IRIS
di Richard Eyre
con Judi Dench e Kate Winslet



Il film di Richard Eyre sulla vita e la malattia della scrittrice inglese Iris Murdock viene proiettato, alla Berlinale, poche ore prima che vengano rese note le candidature dell'Academy per la prossima cerimonia degli Oscar. Nessuno stupore, dunque, alla notizia che tre degli attori principali della pellicola sono nella cinquina dei possibili vincitori dell'ambita statuetta. Sono infatti proprio le interpretazioni finissime e misurate di Judi Dench, Jim Broadbent e Kate Winslet, nominati rispettivamente nelle categorie di miglior attrice protagonista, miglior attore protagonista e migliore attrice non protagonista, a rendere questo progetto, per sua natura grave e difficile, vibrante e pieno di passione e, perciò solo, assolutamente imperdibile. Nulla questio sulle candidature della Dench e della Winslet, entrambe perfettamente consapevoli del proprio talento, entrambe a proprio agio in ruoli calibrati sulle loro potenzialità espressive, entrambe vincenti nel confronto con personaggi pienamente nelle loro corde. Quello che dà più piacere e lascia quasi stupefatti è l'interpretazione immediata, autentica ed insuperabile per grado di coinvolgimento, resa da Jim Broadbent che, dopo i ruoli minori ne IL DIARIO DI BRIDGET JONES e MOULIN ROUGE, approfitta finalmente della sua grande chance riuscendo nello scopo di emozionare comunicando, oltre il make up necessario ad invecchiarlo di 20 anni, la pienezza dell'amore e lo sconvolgimento della perdita. La narrazione è articolata in due distinti piani temporali combinati tra di loro in un montaggio alternato molto fitto che affianca, sfumandole e sovrapponendole, la realtà presente a quella dei ricordi. La luminosa e vitale Kate Winslet interpreta Iris da giovane, donando generosa il suo corpo e la sua stessa vocazione al personaggio della "donna più brillante d'Inghilterra", ad "una vera icona della sua generazione". La solida ed essenziale Judi Dench offre gli occhi intelligenti ed il fuoco della sua recitazione ad un'Iris ormai consumata che lotta senza speranza né futuro contro il morbo di Alzheimer, un'Iris innamorata della libertà della mente che vede, impotente, le sue adorate parole cadere a terra come frutti marci. La parabola della scrittrice che indaga la natura del bene e del male, della libertà, della sessualità e dell'amore e che tutto perde per un beffardo destino che prima illumina e poi spoglia lascia pensare alla realtà effimera delle cose e sembra evocare, tra le righe, un messaggio che invita a cogliere l'attimo, a vivere con intensità la fame di emozioni troppo spesso sopita, a non rifiutare le pulsioni della carne e dello spirito.. Il film è la celebrazione di una grande donna, di uno spirito libero riempito dal soffio del talento, di una mente superiore in grado di esprimersi con magnificenza così nella scrittura come nella filosofia, ma è anche una toccante storia d'amore, un romanzo di dedizione e sentimento, un incoraggiante affresco di vita matrimoniale che fa dei 40 anni di convivenza di Iris e John Bayley uno straordinario augurio nell'epoca del trionfo della solitudine. Basata su due libri di John Bayley ("Iris: A Memoir" ed "Elegy For Iris"), la pellicola, imperfetta e non del tutto compiuta, riesce, tuttavia, particolarmente laddove la regia rinuncia a preziosismi e maniera e si mette al servizio degli attori che, liberi di muoversi in un progetto che punta alla pura emozione, danno il necessario spessore, con la loro rilettura personale, ad una narrazione che potrebbe, altrimenti, sapere di già visto rendendo, così, emozionante la semplicità della costruzione degli eventi, regalandoci il piacere dello spettacolo di una storia vera che strugge e commuove al di là della diffidenza verso l'ennesima metafora cinematografica di gloria e morte.

Voto: 26/30

Elisa SCHIANCHI
13 - 02 - 02


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