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Bellaria film festival. Le quattro giornate bellariesi, sono risultate una intensa carrellata nell’anima del mondo attraverso la nuova cinematografia, in cui ciò che è apparso con maggior sentire è stato il vissuto, rappresentato sia dalla documentaristica che dalla fiction.
Concorso Anteprima Il XXII° Concorso Anteprima sotto la precisa direzione di Morando Morandini, Antonio Costa e Daniele Segre, ha visto sfilare sullo schermo cortometraggi, che hanno saputo raccontare storie, condensandole in poche decine di minuti.. Il sarcasmo è apparso quale diktat, come nel pungente cafè l’amour (beta, 10’’), un corto d’animazione di Giorgio Valentini, che ha collocato i suoi strampalati personaggi attorno al tavolo di un bar, che si alternano sfilando su di un teatrino in differenti sit-com, che riportano alla mente il Cafe and Cigarettes di Jim Jarmush. Federico Rizzo ha presentato il lavoro più lungo del concorso: 110 minuti, Passe-partout per l’inferno, che rientra in un suo progetto registico definito “Decalogo delle giovani vittime”; in questo film egli, si ispira ad una certa cinematografia di radice americana, alla Scorsese. Viene messa in scena la perdita di certezze, di valori da parte dei protagonisti, nonché l’inserimento della metaforica figura del politico corrotto, che riveste il ruolo di satana, alludendo ad un mondo in cui la prima regola è ottemperare ai propri fabbisogni a discapito degli altri. Lo scattino di Michele Ferrari (regista della fiction televisiva Centovetrine), realizzato con il contributo della provincia di Rimini, racconta succintamente uno spaccato di vita rivierasca, che porta con sé i miti di sempre: i bagnini, figure mitiche dell’epopea estiva. Si avverte nella sceneggiatura un richiamo ad una certa letteratura anni ’80, alla Pier Vittorio Tondelli. Ispirato ad una sorta di video game, è il piccolo spaccato famigliare, rappresentato da La vita non è un gioco di Federico Ferraresi, in cui il piccolo protagonista patito di video giochi, trascura lo studio, i genitori incalzano con i rimproveri, e lui, sogna un mondo senza adulti in cui la vita sia un video game giostrato dal suo joystick, ove l’eroina è una madre (interpretata da Eva Robbins), in veste Lara Croft, vince sul padre. Crudo. Un film senza condimento, 16 minuti, di Fabio Cavallo. Pellicola dall’ironia pungente, ambientata in notturna in un autogrill della bassa, ove si dipanano storie parallele che vengono inconsapevolmente ad interferire l’una nell’altra, portando a sviluppi paradossali. Il cuore sospeso di Antonio Trapani e Marco De Angelis della durata di 13 minuti. La vicenda è calata in una dimensione quasi onirica, in cui domina la penombra, regina di sentimenti malati. Quello del trenino corto di Giovanni De Blasi, girato in beta di 11 minuti, prodotto da Edoardo Winspeare, racconta una vicenda estiva, che lascia volare la mente alle problematiche del sud d’Italia, con un colpo di scena finale. Senza titolo. Italia 61 di Anna De Manincor e Davide Pepe, della durata di 8 minuti, risulta un viaggio nell’Italia degli anni ‘60, attraverso il montaggio di immagini e filmati su paesaggi aspri, case e coste mediterranee, in cui scorgiamo le zolfatare, i trulli, per poi salire su, su verso le mete turistiche del nostro paese, risultando un collages di ricordi vacanzieri, di un vissuto nostrano, che ancora oggi ci appartiene. Veritiero e ammaliante, risulta Cardilli addolorati di Carlo Luglio e Romano Montesarchio che hanno girato un documentario di 54 minuti in beta, restituendoci uno spaccato di quella Napoli dai mille volti, che non finisce mai di stupirci e si inventa sempre nuovi percorsi di vita. Gli uccelli con il loro canto edificante, portatore di gioia, sono il soggetto delle interviste rivolte ad amatori, collezionisti e bracconieri, che catturano gli uccellini per poi venderli ai mercati rionali, organizzati tra auto in sosta e vecchi edifici industriali, alle cui pareti vengono appese in mostra le gabbiettine. Si svela un mondo legato ai volatili come ragione e fonte di vita, risultando anche una protesta nei confronti della caccia. C’era una volta un re di Massimiliano Maceri, 10 minuti, girato completamente in piano sequenza, senza stacco, racchiudendo in una spirale il racconto, e l’avvicendarsi dei ruoli ed il loro pedissequo ripetersi invertendo i ruoli, risulta un escamotage per valorizzare il punto di vista di chi parla. L’accattivante In tram, di Filippo Soldi, della durata di 9 minuti, con Piera degli Esposti e Gigio Alberti è ambientato nella Milano d’oggi, alle otto di mattina su un tram, in cui si avvicendano sagaci battute tra i passeggeri del mezzo pubblico, inerentemente alla diffusione dell’utilizzo della lingua inglese, secondo le normative CEE e della conseguente omologazione linguistica. Un’incerta grazia di Claudio Camarca, risulta quale documento per immagini. Esso, restituisce al pubblico la forte esperienza vissuta da coloro che hanno gestito e vissuto presso il centro Regina Pacis, durante il periodo degli sbarchi di clandestini sulle coste del sud della penisola. Un luogo divenuto cattedrale della carità, in cui gli approdi degli immigrati sono stati per tutti una vera scuola di vita, soprattutto per gli uomini di fede. Un aiuto vero al riscatto da una condizione umana di sottomissione e di violenze subite. Ma ciò che emerge da queste testimonianze, è che sarebbe utile adoperarsi perché i paesi poveri, affamati dal potere politico, in cui la violenza e la povertà imperversano, venissero aiutati a risollevarsi, a trovare una valorizzazione interna, affermando così il diritto a non emigrare come fuga. Il cortometraggio Sabato sera di Danilo Monte, ironizza sulle tribù urbane di periferia, in cui paesi satellite offrono ben poco ai giovani, spesso schiavi delle droghe, unico mezzo per raggiungere il divertimento. Rumore bianco di M.A.L.E. Collettivo, durata 21 minuti, restituisce un po’ il senso delle cose, grazie ad una passione: Il collezionismo di oggetti del tempo che fu! Indagando nel mondo di chi, attraverso un oggetto appartenuto ad altri, riceva una testimonianza di esistenze che ci han preceduti, da far rivivere, perpetrare come memoria storica. Capolinea di Mario Casentino, risulta un piccolo road movie, in cui i quattro passeggeri di un autobus di linea, si ritrovano in una dimensione atemporale. Ognuno di essi porta con sé il proprio vissuto da cui vorrebbe fuggire, ma in questo viaggio-fuga lungo assolate e brulle strade qualcosa viene ad accomunarli… . Parole rubate di Barbara Caggiati, in 9 minuti, racconta la reazione di una ragazza ad uno scherzo telefonico, un po’ pesante, lasciatole inciso sul nastro della segreteria telefonica. A volte basta poco per rompere un incantesimo! Del figlio di Vincenzo De Masi, durata 41 minuti. Risulta un piccolo film altamente poetico, in cui riferimenti verghiani, fanno capolino. E’ forte la voglia di riscatto rivendicata dai personaggi rispetto ad una condizione di vita disagiata. Essi si ritrovano a fare i conti con la dura legge sociale. E’ una storia in cui credenze popolari, sogno e fantasia si fondono. Una calda luce extradiegetica ammanta tutto il girato, restituendoci una calda atmosfera mediterranea. 240 punti, di Cristina Casadei, è una storia di giovani, di convenzioni sociali e gelosie, rese da un piccolo escamotage narrativo, ovvero dalla doppia trasposizione dell’Otello di shakespeariana memoria, tra gioco e realtà. NotontheprogramME di Vinicio Basile, 12 minuti. Corto d’animazione, dall’alto valore simbolico, i cui personaggi sono di plastilina, materia plasmabile, modellabile, come spesso le menti delle persone nei confronti dei messaggi lanciati dai mass media, ricostruisce un piccolo “mondo antico” all’interno di un condominio, metafora del mondo intero (compreso in un microcosmo, quale risultante di un macrocosmo). Di mosche e di fate di Enrico Sisti girato in 35 mm, durata 20 minuti. La sceneggiatura ha ricevuto il riconoscimento di “interesse culturale nazionale” del Ministero dei Beni Culturali e dello Spettacolo. Una vicenda surreale, ispirata ad una frase di Buňuel, in cui vissuto e fantasticato si amalgamano, facendoci perdere l’orientamento nei confronti della realtà, e lasciandoci alla ricerca di essa… . Il cammino prosegue nel mondo dei cortometraggi di Anteprima con Sono incinta di Fabiana Sargentini (in Beta durata 44 minuti), è la capace documentazione, che una ragazza è riuscita ad ottenere intervistando alcuni uomini, diversi tra loro per estrazione sociale, indagando la loro reazione davanti all’affermazione: sono incinta, da parte della loro donna, sia essa ufficiale o meno. Tra gli intervistati appare anche Michelangelo Pistoletto. Ne è uscito un quadro sociale veramente variegato, quasi una ricerca socio-culturale di carattere scientifico. Gli ergastoli bianchi di Marina Piccone, risulta, nei suoi 28 minuti, un forte reportage su una realtà esistente, scomoda e, per certi versi dimenticata del nostro paese. Esistono ancora oggi 6 ospedali psichiatrici giudiziari, con 1282 persone rinchiuse al loro interno, tutto ciò risulta essere in netta antitesi con la legge del 1978. Luoghi in cui viene rinchiusa una categoria terza, diciamo, quella che prima giaceva nei manicomi!!Incoerenza pura di queste istituzioni, che i medici stessi non condividono. Queste risultano realtà sociali pericolose, in quanto questi, sarebbero stati individui che se curati senza metodo coercitivo, si sarebbero riscattati. La risultante è che “non si dà riabilitazione senza libertà!. Sarà gelida l’estate? di Sergio Sciarpa, narra della vicenda di un regista alla ricerca del primo attore, egli rimane colpito dalla foto di un ragazzo, che nel proprio curriculum, scrive di credere nell’empatia tra le anime, questo particolare attira il regista, che andrà alla ricerca di quel giovane e del suo pensiero… . Mr Mille di Massimo Carrier Ragazzi (6 minuti), è un corto d’animazione , che ironizza sulla proiezione nel futuro della razza umana, anche in questo lavoro, come in molti di quelli presentati a questa edizione di Bellaria, il sociale, nelle sue mille sfumature e sfaccettature, diventa luogo d’indagine, fonte di ispirazione profonda, dando vita ad ironie sagaci, a fiction di potente spinta emozionale, e a documentazioni su un reale spesso agghiacciante, come quello raccontato in meninas de rua (Ragazze di strada), di Andrea Barese, Roseli G. Pereira e Martino Ferro, che negli intensi 31 minuti, ci ripropongono le forti storie di “ragazze di vita”, se ci è permesso così definirle, che vivono ai bordi delle strade di San Paolo del Brasile, una metropoli segnata dalla povertà, dove sono nette e profonde le differenze sociali; in cui queste ragazzine intervistate nel loro habitat, restituiscono spaccati di vita tragici, propri di chi ha subito violenze, abusi sessuali, vivendo ora di espedienti, facendo rapine, aspirando colle, per sopportare meglio il presente in attesa di un futuro migliore. Commovente è la voglia di riscatto e la gioia di vivere che pur nella tragedia sprigionano, sognano una famiglia loro, e una carriera, tutto ciò, dà loro la forza di andare avanti, ma caratterizza allo stesso tempo un’altra cultura, un altro sentire. El futbol como escusa di Gherardo Morandini, che in 28 minuti ci racconta come un volontario Jorque, abbia aiutato i bambini di una comunità gitana, abitanti in un campo nomadi fuori Siviglia, attraverso il gioco del calcio, Essi vivono ai margini della società, sono sporchi e vivono tra le serpi, ma hanno nel sangue il ritmo gitano, capelli neri e voce roca, sono il loro segno distintivo. Jorque ha cercato un buon metodo d’istruzione, ed un mezzo utile per una possibile integrazione nella società, di questi bambini, per trasmettergli mezzi e speranza. I gitani sono una etnia importante nella cultura spagnola. Animol anagramma di Milano, è stato girato da Martina Parenti e Marco Berrini, essi in 38 minuti, riportano il pensiero di cinque personaggi che nella loro città hanno a che fare con il mondo animale, ma portato all’eccesso, quasi una sorta di invasamento. Sono vari gli aspetti emersi da queste ricerche-interviste, chi identifica il mondo animale con quello umano, ecco allora che si progettano abitini, oggetti e quant’altro di chic possa esistere per i cani. Le interviste proseguono nel mondo della macellazione, che vissuto dal suo interno esso ci appare differente, meno triviale, un sistema legato alla catena alimentare da giudicare con i giusti mezzi, il rapporto col mondo animale prosegue con un entomologo, e la sua passione per gli insetti. Questo documento della realtà, dà adito a riflessioni controverse. Rimozione forzata di Filippo Cesari, racconta le rocambolesche avventure di uno studente universitario, alle prese con le difficoltà della vita di tutti i giorni. è giusto così di Francesca Olivi, un corto che porta in campo le storie di tre donne alle prese con una interruzione di gravidanza, per cause e contingenze differenti, il racconto tende ad analizzare le tre vicende, i tre punti di vista, legati tra loro alla realtà sociale, alle contingenze. Una visone fuori dalle false ipocrisie. E’ emerso da questi lavori, un sociale indagato a tutto tondo, complesso, in cui ognuno dei partecipanti ha apportato il proprio atto creativo.
Premio Casa Rossa Il suddetto premio, si rivolge a lungometraggi indipendenti, che subiscono una eliminazione dal mercato a causa di una distribuzione scarsa, o quasi nulla. Il proiettarli in questa sede, funge quale atto di sensibilizzazione, ed è in perfetta coerenza con la filosofia che muove questa manifestazione. I titoli presentati in concorso, sono: Al primo soffio di vento di Franco Piavoli, Amorfù di Emanuela Piovano, Ballo a tre passi di Salvatore Mereu, Il dono di Michelangelo Frammartino, Il miracolo di Edoardo Winspeare, Pater Familias di Francesco Patierno, il ritorno di Cagliostro di Daniele Ciprì e Franco Maresco, Segreti di stato di Paolo Benvenuti.
Concorso 150 secondi a tema fisso La giuria composta da Carlo Lucarelli, Nils Hartmann(direttore di Sky Italia), Antonio e Marco Manetti, che tra i 50 lavori pervenuti ne hanno scelti 18. Sky Italia tra questi 18, ha scelto quattro titoli, che ha comperato e farà girare nei propri circuiti. I video selezionati, sono risultati di grande efficacia, nel trasmettere il senso di paura e angoscia.
Mestieri del Cinema Giuseppe Cederna Un altro aspetto importante è stato l’indagare a 360° il mestiere del cinema dal punto di vista di chi ha maturato esperienze in questo ambito, da poter così, restituire agli altri quale insegnamento tecnico e di vita, spesso di umiltà ed umanità, come per il grande piccolo del cinema italiano Giuseppe Cederna, attore di cinema e teatro, che ha presentato all’interno del programma festivaliero il nuovo frutto della sua creatività: Un libro: “Il grande viaggio” (edito da Feltrinelli). Un volume sull’essenza del viaggio, del conoscere sé stessi attraverso culture e tradizioni a noi distanti. Le paure ad esso legate, ci danno l’occasione di sentirci vivi e liberi. Il viaggio come catarsi, come racconto restituito alla carta stampata, al video, al teatro, così come Cederna ha realizzato, insieme al regista Giuseppe Baresi girando un video/film dal titolo La febbre, ispirato all’omonimo scritto di Wallace Shawn, in cui immagini di viaggio, strade intersecate dal passaggio di uomini sconosciuti, profili montuosi, tramonti, si alternano al monologo restituito dall’attore ripreso in primissimi piani. Sono quasi immagini oniriche le inquadrature che Baresi ha montato, accostando tra loro immagini che accarezzano lo sguardo ricordando la video art, ma dirette qui da un racconto fatto di sensazioni.
Mestieri del Cinema Amedeo Fago Un’altra testimonianza nell’ambito dei mestieri del cinema è stata apportata da Amedeo Fago (quest’anno in giuria), egli è architetto (si è laureato a Roma) e scenografo, ci tiene molto a sottolineare come la sua professione prenda forma dall’architettura, in quanto sostiene che la creazione dello spazio filmico sia importantissima, da progettare nei minimi particolari per la resa ottimale dello spazio, e a suo modo di vedere, l’occhio di un architetto votatosi al cinema è il più adatto. Egli ha lavorato come scenografo per i più grandi registi, quali: Bellocchio (nel nome del padre e altri suoi tre film), Gianni Amelio, Lina Wertmuller, Nanni Moretti, Bernardo Bertolucci, Emidio Greco(del quale qui a Bellaria è presentata la pellicola restaurata de l’invenzione di Morel, di cui Fago ha curato le scenografie), e tanti altri ancora. E’ un uomo raffinato, ricorda nel sembiante Pirandello, barba folta e brizzolata, sguardo acuto; è cognato di Morando Morandini. Egli ci racconta molta della sua esperienza romana; nel ’73 crea un centro culturale “Il Politecnico”, dedito al cinema italiano e alla sua divulgazione, egli ha esperienza anche nell’ambito della scenografia teatrale. Lo scenografo, è anche un viaggiatore, egli cerca le location ideali per il film, luoghi a lui congeniali nella costruzione dello spazio cinematografico, nella creazione dello spazio illusorio, che poi nella mente dello spettatore diviene spazio mentale. Quindi, lo scenografo, nella ricerca dei luoghi ideali, agendo in base alla sceneggiatura, interviene prima del regista, quantificando anche le spese. Fago ci apporta l’esempio delle scelte nella creazione degli ambienti della casa museo del film di Emidio Greco, gli arredi furono progettati interamente, e realizzati da un bravo falegname di Roma, per creare un ambiente filologicamente corretto e raffinato, venne scelto un mobilio Bauhaus, come la sedia Bacelona di M. van der Rohe, che è proprio del 1929, stessa data d’ambientazione del film. Teme per il dilettantismo dilagante nel cinema contemporaneo, a causa della dilagante alfabetizzazione cinematografica, si augura una maggiore professionalità.
Omaggio a Jean Rouch Risulta elettrizzante rendersi conto degli esperimenti connessi ad una idea di cinema ben precisa, che negli anni della Nouvelle Vague Rouch intraprese quale precursore, facendo scuola, ed aprendo la porte ad un metodo di indagine sulla realtà circostante, sociale, in cui un’idea marxista di fondo permeava il tutto. Qui a Bellaria, sono stati presentati due documentari, girati dal regista in anni differenti, ed una intervista postagli poco prima della morte. Egli identificò nell’uso della camera stylo, una 16 mm, il mezzo per ottenere il miglior risultato di quel “cinema-verità” di vertoviana memoria. Rouch era etnografo, ingegnere, scrittore, esploratore ed uno dei più prolifici, insieme a Godard, tra i fautori della Nouvelle Vague. I suoi documentari risultano a posteriori, anche da lui stesso, con alcune pecche, ma costituiscono un raggiungimento importante dell’arte cinematografica. Il primo film documento presentato qui a Bellaria, è stato les maitres fous del 1955 della durata di 36 minuti. Egli andò in Ghana nel ’53 prima che il paese raggiungesse l’indipendenza dall’Inghilterra, e filmò le cerimonie Hauka, movimento nato in Nigeria negli anni ’20, i cui membri vengono posseduti da altri spiriti. Rouch ha filmato nella sua interezza, uno dei rituale a cui questi membri si sottoponevano, facendosi dominare dallo spirito dei capi del governo coloniale, utilizzando un montaggio alternato sul rituale e la vera parata militare inglese, tanto che il filmato fu censurato dalle autorità britanniche in quanto considerato un oltraggio. La “camera-occhio”, fu considerata dal regista quale mezzo attivo con il quale interagire nella ripresa degli accadimenti, egli si prefisse insieme ad un aiutante, di restituire un filmato sulla Parigi del 1960 durante l’estate, utilizzando come fil rouge delle riprese la domanda “siete felici?” rivolta a persone provenienti da condizioni sociali differenti. La macchina da presa e i microfoni erano nascosti per far si che gli intervistati, si sentissero a loro agio, ma in ogni caso i dubbi sulla sincerità degli atteggiamenti tenuti sorse spontanea. Attraverso il gioco domanda/risposta si ebbe modo di comprendere le problematiche e le speranze degli intervistati, che rimane per alcuni aspetti non privo di attualità. Mentre nell’intervista girata nel 2002 da Lionel Baïer e Dominique de Revaz ci viene restituito il motto fondamentale che ha governato il procedere artistico di Rouch, ovvero la continua e fondamentale rottura degli schemi.
Evento Speciale Michele Emmer, un matematico cineasta Il Bellaria film festival, dedica a Michele Emmer una sezione importante. Michele Emmer, è un importante matematico, ma è anche il figlio del regista Luciano Emmer, e di conseguenza, non poteva non esistere in lui una vena artistica. Ma il suo tragitto personale si diversifica da quello paterno, componendosi in un binomio perfetto: Cinema-matematica. Egli unisce le sue due passioni, creando film e documentari scientifici, per trasmettere insegnamenti matematici ad un vasto pubblico e renderne meno ostiche le regole! A Bellaria sono stati presentati cinque documentari, uno dei quali è Flatlandia, tratto dal libro di Edwin A. Abbott, a cui Emmer si è ispirato per il progetto matematica visiva. È la storia di un quadrato che scopre una dimensione ulteriore. Pellicola darwinista. La storia è accompagnata dalle musiche di Ennio Morricone, che restituiscono con incisività il messaggio lanciato dai movimenti delle figure geometriche. Pungenti i parallelismi, e i doppi sensi colti tra il mondo geometrico e la società umana. Interessante si è rivelato Il mondo fantastico di M.C Escher della durata di 54 minuti 1978-94, che documenta lo studio sulle immagini che il pittore Escher, componeva ispirandosi a concetti di simmetria applicati alle immagini, per cui i suoi lavori divennero oggetto di molti studi scientifici, che il regista ci propone grazie ad una serie di interviste. Questi documentari, sono il frutto di una pura interdisciplinarità, in cui musica, grafica, apporto scientifico e tecnica cinematografica, interagiscono al fine di raggiungere uno scopo comune. Emmer, intervistato da Antonio Costa durante l’incontro con il regista, ci racconta come ha avuto luogo il suo iter artistico, come si è connesso alla sua grande passione: la matematica, e come dice, l’aver avuto un padre come Luciano Emmer abbia inciso nel suo cammino di vita, ed il vantaggio avuto nell’aver a disposizione tutto il materiale ed i teatri di posa, mezzi dei quali ha potuto usufruire per realizzare i suoi documentari scientifici, che ha girato per molte televisioni, italiane ed estere.
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