
Amore, odio, violenza e poesia: questi sono gli ingredienti di BAD GUY,
l'ultima intensa opera di Kim Ki-Duk. Come sempre accade nei suo film,
anche qui la storia diventa lo strumento per trasmettere intatta un'emozione
o meglio, il groviglio di emozioni che per il regista coreano compone
ogni sentimento. Per Kim Ki-Duk non esiste niente di assoluto che non
comprenda anche il suo contrario, per questo il suo cinema è così
denso e così vero, malgrado le storie siamo lontanissime dall'esperienza
comune. In Bad Guy, Han-Gi lavora come buttafuori di un bordello ed è
capo di una gang di delinquenti di strada. Un giorno vede Sun-Hwa seduta
ad una panchina che aspetta il suo ragazzo. E' bellissima ed irraggiungibile,
nel suo vestitino azzurro da collegiale, ma lui si avvicina e con violenza
la bacia in bocca, malgrado la resistenza di lei ed i tentativi del ragazzo
di allontanarlo. Una volta riuscita a liberarsi, Sun-Hwa vorrebbe le sue
scuse e, poiché Han-Gi si rifiuta, lei lo insulta pubblicamente
e gli sputa in faccia. Da quel momento per Han-Gi lei diverrà una
vera e propria ossessione: da una parte per la passione e l'amore dirompenti
nei suoi confronti e dall'altra per il desiderio di vendetta.
Anche se c'è una certa sproporzione di intensità tra la
prima parte - che arriva a toccare dei momenti di vera e propria poesia
- e la seconda, che sembra a volte perdersi nella tortuosità della
storia, BAD GUY resta comunque un omaggio dolce-amaro ai sentimenti veri
ed impossibili. Un omaggio all'amore puro, solo dopo il contatto con la
sofferenza, alla speranza che nasce dalla disperazione ed alla lealtà
che si scopre tradendo. E la violenza è il collante di tutto, lo
stimolo che rende uguali gli opposti e che li sublima nel suo essere la
molla estrema del sentire.
Voto: 28/30
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