
Un cast di stelle di eccezionale fulgore si mette, al completo, nelle
mani di un regista trentunenne per uscirne definitivamente manipolato
nella caratterizzazione fisica e nell'intensità dell'interpretazione
grottesca. Wes Anderson porta a compimento, con un mestiere che solo il
fuoco della passione può rendere congenito, un progetto assolutamente
perfetto, una commedia brillante, irriverente e scorrettissima al cui
fascino è impossibile sottrarsi. Finalmente un film compiuto e
riuscito, un prodotto fatto a regola d'arte che diverte, una gioia dell'intrattenimento
intelligente che non delude le aspettative ed, anzi, supera il livello
di pretesa che si crea, ragionevolmente, di fronte ad un film campione
al box office negli Stati Uniti. Un temperamento quantomeno saldo, a quanto
pare, rende il giovane regista forte abbastanza da governare divi notoriamente
capricciosi ed annoiati e da renderli come creta morbida nelle sue mani
fino a ridurli alla dimensione fortemente voluta di cartoni animati colorati
e nettissimi nelle loro connotazioni caratteriali. THE ROYAL TENENBAUMS,
infatti, è la storia buffa, avvincente e tragicomica di una famiglia
sui generis baciata dal dono del genio, disciolta dal tarlo dell'egoismo
e della solitudine. Ma tutti gli argomenti toccati, dal più trito
al più grave, sono trattati con leggerezza, arguzia e disincanto
tali da non sfiorare mai nemmeno la dimensione drammatica e da comunicare,
comunque, il messaggio voluto pur con il sorriso sulle labbra. La storia
è quella, umanissima e di facile immedesimazione, di un uomo abbondantemente
oltre la mezz'età che, sull'orlo della bancarotta e della perdita
definitiva della moglie a causa di un altro, cerca di riconquistare l'affetto
della famiglia abbandonata, per la ansia di libertà, 17 anni prima.
Il tono è lontanissimo dai drammi della separazione coniugale tante
volte portati sul grande schermo e non solo la famiglia da sedurre e ricondurre
a sé è piena di problemi ed irrimediabilmente sui generis
ma il padre snaturato che torna al calore degli affetti è un Gene
Hackman in stato di grazia, re dell'intrigo e del complotto, signore di
un manipolo di complici fedeli e sgangherati, protagonista di una fiction
nella fiction dagli esiti esilaranti. I tre figli, geniali da bambini,
si sono tutti persi nel corso di un cammino troppo irto per le loro sole
forze e, pieni di rancore, attribuiscono alla mancanza della figura paterna
i loro fallimenti: Gwyneth Paltrow, la scrittrice prodigio, passa senza
pace da un marito all'altro e si trascina, priva di ispirazione ed entusiasmo,
di giorno in giorno, persa dietro un amore impossibile; Ben Stiller, mago
in erba di affari e finanza, affronta oggi in modo autodistruttivo il
lutto per la perdita della moglie ed alleva i due figli tentando di farne
suoi cloni; Luke Wilson, promessa del tennis, vaga senza scopo nè
meta in giro per il mondo. Angelica Huston, nel ruolo della moglie abbandonata,
dà il meglio di sé in una serie di battibecchi e sferzate
velenose duettando impagabilmente col grande Gene. Una serie di comprimari
di eccellente tempistica ed affiatamento completa un meccanismo comico
calibrato al millimetro e di efficacia ineguagliata negli ultimi anni
della commedia americana. Il film, scritto a quattro mani dallo stesso
regista e da Owen Wilson, presente anche come attore nel ruolo di Eli,
un vicino adeguato per anticonformismo e trasgressione al tono della famiglia
Tenenbaums, si avvale di un personalissimo uso del colore e della caricatura,
della musica e del particolare puntando, con insistenza quasi feticista,
alla celebrazione del dettaglio che, quanto ad immediatezza, conta più,
ai fini dell'individuazione del carattere, del viso del personaggio stesso.
Una pellicola da non perdere, dunque, questa presentata oggi a Berlino,
adatta a chi ancora crede che il cinema sia un mondo meraviglioso in cui
c'è posto per una sensazione dimenticata come la sorpresa di scoprire
qualcosa che vale
Voto: 30/30
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