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Ci sono dei film, magari non
perfetti, che ti rimangono dentro non solo per quello che raccontano, ma
anche per quello che non sono riusciti a raccontare. ILARIA ALPI è uno di
questi. Non voglio demonizzare la distribuzione: il cinema è business, se
poche persone vanno a vedere un film è ovvio che dopo un po’ viene tolto
dalle sale. Il problema è che il pubblico italiano medio è composto da
“cazzoni”, che si divertono alla solita vacanza di Natale – e smettiamola
con la discussione se è Nuova Commedia all’italiana o no – e che pensano che
quello lì sia il cinema italiano. Ignorano, questi vacanzieri del cinema,
che esiste un cinema italiano diverso, di denuncia - esiste da sempre, in
verità - che è ancora capace di farti incazzare: per quello che racconta,
per quello che non è riuscito a raccontare – perchè un film deve finire, ad
un certo punto. Il difetto del lavoro di Vicentini Orgnani è che manca di
quegli interessanti cartelli esplicativi che appaiono a fine storia, in cui
si fa il punto della vicenda, hic et nunc, e che ti fanno incazzare
ancora di più. Ecco allora che la proiezione nell’afosa Arena Puccini di
Bologna diventa ancora più interessante, perchè c’è chi ha seguito la
vicenda processuale di Ilaria e Miran, e fa le veci di quei cartelli
esplicativi. Scopriamo così che la maggior parte delle persone che ha avuto
un ruolo nella vicenda (il somalo condannato e poi rimandato a casa – già
arrestato in modo anomalo - il maresciallo che indagava sul caso, alcuni
giornalisti) sono tutti morti, in banali incidenti o di infarto - come è
accaduto a molti dei personaggi coinvolti nel giallo di Ustica, a cui Marco
RISI ha dedicato IL MURO DI GOMMA. Scopriamo così che i diari di Ilaria
scompaiono a Il Cairo, dove l’aereo dell’Aeronautica Militare Italiana che
sta trasportando le salme della Alpi e di Hrovatin fa uno scalo non
necessario. Scopriamo così che al processo, sotto interrogatorio, nessuno
tra i giornalisti e i funzionari RAI presenti – RAI che pure finanzia,
probabilmente suo malgrado, la pellicola - ricorda di avere visto i
quaderni, con la faccia di chi invece li ha probabilmente già letti e pure
digeriti. E scopriamo tante cose che vi invito a leggere sul sito
http://www.ilariaalpi.it,
perchè questo vuol essere un articolo sul film, non sul processo – che il
film non affronta, fermandosi al 20 marzo 1994, data dell’omicidio dei due
inviati RAI a Mogadiscio.
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20 marzo 1994, Mogadiscio. E’ la data di morte di Ilaria Alpi. Una morte che a distanza di circa nove anni non ha ancora un senso. Chi furono i mandanti dell’omicidio e perché Ilaria Alpi fu assassinata con un colpo di pistola sparato in testa? Il film di Ferdinando Vicentini Orgnani, scritto insieme ai familiari della giornalista, racconta l’ultimo mese di vita della ragazza insieme al suo fedele operatore video Miran Hrovatin. I due si muovono in territori ostili, rischiando continuamente per portare a termine il loro lavoro che consiste nell’informare. Ad interpretare la ragazza è una Giovanna Mezzogiorno sicura di sé e pronta a tutto pur di trovare la verità. Miran Hrovatin è invece interpretato da Rade Sherbedgia, un attore che ha all’attivo capolavori quali La tregua di Francesco Rosi, Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick e tanti altri. La produzione è stata il risultato della cooperazione tra Lares Video Srl – GAM Film Srl, EMME Produzioni Srl con la collaborazione di RAI CINEMA mentre la distribuzione è affidata all’ISTITUTO LUCE. Il regista apre e chiude il film con la stessa scena vista da due punti di vista differenti e si preoccupa di ottenere il massimo del realismo. Per fare questo utilizza attori somali e gira tra Trieste, Slovenia, Roma, Marocco e Belgrado. Secondo le dichiarazioni del regista, rilasciate nelle sue note di regia, le persone di origine somala contattate all’inizio, sparivano inspiegabilmente in seguito a delle minacce. L’autore ha tratto il film dal libro intitolato "L’esecuzione", scritto da Giorgio e Luciana Alpi, Mariangela Gritta Grainer e Maurizio Torrealta. Il lavoro per arrivare alla sceneggiatura scritta dal regista insieme a Marcello Fois e pubblicata dall’editore Frassinelli, è iniziato nel settembre del 2000. Il risultato è un film forte e convincente, capace di lasciare intuire che dietro quest’omicidio c’è qualcosa di molto grosso. Particolarmente toccante è la scena dell’omicidio nella quale il regista ci mostra la facilità con la quale viene commesso e la paura della protagonista. La tesi degli autori, che si rifà ai processi, è che Ilaria Alpi aveva scoperto dei traffici illeciti. Il processo è ancora in corso e di Ilaria Alpi rimane un libro, un film ed un premio per il giornalismo televisivo. Prove che dimostrano quanto persone come lei rimangano impresse nella memoria di una società combattuta dal desiderio di sconfiggere le ingiustizie.
02.03.2003
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ILARIA ALPI
CAST ARTISTICO |
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