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Anche se la sezione dedicata ai film su mostri invasori
o alieni - come GODZILLA, TARANTOLA E ASSALTO ALLA TERRA - era stata annullata
per "motivi di opportunità", c'era comunque un simpatico
mostro sopravissuto che si aggirava per il Festival. Stiamo parlando di
Giavanni Mongini, mostro - ovviamente si fa per dire - di conoscenza e di
passione per il cinema, scrittore, storico e profondo conoscitore di cinema
di fantascienza, collezionista di pellicole "cult" nonché curatore della sezione MOVIE GAMES dedicata a film più o meno direttamente collegati al tema del gioco e del giocare - come TRON, NIRVANA, LA DECIMA VITTIMA di Petri e il curioso DEATH RACE 2000, diretto ispiratore del videogioco Carmageddon, incentrato su una gara automobilistica in cui vince chi investe il maggior numero di passanti - fermo restando che, come ha dichiarato egli stesso alla presentazione, vivere l'esperienza cinematografica "è sempre una forma di gioco e di divertimento, anche se il tema trattato non ha nulla a che vedere con i giochi". Conoscendo la sua passione e la sua competenza - doti che non sempre si sposano assieme anche nei cosiddetti "esperti" - siamo stati beni lieti di ascoltarlo nella conferenza da lui tenuta al convegno scientifico e incentrata sulle tecniche realizzative del cinema di fantascienza prima dell'avvento della moderna tecnologia digitale, o anche dopo come nel caso dei b-movie. Come in quei film dove ad esempio si riesce a scorgere i fili che reggono l'astronave "prima che fosse il computer a cancellare elettronicamente qui fili c'era un tecnico che doveva dipingerli con un pennarello nero in modo tale che non si potessero distinguere con lo sfondo, che generalmente era nero perché rappresentava lo spazio galattico. Non sempre la cosa funzionava a dovere". E che dire dei dinosauri quando le meraviglie computerizzate di Spielberg erano di la da venire? Il segreto, come ha spiegato Mongini era nella tecnica chiamata stop motion (in italiano conosciuta anche con il termine di passo uno). Come in un film del 1953, IL RISVEGLIO DEL DINOSAURO di Eugène Lurié "il dinosauro in questione era un modellino alto meno di mezzo metro costruito su uno scheletro di acciaio mosso fotogramma per fotogramma. Ora poiché una pellicola scorre sulla macchina con la velocità di 24 fotogrammi al secondo, significa che per fare un secondo di movimento occorrono 24 piccoli movimenti. Questo modellino veniva fotografato di volta in volta, piccolo movimento per piccolo movimento, con un lavoro certosino che alla fine doveva dare l'idea della fluidità. Immaginate però quanto tempo era necessario per girare film con questa tecnica". Ma non bastava neppure perché se in una scena si vedeva il dinosauro muoversi sullo sfondo di una folla in movimento "era necessario girare due scene distinte, da una parte il movimento del dinosauro e dall'altra ciò che avveniva sullo sfondo. Dopodiché si fondevano insieme le due parti con un effetto che non era però mai perfetto - sfocato, mosso - ed era oltretutto lungo e costoso, in quanto praticamente si doveva girare due volte la stessa scena". Erano gli anni dell'"arte di arrangiarsi" in cui ci si industriava in tutte le maniere "oltre alla stop motion si sono utilizzati altri stratagemmi come ad esempio l'utilizzo di uomini veri camuffati dentro riproduzioni in lattice come nel caso di GODZILLA, oppure congegni meccanici radiocomandati che però erano necessariamente limitati nella gamma dei movimenti". Fino a quando ha fatto capolino, dapprima timidamente e poi sempre più massicciamente, il computer. E a proposito di questo forse non tutti sanno che "fu Stanley Kubrick uno dei primi ad utilizzare delle tecniche miste che coinvolgevano il computer. Per girare alcune scene di 2001 in cui un attore guarda lo spazio stellato da un oblò, invece di girare le due immagini separatamente - attore che guarda il fondo nero e immagine dello spazio stellato - e poi fonderle con il solito sistema, il regista, con un lavoro di pignoleria maniacale ha utilizzato un unico negativo in cui si andava ad oscurare direttamente le parti che in quella scena non dovevano comparire. Alla fine la sensazione era di una precisione quasi assoluta come se fossero state girate effettivamente insieme. Per ottenere la giusta precisione e il giusto raccordo egli si servi appunto già allora di un computer". Oggi invece del computer sembra che non si possa fare a meno "Tim Burton ad esempio voleva utilizzare la tecnica dello stop motion per far muovere gli alieni di MARS ATTACKS!, ma quando la produzione gli ha fatto vedere come si poteva realizzare i marziani in computer graphics in molto meno tempo, Burton ha dovuto arrendersi all'evidenza". In alcuni casi è stata utilizzata una tecnica mista. In pratica si utilizza un modellino solo per un fotogramma e tutti gli altri vengono elaborati e realizzati dal computer. Lo stesso avviene con la colorazione artificiale di pellicole girate in bianco e nero in cui basta colorare solamente un fotogramma, sarà poi il computer a colorare nel modo corretto tutti gli altri fotogrammi della scena. Per il Mongini si tratta di "un'operazione ingiusta soprattutto nei confronti degli autori che si vedono manipolare un'opera compiuta per motivi biecamente commerciali. Tranne qualche eccezione: il film del 1954 ASSALTO ALLA TERRA di Gordon Duglas, quello delle formiche giganti che seminano il terrore nel deserto del Nuovo Messico. Il regista a suo tempo avrebbe voluto girare il film a colori ma la produzione non acconsentì per questioni principalmente economiche. Oggi le nuove tecniche di colorazione computerizzata faranno di ASSALTO ALLA TERRA il film che il suo autore avrebbe voluto realizzare". |
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Loris SERAFINO
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