la biennale di venezia 42.festival internazionale del teatro Venezia 1>11 agosto 2013
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Seuls |
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Seizures
Harwan è un dottorando 35enne,impegnato a recidere con chirurgica precisione ogni cordone ombelicale che lo leghi al passato e alla contingenza del presente,vissuto in un paese non suo (il Quebec canadese,dove si trova dopo la fuga familiare dal Libano in fiamme della guerra civile,anni Ottanta del secolo scorso).Padre/sorella e fidanzata/studio sono lo sfondo grigio di un monologo per certi versi affascinante,assolutamente emotivo e giocato sul cortocircuito tra il sarcasmo crudelissimo di un’autocritica sempre affiorante,ma mai esplicita,e l’attacco deciso alla figura paterna,cui vengono invece fatti risalire il rosario di fallimenti e il disincanto del non più giovane Harwan.Nel rivendicare un teatro tutto di testo e fatto in casa,fuori dal mainstream delle grandi produzioni,Mouawad fa sua una solida primitività drammaturgica (che si deve anche a Charlotte Farcet),costruita sulla fluidità raccontativa dei monologhi –una continua,infinita comunicazione telefonica con l’ Altro,qualunque esso sia- magistralmente concepiti,pieni di allusioni e word games,a tratti di travolgente,amarissima comicità.Il procedere enunciativo è pura affabulazione metatestuale,almeno dal momento in cui entra in campo,per interposta tesi di dottorato,la figura di Robert Lépage.Antitesi incarnata di Mouawad,Lépage è lo stereotipo del drammaturgo e regista passepartout,transnazionale,capace di fagocitare produzioni tradizionali e show globalissimi (Peter Gabriel,Le Cirque du Soleil…).Lépage è anche,se non soprattutto,l’incarnazione del Canada e va scorticato e lapidato sulla pubblica piazza della scena attraverso l’ironica e truce decostruzione del suo ruolo nel teatro del Quebec.In questo senso,giocando di paradossi,la narrazione interna al testo analitico che il protagonista va scrivendo sull'oggetto della sua tesi -cioè lo stesso Lépage- e che affiora spesso durante le telefonate con il relatore,è da leggere ribaltando il punto di vista presunto del dottorando (l’idolo-Lépage in realtà viene abbattuto).Gli intoppi micro-burocratici,l’affanosa e iperbolica rincorsa del regista in un improbabilissimo viaggio moscovita –da cui ulteriori stratificazioni linguistiche- potrebbero indurre qualche deriva dell’assurdo,ma ciò non accade,non deve accadere nel meccanismo controllatissimo allestito da Mouawad. Ecco quindi che la rincorsa al Nulla in cui si traduce il tentativo di realizzarsi in ambito teatrale e il naufragio del rapporto col padre,si ricompattano in un’unità discorsiva che sostanzialmente tiene e si tiene,ma chiaramente non prevede sbocchi se non in forma di uscita dal testo n.1 e allestimento di una seconda scena.Da quando Harwan si scopre vittima dell’ictus che sembrava aver colpito il padre,infatti,entriamo in una dimensione che si muove tra delirio metafisico e visualizzazione onirica del testo ora parlato da altri (padre/sorella/fidanzata,tutti al capezzale di H.).In attesa di uscire dal coma controllato/farmacologico,il protagonista scorre le immagini del passato ora solo sub specie visiva e le deforma in un compulsivo atto artistico di generico action painting –con breve inserto antropometrico,quindi evocante pure Yves Klein,oltre a Pollock- restituitoci in forma di spatolate policrome su pannelli trasparenti,che ingabbiano Harwan e sono rivolti verso il pubblico.Al di là del fatto che si possa trattare di un’ironica,ulteriore deformazione critico-distruttiva degli apparati visuali cui le citate megaproduzioni mainstream devono necessariamente far ricorso,piuttosto che di una genuina visualizzazione della mente del malato,destinato a rimanere cieco dopo il risveglio (espiazione in atto unico di colpe proprie e familiari),la contrapposizione tra i due set appare troppo netta e la durata di entrambi eccessiva. Oltretutto,avrebbe avuto molto più senso,per chi rivendica per il proprio teatro il primato dell’affabulazione,prevedere un atonement finale meramente afono,in cui il malato perde,correttamente,la PAROLA e non la vista. |
ore 19.00 - Teatro Piccolo Arsenale
WAJDI MOUAWAD Seuls (120’) di Wajdi Mouawad regia Wajdi Mouawad con Wajdi Mouawad drammaturgia Charlotte Farcet collaborazione artistica François Ismert assistente alla regia Irène Afker musica originale Michael Jon Fink scene Emmanuel Clolus luci Eric Champoux regia luci Annabelle Courtaud costumi Isabelle Larivière suono Michel Maurer regia suono Olivier Renet video Dominique Daviet regia video Dominique Mank traduzione dei sottotitoli italiani realizzata da Gessica Franco Carlevero per il Festival delle Colline Torinesi produzione Au Carré de l’hypoteénuse (Francia), Abé Carré Cé Carré (Québec) in coproduzione con l’Espace Malraux scène nationale de Chambéry et de la Savoie, le Grand Théâtre de Loire-Atlantique, le Théâtre 71 scène nationale de Malakoff, la Comédie de Clermont-Ferrand scène nationale, le Théâtre National de Toulouse Midi-Pyrénées, le Théâtre d’Aujourd’hui Montréal |
42.festival internazionale del teatro Venezia 01 / 11 agosto 2013
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