Civitanova Film Festival anno due. A fronte di difficoltà legate a tagli di
fondi con conseguente riduzione del budget, il Civitanova Film Festival è
riuscito a bissare l’edizione inaugurale dello scorso anno, offrendo al suo
pubblico quattro giorni di proiezioni e incontri, dal 15 al 18 luglio scorso
presso il cinema Cecchetti e l’Arena Barcaccia di Civitanova Marche (MC). Si
tratta di un festival per molti versi unico nel panorama regionale, con una
sua formula originale che abbina cortometraggi a film di genere e ad
incontri d’autore, e si avvia a diventare un buon punto di riferimento per
appassionati di cinema e videomakers.
Quest’anno la vetrina dei giovani autori marchigiani si è articolata in un
concorso con premio del pubblico, per corti di durata inferiore ai 15
minuti, e la presentazione di due importanti “corti ma non troppo”,
Queen Boudicca della giovane
Camilla Boemio e Arcade
del montefanese Marco Bragaglia. Il premio del pubblico - intitolato
al maestro Stelvio Massi, regista civitanovese di polizieschi molto
noto negli anni ’70, ospite d’onore della passata edizione e purtroppo
scomparso qualche mese fa - è andato al corto
Untitled- storie senza nome
di Andrea Lodovichetti di Fano. Sempre al progetto di scoperta e
valorizzazione dei talenti cinematografici della regione è legata la
presenza di Alessandro Valori, che giovedì 15 ha presentato al
pubblico il suo primo lungometraggio
Radio West. Valori, regista maceratese, ha lavorato per anni nel
cinema soprattutto come autore di corti (alcuni dei quali sono usciti anche
nelle sale), ma quest’anno è riuscito a fare il “salto” nel lungo:
Radio West, con Piergiorgio
Bellocchio e Pietro Taricone, è un interessante film sulla missione
umanitaria italiana in Kosovo, rimarchevole sia per l’argomento affrontato
sia per le scelte tecnico-stilistiche (è girato infatti in digitale).
Una sezione molto importante del Civitanova Film Festival è dedicata al
cinema di genere italiano degli anni passati, soprattutto quei ’70 che sono
stati un’autentica miniera d’oro. L’anno scorso, grazie a Massi e al
critico Anton Giulio Mancino, si è esplorata la produzione di polizieschi, o
“poliziotteschi” come li chiamavano allora; si è parlato anche di
commedia erotica con Alvaro Vitali e il critico (e direttore della rivista “Nocturno”)
Michele Giordano. Quest’anno si è preferito concentrarsi su un solo genere,
il giallo, vero fiore all’occhiello della produzione di genere nostrana di
quegli anni. Mancato all’ultimo l’esponente più noto, Dario Argento,
impegnato nelle riprese di un nuovo film, il festival è stato comunque
onorato della presenza di Aldo Lado, raffinato regista veneziano che
esordì negli anni ’70 proprio con due ottimi gialli,
La corta notte delle bambole di
vetro (1971) e Chi l’ha vista
morire (1972). Il regista, insieme al critico Antonio Tentori
che da anni si occupa di cinema di genere e che sul thriller italiano ha
scritto più di un libro, ha reso davvero speciale la giornata di sabato 17
tutta dedicata al suo cinema. Di giallo italiano si è parlato anche giovedì
15, in apertura del festival, con due giovani autori (entrambi marchigiani,
tra l’altro), Paolo Fazzini e Marco Cruciani, che hanno
presentato il loro documentario ”Le
ombre della paura – il cinema italiano del terrore” (2003), ottima
panoramica sulla produzione in questione, con interviste ai protagonisti e
spezzoni di film. Venerdì 16 è stata invece la volta di un titolo tra i più
noti: La casa dalle finestre che
ridono di Pupi Avati (1976).
Il giallo è stato anche il trait d’union con la personale d’autore,
dedicata ad Alex Infascelli, giovane regista che con due soli film si è già
imposto come il nome più importante del thriller italiano di questi anni.
Almost blue (2001) e
Il siero della vanità (2004),
pur nella loro diversità, danno le coordinate per una originale
rivisitazione del giallo, poco classico ma con forti agganci alla realtà
sociale odierna. Ad Infascelli, purtroppo assente per motivi personali, è
stata dedicata la giornata finale di domenica 18, conclusa con la
premiazione del miglior corto marchigiano e con la proiezione de
Il siero della vanità.
|