biennale college
danza 2013

 

Venezia, 28 - 30 giugno

 

percorsi: invenzioni

di Gaia Clotilde Chernetich

Portano la firma dei coreografi Alessandro Sciarroni, Arkadi Zaides e Michele Di Stefano le tre creazioni del ciclo Invenzioni della Biennale Danza 2013.

Si tratta di alcuni tra gli eventi più significativi del programma, che hanno messo alla prova tre autori della danza contemporanea, senza dubbio diversi tra loro, ma accomunati da un linguaggio fisico impuro e da una poetica coreografica che si situa su quello che - usando un gallicismo - si potrebbe definire l’estremo contemporaneo. 

La creazione di Alessandro Sciarroni alle Tese dei Soppalchi presso l’Arsenale, è un viaggio immaginifico attraverso uno spazio cilindrico, una galleria di luce, che permette la trasmissione tra lo spazio di fronte al pubblico, spazio vero e proprio della performance, e uno spazio altro, visibile quasi solo in controluce. Il lavoro di Sciarroni si conferma legato in maniera indissolubile alla danza, nonostante il forte carattere “visuale” della sua ricerca teatrale ed è riuscita, in maniera chiara, la sua interazione con lo spazio scenico così come il lavoro con i suoi performer. Si percepisce una chiarezza compositiva e una cifra in qualche modo esatta, in Untitled_death in Venice version, che è propria di tutti i suoi lavori precedenti e che permette al coreografo di stagliarsi sempre di più nel panorama, non solo nazionale, ma anche europeo.    

 Svoltasi all’interno di un’ampia sala prove del magnifico palazzo del Conservatorio B. Marcello, la performance di Arkadi Zaides è un lavoro sul codice fisico che si mette alla prova con la durata. I corpi dei danzatori cercano il ritmo del loro “stare” di fronte al pubblico che, facendo vagare lo sguardo, può decidere di soffermarsi su un performer in particolare, oppure tenere fede a una dimensione visiva più ampia della performance, osservandola come un’unica unità coreografica composta da tanti corpi diversi. Inversion of response non è una proposta facile, poiché questa creazione chiede troppa consapevolezza della danza ad un pubblico che non necessariamente è cosciente di ciò che costruisce il movimento e di come questo “studio” debba essere considerato. La danza è presente in abbondanza, certo, ma l’atto creativo è visibile solo in trasparenza laddove la lettura di una struttura creativa risulta visibile. Un lavoro non solo per danzatori, dunque, ma anche per occhi particolarmente allenati, che poco corrisponde al principio di apertura e condivisione deciso da Virgilio Sieni per questa sua prima Biennale.

Infine, l’ultimo giorno è andato in scena Impressions d’Afriques di Michele Di Stefano di MK & Guest. Nelle Sale Apollinee del Teatro la Fenice il volume della musica è alto. Da una porta escono giovani danzatori, non veri e propri professionisti, che ripetono in serie una sequenza di movimenti. Lo spazio vasto della sala prove del teatro è sfruttato secondo una geometria precisa e leggibile che porta con sé non solo un gusto coreografico, ma anche una poetica chiara che riguarda il lavoro fatto con i performer. La riflessione sull’Africa, basata sul romanzo Impression d’Afrique di Raymond Roussel, emerge dallo studio dei movimenti, ora animali, ora selvaggi, ora guidati da una precisione che nemmeno il corpo, ma solo la natura, sanno mettere in scena.

è un progetto decisamente positivo, quello di Invenzioni, poiché permette l’entrata di una vera ventata di aria fresca, particolarmente contemporanea, in qualche modo, all’interno di un programma che aveva, appunto, posto tra i suoi obiettivi quello - apparentemente solo ideale - di aprire al mondo la danza e di condividere punti di vista anche molto diversi sulla ricerca coreografica attuale. E naturalmente, a questo proposito, quale palcoscenico poteva essere più adatto di quello della Biennale di Venezia?

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Venezia, 28 / 30 giugno 2013