL. La realtà non mi piace, è
uno spazio ristretto. Vorrei uscire a cambiare la forma”.
La sua scrittura sulfurea/romantica/policroma/carnale/post-pop/non-cannibale/pre-pulp,
fuori dagli schemi, è un helter
skelter
emotivo, appena sedato dall'ipnosi del mood notturno in cui tutto è immerso
(“Stanca di un buio accecante, immagina adesso che fuori c’è il mare…”, DARK
DEMONIA, I.S.).
Il LUMINAL di A.V. e Talexi riprende, con maschere e nascondimenti piuttosto
che disvelamenti, sia l'idea di una realtà imperfetta, chiusa, sia le
temperature emotive di Santacroce.
Senza preamboli, introduzioni, prima ancora dei titoli di testa, ci sembra
di entrare in uno stream of consciousness che è iniziato prima di noi
e finirà dopo, superando la volgarità del racconto
stretto/chiuso,
la mediocrità della morte che pone fine al
fluxus,
alla vitalità del sentire infinitamente.
Insieme a quello stile netto di sui si diceva, A.V. è stato capace
d’inventare anche questo: un film che sembra non avere limiti, confini (“Mi
sento sola quando finisce un film che mi è piaciuto, sento la morte…”, I.S.).
Arte pervasiva, fluida,
ipertestuale.
Impossibile mandarlo in archivio, LUMINAL, fissarlo nello scaffale dove
giacciono gli altri dvd già consumati una volta e inutilizzabili una seconda.
Peter Greenaway ha detto che il cinema è, può essere molto più di ciò
che vediamo in sala: basta avere il coraggio di osare.
LUMINAL è un oggetto con un pace, ritmo continuo, doppiato dal suono,
un po'
come in Lynch.
LUMINAL vende il suo corpo
come Demon & Davi, si
offre per infinite rifruizioni nel buio di mille notti (“…endless nightime…”),
dove sarà di volta in volta o solo banda sonora o solo traccia cromatica o
solo scultura fluida.
è
possibile scandagliare questa materia, cogliere i richiami (warholiani?) e i
riferimenti a un'estetica e a un immaginario
pop
in senso lato (ci sono anche foto di Bowie, Monroe…); soffermarsi sul
beat
organico di Nyman/Rossdale, che va diretto al Bristol Sound, ma sarebbe
un'operazione arida, mortifera, che come ogni fredda analisi vorrebbe
imporre schemi definitivi a qualcosa che li sfugge.
Se avete letto il libro di Santacroce conoscete già le abitudini di D & D,
lo scorrere
da un locale all'altro, dentro taxi e métro lontani dalla luce del sole.
Il loro continuo rimodellare l'esistenza come fosse una scultura di piacere,
imponendosi all'uomo dalle grandi mani o sottomettendosi al japan-SM appena
tarantinato.
La passione per pipistrelli-come-pets e meccanici-cats è a voi nota, sapete
già dell'amore tra le due ragazze, del legame con le loro madri.
Ma alcune cose sono solo in LUMINAL-THE MOVIE, e devono essere sottolineate,
rimarcate.
non era affatto semplice rappresentare l'universo
narcotizzato
delle due demonie, rischiando sul piano inclinato dei “drug-movies”. A.V. ha
scelto, come sempre dovrebbe essere in questi casi, la visione interiore,
lo sguardo alla Gilliam, l'annullamento della “distanza critica” tra
soggetto e oggetto o tra critico e film. L'onda continua onirico-narcotica
che investe LUMINAL è però costante, controllata, diffusa, non distribuita
in parti diseguali, qua e là, stocasticamente.
il futuro
evocato non è, anch'esso, basato su forzature e imbarazzanti estremismi
estetici, che credono di prefigurare ciò che sarà. In linea con la matrice
bladerunneriana di alcune
invenzioni, anche
per LUMINAL dobbiamo dire che il futuribile è
plausibile,
filiazione diretta di una cultura anche letteraria (Burroughs?) dove, semmai,
la visione
di un tempo altro è spinta-indotta dall'addiction
come stato mentale che apre le porte della percezione (…), ma mai consente
voli alla Jules Verne. Bellissimi: l'uso delle proiezioni/il décor ricco di
vetro & affini/gli auricolari colorati/il cromatismo binario che mette in
contrapposizione l'alienica living-dome (bianca) e le pleasure-domes
(blu/rosse)/sexy la Demon warholata con parrucca!.
LUMINAL è un pezzo unico, irriproducibile, oggetto d'arte. La sua
connotazione più forte sta nell'accogliere e rappresentare una visione
percettiva “dal di dentro”, dal
core (english,
please) delle ragazze.
è
la loro visione interiore
che s'impone sulla realtà esterna vista come disvalore. LUMINAL espone la
capacità di dare forma/colore a realtà proiettive. L'esterno serve solo per
sollecitare stimoli interiori. LUMINAL è totalmente ANTINATURALISTICO.
Links
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HADALY
TALEXIART
Isabella SANTACROCE |