la biennale di venezia 42.festival internazionale del teatro Venezia 1>11 agosto 2013
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PAJAROS MUERTOS |
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30/Lode |
Ricerca antropologica su estetica aneddotica.
Le lunghe ombre portate delle colonne tracciano diagonali definite dagli spot luminosi,fornendo una griglia per i danzatori,che lavorano con larghi fogli di stagnola dorata,prima di creare linee di movimento ispirate alle parate di Francisco Franco:una sorta di presentat arm senza sciabola rivolge i performer verso il pubblico disposto in direzione colonnato,quindi un ufficiale spara a caso verso gli spettatori e dà il via al rompete le righe da cui nascono nuovi grumi coreografici,che sembrano meditare sui codici forsythiani incrociati alla geometrica estetica militare e al teatro di strada. L’approccio filosofico e la matrice decostruttiva (del movimento e del senso) di Forsythe sono evidenti nel lavoro di Marcos Morau e,in buona parte, anche nella drammaturgia di Tanya Beyeler e Pablo Gisbert,che assumono il corpo estetico come centro del loro interesse,limitando il corpo politico a una delle componenti trattate.Il paradosso di questo stupefacente PAJAROS MUERTOS,ispirato in prima istanza al quadro di Picasso (il genio cui già si era rifatto Virgilio Sieni nel capolavoro DE ANIMA),non sta quindi solamente nella scelta di un sito povero e ricco di umile qualità meditativa per inscenare uno spettacolo in cui anche Mussolini viene chiamato in causa,ma soprattutto nella capacità di mettere in cortocircuito concreta e meticolosa costruzione del movimento specifico e sua immediata versione astratta,sub specie di fuga verso altra micro-coreografia,verso altro gesto.Ne consegue che –coniugando miracolosamente l’astrazione picassiana dell’opera citata,già pienamente cubista,e l’astrazione forsythiana- le coreografie ci appaiono come costituite da brevissimi brani,sequenze, segmenti in cui ogni passo,piroetta,jeté,ogni movimento a terra sono se stessi e la propria idea astratta nello stesso istante,quindi si passa subito ad altro.Le sequenze non sono di breve durata,ma lo sono i singoli movimenti.E’ la struttura temporale,massimamente abstacta,a guidare e organizzare la disposizione dei segmenti corporei (ciò che vediamo) secondo un ritmo e non il contrario. L’ immagine di una successione di coreografie capaci di coniugare strutturazione geometrico-militare (del gruppo) e morbida curvilineità (del singolo),veicolando nel contempo un qualche messaggio politico –udiamo i nomi di Franco e Mussolini (e Marinetti) contrapposti a quelli di Federico Garçia Lorca e Pier Paolo Pasolini (ma fanno capolino anche Coco Chanel,Jean Genet,Apollinaire,Degas,Breton,Sartre,Camille Claudel,Magritte…e pure Max Reinhardt,Stravinsky,Greta Garbo,Carlos Gardel e Jimi Hendrix/Jim Morrison)- è sostanzialmente errata o lo è in un contesto analitico.La fascinazione che i Luoghi agiscono su Morau & co è indiretta:l’ hic et nunc –mettendoci dentro sito,location,genius loci e quant’altro- è la restituzione immaginifica di un pensiero complesso che indaga piuttosto l’ “idea di Venezia”,l’ idea di Svezia o l’idea di Siena che regista e drammaturghi vanno formando nel corso delle loro indagini,svuotandola di ogni suggestione politica o,perlomeno,lasciando l’input politico come uno fra i tanti tra quelli messi in campo.Ecco allora che la fascinazione di campo San Francesco della Vigna è propriamente quella di un luogo concretamente umile,ma che induce un astratto senso dell’ ordine militaresco,garantito dalle colonne doriche.Gli artisti de LA VERONAL si aprono letteralmente al testo-luogo partendo da una premessa –in questo caso LOS PAJAROS MUERTOS- e ne verificano a posteriori,lungo l’asse temporale,le interazioni,da cui poi nasce lo spettacolo specifico.
La loro metodologia si basa su un’attenta ricerca antropologica del contesto,fatto anche di tradizioni,sagre,spettacoli popolari,di strada etc,condotta la quale vengono estrapolati aneddoti a scala locale o nazionale cui assegnare/associare i vari segmenti coreografici e dai quali estrarre,alla fine,le sequenze di danza o scene più propriamente teatrali –qui a Venezia i dialoghi sono assenti:si va di enunciazioni urlate,elenchi di nomi etc- per cui è impossibile dire definitivamente cosa significa la messa in scena.E’ l’idea di quella città/luogo che si forma e viene rappresentata.Sta di fatto che molti registi e autori si perderebbero,su una base metodologica di questo tipo,mentre La Veronal riesce a compattare il tutto entro una visione d’insieme che ha del miracoloso.Ogni spettatore,poi,può pescare,all’interno di quella rappresentazione,ciò che ritiene più opportuno. Straordinario il quadro in cui l’ufficiale,posto di fronte a file di potenziali vittime,fa una specie di conta e gioca con gli inermi danzatori impilati come birilli,fingendo di sparare e quelli reagiscono con emotività (diremmo) astratta,canonizzando l’urlo di orrore in una forma di canto corale senza pathos,fino allo sparo,cui segue l’avanzata del singolo dal centro del gruppo (tema figurativamente ricorrente). Affascinante anche la sequenza della via crucis senza croci,disegnata sulle precedenti diagonali di luce e diretta verso il pubblico in piedi,sul lato destro del campo,così come geniali gli ictus scenici –tutti significativamente alla francese- in cui la Libertà come possibilità viene annunciata:una bandiera francese sventolata da un paio di performer nudi che attraversano irregolarmente lo schema di pianta dello spettacolo,per uscirne immediatamente.Perfetto anche l’uso della porzione di campo verso il canale,dove vengono confinate alcune brevi sotto-scene e dove un coro canta la “muerte” nel pre-finale,mentre cinque gruppetti di danzatori sostano immobili sull’altra porzione.Viene suonato il Silenzio.
Una ballerina dai tratti asiatici brandisce la bandiera ispanica,mentre una processione sfrutta il corridoio tra le colonne,sostenendo una figura femminile (Spagna,Regina etc).Dopo un Cristo imparruccato,sul “Bolero” di Ravel l’ufficiale spara di nuovo verso il pubblico inducendo -ma anche no- nuovi livelli di lettura.Il corpo estetico stravince sul corpo politico e l’ultimo elenco di nomi che viene letto,mentre i danzatori si ri-coprono di stagnola dorata,dice:”Gustav Klimt…PABLO PICASSO”. Nonostante questo finale,è chiaro che,con la sepoltura conclusiva si rende omaggio a due tra i massimi artisti iberici rimasti senza un sepolcro:Cervantes e Garçia Lorca.Il “Bolero”,come tutto il resto,non ha un significato particolare,se non quello di servire la rievocazione combinata di 2/3 culture che si sono intrecciate durante il periodo dei PAJAROS MUERTOS (quindi Picasso a Parigi tra il 1907 e il 1914),per arrivare alla guerra del 1936 e ai regimi nazifascisti già affermati o in fase di affermazione in Europa (da cui l’Italia,Marinetti,il duce etc). |
ore 22.00 - Campo San Francesco della
Vigna
LA VERONAL * picasso - Pájaros muertos (60’) prima italiana regia e coreografia Marcos Morau * Ingresso su invito ritirabile a Ca’ Giustinian, a partire dal 4° giorno antecedente lo spettacolo e fino a esaurimento posti disponibili con Tanya Beyeler, Cristina Facco, Elia López, Anna Hierro, Lorena Nogal, Cristina Goñi, Núria Navarra, Julia Cambra, Blanca Tolsá, Laura La Manna, Maria Ferrer, Laura Fillola, Carla Morera, Iris Vilaró, Montserrat Asensio, Mònica Almirall, Albert Pérez, Marta Nogal, Isaac Forteza, Teresa Serrat, Siobahn Catarina Lawless, Maria Velat, Neus Seguí, Carla Romero e con i partecipanti al laboratorio drammaturgia Tanya Beyeler, Pablo Gisbert musica Bolero (Ravel), Overture 1812 (Ciajkovskij), La entrada, Amparito Roca, Suspiros de España assistente alla coreografia Cristina Goñi luci e scene Enric Planas con la collaborazione di Formació Musical de Bellpuig |
42.festival internazionale del teatro Venezia 01 / 11 agosto 2013
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