LE SILENCE DE LORNA di Jean-Pierre e Luc Dardenne in concorso
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30/30
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Lorna non viene da un film di Russ Meyer ma dall’Albania, vive a Liegi con
un tossico che ha sposato per contribuirne alla morte, per ragioni, diciamo
così, “finanziarie”. La malavita, che le regge e organizza il gioco anche
dopo la morte del malcapitato continuandolo con altri, a forza di girare la
vite porta Lorna al ripensamento, al pentimento, e a qualche forma di follia
mistica che la conduce a ammazzare la sua guardia del corpo e a scappare in
un bosco con un bambino in grembo (del tossico) che forse c’è e forse è
immaginario. |
THE CHANGELING di Clint Eastwood in concorso
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30/30 e lode
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Anche Christine Collins
(Angelina Jolie) è una madre “incerta”, nel senso che l’esistenza o meno del
figlio è anche qui una pura questione di fede. Ma questo è solo il finale
dello straziante capolavoro assoluto del Festival: prima, un sublime braccio
di ferro con la Legge (e quindi con il genere cinematografico giudiziario)
che Eastwood affronta senza risparmiarsi nessuna delle sue mille
contraddizioni. Una donna che lotta contro la potentissima e corrottissima
polizia di Los Angeles nel 1928, che le riporta a casa un figlio scomparso
che non è il suo (le rifilano uno sconosciuto) solo per bassi fini mediatici
e per non perdere la faccia pulita. La lotta è furibonda, la spediscono
financo in manicomio. Poi il colpevole (un pluri-infanticida) viene
scoperto, ma la sua morte è tutto tranne che un sollievo (a partire
dall’agghiacciante e meticolosa scena dell’impiccagione), perché a modo suo
è anch’egli vittima sacrificale del sistema mediatico-spettacolare come
Christine e il suo figlio morto per negligenza di una polizia tropo
impegnata a farsi pubblicità. La “società dello spettacolo”, che con il ’29
incombente è pronta a trionfare grazie alla sua catastrofe (e infatti il
film si chiude con l’Oscar a Frank Capra e Hollywood che prende il potere)
ma non si risponde alla sostituzione della realtà per colpa dell’immagine
semplicemente ristabilendo “la realtà”, illuminando le menzogne e punendo il
cattivo. Piuttosto, il cattivo è una vittima come tutti noi, e il figlio non
è “oggettivamente” morto ma potrebbe ritornare: Christine non tradisce la
sua fede nel fatto che un giorno suo figlio ritornerà, e la sua metamorfosi
in spettatrice di se stessa (lo abbiamo detto: proprio in quel momento
Hollywood trionfa) nell’assistere da dietro al vetro della questura
all’abbraccio tra il figlio fuggito dal killer e i propri genitori ne è
un’implicita conferma. L’immagine, che lei contempla da dietro al vetro come
al cinema, è dunque la materia stessa della speranza, di quella speranza che
l’immagine stessa ha tolto (è per questione di immagine della polizia che
Christine ha perso suo figlio). |
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