::: INTERVISTA A LARS VON TRIER :::

Migliora con gli anni, Lars Von Trier. Lasciata indietro la sua malcelata intolleranza per giornalisti e critici, le Grand Danois sembra, da qualche tempo, aver appreso l'arte della diplomazia - almeno formalmente.
Sempre sarcastico nelle risposte, il regista ha raccontato con inusitata disponibilità la sua ultima avventura, quel Dogville che rappresenta il primo episodio della trilogia americana, della quale Manderlay, secondo capitolo, è già in pre-produzione.
Nella quiete di un hotel appena fuori Cannes, Von Trier spiega le ragioni di Dogville, secondo molti destinato, se non alla Palma d`Oro, al Premio per la regia.

La stampa americana non sembra aver apprezzato il suo punto di vista sugli Stati Uniti, sottolineando la sua estraneità, anche fisica, al paese, nel quale non è mai stato. Che cosa, in particolare, l'ha portata ad un'analisi così dura della società statunitense?
Non sono mai stato in America, lo ammetto, ho paura degli aerei e sono claustrofobico. La spiegazione nella quale mi riconosco di più, però, è che questi Stati Uniti non mi piacciono, perché non sono quello che dovrebbero essere. In Danimarca la tv trasmette molta immondizia americana, e quello è uno specchio attendibile di una società, la cui politica estera, d'altra parte, lascia pochi dubbi. Sono libero di scegliere quello che mi interessa, Dogville non è un ritratto ma un'interpretazione dell'immagine che mi arriva.

I suoi personaggi sono molto cambiati, nel tempo. Da Emily Watson a Nicole Kidman, le protagoniste dei suoi film hanno restituito una visione della realtà in continua crescita. Quanto l'uomo Von Trier è entrato nei suoi caratteri?
La verità è che tutti i personaggi, non solo la protagonista del film Grace, mi assomigliano molto. Anzi, direi che sono proprio io. Non è un ritratto molto carino, mi vedo in questo modo, so che non è bello dirlo!
Tutti gli attori con cui lavoro mi offrono un materiale umano sul quale lavorare, che, inevitabilmente, entra a far parte del risultato finale, e in qualche modo mi influenza.


Il suo film è stato presentato qui a Cannes con una versione di 3 ore, ma quella che verrà distribuita sarà di sole 2 ore e 10. È una scelta commerciale?
La versione più corta è tratta da quella lunga, va benissimo per gli italiani (ride). Una volta da voi c'era una grande tradizione, vedi Visconti, per esempio, ma ora vedo soltanto una grande "isteria culturale". Ho creato una versione più breve per evitare che il mio film venisse distrutto....In realtà scherzo, ma ho paura che sia vero.

Come vede il futuro del cinema ed il suo futuro da cineasta? C'è un punto in cui si incontrano?
R-Non sono uno che va al cinema. Preferisco seguire la mia strada. L'ultimo film che ho visto è Magnolia, e mi era piaciuto, ma se mia moglie guarda in tv dei film, onestamente mi annoio e vado via. Vedo il cinema diventare tutto uguale, guardo ogni tanto i giornalieri dei film che produco, ma sostanzialmente faccio cinema non perché mi piaccia girare film ma soltanto per vedere cose che mi piacciono veramente. Spero di aver fatto e di continuare a fare qualcosa di diverso.
 

Valentina Di Michele
CANNES, 21 - 05 - 03


::: KMX INTERVISTA LARS VON TRIER :::