VENETO JAZZ 2011

 

TYNESHIA LEBLANC

giugno -settembre 2011

Punta della Dogana, Venezia

 

di Gabriele FRANCIONI

veneto jazz

sito LeBlanc

30/30

Alvise Seggi al contrabbasso,

Maurizio Tiozzo alla chitarra,

Paolo Vianello all’ organo e alle tastiere

 Luca Bortoluzzi alla batteria.

 

Veneto Jazz si è accorto presto di Tyneshia Leblanc, texana di El Paso, appena pochi mesi dopo il suo arrivo a Venezia e ha intuito che era necessario riservarle uno spazio significativo per il festival di fine luglio, con adeguata location per il concerto: Punta della Dogana, ovvero la perla di François Pinault che guarda la laguna da uno dei punti più affascinanti della città. Gli organizzatori stringono quindi nuove alleanze collaborative con le maggiori istituzioni locali e, dopo Guggenheim e Fenice, aggiungono un altro tassello importante alla prestigiosa mappa.

Per la potente voce di questa performer ancora tutta da scoprire, non si potrebbe immaginare un palcoscenico migliore, dopo aver performato ininterrottamente in giro per Venezia. Noi potremmo vederla dal vivo ogni sera e saremmo in grado di rintracciare sempre nuove sfumature nelle sue intense interpretazioni di brani altrui (classici del soul e del rythm & blues, con veloci attraversamenti in campo jazzistico e pop) e nelle presentazioni di sorprendenti composizioni originali. Si passa da Ray Charles a Sam Cook, da Janis Joplin ad  Aretha Franklin, da Otis Redding a Marvin Gaye, da Etta James a Lauren Hill. Il repertorio viene adattato alla specifica circostanza e, nella specialissima occasione del Venezia Jazz Festival, il focus è sui padri del soul e sulle madri del rythm and blues, con qualche incursione inaspettata nella West Coast (“Love the one you’re with”, di Stephen Stills), ma senza evocare la vena introspettiva (e forse troppo cupa per l' occasione) di Amy Winehouse –spesso eseguita live- a pochi giorni dalla sua scomparsa.

Sulla piattaforma che guarda verso l’ antica Porta Da mar della città –il passaggio delle navi davanti a San Marco, a inquadrare la Torre dell’ Orologio disposta sull’ asse mediano tra le due colonne della Piazzetta, per poi prendere il Canal Grande e proseguire verso Rialto e il mercato- ci sentiamo dentro uno spazio simbolico per Venezia: è l’ avamposto urbano sul tratto d’ acqua in cui le culture d’ Oriente e Occidente iniziavano a mescolarsi, un po’ come avvieneda sempre a New Orleans, luogo d’ acqua e di musica non lontanissimo da El Paso.

Ty Leblanc non ha impiegato molto tempo a intuire la natura sintetico-sincretica della venezianità e vi si è calata con forza e gentilezza, le stesse qualità della sua caldissima voce, formatasi cantando gospel (letteralmente “la parola del Signore”) nella chiesa vicino a casa.

 Rispetto ad altre sue formazioni più da camera (il trio, ad esempio), quella  che accompagna la cantante di colore per il V.J.F. si arricchisce di un organo (Paolo Vianello, anche alle tastiere), che cambia di molto il colore di certi arrangiamenti e trova una risposta entusiasta nel pubblico, composto in larga maggioranza da turisti, con grande presenza di statunitensi. 

L’ elettrica di Maurizio Tiozzo, solitamente il fulcro acustico dei set unplugged, sposta ulteriormente il sound della band verso territori che sembrano incrociare James Brown e Janis Joplin, anche se su un registro più basso rispetto alla texana di Austin, perché la voce di Ty è molto più scura.

Il brano più adatto al sound della band è senza dubbio “Hit the road Jack”, dove la voce di Ty può spaziare dalle note basse agli acuti, mentre, più in generale, lo spirito del gruppo si avvicina alle riletture raycharlesiane dei Blues Brothers di fine anni ’70. La platea gradisce e applaude anche una trascinante “Everybody Needs Somebody”. 

Fever” e il ricordo di Elvis sono il giusto contrappunto ai colori del tramonto, mentre  “Heard it Through the Grapevine” mette in risalto l’organo di Vianello e“Summertime” è tutta costruita attorno alla voce di Ty.
Un altro momento topico negli show di Leblanc è sempre “Natural Woman”, perfettamente in linea con il carattere comunicativo ed estroverso della cantante, padrona assoluta del palco e, questa sera, incline a concedersi in versione quasi esclusivamente english nella presentazione dei brani, considerato il pubblico internazionale.
Molto intenso l’omaggio a Otis Redding, "Sitting on The Dock of the Bay”, mentre il ripescaggio tarantiniano di “Son of a Preacher Man” e “I feel good” giocano con una ritmica più sostenuta, calibrando il passaggio dal soul al rythm and blues.

Venezia incontra, dunque, Chicago, poi fa tappa a Memphis e viene traghettata fino a New Orleans, grazie alla potenza e all’ incanto sonoro creato da una grandissima cantante e dalla sua fedele e affidabilissima band. Molto riuscito, dal punto di vista organizzativo, l’ esperimento di Veneto Jazz di portare il festival continuamente in giro per Venezia, nell’ intento di coniugare arti visive e musica. Una linea coerente unisce, in definitiva, gli esordi della rassegna (Yamandu Costa al Museo Guggenheim, 2008) ai nuovi sviluppi del progetto “V.J.F.”.

prima pubblicazione 03/8/2011

TYNESHIA LEBLANC
giugno -settembre 2011