“Spostare i confini, nel
tentativo di capire in che mondo viviamo, è la vocazione del festival”. Le
parole di Italo Spinelli, presidente dell’Associazione Culturale Mnemosyne e
direttore artistico della decima edizione di Asiaticafilmmediale - Incontri
con il Cinema Asiatico, aprono la conferenza stampa la mattina del 28
ottobre e chiudono la serata di premiazione allo storico cinema Capranica
sabato 7 novembre. Sono parole dense che da subito sottolineano il tenore
della rassegna e introducono temi di natura sociale, forti, attuali e,
nonostante “appartenenti” ad un altro continente, così ineluttabilmente
vicini. Sono temi che raccontano ciò che accade oggi in Asia, che mostrano
la realtà vissuta nei mesi passati e in questi stessi giorni da milioni di
persone che subiscono l’impatto della globalizzazione, l’interpretazione
cieca e distorta della religione, lo stravolgimento delle regole cosiddette
“civili”.
La programmazione conta un totale di 58 lavori. In concorso 8 lungometraggi
e 9 documentari. Per la sezione I Giorni dell’Iran sono 7 i
documentari proposti tra i quali La
cave aux trésor di Bahman Kiarostami e quei due spaccati sull’attuale
situazione iraniana, Angels of the
House of sun e We are half of
Iran’s population, così magistralmente delineati dalla regista e
sceneggiatrice Rakhshan Bani-Etemad da sempre in prima linea per difendere,
raccontando l’abuso quotidiano attraverso la pellicola, i diritti delle
donne.
Il tradizionale focus su una metropoli asiatica si concentra quest’anno su
Manila con 6 documentari e viene dedicato al giovane critico cinematografico
Alexis Tioseco, barbaramente assassinato, insieme alla sua compagna, nella
capitale filippina il primo settembre scorso.
Nella sezione Nord Est, che presenta 5 documentari, spiccano
My body my weapon e
Tales from the margins,
entrambi di Kavita Joshi, ancora una donna per le donne, membro del
movimento anti-censura dei filmmaker indiani. Fuori concorso, 10 corti e
lungometraggi più 13 documentari.
The other bank, giudizio
contro la guerra etnica in Georgia espresso attraverso gli occhi strabici
del dodicenne Tedo, segna il debutto di George Ovashvili come regista sul
grande schermo e trionfa come miglior film. Ben due menzioni speciali vanno
ad About Elly di Asgha
Farhadir e agli attori di Jaffa
di Keren Yedaya. La giuria documentari decreta vincitore Children
of the Pyre di Rajesh S. Jala, uno spaccato di allucinante realtà
vissuta sulle rive del Gange nella città sacra di Varanasi e raccontata in
prima persona da sette bambini “intoccabili”. La menzione speciale va a
Shooting Muhammad dei registi
Francesco Cannito e Luca Cusani, con Michela Sechi alla sceneggiatura.
Infine, la giuria Netpac decide un ex aequo:
The Gift to Stalin di Rustem
Abdrashov e Jamila and the President
di Ratna Sarumpaet, per l’acuta critica sociale nei confronti del
proprio paese, rispettivamente Kazhakistan e Indonesia .
Non importa se i microfoni non sempre funzionano e la traduzione in
alcuni momenti non è propriamente fluente. Il contenuto dei lavori
cinematografici presentati e la possibilità di un dialogo costante con
registi, produttori e attori, fa passare in secondo piano qualche mancanza
tecnica e organizzativa. Eravamo in pochi ad assistere alla premiazione e
pochi, e questo si che importa, a godere della visione dei corti,
lungometraggi e documentari proiettati gratuitamente per più di una
settimana al Capranica e al Tempio di Adriano, a due passi dal Pantheon, in
pieno Campo Marzio.
Eppure il decennale di Asiaticafilmmediale è stato patrocinato dalle
ambasciate della Corea del Sud, Filippine, Germania, Giappone, India,
Indonesia, Kazhakistan, dall’Istituto di Cultura Giapponese e dalla
Fondazione Cinema per Roma mentre i finanziamenti sono arrivati in primo
luogo dalla Camera di Commercio, poi dal Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, la Regione Lazio, la Provincia di Roma, il Comune di Roma in
collaborazione con Acea, Poste Italiane, il Gioco del Lotto e i Corto Arte
Circuito.
Un cartellone ricco quello di Asiaticafilmmediale, un incontro a tutto tondo
con il cinema asiatico e le sue radici profonde, dalla mostra fotografica
"In Asia" di Susetta Bozzi ai dibattiti con l’economista indiano Prem Jha e
il filosofo Giacomo Marramao nell’ambito di Asia di Carta, dal progetto
Crossing Cultures all’Omaggio a Mizoguchi, uno dei tre maestri del cinema
giapponese insieme a Yasujiro Ozu e Akira Kurosawa, che prevede la
proiezione di capolavori come Sansho
Dayu - L’attendente Sansho (1954), Chikamatsu Monogatari - Gli amanti
crocifissi (1954) e Yokihi -
La concubina imperiale Yang (1955) nonché l’intervento di Tadao Sato,
uno dei più grandi critici cinematografici che è stato un onore anche
solamente osservare nella sua misurata, fiera, minuta figura di ottuagenario
nipponico.
Considerando l’attuale congiuntura economica internazionale e un gran
parlare sulla globalizzazione, pensando ai risultati delle ultime elezioni
presidenziali iraniane di giugno scorso che hanno portato al potere
l’ultraconservatore e neanche cinquantenne Ahmadinejad ed escluso dalla
partecipazione ad Asiaticafilmmediale alcuni addetti ai lavori ai quali è
stato ritirato, guarda caso, il passaporto poco prima dell’evento,
riflettendo sul fatto che la testimonianza di una donna iraniana vale la
metà rispetto a quella di un uomo e che in India il sistema delle caste è
nella pratica ancora vigente, tenendo conto di tutto questo ed altro,
dicevo, mi aspettavo da parte del pubblico, soprattutto giovane, una
risposta massiccia. Che il confine tra occidente e oriente sia sempre più
labile e sottile è una realtà. Il progressivo appiattimento culturale del
nostro Bel Paese anche.
|