Willliam Castle, chi è costui? Strani incontri si
possono fare nelle rassegne cinematografiche, personaggi di cui si ignorava
l'esistenza fanno capolino e conquistano l'attenzione, si impongono ai più
distratti, guadagnano proseliti tra i cinefili più accaniti come
tra gli spettatori occasionali. Già l'entrata in scena di questa
retrospettiva al Festival della Fantascienza di Trieste è tutta un
programma anche se col senno di poi ci sembra calzare perfettamente con
lo spirito eclettico ed un po' strampalato dell'autore a cui è dedicata.
L'omaggio al regista William Castle doveva infatti inizialmente essere presentato
ad un festival del cinema dell'orrore e del fantastico che poi però
non si è più fatto, e così, come quando per risparmiare
si riutilizza il set già predisposto di un altro film, con l'aggiunta
di qualche titolo di genere più fantascientifico, ecco pronta 13
GHOSTS, la retrospettiva composta di lungometraggi e corti curata da Alberto
Farassino e Olaf Moeller. Chi era dunque questo regista americano e perché
si è meritato una retrospettiva? Classe 1914, sceneggiatore, produttore,
regista - quasi sessanta film, per lo più di serie B, che spaziano
dal noir al western all'esotico avventuroso fino al genere horror - Castle
è passato alla storia più per gli spettacoli che imbastiva
durante la proiezione dei suoi film, piuttosto che per i film stessi. Egli
è infatti considerato il "re dei gimmicks" ovvero di tutte
quelle trovate un po' da circo e un po' da luna park che si potevano organizzare
in una sala cinematografica per attrarre pubblico e di cui oggi sono sopravissuti
fino a noi solo i mitici "occhialini 3-D" che di tanto in tanto
ci vengono consegnati gratuitamente alla cassa e che promettono - ma non
sempre mantengono - una visione tridimensionale dell'immagine filmica. Qualche
esempio può rendere l'idea. Per MACABRE (1958) stipula un'assicurazione
di mille dollari sulla vita degli spettatori nel caso fossero morti di paura
(una nota precisava che il contratto non era valido per persone malate di
cuore o con i nervi fragili); Per THE TINGLER (1959, horror in cui uno scienziato
scopre che i brividi di paura sono generati da creature viscide, i tingler,
che si formano nella colonna vertebrale e si nutrono del midollo spinale)
organizza un dispositivo che anticipa il "Sensurroind" di qualche
anno ed è in grado di provocare un tremolio della sedia e simulare
così l'effetto dei "tingler" nella schiena; Per 13 GHOSTS
(1960) si scatena ai limiti della legalità. Il film racconta la storia
di uno squattrinato curatore di un museo che eredita da uno zio scienziato
una antica dimora ed uno strano pacco. Scoprirà che quel pacco contiene
un paio di diabolici occhiali inventati dallo zio che gli consentono di
vedere i fantasmi che infestano la casa... Ebbene, accanto agli occhialini
che venivano distribuiti e che esaltavano l'effetto "Illusion-O"
in cui si diceva fosse girato il film, ad ogni spettatore veniva consegnata
una chiave che poteva rivelarsi quella che apriva la casa dei fantasmi.
L'unico problema era che la casa in questione si trovava in Francia, comunque
chi voleva poteva volare in Francia e provare.; Per HOMICIDAL (1961) lancia
addirittura una sfida al pubblico con il "Fright Break": a due
minuti dalla fine chi non se la sente di assistere al terrificante finale
può uscire e farsi rimborsare il biglietto. Egli stesso ha sostenuto
che meno dell'uno per cento degli spettatori approfittò della possibilità
di abbandonare il film. Si tratta in tutti i casi di horror o psycho-thriller
poveri dal punto di vista produttivo ma girati con uno stile così
fresco e disinvolto da renderli comunque gradevoli se non addirittura divertenti.
Nel 1962 con ZOTZ! passa dichiaratamente alla parodia slapstick, con una
produzione in stile "Disney per i poveri": è la storia
di un impacciato professore di lingue antiche che entra in possesso di una
moneta che conferisce poteri distruttivi al proprietario, seguiranno incomprensioni
e gag tragicomiche. In questo caso si limita a consegnare al pubblico delle
monete di plastica simili a quella che sta al centro della storia. Successivamente,
chiusa la stagione del gimmick, Castle firma alcune opere circondato da
collaboratori di rilievo come lo sceneggiatore di PSYCO Rober Bloch e l'attrice
Joan Crawford in STRAIT-JACKET o, ancora con la Crawford in I SOW WHAT YOU
DID, sul quale occorre soffermarsi un attimo. Una sera, tre ragazzine, mentre
i rispettivi genitori sono fuori, si divertono a fare scherzi telefonici.
Chiamano un numero a caso e al malcapitato che risponde gli dicono con voce
cupa : "so cosa hai fatto e so chi sei". Tutto bene e tante risate
con questo tormentone fino a quando a rispondere è un uomo che ha
da poco ucciso la sua amante e per di più è domiciliato a
pochi chilometri dalla casa delle ragazze.E' un film emblematico perché
condensa nel bene e nel male tutto Castle: intreccio elementare, commediola
in stile televisivo in cui fanno malamente capolino velleità Hitchcockiane,
girata con sobria ironia e forte di un cast perfetto anche nei ruoli secondari
(in questo il regista non sbagliava quasi mai). Dopo la parentesi da produttore
addirittura in ROSEMARY'S BABY, Castle tornerà per l'ultima volta
dietro la macchina da presa nel 1974 con SHANKS interpretato nientemeno
che dal grande Marcel Marceau e incentrato sulla storia di un sordomuto
che entra in possesso di un marchingegno in grado di rianimare e telecomandare
i morti. Una fiaba grottesca con scienziati pazzi, cadaveri che si muovono
come delle marionette e motociclisti pedofili: film senza capo ne coda,
horror che non mette paura, parodia che non fa ridere, sconclusionato, inclassificabile,
il testamento cinematografico di Castle è un vero grattacapo. Muore
il 31 maggio 1977. Nel 1993 Joe Dante omaggerà il regista e le sue
follie cine-circensi nel nostalgico MATINÉE, a suo modo un B-movie
leggero e scanzonato come lo avrebbe girato lui. Caro William Castle adesso,
grazie a Alberto Farassino, Olaf Moeller e Joe Dante, "sappiamo cosa
ai fatto e sappiamo chi sei".
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