L’ULTIMO UOMO

DELLA TERRA

(The Last Man on Earth)

ITA 1963, b/n, 86'

di Ubaldo Ragona

Con Vincente Price, Franca Bettoja,

Emma Danieli, Giacomo Rossi-Stuart

 

Uno scienziato (Price) è l’unico sopravvissuto ad un’epidemia causata da un misterioso virus; tutti gli altri esseri umani si sono tramutati in famelici vampiri. Pur di non impazzire, l’uomo si aggrappa al ricordo dei giorni felici vissuti assieme alla moglie e alla piccola figlia, prima che anche loro si trasformassero in mostri assetati di sangue. è oramai rassegnato all’idea di una vita d’inferno quando un inaspettato incontro riapre uno spiraglio di speranza.
Distratti dalla stagione più felice del nostro cinema e dalle opere che ne avrebbero per sempre costituito i pilastri, durante gli anni sessanta abbiamo comprensibilmente fatto passare inosservati alcuni gioielli del cinema di genere. Quello che sorprende, è come certi film che fra l’altro rappresentano proprio il lato oscuro di quel boom cinematografico ed economico che il paese stava attraversando, non siano stati rivalutati nemmeno decenni più tardi, e persino a dispetto del loro clamoroso successo internazionale (un esempio fra tutti: i capolavori gotici di Mario Bava, da noi distribuiti in homevideo con anni e anni di ritardo rispetto a Francia, Inghilterra e Stati Uniti).
Scritto dal regista e da Furio Monetti sulla base di un bellissimo racconto lungo di Richard Matheson, Io sono Leggenda, questo film del misconosciuto Ubaldo Ragona (ma la copia per l’estero porta la firma di Sidney Salkow) rispetta fedelmente la struttura dell’opera originale ma traspone l’ambientazione da una tipica cittadina americana anni ’50 ad una Roma inedita e senza tempo (per chi vive nel quartiere EUR o nelle zone nord della città la visione è obbligatoria), fotografata da un suggestivo bianconero di Franco Delli Colli. Nonostante il budget all’osso, il risultato è straordinario: al senso d’angoscia e di disorientamento creato dalla tipica tematica mathesoniana del ribaltamento (il protagonista “buono” rappresenta il vero nemico) si aggiungono i fatiscenti simboli dell’acerbo capitalismo italiano, le automobili distrutte, i supermercati abbandonati. Una visione apocalittica che ben si accorda con l’attacco ai falsi valori di una certa borghesia presente nei capolavori di quegli anni.
Sono state notate, giustamente, le forti analogie con i successivi film di Romero. Ma la letteratura di Matheson (che è stato anche sceneggiatore, ad esempio di DUEL), come quella di Dick, di Poe, di Lovecraft, sottende decine e decine di pellicole di genere, e non solo.