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![]() Non sazi delle due ore del suo intervento, siamo riusciti a strappare a Storaro un altro paio di considerazioni KMX: Lei non ama essere definito un "direttore della fotografia" bensì un "cinematografo". Ci spiega questa differenza? VITTORIO STORARO: Il termine adatto è cinematografia perché fotografia si riferisce ad una espressione creativa sull'immagine intesa come immagine singola. Anche se nel linguaggio comune si parla spesso di "direzione della fotografia", con riferimento al cinema questa terminologia andrebbe corretta. Colui che si occupa di cinematografia nella realizzazione di un film ha la responsabilità di un uso proprio e cosciente di come far vedere un immagine, di come illuminarla e colorarla affinché abbia un determinato effetto sullo spettatore. Non dimentichiamoci che luce e colore sono energia che sotto forma di radiazioni elettromagnetiche colpiscono la retina producendo tutta una serie di effetti, da quelli più elementari e fisiologici fino a quelli simbolici e addirittura psicanalitici. Ciò che ho cercato di fare nella mia attività e anche in questo volume di Scrivere con la Luce è proprio esplicitare questi effetti, capire come utilizzarli per pilotare le emozioni degli spettatori che si trovano di fronte ad una determinata immagine. KMX: Il suo progetto di costruire un dizionario visuale rappresenta una novità quasi assoluta nel suo genere. Non pensa che esista un notevole ritardo riguardo alla cultura dell'immagine, un oggetto poco studiato e poco conosciuto non solo dal pubblico in generale ma anche presso gli addetti ai lavori. VS: Quello che lei dice è vero. Vede, non è necessario che lo spettatore conosca questa grammatica delle immagini, l'importante è che riceva delle emozioni nel seguire un racconto visivo. Diverso è il caso di chi deve realizzare quel racconto visivo, lui questa grammatica la dovrebbe conoscere bene mentre molto spesso questo non accade. Molti di coloro che oggi fanno cinema o televisione non conoscono il linguaggio delle immagini, lo usano ma non in maniera cosciente e quindi molto spesso lo usano male. C'è anche un altro aspetto. Noi viviamo ancora in un mondo in cui predomina una cultura educativa di tipo letterario piuttosto che visivo. Gli stessi critici cinematografici nella maggioranza dei casi giudica un film in basa alla storia che racconta, senza entrare minimamente nel merito delle immagini, nella loro costruzione e significato. E questo accade proprio perché non posseggono una cultura dell'immagine mentre il cinema è anche, e in alcuni casi soprattutto, un racconto di immagini. In ogni epoca storica c'è stata una espressione creativa che è emersa, è prevalsa sulle altre: all'epoca dei greci era la filosofia e la scultura, nel Rinascimento era la pittura, nel settecento la musica, nell'ottocento la letteratura, il novecento è stato il secolo dell'immagine eppure l'immagine nella scuola e nelle strutture educative in genere è sempre stata messa in secondo piano. E questo si riflette in tutta una serie di cose. Pensiamo banalmente ad esempio alla pessima illuminazione dei supermercati con il loro sovraccarico luminoso, vero e proprio inquinamento visivo che è altrettanto fastidioso di quello uditivo o di quello dovuto al fumo di sigaretta. Oppure pensiamo a come sono illuminati male i musei, in cui molto spesso le statue o i quadri vengono disposti e illuminati senza alcun principio logico di base. KMX: In che direzione la tecnologia sta cambiando
e cambierà in futuro la cinematografia?
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Loris
SERAFINO |
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