FESTIVAL DI BERLINO 2003
di Maria Letizia Maiavacca, redattrice
di
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E' calato il sipario sulla 53° edizione del Festival di Berlino, anzi, sull'Internationale Filmfestpiele Berlin, con l'assegnazione di premi "politici". Possiamo dirlo visto che anche nelle parole del direttore del festival Dieter Kosslick, al suo secondo anno alla direzione della Berlinale, si sono colti riferimenti all'attuale, drammatica situazione politica. Ma d'altronde come poteva non esserlo, considerato che il tema di quest'anno era "Verso la tolleranza"?
Ricordiamoli dunque questi premi:

Orso d'oro miglior film: IN THIS WORLD, di Michael Winterbottom, forse quello più inaspettato, presentato in concorso il primo giorno, premio che ha spiazzato anche lo stesso regista, che ha dichiarato infatti di essere inaspettatamente ed enormemente felice per un piccolo film a basso budget, con attori non prefessionisti, che mischia bene però elementi reali e di fiction.

Gran Premio della Giuria: ADAPTATION, di Spike Jonze, qui, all'assegnazione, gran fischi da parte della stampa. Film furbetto si è detto, a tratti irritante, con momenti divertenti ma che non si eleva al di sopra di un esercizio di stile.

Miglior regista: PATRICE CHEREAU, per il film SON FRERE.
Un film disturbante per il tema trattato, girato molto bene, coraggioso nel capovolgere per la prima volta il concetto della malattia applicata agli omosessuali: qui infatti il corpo malato è quello di un eterosessuale appunto, del protagonista "buono". La M.d.P. scruta con metodologia da laboratorio, (a cui già ci ha abituato Chéreau con il precedente INTIMACY, Orso d'oro 2001) come un microscopio rigoroso, le manipolazioni, le cure, lo strazio, a cui viene sottoposto un corpo malato.

Miglior attrice: all'ensemble cast di THE HOURS di Stephen Daldry:
Un premio meritato e inusuale, niente ex aequo, tutte e tre le performances (di Nicole Kidman, Julianne Moore e Meryl Streep) sono state considerate ruoli protagonisti.

Miglior attore: Sam Rockwell per CONFESSIONS OF A DANGEROUS MIND.

Bel film, (esordio dietro la M.d.P. di George Clooney, elemento da non sottovalutare) bella interpretazione per un attore che potrà avere proprio con questo film il suo lancio in grande stile. In fondo chiunque avrebbe lavorato con George Clooney, anche gratis, il bravo ( e bello!) George ha invece preferito dare una chance ad un giovane attore non famosissimo che se lo merita.

Mancano all'appello dei premiati, alcuni film che forse meritavano qualche considerazione in più da parte della giuria, a cominciare da 25th HOURS di Spike Lee, che ha entusiasmato la maggior parte dei critici e dei giornalisti presenti a Berlino, e TASOGARE SEIBEI, di Yoji Yamada, la storia struggente e tenera di un samurai ambientata nei turbolenti anni di mezzo del 19° secolo, nei toni e nelle ambientazioni che ricordano le atmosfere del cinema di Kurosawa.

Capitolo a parte meritano i film italiani presenti alla Berlinale. Se IO NON HO PAURA di Gabriele Salvatores ha entusiasmato la critica straniera, e il colosso Miramax non ha perso tempo per accaparrarsi il film, merita un'attenzione particolare PATER FAMILIAS, di Francesco Patierno: tra un cliché di troppo e l'altro, si dipana una storia forte che attanaglia lo stomaco, quella di una salvezza e di una perdita. Bravissimi gli attori non professionisti che si integrano alla perfezione con un cast di attori secondari di altissimi livello e POCO PIU' DI UN ANNO FA, coraggiosa e sfacciata opera prima di Marco Filiberti, accolta con calore non solo dalla comunità gay, ma da una stampa italiana e non, sorpresa e insolitamente incuriosita da un film che se (chissà?) non uscirà nelle sale, ha il pregio di essere di un'onestà imbarazzante, la storia di un attore porno, che muore in circostanze misteriose, sulla cui storia una troupe vuole fare chiarezza.

Tra i Festival più importanti, Berlino si conferma dunque uno degli appuntamenti da non perdere, per la qualità dei film presentati, per uno sguardo sulle altre cinematografie curioso e fresco, per la presenza di un importante mercato che crea scambi e liasons, per la possibilità che offre al pubblico specialmnte di giovani di assistere alle proiezioni in anteprima, per la creazione quest'anno di una sessione chiamata European Talent, diretta da Wim Wenders con lo scambio di idee e discussioni tra i cineasti di tutta Europa, per il calore e l'organizzazione della città, per i luoghi, sempre accoglienti e puliti ( da non sottovalutare, specialmente negli ultimi giorni del festival quando la folla impazzisce!!) per i legami culturali che la città di Berlino offre anche al di fuori del festival, mostre, esposizioni, opere d'arte costituite dall'architettura della stessa città in continua evoluzione, meno per la sopravvalutata efficienza tedesca, che si arena come quella di qualsiasi altro Festival di fronte alla massa di giornalisti accreditati! Ma in fondo, l'Europa Unita significherà pure qualcosa, no?


Link:
www.berlinale.de

Maria Letizia Maiavacca


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