SOLE NEGLI OCCHI
sceneggiatura di Andrea Porporati



1. IPERMERCATO. BANCO CASALINGHI. INTERNO NOTTE.
Un coltello da carne, affilato, appuntito, viene maneggiato con abilità per una dimostrazione da un venditore, al banco dei casalinghi.
Il venditore conficca senza sforzo apparente il coltello in un vecchio elenco del telefono. Poi taglia facilmente lo spessore delle pagine, con il filo arrotato come quello di un rasoio.

VENDITORE
Nuova offerta speciale: acciaio svedese in confezioni da tre, cinque, nove pezzi. Non perde il filo, non si spunta, non invecchia. Coltello per il pane, per la carne, per disossare, taglierina da salmone, da prosciutto...
Marco, mischiato agli avventori del mercato osserva la dimostrazione con aria assorta. Si fa avanti, tirando fuori il portafoglio. Indica il coltello che il venditore ha in mano.

MARCO
Quanto... quello?

VENDITORE
Non vendiamo a pezzo. Solo lo stock. Minimo, tre pezzi.

MARCO
Quanto?

VENDITORE
Tre pezzi... settantanovemila...
Marco porge le banconote al venditore.

2. PARCHEGGIO IPERMERCATO. ESTERNO NOTTE.
Le mani di Marco stracciano rabbiosamente la confezione del set di coltelli. Getta due dei coltelli in un cassonetto.
Tiene solo il coltello affilato usato per la dimostrazione e lo infila in una borsa sportiva.
Apre lo sportello di una macchina. Butta la borsa sul sedile accanto a quello del guidatore, dove già stanno le bottiglie di liquore.

3. AUTO MARCO. AUTOSTRADA. ESTERNO NOTTE.
L'auto con Marco alla guida corre lungo un'autostrada. La radio è accesa e manda musica a tutto volume. Ma lui non l'ascolta.
La borsa col coltello è sul sedile accanto.
Improvvisamente Marco si sente male, volta a destra, entrando in un'area di sosta.

4. AREA DI SOSTA. AUTOSTRADA. AUTO MARCO. NOTTE GIORNO.
Marco spalanca lo sportello dell'auto.
Si piega su se stesso cercando di vomitare sul selciato, ma non ci riesce. Ansima, piange, dolorosamente, cercando di trattenersi.

5. SPIAGGIA. ESTERNO GIORNO.
La spiaggia è invasa dagli ombrelloni, ma semideserta, perché è pomeriggio inoltrato. Il sole è basso sull'orizzonte.
Dalle pensioni che si affacciano sulla spiaggia giunge un lontano rumore di stoviglie, di bicchieri. Si prepara la cena.
Un uomo in costume da bagno, cammina sul bagnasciuga, fa una passeggiata. Muove un po' le labbra, come parlando tra sé.
Marco, di spalle, entra in campo.

MARCO
Papà.
L'uomo si volta a quel richiamo. Quando vede il giovane, appare sorpreso.

PADRE
Marco...
Sia il padre che il figlio sono imbarazzati. Con una certa goffaggine il padre bacia sulle guance il figlio, che lascia fare.

PADRE
Ma che... è successo qualcosa?

MARCO
No... Niente.

PADRE
Hai una faccia....

MARCO
Non ho dormito stanotte... Ho guidato.

PADRE
Sei qua in vacanza?

MARCO
Sì... e poi ti volevo parlare.
Il padre si rabbuia un po' a quell'annuncio.

PADRE
Ah...
C'è una pausa.

PADRE
E tua madre? Come sta?

MARCO
Bene. Lei ed Elena sono partite.

PADRE
Sì. Elena me l'aveva detto.

MARCO
Con lei ti senti ancora...

PADRE
(Quasi fosse una colpa)
Mica sempre...
Il padre non sa che dire: guarda il mare, sembra indeciso.

PADRE
Ti va di fare il bagno? (Lo squadra, poi abbassa gli occhi, come se non ne avesse il diritto) Sei sudato... Fa un caldo...
Marco lo fissa, con disappunto, ma annuisce.

MARCO
Sì...

PADRE
Torniamo al mio ombrellone...

MARCO
No... Facciamolo qua...

PADRE
Perché?

MARCO
Là, c'è tutta quella gente che ci conosce.
Il padre guarda il figlio con un sorriso un po' amaro.

PADRE
Che, ti vergogni di farti vedere con me?

MARCO
No... ma non mi va di dovermi mettere a parlare...
Il padre non replica, si limita a fissarlo.
Marco entra con i piedi nell'acqua, per cambiare argomento.

MARCO
Senti, se ti va di fare questo bagno, facciamolo.

6. MARE. ESTERNO SERA.
Marco e suo padre sono immersi nell'acqua fino alla cintola. Il padre guarda la spiaggia.

PADRE
Quest'anno sono tornati i tedeschi.
Riportando lo sguardo su Marco, il padre si accorge che il figlio è pallidissimo. Ha la fronte imperlata di sudore gelido.

PADRE
Ma tu stai male...

MARCO
Niente... E' da ieri...
Il padre gli tocca la fronte.

PADRE
Mi sa che hai la febbre. Vieni fuori... Andiamo a casa.
Marco non si oppone. I due si avviano verso la riva, nell'acqua.

PADRE
Ma sei matto a fare il bagno con la febbre? Perché non m'hai detto niente?
Marco non dice nulla. Fissa la spiaggia come se gli mancassero le forze per arrivarci.

7. CONDOMINIO PADRE. CORTILE E AUTO MARCO. INTERNO ESTERNO GIORNO.
L'auto di Marco con il padre, che è seduto alla guida, varca il cancello di un grande condominio di quelli costruiti apposta per essere divisi in mini appartamenti adatti alle vacanze estive.
Il padre fa per parcheggiare nel cortile, ma il figlio lo ferma.

MARCO
Mettila in garage... Così poi entriamo direttamente con l'ascensore.

PADRE
(Stupito)
Perchè?
Marco si guarda intorno, quasi a controllare che davvero nessuno li stia guardando.

MARCO
... Non mi va di lasciare la macchina al sole.
Il padre imbocca la discesa che porta ai garage.

8. CONDOMINIO PADRE. GARAGE. INTERNO GIORNO.
Il padre di Marco tira giù la serranda metallica che chiude il suo box. I due si avviano nel garage condominiale, deserto, verso la porta metallica dell'ascensore.

PADRE
Da quanto te la sei fatta questa macchina? Usata?
Marco lo guarda, stordito, come se non lo sentisse.

MARCO
Sì... usata....

PADRE
Potresti lavarla qualche volta…
Entrano nel vano ascensore.
Marco ha la borsa con sè.

9. APPARTAMENTO PADRE. COMPLESSO. INTERNO GIORNO E NOTTE.
Marco ed il padre entrano nel soggiorno di un piccolo appartamento. Il padre precede il figlio. Il padre coglie l'occhiata che Marco sta lanciando alle pareti del soggiorno. La carta da parati è stata parzialmete strappata ed è stata comincata l'opera di verniciatura. C'è una scala, attrezzi da pittore, i mobili sono cperti da teli di protezione.

PADRE
Sto dando un'imbiancata… Faccio da me… Lo sai che mi piace lavorare con le mani…
Maco non risponde. Il padre va verso le finestre, che hanno le serrande abbassate, per difendere l'interno dal caldo.

PADRE
Aspetta, che faccio entrare un po' d'aria.
Il padre afferra la cinghia che tira su la saracinesca, ma Marco lo ferma.

MARCO
No...
Il padre lo guarda stupito.

MARCO
... La luce mi dà fastidio...
Il padre lo fissa con aria di disapprovazione.

PADRE
Ma come hai fatto a ridurti così? Dai, vieni... Posa quella borsa...
Marco esita, poi posa la borsa, con riluttanza, vicino all'ingresso.

PADRE
Mettiti qua, sul divano... Ti prendo il termometro.
Marco si siede sul divano.
Il padre apre un cassetto del cucinotto annesso al soggiorno e torna con un termometro.

MARCO
Ma no... non c'è bisogno.

PADRE
Da' retta...
Marco prende il termometro e se lo mette sotto al braccio. Poi però gli sembra una cosa insopportabile e lo restituisce al padre.

MARCO
Lascia stare.
Il padre lo guarda poco soddisfatto.

PADRE
Solo tu potevi prenderti l'influenza d'estate.
Marco guarda il padre, il soggiorno, la borsa posata nell'ingresso, vicino alla porta.
Si sdraia sul divano e chiude gli occhi.

PADRE
Vuoi un'aspirina? Te la prendo.

MARCO
Non voglio niente.
Il padre si siede su una poltroncina di vimini a pochi passi dal divano e guarda il figlio.

PADRE
...L'università?
Marco fa un gesto come a dire: "non vale la pena nemmeno di parlarne".

PADRE
E il lavoro? Fai sempre quelle cose... là nei cantieri?... Che bisogno hai di spaccarti la schiena per due lire? Non ti va l'università, va bene... ma si poteva trovare di meglio... Io potevo...
Marco lo guarda. Ha gli occhi lucidi. Ha un brivido di freddo.

MARCO
Non è che hai qualcosa... una coperta?

PADRE
Ma se saranno trentacinque gradi... forse quaranta.
Il padre si alza e va a prendere la coperta in camera da letto. Torna e la dà al figlio, che si copre, quasi con avidità.

PADRE
Senti... io ti porto all'ospedale.

MARCO
No...adesso sto meglio...

PADRE
Prendi almeno un'aspirina...
Va a frugare in un barattolo su una mensola della cucina. Trova un vecchio blister di stagnola con qualche pillola e lo reca, con un bicchiere d'acqua, al figlio.

PADRE
Mi sa che è scaduta... ma un po' d'effetto lo deve fare ancora…. Non è che farà male?
Marco prende l'aspirina e beve.

MARCO
(Riprendendo, in tono mutato, frettoloso e ostile)
Senti... io... devo ripartire.

PADRE
(Adeguandosi al tono del figlio)
Ma se stai male... Hai una faccia...

MARCO
Prima di partire, ti devo parlare...

PADRE
Tanto lo so già di che mi devi parlare.

MARCO
Se lo sai già, è inutile che te ne parlo.

PADRE
No, dì, dì...: E' per la vendita della casa?

MARCO
Senti...

PADRE
T'ha mandato Giovanna?

MARCO
No, sono venuto io...

PADRE
Lo vedi che anche lei è d'accordo con me? E comunque queste cose le risolve l'avvocato.

MARCO
L'avvocato!

PADRE
Gli avvocati servono per questo.

MARCO
Guarda che noi non vogliamo niente per noi. Non sto qua per me e neanche per Elena, sto qua....

PADRE
(Interrompendolo, brusco)
... Ho già parlato con l'agenzia immobiliare... Ho già dato la delega. Non mi posso tirare indietro, anche volendo....

MARCO
... sto qua per chiederti se ci hai ripensato.
C'è una pausa. Il padre cerca le parole, cerca di dominare la rabbia che l'atteggiamento del figlio gli ispira.

PADRE
Tu la sai com'è la mia attività... Ho aspettato... ma ho bisogno di quei soldi... Eravamo d'accordo a vendere la casa, fin dall'inizio eravamo d'accordo tutti e due con la mamma....
Marco è impacciato, la confusione e la collera, il timore reverenziale che ancora prova nel doversi confrontare con il padre lo rendono quasi incapace di mettere le parole una in fila all'altra.

MARCO
Tu te la giri come ti pare.

PADRE
Non è vero... Non c'è nessun male... perché devi sempre mettere le cose così... come se ci fosse il male.

MARCO
No... non è male... levare la casa a lei e anche a noi.

PADRE
(Esasperato)
Ma che levare la casa! Andiamo... Ci ho sempre pensato a voi...
Il padre si controlla a fatica.

PADRE
(Tagliando corto, senza più rabbia)
Io ho dei debiti, Marco... E comunque non mi devo giustificare. Se hai ragione tu, spiegami... ti dò ragione... spiegami.

MARCO
(Trovando a fatica le parole)
Lo sai benissimo... non è una cosa giusta... umanamente...

PADRE
Ma che umanamente... Tu ti inventi le cose, Marco... le metti come ti fa comodo.

MARCO
(Sempre articolando confusamente)
Senti, basta... Rispondi e basta. E' una cosa giusta?
Il padre lo guarda, esita un po'.

PADRE
Secondo me non è giusto che vieni qua a farmi il processo.

MARCO
Vabbè, ho capito. Basta...

PADRE
...No, non è giusto. Se ci pensi, te ne rendi conto anche tu. Se vuoi te lo spiego. Ho i fornitori da... Lo capisci questo?
Marco sorride sarcasticamente.

MARCO
E' inutile...

PADRE
No che non è inutile...

MARCO
(Secco)
E' inutile.
Si alza in piedi. Il padre tace, guardandolo. Marco guarda una fotografia del padre con una donna, in costume da bagno sulla credenza. La prende sempre con il sorriso sarcastico di prima.

MARCO
E quella là dove sta?....

PADRE
(Seccamente)
Quella chi?!

MARCO
Maura, si chiama, no?

PADRE
... Adesso non c'è. La settimana di ferragosto la passa sempre con i suoi figli.
Marco non dice niente.
Il padre guarda il figlio un po' incerto se tentare di avviare un discorso che, evidentemente, gli sta a cuore.

PADRE
(Tentando di essere conciliante)
Peccato che non c'è... Così vi conoscevate, finalmente.
A Marco scappa un sorriso amaro.

MARCO
Se sapevo che c'era, non venivo.

PADRE
Ce l'hai anche con lei?

MARCO
No.

PADRE
Credi che m'è convenuto? Guarda che da tutti i punti di vista stavo meglio prima: per la gente, per il lavoro... per voi...

MARCO
Papà, basta.

PADRE
Nove su dieci capiterà pure a te, magari.

MARCO
A me no.

PADRE
Adesso dici così. La vita non si può stabilire da prima.
Marco fa un gesto di insofferenza. Il padre cerca di spiegarsi, di stabilire un contatto.

PADRE
Lo sai che... all'inizio nemmeno mi piaceva... Non l'avevo nemmeno notata... Voglio dire... era una come tutti per me... Poi è stato quel modo che ha di camminare... che zoppica un po'... Mi sono immaginato che, che ne so... che era una persona che magari aveva sofferto...
Mentre l'altro parla, Marco distoglie con rabbia lo sguardo, spostandolo sulla borsa, a terra, nell'ingresso. Poi sposta lo sguardo dalla borsa al viso del padre, che, mentre fa quelle confidenze, è serio, accalorato, sincero. Cosa che urta il figlio ancora di più.

PADRE
...Sai come succede che ti accorgi di una persona all'improvviso... che ti innamori...

MARCO
(Con sarcasmo)
Tu sei innamorato?
Il padre arrossisce per il tono offensivo, pieno di astio del figlio.

PADRE
Mi devo vergognare? Se mi devo vergognare dimmelo...
C'è una pausa. Poi il padre, continua, con tono un po' incerto, consapevole della gravità dell'argomento che sta per affrontare:

PADRE
Sono cose che capitano... e bisogna lasciarsele capitare... Non si può... controllare tutto...
Il padre si sforza sinceramente di spiegare.

PADRE
(Non trovando le parole, ripete la frase che secondo lui spiega tutto.)
Uno la vita non la può stabilire da prima... Non è nemmeno sano...
C'è una pausa...

PADRE
Anche tu... voglio dire... non hai trovato nessuno...?
Marco torna a guardarlo, senza dire niente. Il padre riprende. Si capisce che esita ad affrontare un argomento doloroso e irrisolto.

PADRE
Noi non ne abbiamo parlato da tanto tempo... Non ne hai mai voluto parlare... Hai capito di cosa?
Il padre lancia un'occhiata al figlio, che continua a tacere, fissandolo.

PADRE
...di quel pomeriggio... di quando eri ragazzino...
A quell'accenno il figlio si volta dall'altra arte e chiude gli occhi.
C'è una pausa di tensione. Il padre, deciso ad andare avanti, con uno sforzo, riprende:

PADRE
...Io ti capisco... capisco che è brutto anche da ricordare, ma... forse... è passato abbastanza tempo.

MARCO
(Con grande fatica, tormento)
Papà...

PADRE
(Affrettandosi a spiegare)
Non ti preoccupare...: non lo sa nessuno... non l'ho mai raccontato a nessuno...

MARCO
(In tono minaccioso)
Papà...

PADRE
...Però ci ho pensato... non credere che non ci ho pensato... tante volte...

MARCO
(Con astio)
Molto comodo...
Il padre resta male per il tono pieno di ostilità del figlio.

PADRE
Ma cosa credi? Quando è successo... lì per lì... Pure io... capisci che io... Non sapevo cosa fare... Sono cose che... La prima reazione… è più forte di te… Ma poi... (Con tono più deciso) Il tuo dottore... quello là... insomma ne avete parlato...
Marco non risponde.

PADRE
Lui ti ha aiutato.. Anch'io ho sempre cercato... a modo mio...
Marco ride acremente, come se quella del padre fosse una colossale menzogna.

MARCO
(Sarcastico)
A modo tuo...

PADRE
E certo... tutte le colpe sono mie.

MARCO
Ma sta zitto, papà!

PADRE
(Scattando)
No, non sto zitto...
C'è un silenzio, dopo che il padre ha alzato la voce. Dopo una pausa il padre riprende, faticosamente.

PADRE
(Esasperato)
Lo sai che ti devo dire una cosa che non ti sogni?... La vuoi sentire?
Marco lo fissa, silenzioso, gli occhi accesi.

PADRE
Per me quella cosa che è successa quel pomeriggio... non è nemmeno un problema... Non è un problema da rovinarsi la vita almeno... Questo lo sai? Tu credi che.. che... che... che sono un... una carogna... Non hai capito proprio niente di me...

MARCO
(A bassa voce)
Io ho capito tutto.

PADRE
Sei tu che giudichi...

MARCO
Sì, io ti giudico...

PADRE
(Continuando)
E ti devo dire che era meglio se ci facevamo i conti, con quella cosa... Che poteva servirti anche... anche per crescere...
Marco esplode.

MARCO
(Gridando)
Basta!!!! Smettila!!!! Basta!!!
Il padre ammutolisce. C'è una lunga pausa. Quando riprende, il momento di sincerità è irrimediabilmente consumato.
Dopo una pausa il padre si asciuga la fronte.

PADRE
Come ti senti adesso? Ancora febbre?
Marco non risponde.
Il padre si alza.

PADRE
Senti... Ti va se ti preparo qualcosa per cena? O, se ti va, possiamo andare fuori.
Marco lo fissa senza rispondergli. Il padre perde la pazienza.

PADRE
(Brusco)
Pensaci un po' e poi me lo fai sapere. Io mi vado a fare una doccia... (Poi, conciliante) Poi magari ci mangiamo una cosa... così parliamo più distesi... A me... fa piacere che sei venuto... Andiamo a mangiare il pesce, ti va?
Marco annuisce appena, senza guardarlo.
Il padre va a chiudersi nel bagno. Marco si volta sul divano. Guarda la borsa a terra nell'ingresso.
Dopo una pausa, si alza in piedi. Va davanti alla porta del bagno e, dopo un'esitazione, posa l'orecchio sul battente di legno.
Da dentro viene il rumore di acqua che scorre.
Si scosta e torna nel soggiorno, sempre evitando la borsa. Tira giù le serrande completamente, in modo che nessuno da fuori possa vedere quel che succede all'interno.
Prende la borsa, la posa sul tavolo, la apre. Dentro c'è il coltello.
Marco lo impugna. Lo tiene senza enfasi, quasi se ne vergognasse, si sentisse inappropriato con quell'arma in mano.
Torna davanti alla porta del bagno e rimane qualche istante così, paralizzato. Poi chiama:

MARCO
Papà...
Ma la voce è poco più che un sussurro. Il padre non può averlo sentito. Marco raccoglie le forze e chiama, a voce più alta:

MARCO
Papà...
Lo scroscio dell'acqua si interrompe.

MARCO
Papà....

PADRE (F.C.)
Che c'è?
La chiave gira nella serratura e la porta si apre. Il padre compare sulla soglia.
Indossa solo i boxer, è a torso nudo. Guarda il figlio, preoccupato, senza accorgersi del coltello, che Marco tiene basso, lungo il fianco.

PADRE
Ti senti male?
Marco apre la bocca per rispondere, ma le parole gli muoiono in gola. Le sue labbra si tendono in un sorriso stralunato, quasi mesto.
Il padre lo fissa, corrugando le sopracciglia. Si accorge finalmente del coltello.

PADRE
(Sgomento)
Ma che c'è?
Marco solleva il coltello e lo abbatte sul padre, goffamente, anche perché il padre lo intralcia: si volta, istintivamente, sollevando il braccio a proteggersi.
Il colpo ferisce il padre alla spalla.
Il sangue sgorga, segnando la carne nuda. Il padre geme penosamente, ma più di sorpresa, che di dolore.
Marco colpisce di nuovo, alla schiena, ma sempre senza riuscire a ferire in profondità.
Il padre, con un gemito, spinge violentemente il figlio lontano da sé.
Marco va a sbattere sulla parete.
Il padre fugge verso la parte opposta del soggiorno.
Per un istante, i due si fronteggiano, a qualche metro di distanza l'uno dall'altro, allucinati, incapaci di proferire parola.
Il padre sposta lo sguardo verso la porta, come cercando una via di fuga. Ma il figlio è proprio in mezzo, gli sbarra la strada.
Improvvisamente, il padre si volta di scatto verso la finestra, che gli sta alle spalle, e si attacca alla cinghia della saracinesca, cercando di sollevarla, per chiamare aiuto. Ma dalle labbra gli esce solo un suono inarticolato, sufficiente però a scuotere Marco dalla sua paralisi. Si getta sul padre, colpendo con il coltello la mano che tiene la cinghia del montante.
Il padre grida di dolore e lascia la presa. Si divincola e cerca di correre verso la porta. Il figlio lo afferra con la mano libera e lo colpisce ancora con l'altra.
I due corpi sbattono qua e là nel soggiorno, goffamente, sgraziatamente, urtando nei mobili, rovesciando sedie, inciampando. E' una lotta bestiale, inumana, sporca.
Poi il padre si disimpegna. Sanguina parecchio, ora.
Solleva le braccia per tenere lontano il figlio.
Il figlio riprende fiato e gli si butta contro di nuovo.
Per evitarlo, il padre arretra, inciampa, cade a terra.
Marco si china e sferra un colpo deciso, dall'alto verso il basso. Stavolta il coltello penetra con estrema facilità nel fianco indifeso del padre. Vi rimane conficcato. Il corpo ha un sussulto.
Sconvolto, Marco lascia l'impugnatura.
Il padre geme penosamente, cercando di raggiungere con la mano l'impugnatura del coltello, per strapparselo via.
Si alza, a fatica, prima su un ginocchio, poi su entrambi.
Marco guarda il padre, in ginocchio davanti a lui, senza riuscire più a muovere un muscolo.
Il padre piange per il dolore. Lancia un'occhiata al figlio, quasi a chiedere permesso, poi si alza in piedi a fatica.
Visto che il figlio non si oppone, corre in bagno, chiudendo la porta a chiave dietro di sé.
Marco non si muove per impedirlo.
E' solo, nella stanza devastata.
E' fradicio di sudore. Si pulisce gli occhi col dorso del braccio
Si siede sul divano. Chiude gli occhi, esausto.
Ma subito si alza di nuovo. Torna davanti alla porta del bagno.

MARCO
Papà...
Da dentro non viene alcuna risposta. Solo, di nuovo, il rumore di acqua corrente: il rubinetto della vasca aperto.
Marco sosta un po', poi si allontana. E' confuso. Non sa che fare.
Da fuori, comincia a venire il suono di una musica amplificata da un altoparlante. E' un motivo che suggerisce oriente e mistero.
Marco reagisce come un animale selvatico sorpreso di notte da una luce. Fissa la finestra, paralizzato.

VOCE ESTERNO (F.C.)
Cari bambini, la sera di oggi è dedicata a voi. La direzione dell'hotel è lieta di presentarvi uno spettacolo di trucchi e di magia...
Marco si avvicina alla finestra e solleva un asticella della saracinesca per guardare cosa avviene fuori.
Nel cortile dell'hotel di fronte è stata allestita una piccola pedana, su cui campeggiano gli attrezzi di un prestigiatore: cubi colorati e dipinti con simboli esoterici, una gabbia, un tavolino.
Un uomo sta parlando al microfono, presentando lo spettacolo. I clienti dell'hotel e una doppia schiera di bambini seduti a terra, stanno davanti al palco a guardare.

VOCE
Ecco a voi... il mago Cilindro e la sua assistente Bacchetta.
Un uomo in frac e cappello a cilindro sale sulla pedana, seguito da una donna non più giovanissima in un costume provocante e volgare. Una musica enigmatica accompagna l'ingresso in scena del mago.
Marco ha un brivido che lo scuote tutto.
Si allontana dalla finestra, tornando a guardare l'appartamento immerso nel caos.
Continua il sottofondo dello spettacolo di magia, su tutta la scena:

MAGO (F.C.)
Signori e signori, cari bambini... potrei stupirvi con i soliti trucchi... conigli e colombe... Ma posso fare molto di più... Grazie al potere dei miei occhi magnetici posso esaudire il vostro desiderio più grande. Ma mi serve un volontario... Chi vuole venire? Lei... Sì, lei...
Marco va nella stanza da letto del padre.
Qui esita un istante, poi va a tirare giù la saracinesca, per nascondere l'interno della camera dall'esterno.
Apre i cassetti del comò. Ne rovescia il contenuto a terra. Non trova niente altro che vestiti e biancheria. Apre l'armadio: anche lì, la stessa cosa.

MAGO (F.C.)
Come si chiama, giovane signore?

VOCE BAMBINO (F.C.)
Robi…
Apre il cassetto del comodino. Dentro c'è un pacchetto di preservativi. Accanto una vecchia fede matrimoniale.
Marco ignora i preservativi, prende la fede, la guarda, se la mette in tasca
Poi sfila il cassetto dalla sua guida e ne rovescia il contenuto a terra.

MAGO (F.C.)
Qual'è il tuo più grande desiderio, Rbi?

VOCE BAMBINO (F.C.)
(Dopo una pausa)
Vorrei volare....
Passa dall'altra parte. Nel secondo comodino trova il portafoglio del padre. Dentro c'è qualche banconota da cinquantamila e delle carte di credito.
Marco mette in tasca anche il portafoglio.

MAGO (F.C.)
Non è difficile, ma si può fare…
Marco torna verso il corridoio e si ferma da capo davanti al bagno.

MARCO
Papà... Papà... Aprimi...
Da dentro, nessuna risposta.
Continua lo spettacolo del mago.

MAGO (F.C.)
Ora, Robi, guardami negli occhi e non pensare a niente! Guardami! Guardami! Guardami!
Marco va in cucina, prende una sedia e ci monta sopra. In cima allo scaffale più in alto c'è una scatola degli attrezzi.
Marco la prende e torna davanti alla porta del bagno.

MAGO (F.C)
Conterò fino a cinque. Al cinque tu volerai. Uno, due, tre, quattro, cinque!
Con un cacciavite, Marco comincia a smontare la serratura. Ma non riesce a coordinare i movimenti: la punta del cacciavite esce più volte dalla scanalatura della testa della vite.

MAGO (F.C.)
Stai volando... alto nel cielo... Senti il vento sulla faccia, tra i capelli? No, non guardare in basso, ti potrebbero venire le vertigini... Attento, una nuvola... E' bello, vero?

APPLAUSI
Marco si asciuga il sudore. E' stravolto, la febbre lo divora.
Finalmente la serratura viene via. Marco esita.

MARCO
Papà...
Non ricevendo risposta, spinge con cautela il battente che si apre. Il bagno si rivela ai suoi occhi.
Il padre è nella vasca. Il rubinetto è aperto e rovescia acqua sul corpo disteso Così, sembra quasi che non sanguini. E' quasi lo avesse aperto per nascondere il sangue, per pudore, quasi si vergognasse delle sue ferite.
Marco si avvicina al padre.
Gli sta davanti. Il padre lo guarda, senza dire nulla. I suoi occhi sono aperti, neri e lo guardano, pieni di sgomento, ma anche di una dignità inesplicabile. C'è una calma terribile nel bagno, sottolineata dallo scorrere dell'acqua, dalla luce degli occhi del moribondo. E' come se la vita del padre scivolasse via assieme all'acqua.
Marco trema, percorso da un brivido irrefrenabile. Ma non riesce a staccarsi, ad allontanarsi.
Il padre sta morendo. La luce nei suoi occhi si spegne.
E' morto.
Marco, ansimando, sconvolto, fa per uscire dal bagno, fugge. Scivola sulle piastrelle bagnate ed evita di cadere per miracolo.
Sta continuando lo spettacolo del prestigiatore.

MAGO (F.C.)
Ora mi serve un altro volontario del pubblico... Qualcun altro che voglia volare? Oppure nuotare sul fondo del mare? O trasformarsi in un leone? Avanti, è un'occasione che non torna.

(APPLAUSI D'INCORAGGIAMENTO)
Forza... Oh, finalmente un coraggioso... Come ti chiami?

VOCE DI BAMBINO (F.C.)
Luca...

MAGO (F.C.)
Qual'è il tuo più grande desiderio?

LUCA (F.C.)
Vorrei segnare alla finale dei mondiali di calcio.

APPLAUSI
MAGO (F.C.)
Vedrò che cosa posso fare!
Marco prende un secchio della spazzatura, in cucina e ci getta dentro il coltello, il bicchiere che ha toccato, il pacchetto di aspirine, il termometro... Gira più volte per la stanza, cercando di raccogliere ogni segno della sua presenza nell'appartamento, ogni cosa che ha toccato.

MAGO (F.C.)
Guardami! Guardami! Guardami!
Ma in breve si arresta. Non ce la fa più a continuare. Si siede sul divano. Trova il termometro accanto alla sua mano, sul cuscino del divano. Con un gesto assurdamente quotidiano, mette il termometro sotto l'ascella e si appoggia allo schienale.

MAGO (F.C.)
E' il novantesimo minuto... Ti hanno passato la palla. Sei solo davanti alla porta... L'intero stadio è in piedi e urla il tuo nome. Centomila persone gridano: Luca, Luca, Luca!

PUBBLICO DELLA PENSIONE
(In coro)
Luca! Luca! Luca!
Marco chiude gli occhi.

STACCO
Notte.
Suona il telefono.
Marco apre gli occhi. Ma non si muove, fino a che il telefono non cessa di squillare. Fuori è buio ormai. Cerca di mettere a fuoco dove si trova. Poi se ne rende conto e una smorfia di orrore si dipinge sul suo viso.
Si alza, barcollando. Nel farlo il termometro dimenticato cade a terra. Marco lo raccoglie e legge la cifra che segna: 39. Un sorriso stralunato si dipinge sulle labbra del giovane. Getta il termometro nella borsa di plastica, assieme al resto.
Il telefono squilla di nuovo. Marco lo guarda, quasi facendo forza a se stesso, per non rispondere.
Guarda verso il bagno, ma non osa avvicinarsi. Si volta verso la finestra chiusa che dà sull'esterno.
Guarda fuori, attraverso la fessura tra due assicelle.
Lo spettacolo è finito, ma la pensione davanti al condominio è ancora affollata. La gente prende il fresco, seduta a tavolini sulla veranda.
Marco non può uscire e passare là davanti senza essere notato. Guarda l'orologio: è mezzanotte.
Si allontana dalla finestra. Si ferma. Si accorge che ha i vestiti tutti insanguinati.
Torna verso il bagno, ma non ce la fa ad entrare. Va invece in cucina e febbrilmente, apre il rubinetto del lavabo. Si rovescia acqua addosso, strofina la stoffa dei vestiti, nel maldestro tentativo di far sparire il sangue. Non ci riesce.
Si dirige, verso una camera dove finora non è voluto entrare, accanto a quella del padre.
C'è un letto a castello e poster da ragazzi alle pareti. Sul comodino: una fotografia di due bambini: un maschio e una femmina, lo stesso Marco e sua sorella Elena. E' la loro stanza delle vacanze, rimasta così come la vede ora, da quando erano ragazzini.
Marco guarda turbato la fotografia ed altri oggetti che evochino ricordi. Apre l'armadio. Dentro ci sono dei vecchi vestiti, suoi e di sua sorella.
Indossa una maglietta Fruit of the Loom e dei jeans ormai troppo stretti.
Sul piano derll'armadio, tra i vestiti, dimenticato sta un vecchio mangianastri, con una cassetta inserita. Marco lo guarda e d'impulso schiaccia il tasto play.
Nella stanza esplode, assurdamente vitale, assurdamente allegra, una vecchia canzone di disco music "I will survive" di Gloria Gaynor, portandosi dietro l'eco di un'adolescenza perduta.
Marco si guarda nello specchio incastonato nell'anta dell'armadio, mentre la musica suona. Nella cornice dello specchio è inserita una fotografia di Marco giovanissimo, con quegli stessi abiti indosso, allegro, sorridente.
Marco guarda quell'immagine di se stesso adolescente, così simile e così diversa, con quella musica che lo riporta indietro, confrontandola con l'immagine del giovane adulto nello specchio... gli stessi abiti, ma un volto così diverso, quasi il destino gli avesse giocato uno scherzo alla Dorian Gray.
Il suo volto distrutto sembra appeso su un corpo non suo, vestito con quegli abiti da giovane in vacanza.
Un pianto nervoso, secco, ansimante si impadronisce di lui. Marco cerca di calmarlo a forza, rabbiosamentte.
Spegne di rabbia il registratore, chiude di schianto l'anta dell'armadio, nascondendo la foto. Torna il silenzio. Si pulisce le lacrime con l'avambraccio, respira forte, singhiozzando e cercando di non farlo.
Suona il telefono, per la terza volta.
Marco trema violentemente. Si rannicchia sul letto a castello, coprendosi le orecchie col cuscino per non sentire.
Si tira le coperte addosso e chiude gli occhi.

STACCO
Giorno.
Qualcosa fa aprire gli occhi a Marco. Una luce negli occhi, fastidiosa. Quasi una mano bianca di sole brillante che balla sul suo viso.
Marco si alza a sedere. La macchia di luce lo segue.
Con orrore, si rende conto che fuori è giorno. La saracinesca della finestra di quella stanza è rimasta aperta. Non se n'è accorto, perché quando ci è entrato era notte.
Attraverso la finestra, Marco vede due bambini, che si sporgono a guardarlo da una finestra dirimpetto alla sua, nell'edificio attiguo.
Sono un maschio ed una femmina. Giocano. Il maschio ha in mano uno specchio e manda la luce in faccia a Marco. La ragazzina cerca di togliere lo specchio al fratello, con grida eccitate e gioiose.
Marco attonito, arretra fuori dalla stanza, fuori dalla vista dei due bambini, dove la luce riflessa non può più raggiungerlo.
Rimane impietrito, contro il muro del corridoio. Di fronte c'è la porta del bagno aperta, la luce elettrica ancora accesa ed il padre, nella vasca.
Marco si porta le mani alla testa, in un gesto di disperazione, di annientamento.
Poi comincia a muoversi freneticamente, in una fuga inconsulta.
Raccoglie la sacca di plastica con il coltello e le altre tracce. La caccia nella borsa sportiva con cui è arrivato.
Si accosta alla porta d'ingresso, ansimando e si china a guardare dallo spioncino, se non ci sia nessuno sul pianerottolo. E' deserto.
Marco apre la porta ed esce precipitosamente.

10. STRADA CONDOMINIO PADRE. AUTO MARCO. INTERNO ESTERNO GIORNO.
Marco, con la macchina, risale la rampa d'accesso al garage ed esce sulla strada. Per fortuna a quell'ora è deserta, sono tutti al mare.
Ma, passando accanto al condominio, una luce colpisce di nuovo il parabrezza della sua macchina e danza, cercando il suo viso.
I due bambini sono ancora sul terrazzino e lo salutano con la mano, mentre fugge via, accelerando.

11. PROVINCIALE. AUTO MARCO. INTERNO ESTERNO GIORNO.
Marco, sconvolto, febbricitante, guida sulla provinciale. La borsa è accanto a lui, sul sedile del passeggero.
Guarda un gruppo di gente che torna dalla spiaggia, in costume, con gli asciugamani. La loro spensieratezza contrasta con la disperazione di Marco.

12. STRADA INTASATA. AUTO MARCO. INTERNO ESTERNO GIORNO.
La macchina di Marco è bloccata in un ingorgo.
Il caldo è insopportabile. Le altre auto cominciano a suonare i clacson.
Da lontano viene il suono di una sirena.
Marco guarda nello specchietto posteriore.
Dal fondo della fila si fa largo verso di lui una macchina della polizia.
Le altre macchine continuano a suonare i clacson. I turisti sciamano dalla spiaggia verso le pensioni. C'è un caos insopportabile.
La macchina della polizia è molto vicina.
Marco non regge. Vede un varco tra le macchine parcheggiate. Vi infila la macchina di muso, fermandosi di colpo.
Spegne il motore e scende dalla macchina, prendendo la borsa con sé.
Cammina veloce, stringendosi la borsa al petto, allontanandosi, svoltando in un vicolo che porta al lungomare.
La macchina della polizia lo segue, voltando nella sua stessa direzione, intralciata dall'ingorgo.

13. LUNGOMARE. ESTERNO GIORNO.
Marco sbuca sul lungomare, attraversa la strada e scende precipitosamente in spiaggia, attraverso una delle scalette che vi conducono.
La macchina della polizia si affaccia sul lungomare.

14. SPIAGGIA. ESTERNO GIORNO.
Marco cammina veloce sulla pedana di cemento, che porta verso il mare, tra gli ombrelloni. E' strano con la sua borsa al petto, vestito, tra i bagnanti seminudi.
Il rumore della sirena della polizia, che ora si muove sul lungomare, continua a tormentarlo.
Il giovane incespica e cade in ginocchio.
Resta così per qualche istante, sofferente.
Un bagnino si avvicina per aiutarlo.
Prima che quello lo raggiunga, Marco si rialza e va via.
La sirena della polizia si allontana e sparisce.

15. SPIAGGIA E ALTALENA. ESTERNO GIORNO.
Marco sta seduto su un pattino tirato in secco, sempre con la borsa a fianco. E' esausto, pallidissimo. La borsa è accanto a lui.
Guarda con invidia un ragazzino che fa su e giù su un altalena, nell'acqua.

16. LUNGOMARE. ESTERNO GIORNO.
Marco cammina lentamente, quasi trascinandosi, sul lungomare.
Non riesce a trovare la sua macchina. Si ferma a chiedere a un uomo che passa.

MARCO
Sto cercando la mia macchina... Non mi ricordo più dove l'ho parcheggiata...
L'uomo lo guarda un po' stranamente.

MARCO
(Tentando di spiegare)
C'era un semaforo... le macchine non passavano. Un ingorgo... in una di queste vie.

UOMO
Qua c'è sempre coda a quest'ora... Forse è quella... la strada che viene dalla provinciale... C'è una strozzatura...
Indica una via più avanti, che si affaccia sul lungomare. Marco la guarda, ma non è quella che si ricorda.
Scuote il capo. Ma ringrazia con un gesto e riprende a camminare. L'uomo riprende la sua strada, dopo avergli lanciato un'altra occhiata perplessa.
Marco si ferma di nuovo, guarda la lunga teoria di macchine parcheggiate, in tutte le direzioni. Sembra che ce ne siano centinaia, migliaia.
Si asciuga il sudore ghiacciato con la manica dalla fronte.
Posa la borsa a terra. Non riesce più a portarla.
Ha un giramento di testa e si deve appoggiare ad una macchina per non cadere.
Si trova davanti l'insegna di una pensione, tra le tante.
Si ferma un istante a guardare l'edificio, che termina in una veranda, dove sono seduti dei villeggianti che giocano a carte o prendono il fresco.
Marco riprende la borsa ed entra nella pensione.

17. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO GIORNO NOTTE.
Il gestore della pensione apre la porta di una camera a Marco e gli fa strada. La stanza da letto è piccolissima, spartana. Ha una porta-finestra che dà su un minuscolo terrazzino, in comune con la stanza attigua.

GESTORE
Ecco... qua c'è il bagno...
Il gestore apre una porta e accende la luce del bagno.
Marco si siede sul letto. Guarda il gestore, con gli occhi iniettati di sangue.

GESTORE
Se sta male, le posso chiamare il medico...

MARCO
Voglio solo dormire fino a domattina.
Nel dirlo involontariamente la sua voce assume una enfasi, prende un tono disperato, che fa capire quanto lo desideri.

MARCO
E' solo influenza. Può non fare entrare nessuno? Nemmeno per le pulizie? Solo fino a domattina... Dopo starò meglio.
Il gestore lo guarda un po' preoccupato, ma sorride e annuisce.

GESTORE
Vedrà, qua è tranquillo... Il documento me lo vuole dare...?
Marco lo guarda impaurito.

MARCO
Il documento...?

GESTORE
Per registrare....

MARCO
Subito?

GESTORE
Abbiamo avuto la finanza un mese fa....
Marco fa per reagire, ma poi si stringe nelle spalle, come a dire: tanto è lo stesso.
Prende da tasca la patente e la dà al gestore.

MARCO
Se vengono per me... Almeno mi avvisa prima che salgono?...
Ma poi ripensa a quello che vuole dire

MARCO
Lasci perdere... Non importa.
Il gestore annuisce ed esce, un po' disorientato.
Marco si stende sul letto. Gli si chiudono gli occhi.

STACCO.
E' notte.
Marco apre gli occhi. Qualcosa lo ha disturbato.
Dalla stanza attigua viene il suono di due voci. Le parole non si distinguono bene, Ma una delle voci è di una ragazza, che a un certo punto ride.
Quella risata si ripete a lungo. La ragazza non riesce più a fermarsi.
Marco è stanchissimo, ma si accorge di qualcosa che sta ai piedi del letto. E' la borsa, dimenticata lì....
Marco, fuori di sè per l'errore commesso, freneticamente, si alza di nuovo, infilandosi i pantaloni.

18. PENSIONE. HALL. INTERNO NOTTE.
Marco attraversa la hall della pensione stringendosi la borsa al petto. Il gestore, da dietro al banco del bar, gli fa un cenno di saluto, ma Marco nemmeno lo vede.

19. PENSIONE. PARCHEGGIO. ESTERNO NOTTE.
Marco attraversa l'area parcheggio davanti alla pensione e scende in spiaggia.

20. SPIAGGIA. MAXISCIVOLO. ESTERNO NOTTE.
Marco cammina sulla spiaggia, cercando un angolo buio. Ma la spiaggia è illuminata da potenti riflettori.
Più avanti c'è un grande scivolo alto una decina di metri, da parco di divertimenti acquatico.
La luce dei riflettori, livida, si frrange tra le volute del grande tubo colorato, come un serpente che si annoda nell'aria.
Marco si infila sotto la protezione di quel moloch del divertimento. Nascosto dallo scivolo, scava febbrilmente una buca nella sabbia, con le mani.
Finita la buca apre la borsa.
Dentro, accanto al portafoglio del padre, sta il coltello, insanguinato, avvolto in una borsa di plastica della spesa. Marco lo prende tra le dita. Poi ha un conato di vomito.
Butta la borsa nella buca. La sabbia la ricopre.

21. SPIAGGIA. CABINE PRESSO IL MAXISCIVOLO. ESTERNO NOTTE.
Marco si allontana rapidamente, arrancando nella sabbia.
Passa accanto, senza accorgersene, a un uomo che dorme in un sacco a pelo.
Quando Marco gli passa vicino, l'uomo si desta. Apre gli occhi, fissando la schiena di Marco che si allontana.
Si volta, guardando verso lo scivolo.
La sabbia è segnata dalle tracce regolari precise dei rastrelli dei bagnini che ogni sera puliscono la spiaggia.
Ma laddove Marco ha sepolto la borsa la traccia si interrompe, l'ordine netto e pulito della spiaggia si frange...
Marco non se n'è accorto, ma lo sconosciuto sì.

22. PENSIONE. STANZA MARCO. INTERNO GIORNO.
Giorno.
Marco apre gli occhi. E' nel letto della pensione.
Un uomo grasso in maglietta e bermuda è seduto sul letto e lo guarda con aria critica.

UOMO (DOTTORE)
Si tiri su.
Marco, senza capire, ma obbediente, si tira su.

DOTTORE
Su, la maglietta... sulla schiena.
Marco tira su la maglietta. L'uomo lo ausculta con uno stetoscopio. Poi picchietta con le dita sulla schiena.

DOTTORE
Trattenga il fiato. Ora può respirare.
Marco obbedisce, come un bambino.

DOTTORE
Ora si può stendere.
Marco si stende. Nel farlo però fa cadere qualcosa che era tra le lenzuola, nel letto.
E' una delle sue calze. Ora è a terra, davanti a si suoi occhi. Marco si accorge che sul tessuto chiaro c'è una grossa macchia scura di sangue raggrumato.
Alza gli occhi inorridito. Si accorge che sulla porta, con aria preoccupata c'è anche il gestore, che lo guarda.
Il dottore intanto continua la visita, prendendogli il polso tra due dita e contando le pulsazioni.

DOTTORE
Da quanto ha la febbre alta?
Marco non risponde, continua a guardare la calza, terrorizzato che gli altri possano accorgersene.

GESTORE
Da ieri sta a letto come un morto... Non voleva il dottore, ma alla fine...
Guarda Marco, come a scusarsi.

GESTORE
Come si faceva a prendersi la responsabilità?
Il dottore lascia cadere il braccio di Marco.
Va a scrivere una ricetta sul tavolino della stanza.

DOTTORE
Intanto bisogna fare scendere la febbre. Dategli questo... E' molto debilitato... Deve prendere anche questo...
Approfittando della distrazione degli altri, Marco afferra la calza da terra. La guarda da molto vicino. E' chiaro che la materia che la incrosta è sangue. Marco la stringe nel pugno, per nascondere.
Il dottore dà la ricetta al gestore ed esce. Il gestore guarda Marco, con la ricetta in mano.

GESTORE
I soldi per le medicine...
Marco infila la calza sotto al cuscino, prende i soldi dalla tasca con l'altra e li dà al gestore, che esce.
Con la calza stretta nel pugno, Marco corre a chiudere a chiave la porta della camera.
Entra in bagno.

23. PENSIONE. BAGNO CAMERA MARCO. INTERNO GIORNO.
Marco apre il pugno e guarda la calza. Si convince che la macchia è proprio sangue.
Cerca di grattare via la materia secca con le unghie.
Poi apre il rubinetto del lavandino e mette la calza sotto al getto. Comincia a strofinarla, istericamente.
Ma, ora che è fradicia, ha cambiato colore, è tutta scura. Non si capisce più dove sia la macchia.
Marco, esasperato, la getta nello scarico del water e preme il pulsante che svuota il serbatoio dello sciacquone.
Il water, bloccato dalla calza, si intasa, riempiendo la tazza quasi fino all'orlo.
Marco impreca tra sé, ma è più un gemito, che un'esclamazione di rabbia.
Si china e infila il braccio nel water, nel tentativo di estrarre la calza. Non ci riesce.
Prova ancora, tendendosi tutto per lo sforzo, nello spazio angusto.
Finalmente riesce a tirare fuori la calza.
Cerca qualcosa con cui farla a pezzi. Spalanca l'armadietto sopra il lavabo, ma è vuoto.
Non avendo altro mezzo, strappa il tessuto con i denti e poi lo scuce con le mani, febbrilmente. Getta i pezzi di calza nello scarico.
In quel momento bussano alla porta della stanza.
Marco si immobilizza.

MARCO
Che c'è?

GESTORE (F.C.)
(Nervoso)
Ci sono dei signori per lei.

MARCO
(Raggelato)
Che signori...?

GESTORE
Dicono che è successo un problema... E' la polizia...
Marco pallidissimo tira l'acqua. La calza sparisce senza problemi, stavolta.
Marco cerca di asciugarsi alla meglio, con l'asciugamano, la manica della maglietta, che si è infradiciata. Ovviamente non ci riesce.
Allora si leva la maglietta e la getta a terra, restando a torso nudo.
Bussano ancora alla porta.

GESTORE
Si sente bene?

MARCO
Vengo... vengo subito.
Marco esce dal bagno.

24. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO GIORNO.
Marco apre la porta della stanza. Entrano due poliziotti ed il gestore. Uno dei poliziotti è grande e grosso, con una voglia su uno zigomo, che gli dà un'aria involontariamente strafottente. L'altro è magro, serio, preoccupato. Quest'ultimo ha più o meno l'età di Marco.

POLIZIOTTO CON LA VOGLIA (GATTI)
Si sente male?

MARCO
L'influenza...

POLIZIOTTO MAGRO (RINALDI)
Allora si sieda... se sta male.

MARCO
Adesso sto meglio...
Ma si siede sul letto.
Il poliziotto magro (Rinaldi) dà un'occhiata al gestore, che, comprendendo di non essere desiderato, con un cenno di saluto, esce dalla stanza.
I due poliziotti guardano Marco e Marco guarda loro, in silenzio, per qualche istante. Poi:

POLIZIOTTO CON LA VOGLIA (GATTI)
E' successa una cosa gravissima.
Marco li guarda senza riuscire a dire nulla.

GATTI
Una disgrazia... A suo padre.
I poliziotti fissano Marco, come a sorvegliare la sua reazione. Marco si sforza di non dare a vedere nulla.

MARCO
Che gli è successo?

GATTI
E' morto.
Una pausa.

MARCO
...Che vuol dire?

GATTI
Nel suo appartamento. E' stato ucciso.
Marco si passa una mano sulla faccia, come per controllare lo shock. Ma la verità è che sulle labbra gli si torce un sorriso nervoso, che non riesce a reprimere. Cerca di ingoiarselo, di nasconderlo dietro alla mano.
Rinaldi lo fissa.

MARCO
Chi è stato?

GATTI
Tanto adesso lei deve venire dal magistrato.

25. PENSIONE HALL. INTERNO GIORNO.
Marco attraversa la hall della pensione, scortato dai due poliziotti. Si sente tutti gli occhi della gente addosso.
Tutti lo guardano. Sulle sue labbra continua a ballare quell'assurdo sorriso nervoso.

26. MACCHINA POLIZIA. INTERNO ESTERNO GIORNO.
Marco entra in macchina della polizia, assieme ai due poliziotti. Il magro si mette alla guida e l'altro si siede accanto a Marco.
La macchina parte.
Dopo qualche istante di silenzio:

MARCO
Dove andiamo?

GATTI
In procura. A Rimini.
Il poliziotto grosso, che per tutto il tempo ha continuato a fissare Marco, gli si rivolge, alludendo al suo sorriso.

RINALDI
Le viene da ridere?
Marco resta gelato.

MARCO
Non lo so perché. E'... un fatto nervoso.

RINALDI
Io piangerei, se sapessi che è morto mio padre.
Marco non dice nulla.
Dopo un po' l'altro poliziotto commenta:

GATTI
Non vuol dire. Anche io non ho pianto quando è morto mio padre...
Nessuno dice più niente.

27. PROCURA. UFFICIO P.M. INTERNO GIORNO.
La porta dell'ufficio del magistrato viene aperta davanti a Marco, che entra.
Nella stanza c'è una donna, in lacrime, in piedi.
Il magistrato è accanto a lei, in atteggiamento premuroso, la sta accompagnando alla porta.
E' la donna della fotografia. La compagna del padre: Maura.
Marco la fissa, quando gli passa accanto. Anche Maura lo guarda e gli si ferma davanti.
Lo abbraccia. Marco resta rigido nelle sue braccia.

MAURA
Marco... ti ricordi di me?
Marco non dice nulla, impietrito.

MAURA
...Hai visto? Hai visto che è successo?
Marco continua a tacere.

MAGISTRATO
Ora si accomodi, signora... La faccio riaccompagnare.
Il magistrato fa un cenno a Gatti, che scorta la donna fuori.
Marco resta solo nell'ufficio con il magistrato e Rinaldi. C'è anche un dattilografo in fondo alla stanza.
Il magistrato stringe la mano a Marco.

MAGISTRATO
Le devo fare le mie condoglianze, purtroppo.
Marco non dice nulla.
Il magistrato gli indica una sedia. Marco siede. E' pallidissimo. Il magistrato resta in piedi, come Rinaldi.

MAGISTRATO
Abbiamo trovato suo padre.
Marco fissa il magistrato impietrito.
Il dattilografo comincia a battere a macchina il verbale dell'interrogatorio.

MAGISTRATO
E' stato ucciso...
Marco continua a non dire nulla. C'è un pesante silenzio.

MAGISTRATO
E' sorpreso della morte di suo padre?
Marco resta ancora in silenzio. Il magistrato scambia un'occhiata con Rinaldi.

MAGISTRATO
Suo padre aveva dei nemici?
Marco alza gli occhi sul magistrato, fissandolo. Ma ancora non dice nulla. Il silenzio è pesantissimo.

MAGISTRATO
Non si sente bene? Vuole che chiamiamo un medico?

MARCO
...Ho avuto la febbre.

MAGISTRATO
Da quando sta così?

MARCO
Da un po'...

MAGISTRATO
Possiamo riprendere?
Marco annuisce.

MAGISTRATO
In che rapporti era con suo padre?

MARCO
E' inutile che ve lo dico... (Con ostilità) Tanto ve lo avrà già detto lei.... quella che è uscita prima. Chissà che vi ha detto su di me!
Il magistrato e Rinaldi si guardano.

MAGISTRATO
(Asciutto)
Risponda alla domanda la prego.

MARCO
...Mio padre ed io non ci parlavamo.

MAGISTRATO
E perchè era venuto qui lei?

MARCO
(Con un torto sorriso)
Per parlargli.

MAGISTRATO
Di cosa?

MARCO
Di un appartamento che lui voleva vendere.
Il magistrato prende nota.

MAGISTRATO
E lei era contrario?

MARCO
Quella è casa nostra. Casa di mia madre.
Il magistrato prende ancora nota.

MAGISTRATO
Quanto vale l'appartamento? Può fare una stima?
Marco lo guarda quasi con nervosa ilarità.

MARCO
Quanto vale? Non lo so...

MAGISTRATO
Quattrocento... magari cinquecento milioni?

MARCO
Forse... non lo so.
Il magistrato prende nota.

MAGISTRATO
E lei ha sua madre... e una sorella...
Marco annuisce.

MARCO
(Con il suo sorriso strafottente)
Sta calcolando la mia parte adesso che è morto?... Quanto fa?

MAGISTRATO
(Sobriamente)
Centocinquanta milioni.
Marco tace, fissando il magistrato rabbiosamente, sprezzantemente.

MAGISTRATO
Quando è arrivato qui lei, dalla sua città?

MARCO
Sono arrivato... ieri... l'altro ieri.

PROCURATORE
A che ora è partito?

MARCO
...Tardi. Di notte... A un certo punto mi si chiudevano gli occhi e allora mi sono fermato. Ho dormito un po', in macchina.

PROCURATORE
Dove?
Marco esita.

MARCO
In un'area di sosta...
Il procuratore e Rinaldi si scambiano un'occhiata.

PROCURATORE
Poi è venuto direttamente qui?

MARCO
Sì.... ma mi sentivo... davvero malissimo. Non riuscivo a guidare neanche... Allora mi sono fermato.

PROCURATORE
Dove?

MARCO
Non so, sul lungomare.

PROCURATORE
Si ricorda il punto preciso?

MARCO
No.

PROCURATORE
Cosa ha fatto allora?

MARCO
Sono sceso e ho camminato... per schiarire la testa. Ma poi.... ero così fuori di me che non sono più stato capace di ritrovare la macchina.

PROCURATORE
Che significa?

MARCO
Non ricordavo dove l'avevo parcheggiata....
Li guarda.

MARCO
Stavo male... Non capivo niente.

RINALDI
E la macchina... L'hai poi ritrovata?

MARCO
Non l'ho più cercata. (Scattando) La macchina... non è una cosa importante. Non per me.

RINALDI
Perché non ha fatto denuncia di smarrimento dell'auto?

MARCO
Se volete, la faccio adesso la denuncia...
Rinaldi a queste ultime battute è rimasto sorpreso, come se gli rivelassero un Marco diverso da quello che si era immaginato. Gli si avvicina, fissandolo. Ma il magistrato passa oltre.

PROCURATORE
C'è qualcuno che possa confermare le sue parole, l'ora e il giorno della partenza, la sosta sull'autostrada?
Marco scuote il capo.

MARCO
No. Mia madre e mia sorella erano in vacanza. Il giorno prima di partire sono stato sempre in casa da solo. (Sarcastico) Non pensavo di dovermi fare l'alibi... se no mi preparavo meglio.

PROCURATORE
(Secco)
Guardi, cerchi di essere serio.
Marco accusa il colpo. Poi si alza in piedi, rabbiosamente.

MARCO
Sentite... io sto male... dite quello che dovete... e poi... facciamola finita...
Il procuratore lo fissa, irritato, poi si domina.

PROCURATORE
Torni pure alla sua pensione, ma resti là a disposizione...

28. AUTO RINALDI. ESTERNO INTERNO GIORNO.
Rinaldi guida in silenzio. Ha un'aria più cordiale ora.
Marco è seduto accanto a lui, al posto del passeggero. Sono soli in macchina.

RINALDI
Possiamo darci del tu? Abbiamo la stessa età..
Marco sbotta.

MARCO
Voglio tornare a casa... Fino a quando devo restare qui?

RINALDI
Fino a che il magistrato non ha deciso.
C'è una pausa....

MARCO
Basta che la fate finita presto...
Rinaldi si limita a guardarlo. Marco esita, poi butta fuori quello che ha sullo stomaco.

MARCO
Mi sospettate? Avete delle cose contro di me?...
Rinaldi non risponde, cambia argomento.

RINALDI
Che mestiere fai tu?

MARCO
Nei cantieri... quando capita.
Rinaldi lo fissa.

RINALDI
Non mi sembri il tipo...

MARCO
Ho smesso di studiare...

RINALDI
Perchè?

MARCO
Non mi interessava.

RINALDI
(Con un sorriso ironico)
Come la macchina? Non era importante per te?
Marco non risponde.

RINALDI
Io sono iscritto all'università... Giurisprudenza. E' l'unico modo per dare il concorso per commissario... Se no, resto come sono... Ma sono ancora al secondo anno... Lavorando....
Marco sorride.

MARCO
Anch'io facevo giurisprudenza...

RINALDI
(Stupito)
Davvero? Che media?

MARCO
Ventotto...

RINALDI
E perchè hai mollato allora?
Marco allarga le braccia con un sorriso sarcastico.
Rinaldi lo fissa attentamente.

RINALDI
Certe volte anche a me viene voglia di mollare tutto. Di fare un'altra vita.
Marco lo guarda sorpreso. Rinaldi sorride ancora un po' acremente.

RINALDI
Ma non me lo sono potuto permettere.

MARCO
Nemmeno io.

29. MINIMARKET. INTERNO GIORNO.
Marco passa alla cassa di un minimarket. Ha due bottiglie di whisky nel cestino.
Paga.

30. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO GIORNO.
Marco è solo, nella sua camera, seduto sul letto.
Dalla stanza accanto viene il suono di una canzone estiva, da una radio accesa. E' un motivo allegro, coinvolgente.
Marco ha una delle due bottiglie davanti, sul comodino. Con un certo sforzo, di chi non è abituato a bere, apre il tappo e riempie un bicchiere di liquore.
Con una smorfia lo assaggia. Poi si costringe a bere tutto il bicchiere.
Ne versa ancora.
Ma la musica lo infastidisce. Con un gesto nervoso si alza in piedi ed esce sul balconcino, che è in comune con la stanza da cui viene la musica. Solo un divisorio di plastica separa le due metà.
Marco si sporge a guardare.
Nell'altra stanza c'è qualcuno, che non sapendo di essere guardato, balla nel modo goffo, indeciso di chi è solo.
E' una ragazzina, sui quindici anni, che appare e scompare nella porzione di stanza che Marco può vedere.
Si muove appena, accennando i movimenti. E' una visione lontanissima dallo stato d'animo di Marco.
Marco, irritato, rientra nella sua stanza e chiude la finestra, nonostante il caldo.
La musica si sente lo stesso, anche se attutita.
Marco manda giù il secondo bicchiere.

31. OBITORIO. CORRIDOIO. INTERNO GIORNO.
Una giovane donna dall'aria introversa cammina su e giù per un corridoio. Mormora qualcosa tra sé, persa nei suoi pensieri, come aveva fatto il padre di Marco, camminando sulla spiaggia. La ragazza non si accorge che Marco ha aperto la porta ed è entrato.
Il corridoio ricorda un po' quello di un ospedale. Ci sono stampe di anatomia alle pareti, qualche logoro divano.
Marco guarda la ragazza per pochi istanti, senza annunciare la sua presenza.

MARCO
Elena...
La ragazza si volta e gli sorride, con un po' d'imbarazzo, scuotendosi.

ELENA
Sei qui...
I due fratelli si abbracciano, con un po' di goffaggine, come se non fossero abituati a farlo.

MARCO
Quando sei arrivata? C'è anche mamma?

ELENA
Ci sono venuti a prendere e ci hanno portate diritte qua... Prima dal magistrato e adesso qui.

MARCO
Mamma dov'è?

ELENA
E' dentro.
Elena indica una porta.

MARCO
Tu l'hai già visto?

ELENA
Sì...

MARCO
E' stato brutto?

ELENA
Non mi sono ancora resa conto.

MARCO
(Alludendo alla madre)
Come l'ha presa?

ELENA
Malissimo.

MARCO
E tu?

ELENA
Era sempre mio padre.
Marco apre la porta e passa di là.

32. OBITORIO. SALA. INTERNO GIORNO.
Marco entra nella sala dell'obitorio.
Più avanti, accanto al cadavere del padre di Marco, sta Rinaldi, con una donna di mezza età. E' la madre di Marco. La donna sta parlando a Rinaldi, con la libertà, l'assenza di pudore di chi è sotto choc.

MADRE
Ma quant'è durato? Questo almeno me lo può dire...

RINALDI
(Imbarazzato)
Non molto... almeno a livello soggettivo. In quei momenti uno non si rende conto...

MADRE
Ha sofferto?

RINALDI
Non si sente niente, quando si è sotto choc.

MADRE
Potevate almeno farlo vedere da qualcuno... Comporgli il viso... Ha un'espressione... che non è la sua...
La voce della madre si rompe in pianto.
Poi, come avvertendo la presenza di Marco, si volta di scatto. Rinaldi sembra lieto di vedere Marco, che lo solleva dall'imbarazzo. La madre indica al figlio la salma del padre.

MADRE
Hai visto...
Marco si avvicina e guarda il viso del padre. Si accorge che Rinaldi lo fissa, per spiare la sua reazione. Intanto la madre continua a parlare.

MADRE
Ci sarà qualcuno a cui ci possiamo rivolgere... Una ditta... Dobbiamo anche organizzare il trasporto... Come si fa? Ci vuole un permesso? Non so nemmeno se abbiamo un posto al cimitero... Loro... la sua famiglia... avevano una tomba... ma chissà quanti anni sono che non ci andiamo...
Mentre la madre parla, Marco sente gli occhi di Rinaldi fissi su di sé.

MADRE
Ma quanto tempo dobbiamo stare qua?

RINALDI
Dipende dalle indagini... Qualche giorno...
Rinaldi fissa Marco. Gli si rivolge, dome mettendolo alla prova.

RINALDI
(A Marco)
... Per noi basta il riconoscimento di tua madre e di tua sorella. Non c'è bisogno che guardi, se ti fa impressione...
Quasi che quelle parole lo sfidassero, Marco si costringe ad avvicinarsi alla salma e a guardare il padre.
Il viso del padre è terreo, di cera. Sulla parete di fronte c'è un orologio a muro. Marco si costringe a guardare il padre fino a che la lancetta dei secondi non ne conta quindici.
Rinaldi si accosta a Marco.

RINALDI
E' vero.
Marco lo guarda sorpreso. Rinaldi gli restituisce lo sguardo.

RINALDI
A volte è difficile rendersi conto che è successo davvero. Ma è così.
Marco non gli risponde. Torna a guardare il padre. La madre interviene:

MADRE
Hai visto... quel neo sul collo... non se l'è mai voluto togliere...

33. STRADA E GELATERIA. ESTERNO SERA.
Più tardi, sul lungomare, la madre cammina in mezzo ai due figli, tenendoli sottobraccio. I loro abiti completi, da città, fanno contrasto con i pantaloncini e le magliette sbracciate dei turisti.
Passano accanto ad una gelateria.

MADRE
Prendiamo un gelato, vi va?
Si avvicinano al bancone della gelateria.

MADRE
(Al gelataio)
Tre coni... Che gusto volete? Per me, crema e zabaione...

ELENA
Cioccolata e panna.

MADRE
E tu?

MARCO
Per me è lo stesso...

MADRE
Fragola e limone... sono i tuoi gusti, no?
Marco annuisce. Il gelataio consegna i coni. I tre leccano i gelati.

MADRE
Perché non glielo diciamo, Elena?

ELENA
Ma no, mamma, non mi pare il momento...

MARCO
Che cosa?

MADRE
Elena si sposa...

ELENA
Non subito...

MADRE
Appena Renzo prende la casa da sua madre.
Marco guarda la sorella, colto di sorpresa.

MARCO
Ah... auguri... congratulazioni... Sono contento...
I due fratelli si baciano.

MADRE
Hai visto che una cosa buona capita...
Ma la madre scoppia a piangere forte, dolorosamente.

ELENA
Mamma, non fare così.
Tutti la guardano.

MADRE
Scusate...
La madre non riesce a smettere di piangere.
Marco le toglie delicatamente di mano il cono. Prende una salviettina dal banco del bar e le pulisce prima le lacrime e poi le dita della mano che si sono sporcate di gelato.

MARCO
Dai, mamma, vieni... andiamo.

34. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO NOTTE.
Marco è a letto, nella camera della pensione.
Qualcosa lo tiene sveglio. Il rumore di un litigio, nella stanza accanto. Sono due voci, quella di un uomo e di una ragazza. Quello che dice la ragazza non si capisce bene. Quello che dice l'uomo invece si comprende distintamente, perché sta quasi gridando.
Ha il tono e le espressioni tipiche di una persona debole, quando perde il controllo e si irrigidisce improvvisamente.

UOMO (F.C.)
... Non ho detto qualsiasi, ragazzo, cerca di capirmi Katia, che quando vuoi capisci benissimo... Capisci quello che mi hanno detto... che lui, questo ragazzo qua, che ti piace, non è uno di cui ci si può fidare...

KATIA (F.C.)
(Non si colgono tutte le parole)
.... è bravissimo... Lo conoscono tutti. I genitori hanno quel...

UOMO (F.C.)
Ma quale?

KATIA (F.C.)
Il bagno quindici.
Marco infastidito si alza ed esce sul terrazzino che separa la camera da quella accanto.

35. TERRAZZINO E STANZA KATIA. ESTERNO NOTTE.
Marco, senza farsi vedere, spia dal terrazzino, oltre il divisorio di plastica quanto accade nella stanza accanto.
La ragazzina che ha già visto ballare da sola è quasi in lacrime, tutta vestita e truccata a festa, per un appuntamento. Sta discutendo con un uomo in maglietta e short, dall'aria comune, il padre.

PADRE
...Non me ne importa niente, non è questo il problema... Dice che... insomma che ha avuto guai... pure con la polizia.

KATIA
(Alzando la voce)
Ma quale...? Sono tutte balle! E' un ragazzo bravissimo... meglio di quasi tutti... Per esempio tu ti fidavi tanto di Geo... che mi ci facevi uscire sempre... Lo sai chi è Geo? Meglio che non te lo dico... Solo perché ti faceva la faccia carina, del bravo ragazzo... E invece tu non lo sai...

PADRE
Perché che faceva, avanti...?

KATIA
E' meglio che non te lo dico neanche...

PADRE
Perchè? Dimmelo avanti?

KATIA
Ma niente... Non ha fatto niente... Mica sono scema... Ma se era per lui...

PADRE
Comunque a quest'ora non esci con questo ...neanche se fosse il più bravo del mondo... Non si danno appuntamenti all'una di notte...

KATIA
Ma almeno cinque minuti...

PADRE
Ma che cinque minuti! (La voce gli trema per la rabbia e per la parolaccia) Ma che mi prendi per il culo?

KATIA
Solo cinque minuti!

PADRE
Te non esci... Le devi capire le cose, Katia! Cresci, che mi sono stufato di spiegarti le cose.
Il padre si alza in piedi e va verso la porta.

KATIA
No... Cinque minuti....
Il padre toglie la chiave dalla toppa della porta e la apre. Katia capisce che sta per chiuderla dentro e si attacca al padre

KATIA
No... non ti azzardare...
C'è un trambusto, il padre spinge via la ragazzina ed esce sbattendosi la porta dietro e dando due mandate di chiave.
Katia, disperata, batte i pugni sulla porta chiusa.

KATIA
Apri! Aaaapriiii!!! Ho detto: apri!
I passi del padre che si allontanano e poi tornano indietro nel corridoio esterno.

PADRE (F.C.)
Piantala di gridare. Vai a dormire....

KATIA (F.C.)
Apriiii...

PADRE (F.C.)
Smettila che se no, giuro su Dio, che ti riporto a casa dritta dritta. Partiamo stanotte. Carico la macchina! Bada! Tu non mi conosci.
I passi del padre si allontanano nel corridoio. Katia piange, ma non grida più. Si volta e il suo sguardo incrocia quello di Marco, sul terrazzino.
Imbarazzato Marco si ritrae.

36. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO NOTTE.
Marco dorme, nel suo letto.
Viene svegliato da un rumore o dalla sensazione che qualcuno lo stia osservando. Si rende conto che c'è qualcuno sul terrazzino della sua stanza. Istintivamente, Marco non si muove, fingendo di dormire.
E' la ragazza della stanza accanto che, per evadere, ha scavalcato il divisorio che divide a metà il terrazzino.
Senza far rumore, passa attraverso la stanza, davanti al letto di Marco. Apre la porta ed esce sul corridoio.
Si chiude la porta dietro, senza far rumore e scappa via.
Marco si alza in piedi dopo qualche istante.
Apre la porta.

37. PENSIONE. CORRIDOIO. INTERNO NOTTE.
Marco si affaccia sul corridoio. La ragazzina è già in fondo, davanti all'ascensore.
Il suo sguardo incontra quello di Marco, con imbarazzo.
Gli sorride con un po' di timidezza.
Le porte dell'ascensore si aprono e la ragazzina ci si infila dentro.
Marco rientra nella sua stanza, chiudendosi la porta dietro.

38. PENSIONE. SALA DA PRANZO. INTERNO GIORNO.
Marco è seduto ad una tavola, apparecchiata per tre, per la colazione. Sta guardando la ragazzina ed i suoi genitori, seduti due tavole più in là. Ogni contrasto sembra essere svanito. Marco non può sentire cosa dicono, ma il padre sembra scherzare con la figlia, che gli tiene un po' il broncio.
Elena entra nella sala e si va a sedere accanto al fratello. Ha gli occhi rossi, si capisce che ha pianto.

ELENA
Mamma non scende... Non ha voglia di mangiare...

MARCO
Sta male?

ELENA
No... bé, neanche bene...

MARCO
Ma se non lo voleva nemmeno sentire nominare prima!
Elena guarda il fratello.

ELENA
Non si era mai staccata.
Marco scuote il capo.

ELENA
(Arrabbiata)
S'è rifatta una vita? Ha trovato qualcuno? Una altra persona? Non l'ha neanche cercata, no?

MARCO
Questo non vuol dire...

ELENA
(Brusca)
La conosci poco, si vede.
C'è una pausa.

MARCO
E tu ti sposi.
Elena non risponde.

MARCO
(Sarcastico)
Presto? O adesso che sei in lutto aspetti...

ELENA
(Dura)
No. Non aspetto un minuto di più.

MARCO
(Sarcastico)
Questo non me lo sarei aspettato da te... sei sempre stata quella brava...
Elena lo fissa, esplodendo.

ELENA
E credi che mi sia piaciuto? Lo sai che peso... che peso è stato essere quella che non da problemi... quella... (Lo guarda e si decide a dirlo:) quella sana... ?
Elena comincia a piangere.

MARCO
Smettila... Smettila! (Poi, più gentilmente) Che cazzo piangi?...
Elena non riesce a trattenersi.

MARCO
Lui non se lo meritava... Era uno che non valeva niente...

ELENA
(Con voce rotta)
Ho paura... Non ce la faccio più... con questa paura...
Gli altri clienti del ristorante guardando Elena che piange. Marco li guarda nervosamente.

MARCO
Di cosa... di cosa hai paura?
Elena continua a piangere.

ELENA
Di tutto... Magari aveva paura anche lui...

MARCO
Ma di cosa...

ELENA
Di tutto... di te...
Marco è colpito da quella parola come da una coltellata. Ma si trattiene, riappare il sorriso sulle sue labbra.

MARCO
Adesso magari pensi che l'ho ammazzato io.

ELENA
(Più dolce)
No... lo so che tu non faresti male a nessuno... Ma tutti questi anni che sei stato male... Tu non lo sai che peso è stato... per tutti...

MARCO
E' un problema mio... Voi non c'entrate...

ELENA
(Rabbiosamente)
E no... Troppo facile... Tu non lo sai che vuol dire.. Avere una persona accanto che... che sta male... che mette un peso su tutti...
Elena scuote il capo.

ELENA
E lui... lo sapeva che ce l'avevi con lui... che gli davi la colpa... Per questo se n'è andato con quella... Non ne poteva più... del peso... doveva andare via. Tu l'hai fatto andare via.
Marco la fissa.

MARCO
Sono tutte stronzate...

ELENA
La mamma lo sa... Lo sa anche lei. Loro si davano la colpa... Tu gli davi la colpa...
Elena fissa il fratello.

ELENA
Che era successo fra voi due, Marco? Io lo so che è successo qualcosa... Che cos'è che ti è successo?

MARCO
Non è successo niente.
Elena lo supplica quasi.

ELENA
Non è vero.... Me lo puoi dire... io ti aiuto...
Marco si alza di scatto, furioso. Se ne va, senza rispondere.
Dopo un istante Elena lo segue. Lo raggiunge, lo abbraccia all'uscita della sala da pranzo.
La ragazzina, Katia, cessa di parlare con i genitori per guardare quella scena, così diversa dall'ambiente vacanziero della sala da pranzo della pensione: fratello e sorella che si abbracciano, disperatamente.

39. AUTO RINALDI. INTERNO ESTERNO GIORNO.
Rinaldi guida. Al suo fianco, accanto al posto di guida, c'è Elena.
Sul sedile posteriore stanno la madre e Marco.
Marco tiene la madre per mano, con tenerezza protettiva.
La macchina entra nella strada che porta al condominio del padre. Marco nel rivederla, stringe più forte la mano della madre.
Rinaldi parcheggia.

40. CONDOMINIO PADRE. CORTILE. ESTERNO GIORNO.
Rinaldi, Marco, Elena e la madre entrano nel cortile del condominio.

RINALDI
Mi spiace signora... Capisco che è brutto... soprattutto per lei.

MADRE
Questo posto non m'è mai piaciuto. Ci venivamo in vacanza... Mi ci facevo tre mesi, da sola... con loro bambini. Lui veniva solo in agosto...

RINALDI
E' molto utile per le indagini... Voi potete notare cose che a noi possono sfuggire...
La madre annuisce stancamente. Rinaldi si avvia verso l'ingresso. Marco li segue, ostentando indifferenza, anche se si sente esposto, vulnerabile.

ELENA
Avete sentito i vicini?

RINALDI
Quasi tutti.

ELENA
Possibile che nessuno ha visto niente?
Marco non lo dà a vedere, ma alza cautamente gli occhi a guardare il terrazzino da cui i due ragazzini gli avevano lanciato lampi negli occhi. Ora è deserto. Entrano nell'atrio del palazzo.

41. APPARTAMENTO PADRE. COMPLESSO. INTERNO GIORNO.
Rinaldi apre la porta dell'appartamento, spostando i sigilli giudiziari. Entra. Marco e gli altri lo seguono, dopo una breve esitazione.

RINALDI
Ecco... E' tutto come l'abbiamo trovato.
La madre entra nell'angusto, torrido corridoio e si ferma, provata.

RINALDI
Qua fa troppo caldo... Aspetti.
Il poliziotto fa per sollevare le saracinesche, ma la madre lo ferma.

MADRE
No... non è niente...
Marco le si avvicina.

MARCO
Che c'è, mamma?
Le loro braccia nude si sfiorano, ma la madre rabbrividisce a quel contatto e si stacca da lui. Il giovane è un po' stupito di quel gesto freddo della madre.

MADRE
(Facendosi forza. Quasi rabbiosa, per la prima volta.) Che cosa vuole che facciamo?

RINALDI
Vedere se manca qualcosa... se notate qualcosa di strano.

ELENA
Se manca qualcosa, ve lo può dire meglio la signora che stava con lui.

RINALDI
L'abbiamo già sentita.
La madre annuisce.

MADRE
(A Rinaldi)
Dove stava mio marito?
Rinaldi guarda Marco.

RINALDI
Nella stanza da letto.
Marco ha un sussulto e istintivamente i suoi occhi corrono al bagno, dove invece sa di aver lasciato il padre. Dissimula la sua sorpresa. Ma Rinaldi continua a fissarlo e forse ha notato qualcosa.
Lo sguardo della madre corre lungo il salotto disastrato.

RINALDI
(Spiegando le ragioni della confusione)
Hanno colluttato per tutta la stanza...

ELENA
E da qui sono finiti in camera da letto?

RINALDI
Ho detto camera da letto? Scusate... sono un po' rimbambito anch'io. Avrei dovuto dire bagno. E' là, che l'abbiamo trovato.
C'è un imbarazzo per questa spiegazione e per il tono un po' fasullo di Rinaldi.

MARCO
(Comprendendo, quasi con ilarità)
E' una domanda a trabocchetto.
La madre guarda Marco senza capire.

MADRE
Ma che vuol dire?

MARCO
Ha provato a farci un trabocchetto. L'assassino vero lo sa che papà non stava in camera da letto... Magari, se era uno di noi, si tradiva... E' una domanda a trabocchetto...
La madre guarda Rinaldi con sgomento, realizzando. Diventa pallidissima, furiosa.

MADRE
(Le mancano quasi le parole, per la rabbia)
...Io me ne vado.

RINALDI
Ma signora... le assicuro...

MADRE
Il bagno, la camera da letto... Io non ci sto...

RINALDI
Ma no, per carità...

MADRE
Io non... Me ne vado.
La madre fa per uscire. Rinaldi le corre dietro.

RINALDI
Signora, la prego...

MADRE
Siamo obbligati?

RINALDI
No...

MADRE
Allora me ne vado... (Ai figli) Andiamo!
La madre esce. Marco e la sorella la seguono.

RINALDI
Signora, allora...
Rinaldi è costretto ad attardarsi per richiudere porta e sigilli...

42. STRADA CONDOMINIO PADRE. ESTERNO GIORNO.
La madre, seguita dai due figli, cammina rabbiosamente sulla strada davanti al condominio, allontanandosi.
Rinaldi esce dall'atrio di corsa.

RINALDI
Aspetti, la accompagno..

MADRE
Prendiamo un taxi. Non si disturbi.
Rinaldi si ferma, lasciando cadere le braccia. Torna verso la sua macchina. Poco dopo li supera e sparisce.
Marco, Elena e la madre continuano a camminare. Marco si accorge che la madre trema. Allunga una mano a toccarla.

MARCO
Mamma...
La madre si scosta da lui, quasi con ribrezzo, scattando.

MADRE
Lasciami...
Continua a camminare. Marco resta interdetto da quel mutamento di umore.
Voltano nella strada che porta verso il mare. Qui si imbattono in un gruppetto di persone che tornano dalla spiaggia. Ci sono quattro o cinque adulti e una mezza dozzina di bambini.
Quando il gruppo incrocia la madre, Marco si accorge che uno dei bambini è quello che gli ha mandato la luce negli occhi, il giorno dell'omicidio.
Il bambino lo guarda.
E' un attimo, sono passati oltre. Marco è sconvolto.
Si volta a guardare. Anche il bambino si è voltato e lo sta guardando.

MADRE
Allora, vieni?...
Marco nasconde il suo nervosismo.

MARCO
Mamma... io vengo dopo...
La madre lo guarda stranamente.

MARCO
Vengo a piedi. Ho voglia di venire a piedi.
La madre non dice più niente. Si avvia, con Elena.
Marco resta solo sulla strada. Si volta a guardare il condominio del padre. E' l'ora di pranzo, fa molto caldo. La gente è quasi tutta a casa o nelle pensioni. E' la stessa ora del giorno dell'omicidio.
Marco torna verso il condominio, lentamente.

44. CONDOMINIO PADRE. CORTILE. ESTERNO GIORNO.
Marco si avvicina al cortile del condominio. Guarda in alto, cautamente, verso il terrazzo da cui i bambini lo hanno spiato, quel giorno.
Poi un rumore lo distrae. E' il suono di una palla che sbatte violentemente contro la porta di uno dei garage, sull'altro lato del cortile.
Il bambino che ha incontrato poco prima sta giocando da solo a pallone. Calcia la palla contro il garage. Marco resta immobile, indeciso sul da farsi.
Ad un tiro più forte, il pallone sfugge e va a perdersi dalla parte del cortile dove si trova Marco.
Il ragazzino si accorge così della sua presenza. Marco raccoglie il pallone e va a portarlo al ragazzo.

MARCO
Ecco...
Marco guarda il ragazzo ed il ragazzo guarda Marco. Il bambino non ha reazioni particolari, non si capisce se l'ha riconosciuto.

BAMBINO
Grazie...
Guarda Marco incerto.

BAMBINO
Vuoi giocare?

MARCO
Non sono capace.

BAMBINO
Che ci vuole?

MARCO
Non mi piace il calcio.

BAMBINO
Devi solo stare in porta.
Gli indica la porta del garage. Marco esita, poi va a mettersi in posizione.
Il ragazzino tira. Marco non fa nemmeno il gesto di prendere la palla, che colpisce la parete.

BAMBINO
Goal!
In quel momento una voce da uno dei terrazzini chiama il bambino.

VOCE PADRE
Giacomo... Vieni su... E' pronto.
Il ragazzino fa per andare. Ma Marco lo ferma per un braccio.

MARCO
Aspetta...
Il ragazzino lo fissa un po' stupito della stretta di Marco sul suo braccio. Della sua espressione stravolta.

MARCO
Ti devo dire una cosa... Tu... ti ricordi di me?
Il ragazzino lo fissa.

BAMBINO
Io... sì....
Marco impallidisce. Il bambino viene chiamato ancora.

VOCE PADRE
Giacomo!

BAMBINO
Vengo...
Marco cerca di trattenerlo ancora.

MARCO
Aspetta...

VOCE PADRE
Giacomo, cosa fai?
L'uomo che chiama, si sporge dal terrazzino a guardare. Marco istintivamente si volta, per non farsi vedere in viso. Capisce che deve lasciare il bambino.

MARCO
Allora ciao...
Il bambino non gli risponde. Corre dentro.
Marco si allontana rapidamente, sulla strada.

45. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO SERA.
Marco sta sdraiato sul letto, ad occhi aperti. Sul tavolino la bottiglia di whisky, mezza vuota. Dalla stanza accanto viene il rumore di un phon acceso e della radio a tutto volume. Sta trasmettendo una canzone. Marco la riconosce all'improvviso, con dolore.
E' una versione di "I will survive."
Marco si siede sul letto, ascoltando la canzone che fa affiorare in lui il dolore dei momenti seguenti alla morte del padre.
Poi rabbiosamente si alza ed esce sul terrazzino.

46. PENSIONE. TERRAZZINO MARCO. ESTERNO SERA.
Marco esce sul terrazzino. Si appoggia alla balaustra e guarda nella stanza a fianco. Intravede Katia, che si asciuga i capelli, guardandosi allo specchio.
Continua la gioiosa, vitale melodia di "I will survive". Il viso di Marco è serio, cupo. Ma ora cambia, si impone un sorriso, come una maschera.
Per tutta la conversazione che segue il tono di Marco ed il suo atteggiamento saranno insolitamente cordiali, come se si sforzasse di imporsi un'allegria e una disponibilità che non possiede davvero.

MARCO
(Ad alta voce, rivolgendosi alla ragazza)
Esci anche questa sera?
Per la sorpresa di udire quella voce sconosciuta, la ragazza non risponde. Per un attimo dall'altra parte tutto tace. Il phon si spegne. La musica continua.

MARCO
Se vuoi, puoi passare dalla mia stanza un'altra volta... Basta che mi avvisi prima. Mi hai fatto prendere un colpo.
La ragazza si affaccia sulla finestra, coi capelli umidi.

KATIA
Mi dispiace... Pensavo che non se ne accorgeva...
Marco indica il divisorio di plastica che separa le due metà del terrazzo.

MARCO
Hai scavalcato?
La ragazza annuisce.

KATIA
Ma non lo faccio più....

MARCO
Non importa, passa pure quando vuoi.
C'è un momento di silenzio, imbarazzante. Marco sorride meccanicamente.

KATIA
M'è dispiaciuto di suo padre... Ma quando lo trova la polizia l'assassino?

MARCO
Non lo so.
C'è un altro breve silenzio, coperto dalla musica di "I will survive".

MARCO
...E' vecchia questa canzone... la sentivo quando ero come te... quando avevo la tua età.
Katia lo guarda, non particolarmente interessata.

MARCO
Quanti anni hai?

KATIA
Quindici...

MARCO
Proprio la rua età...
Per un istante entrambi restano ad ascoltare la canzone. Poi Katia:

KATIA
Adesso mi devo finire di asciugare i capelli.

MARCO
Certo...

KATIA
Arrivederci.

MARCO
Arrivederci...
Katia rientra nella sua stanza e di lì a poco si ode di nuovo il phon e la fine della canzone. Marco torna a sua volta in camera sua.

47. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO SERA.
Marco guarda la bottiglia di whisky. Ne beve un po', dalla canna della bottiglia. Poi rovescia la bottiglia e ne fa cadere tutto il contenuto residuo a terra, sul pavimento.
Muove le braccia parossisticamente, in un gesto di disperazione, come un ossesso.

48. MARE. PATTINO. ESTERNO GIORNO.
Marco sta remando nella luce violenta del sole, sul mare brillante. Sono su un pattino. La madre è seduta, con le gambe allungate sulla parte a sdraio dell'imbarcazione.

MARCO
E' meglio se partite, tu e Elena. Ormai che ci state a fare qua?

MADRE
E tu che fai?

MARCO
Io devo restare... l'hai sentito il magistrato...

MADRE
Senza di te non partiamo.

MARCO
(Stizzito)
Io non ho problemi. Appena posso, vi raggiungo.
Marco fa un gesto esasperato. La madre cambia discorso.

MADRE
L'acqua mi sembra pulita, no?
Marco annuisce.

MADRE
Ti ricordi quando ti ho insegnato a nuotare?
Marco stira le labbra in un breve sorriso.

MARCO
M'hai buttato in acqua.

MADRE
Avevano fatto così pure con me.

MARCO
Quasi affogo.

MADRE
E' un brutto ricordo?

MARCO
No... è un bel ricordo.
La madre si mette a sedere, con le gambe nell'acqua. Poi si lascia scivolare cautamente in acqua. Fa qualche bracciata, senza allontanarsi troppo. Poi torna verso il pattino.

MADRE
E' calda... vieni.
Marco si leva la maglietta e scende a sua volta in acqua. Si lascia scivolare sott'acqua. Poi passa sotto la barca a nuoto e riemerge dall'altra parte.

MADRE
Aspettami che vengo anch'io.
La madre si immerge e raggiunge il figlio dall'altra parte. Restano attaccati al pattino, uno a fianco dell'altra.
La madre si toglie l'acqua dai capelli con la mano. E' bella, nell'acqua scintillante.

MADRE
(Con un sorriso impaurito)
Se ti chiedo una cosa, mi rispondi?
Marco guarda la madre e annuisce.

MADRE
Nella storia di papà... tu non c'entri?...
Non riesce a continuare. Poi ritrova la voce...

MADRE
Se c'entri, me lo devi dire.

MARCO
Ma come ti viene in mente?
Marco fa per risalire sul pattino, ma la madre lo ferma, prendendolo per un braccio.

MADRE
Là, nell'appartamento...
Marco la guarda.

MADRE
Ho sentito il tuo odore.
C'è una lunga pausa. Marco fissa la madre ad occhi sbarrati. Lei gli restituisce lo sguardo altrettanto spaventata di lui. Quando ritrova la voce Marco mormora, come un'anima in pena:

MARCO
Mamma, senti...

MADRE
Senti niente... Era il tuo odore. Io lo conosco.

MARCO
Tu sei matta.

MADRE
(Tremante di rabbia e di paura)
Non mi dire bugie, Marco... Io lo devo sapere. Se è, lo devo sapere... Poi non ti faccio niente... ti aiuto... ma me lo devi dire.

MARCO
Non c'entro niente.

MADRE
Giuramelo...

MARCO
... Te lo giuro. Ti basta?

MADRE
Guardami negli occhi e giuramelo.
A Marco viene da ridere, un po' falsamente. La guarda negli occhi. Gli occhi della madre sono disperati. I suoi opachi, chiusi.

MARCO
Non siamo bambini, no?
La madre non dice niente.

MARCO
Va bene... Te lo giuro. Adesso mi credi?

MADRE
Ti credo.
La madre lo lascia andare. Marco risale sul pattino.

MARCO
Come hai fatto a pensarlo?!
La madre scuote il capo.

MADRE
Scusa...

MARCO
Dai, andiamo, adesso.
Tende la mano alla madre per aiutarla a risalire. Ma la madre gli rivolge di nuovo quel sorriso imbarazzato.

MADRE
Io torno a nuoto....

MARCO
Ma dai, mamma....

MADRE
Mi va...
La madre comincia a nuotare.

MARCO
Mamma, dai... E' lontano...
La madre continua a nuotare.

49. PENSIONE. CAMERA MARCO E PARCHEGGIO. INT. EST. NOTTE.
Marco guarda dalla sua finestra il cortile della pensione. C'è una macchina della polizia che aspetta, con i fari accesi. Accanto c'è Rinaldi, che aspetta.
Rinaldi guarda verso Marco e gli fa un cenno con la mano. Marco si ritrae all'interno. Esausto si stende a letto e si volta dall'altra parte.
Ma quasi subito bussano alla porta. Marco non risponde, non si muove.
Entra la madre, posando una valigia già fatta, all'interno. Nell'altra mano ha due buste con il marchio di negozi di abbigliamento.

MADRE
Ti ho comprato delle cose... Così hai qualcosa da metterti...
Marco la guarda.

MARCO
(Alla madre)
Avevi detto che non partivi...

MADRE
E' quello che volevi tu, no?

MARCO
Non così... Non con quello là...

MADRE
Come facevamo a dirgli di no?
La madre fa una pausa. Si avvicina e si siede sul letto, accanto al figlio.
Apre le buste e ne tira fuori una camicia, dei pantaloni, una giacca...

MADRE
Vuole solo parlare... con noi... con le persone che conosci a casa... coi tuoi amici... Anche col tuo dottore...
Marco non le risponde, si limita a guardarla.
La madre sospira. Poi indica i vestiti.

MADRE
Perchè non li provi?
Marco la fissa con un sospiro di esasperazione.

MADRE
Fammi contenta...
La madre aiuta Marco a sfilarsi la maglietta che indossa, come se il figlio fosse ancora un bambino. Gli abbottona la camicia nuova.

MADRE
Vedi come sta bene...
La madre fa un passo indietro per ammirarlo.

MADRE
Così sembri finalmente una persona civile...
Marco si limita a guardarla, angosciato. Si capisce che non gli importa nulla dei vestiti, che è ansioso per Rinaldi.
La madre lo sa, lancia un'occhiata alla finestra, poi riprende.

MADRE
Lui non ci conosce... Se facciamo il viaggio insieme.... Ho il tempo di parlargli per bene... Lo sai com'è... in macchina...
Marco la guarda con occhi addolorati, sa che la madre si attacca a delle illusioni, ma non ha la forza di dirlo. Lei gli fa una carezza. Poi prende la giacca e gliela fa indossare.

MADRE
Non è come là da loro... in Procura ... Che c'è... il telefono che suona... la gente che entra... quello che batte a macchina... Sembri un delinquente... anche se non c'entri niente.. Invece ora vedrà casa nostra... vedrà che è una casa di persone per bene... di persone normali... Guardati allo specchio...
La madre gli indica lo specchio appeso alla parete. Marco, obbediente, si guarda. La madre sorride, nascondendo dietro quella scena quotidiana la sua stessa angoscia, il suo terrore non confessato nemmeno a se stessa. Cinge le spalle del figlio con il braccio.
Madre e figlio si guardano nello specchio così, uno a fianco all'altra. Un piccolo, disperato sorriso è sulle labbra di lei.

50. PENSIONE. EST. NOTTE.
Marco, la madre e la sorella si congedano davanti alla macchina della polizia. Rinaldi è in disparte. Continua a fissare Marco.

MARCO
Aspettate domattina, almeno...

MADRE
No, in due ore siamo a casa... Stanotte voglio dormire nel mio letto.
Guarda Rinaldi con una risatina nervosa.

MADRE
Lo sa... io fuori casa non riesco nemmeno a dormire... Fuori dal nido non ci so stare...
Rinaldi sorride cortesemente. Poi guarda Marco. Il suo tono si fa serio.

RINALDI
Vuoi dirmi qualcosa prima che vada?
Marco esita a quelle parole.

MARCO
Che cosa ti dovrei dire?
Rinaldi gli si avvicina, mormorando.

RINALDI
Io posso aiutarti... se tu mi aiuti...
Lo fissa.

RINALDI
... se mi aiuti a capire.
Marco esita, fissandolo con disperazione. Si scosta da lui.

MARCO
Non c'è niente da capire.
Rinaldi esita, poi annuisce brevemente, fa un sobrio cenno di saluto. Si siede al posto di guida, in macchina.
Marco abbraccia la madre e la sorella.
Poi le due donne salgono in macchina.
L'auto parte.
La madre continua a salutare Marco dal finestrino.

51. LUNGOMARE. ESTERNO NOTTE.
Marco cammina tra la gente che passeggia. Non guarda nessuno, non vede nessuno, concentrato sui suoi pensieri.
Sull'altro lato della strada, un uomo sulla quarantina, lo segue, tenendolo d'occhio.
Per un po' i due uomini vanno avanti così, appaiati.
Poi Marco si accorge di essere seguito. Guarda l'uomo, che ricambia lo sguardo.
Marco riprende il cammino e quello continua ad andargli dietro.
Marco si ferma e anche l'uomo si ferma, continuando a fissarlo.
Marco attraversa deciso la strada e raggiunge l'uomo.

MARCO
(A brutto muso)
Ha bisogno di qualcosa?

SCONOSCIUTO
Io lo so chi sei.

MARCO
Che vuol dire?

SCONOSCIUTO
Lo so quello che hai fatto.
Marco rimane folgorato. Fa un gesto di esasperazione. Non regge più. E' troppo.

SCONOSCIUTO
Dobbiamo parlare.
Ma Marco non ce la fa ad affrontarlo, scuote il capo, si volta e torna indietro, fugge, riattraversando la strada.
L'uomo continua a seguirlo.
Marco accelera il passo, fino quasi a correre. L'altro continua ad andargli dietro.

52. LUNGOMARE E BAR. ESTERNO NOTTE.
Il goffo inseguimento continua.
Una voce all'improvviso richiama Marco.

KATIA (F.C.)
Signore...
Marco si volta e vede Katia che si sporge dalla zona tavolini di un bar e lo chiama. E' seduta assieme ad altri ragazzi della sua età.
Marco si ferma presso di loro, pensando che possa essere un diversivo, un ostacolo buono per tenere lontano l'inseguitore.
Katia lo raggiunge sulla strada.
Ma lo sconosciuto non si arrende: si è fermato dall'altra parte della strada e continua a guardare Marco.

KATIA
Beve una cosa con noi?

MARCO
Non lo so...
Marco guarda lo sconosciuto, è pallido. Riporta lo sguardo su Katia. La ragazzina sembra su di giri, un po' sopra le righe.

KATIA
C'è il mio ragazzo. Lasci almeno che glielo presento... Luca!
Un ragazzo alto, magro, abbastanza brutto, vestito con una certa ingenuità da duro si avvicina.

KATIA
Ecco questo è Luca... il mio ragazzo. Lui è il signore che m'ha fatto uscire ieri.
Luca stringe la mano a Marco.

LUCA
Grazie, ci ha salvato...
Marco li guarda col suo sorriso assente. Continua a tenere d'occhio l'inseguitore, che ricambia la sua attenzione, dalla parte opposta della strada.
Katia fa un cenno a Luca, come a dire: muoviti. Ma l'altro si tira indietro. Evidentemente avevano convenuto di chiedere qualcosa a Marco.

KATIA
Senta... avevamo pensato di chiederle una cosa... Ma se vuole dirci di no, non ci offendiamo.
Marco la guarda.

KATIA
(Arrossendo, ma decisa)
Glielo chiedo, dato che me l'ha detto lei... che potevo....

MARCO
Cosa?

KATIA
(Spavalda)
Se ci fa stare nella sua stanza, stasera.
Marco guarda Katia stupito, realizzando le sue parole.

MARCO
In camera, da me?

KATIA
Se no, in camera mia mio padre ci becca....
Marco guarda i due ragazzi, come cercando di metterli a fuoco.

KATIA
Non sappiamo dove andare....
Marco scuote il capo, in segno di diniego. Poi s'incammina, piantando in asso i ragazzi, senza nemmeno rispondere.
Katia fa un gesto di delusione.

LUCA
Te l'avevo detto io... Tu sei matta.
Ma fatti una ventina di metri, Marco si ferma. Guarda i ragazzi, guarda l'inseguitore, poi torna indietro, come un'anima in pena. Prende di tasca la chiave della stanza e la porge a Katia, incredula.

KATIA
Grazie... Vedrà che non facciamo casino.
Marco fa cenno di no col capo, col suo assurdo sorriso.

MARCO
Fate quello che vi pare.
Lo sconosciuto ha deciso di rompere gli indugi. Con fare deciso sta attraversando la strada per venire verso Marco.
Marco si volta e si avvia, quasi di corsa nella direzione opposta.
Lo sconosciuto gli tiene dietro.
Marco infila una delle scalette che portano alla spiaggia.

53. SPIAGGIA. ESTERNO NOTTE.
Marco scende sulla spiaggia, precipitosamente. Si volta. L'uomo che lo segue è fermo in cima alle scale che portano al lungomare e lo guarda.
Marco si allontana sulla spiaggia.
L'uomo scende le scale e lo segue.

54. SPIAGGIA E MAXISCIVOLO. ESTERNO NOTTE.
Marco accelera il passo. Non sa nemmeno lui dove andare. La situazione è fuori dal suo controllo.
Si mette a correre.
Inciampa, cade, si rialza.
Lo sconosciuto gli tiene sempre dietro.
Marco si guarda intorno in cerca di una via di fuga. E' allora che si accorge di essere vicino alla struttura spiraliforme del maxiscivolo dove ha nascosto la borsa con il coltello ed il portafoglio del padre.

MARCO
(Tra sè a denti stretti)
Il coltello....
Marco corre in quella direzione. Lo sconosciuto fa lo stesso.

55. SPIAGGIA. SOTTO IL MAXISCIVOLO. EST. NOTTE.
Marco si butta di corsa sotto al maxiscivolo. Fuori di sè, il fiato corto oper la tensione, battendo i denti cerca il punto dove ha nascosto la borsa, a ridosso della recinzione, sotto una curva del grande tubo di plastica.
Ma la sabbia è smossa. Qualcuno ha disseppellito la borsa.
Marco resta attonito, con gli occhi sbarrati....
... e poi la vede. La borsa è a terra, due metri più in là, tra altri rifiuti, cartacce, lattine di bibite, detriti lasciati dal mare..
La prende e la apre, cercando il coltello. Ma la borsa è vuota...
Marco non fa in tempo a rendersi conto di quello che accade. L'uomo che lo inseguiva gli è addosso, alle spalle e gli sferra un calcio violento alla schiena.
Marco cade a terra.
Lo sconosciuto infierisce su di lui con altri calci violenti, scomposti, disperati.
Marco rannicchiato in posizione fetale si protegge il viso con le braccia.
Lo sconosciuto ha il viso di un uomo comune, stravolto dalla rabbia. Ha ancora più paura lui di quanta ne abbia Marco.

SCONOSCIUTO
Bastardo... te le dò io tutte quelle che non t'ha dato tuo padre.... Bastardo!!!
Lo sconosciuto continua a colpire, finchè esausto non si appoggia alla rete di recinzione che circonda lo scivolo.

SCONOSCIUTO
(Ansimando, con le lacrime agli occhi per la rabbia e lo spavento)
Io ti ammazzo... se non ci lasci in pace.
Marco lo fissa inorridito, senza sapere che fare. Sputa sangue nella mano. Si alza lentamente a sedere, dolorante.

MARCO
(Attonito, sussurrando)
Ma chi sei tu? Che vuoi da me?
Lo sconosciuto perde il controllo ancora e gli assesta un altro calcio.

SCONOSCIUTO
Non ti azzardare a toccare mio figlio.
Marco lo fissa come allucinato. Non sa più cosa dire. Lo sconosciuto si guarda intorno, come temendo di essere visto assieme a Marco.
Lo sconosciuto gli si avvicina, rabbioso e disperato.

SCONOSCIUTO
Sono il padre di quel bambino. Lo vuoi capire?
Marco lo guarda, fuori di sé.

SCONOSCIUTO
Che volevi da lui ieri... al condominio?

MARCO
Niente...

SCONOSCIUTO
Perché allora sei tornato indietro? Perchè sei andato da lui... quando giocava? Volevi mettergli paura?

MARCO
Non capisco quello che dici.
Lo sconosciuto ha un brivido, non si capisce se di rabbia o di paura. La voce gli trema, mentre minaccia:

SCONOSCIUTO
Guarda che se fai male a mio figlio, io ti ammazzo. Hai capito?

MARCO
Tu sei matto.

SCONOSCIUTO
Quel giorno i bambini ti hanno visto. Loro non hanno capito chi sei... che sei l'assassino, ma io sì.

MARCO
Io non ho fatto niente.
Marco esita, poi:

MARCO
Bisogna stare attenti ad accusare.

SCONOSCIUTO
E' una minaccia?
Lo sconosciuto lo afferra e lo sbatte contro la recinzione.

SCONOSCIUTO
Allora perché non mi dici di andare alla polizia? Dimmi di andare alla polizia....
Marco non sa cosa dire, allucinato.
L'altro è quasi disperato quanto Marco. Prende fiato. Indica la borsa:

SCONOSCIUTO
Che avevi là dentro...? Che cercavi?

MARCO
Niente... Io non cercavo niente...

SCONOSCIUTO
Testa di cazzo... Io è una settimana che non ci dormo...
Lo sconosciuto fa un gesto di esasperazione.

SCONOSCIUTO
(Rabbioso, con voce rotta)
Li devo mettere in mezzo i miei figli? In questa porcheria... che non se la dimenticano per tutta la vita? Eh? Li devo mettere in mezzo?
Poi si allontana di scatto, senza una parola di più.
Marco si lascia cadere contro la recinzione, dolorante, sconvolto.
Guarda lo sconosciuto andare via, barcollante, nella luce bianca dei lampioni che illuminano la spiaggia.

56. SPIAGGIA ESTERNO NOTTE.
Marco cammina piano, faticosamente, sulla spiaggia. L'edificio chiaro della pensione è poco più avanti. Comincia a piovere.

57. PENSIONE E SPIAGGIA. ESTERNO NOTTE.
Marco arriva davanti alla pensione. Fa per salire le scalette che portano all'atrio dalla spiaggia, ma poi si ricorda di qualcosa. Porta la mano alla tasca. Si accorge che è vuota. Non c'è la chiave.
Guarda la facciata della pensione. La finestra della sua camera è illuminata, con le persiane accostate: Katia ed il ragazzo sono là dentro.
Marco, incurante della pioggia, resta sulla spiaggia a guardare quella finestra, dietro alla quale i due ragazzini fanno l'amore.

58. PENSIONE. VERANDA E AREA PARCHEGGIO. ESTERNO NOTTE.
Marco è seduto sulla veranda della pensione, da solo. Gli altri tavolini sono semideserti, bagnati, non c'è più nessuno. Per terra è pieno di pozzanghere, anche se ormai non piove più.
Poco dopo, dalla porta della pensione esce il ragazzo di Katia, che gli lancia un cenno di saluto e subito si allontana, di corsa.

59. PENSIONE. CORRIDOIO. INTERNO NOTTE.
Marco si avvicina alla porta della sua stanza, nel corridoio. Scopre che è accostata, aperta, la chiava è nella toppa.
Guarda la porta della camera di Katia, che è sbarrata. Entra nella propria.

60. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO NOTTE.
Marco va ad aprire i battenti della finestra, per cambiare aria.
Si ferma davanti al letto. E' stato rifatto alla meglio. Marco ci si siede sopra. Solleva le lenzuola.
Sul tessuto bianco ci sono due piccole macchie rosse di sangue, grandi come monete da cinquanta lire.
Marco le guarda per un po', corrugando la fronte. Per un attimo pensa che gli siano sfuggite, che quel sangue sia di suo padre.
Poi capisce che è di Katia.
Strappa le lenzuola dal letto e le getta a terra, in un groviglio.
Si sdraia sul materasso nudo. Prende i cuscini, li porta al viso, per sentirne l'odore e li getta assieme alle lenzuola, sul pavimento.

61. PENSIONE. BAGNO CAMERA MARCO. INTERNO NOTTE.
Più tardi. Marco vomita bile e sangue nel lavandino del bagno. Ha ripetuti conati. Spasmi dolorosi lo piegano in due. Si tocca la schiena dove ha ricevuto i colpi del padre dei bambini.
Si solleva a fatica. Torna in camera sua.

62. CAMERA MARCO. INTERNO NOTTE.
Nuovi, fortissimi dolori lo assalgono. Si appoggia al muro, cercando di controllarsi.
Ha uno scatto di rabbia disperata, come un animale intrappolato. Colpisce i muri con i pugni, ha la bocca spalancata, ma trattiene le grida, smozzicandole, per non farsi sentire. Si dibatte, in un silenzio sordo, come un animale in trappola.
Comincia a piangere, sordamente, dolorosamente, lamentandosi.
In quel momento si accorge che qualcuno lo osserva, dal terrazzino. Si volta bruscamente, rabbiosamente.

MARCO
(Esasperato)
Che c'è...
E' Katia. Vistasi scoperta, la ragazzina si fa avanti.

KATIA
(Timidamente)
Sono io... Ti senti male?

MARCO
(Sordamente)
Va' via...
Ma invece Katia si avvicina.

KATIA
Tu ti senti male... Vuoi qualcosa?

MARCO
No... non voglio niente.
Marco non risponde, fissandola. Il viso della ragazzina è lievemente congestionato, dopo la sua prima esperienza d'amore, gli occhi le brillano di stanchezza, di nervi, di eccitazione, di un miscuglio di sentimenti, che la segnano. Katia in quel momento ha una luce particolare. E' diventata bella.

KATIA
Piangevi per tuo padre?

MARCO
Non piangevo.

KATIA
Mica ti devi vergognare. A me piacciono gli uomini che sanno piangere, quando è il momento. Se no, vuol dire che uno non ha i sentimenti.

MARCO
Non piangevo... è solo che... mi sono sentito male.... ho mangiato qualcosa che m'ha fatto male...
La ragazzina sorride con indulgenza, quasi in modo materno. Non gli crede.

MARCO
(Riprendendo)
Ma tu mi spiavi.
Katia accavalla le gambe, sospira, nervosa.

KATIA
Non riesco a dormire... e poi mi piace guardare la gente... Io capisco un sacco di cose guardando.
Marco la fissa, senza più rabbia ormai. E' contento che la ragazzina sia lì. Tutto pur di non restare solo a pensare.
Katia fissa le lenzuola buttate a terra.

KATIA
Abbiamo fatto casino... scusa...
Si alza, le raccoglie e le porta sul terrazzino. Torna da Marco, si siede sul letto.

KATIA
Grazie che mi hai aiutato...
Marco la fissa, serio.

MARCO
E' stato bello?
Katia ci pensa su.

KATIA
Forse... sì... Mi aspettavo di più, però. Le cose sono sempre meglio quando te le immagini...
Lo fissa, sempre sorridendo.

KATIA
Lo sai che era la prima volta?
Marco, mentendo, fa un cenno negativo.

KATIA
Non m'ha fatto tanto male però...

MARCO
E lui... il tuo ragazzo... com'è stato?

KATIA
Normale... Aveva una faccia… (Ride, ripensandoci) un po' buffa.
Anche Marco ride.

KATIA
E tu ce l'hai la ragazza?
Marco sorride tra sè, di nuovo.

MARCO
(Di nuovo, mentendo)
... sì.

KATIA
Come si chiama?
Marco esita... poi sorride, suo malgrado, confessando la menzogna.

MARCO
... non me lo ricordo...

KATIA
Ma allora non è vero che ce l'hai...
Marco scuote il capo, sempre sorridendo.

MARCO
Non ce l'ho mai avuta una ragazza.
Katia è stupita.

KATIA
Ma come è possibile?

MARCO
Forse non mi vogliono...
Katia lo considera, con aria da intenditrice.

KATIA
Non è vero... sei un bel ragazzo tu.
Marco si stringe nelle spalle.

KATIA
...Mi stai prendendo in giro...

MARCO
No... ti ho detto la verità.

KATIA
Vuoi dire che non hai mai nemmeno... baciato una ragazza?

MARCO
No...
Katia lo fissa. C'è un silenzio. Katia ride un po' nervosamente.

KATIA
Bè, adesso ti lascio dormire...
Si alza, ma prima di andarsene esita. Marco continua a fissarla. Rapida, la ragazzina si china e gli dà un bacio sulle labbra.
Poi la ragazzina è in piedi, davanti a lui, imbarazzata, arrossendo, ma anche trionfante.

KATIA
(Con aria, traballante, da donna vissuta)
Non ci pensare più a cose brutte.
Katia scappa via attraverso la finestra. Marco resta solo. Un sorriso torto va e viene sulle sue labbra. Se le tocca come a sfiorare il ricordo della sensazione delle labbra di Katia sulle sue.

63. PENSIONE. SOLARIUM. ESTERNO GIORNO.
Abbandonato su una sdraio, Marco prende il sole.
C'è musica che viene dalla radio di un ombrellone vicino. A sprazzi, vengono le voci dei vicini che conversano di cose qualunque.
Marco riposa, si gode il sole, con l'abbandono inerte di un soldato in trincea, in attesa del prossimo combattimento.
Qualche ombrellone più in là, sta Katia assieme alle amiche ed al suo ragazzo.
Katia non guarda nemmeno Marco, tutta assorbita dalle sue cose.
Marco invece la guarda, poi si volta dall'altra parte. Chiude gli occhi, godendosi il sole e la risata della ragazzina, lontana.

64. PENSIONE. CAMERA MARCO. ESTERNO GIORNO.
Marco apre la porta della sua camera. Trova Rinaldi che lo aspetta, seduto sul letto. Marco si irrigidisce.

RINALDI
Conviene che ti vesti.... Dobbiamo tornare a casa di tuo padre.

MARCO
Perchè?

RINALDI
Per un esperimento...

MARCO
Posso rifiutarmi?

RINALDI
Il magistrato può emettere un'ordinanza, se vuoi.

65. CONDOMINIO PADRE. CORTILE. ESTERNO GIORNO.
La macchina con Rinaldi e Marco si ferma nel cortile del condominio. Scendono.
Ci sono altre due macchine della polizia e poliziotti che attendono.
Marco esita, guardando tutto quello schieramento di polizia...
Poi alza gli occhi verso il terrazzo da cui, qual giorno gli è stata mandata la luce negli occhi...
Anche sul balcone c'è movimento, figure che entrano ed escono... poliziotti!
Marco angosciato incontra lo sguardo di Rinaldi.
Rinaldi lo prende per un braccio, quasi sorreggendolo, e lo accompagna dentro al condominio.

66. APPARTAMENTO PADRE. COMPLESSO. INTERNO GIORNO.
Rinaldi apre la porta dell'appartamento, che è solo accostata. Lui e Marco entrano nell'appartamento. Dentro si sente il suono di alcune voci sconosciute.
In fondo, davanti alla stanza di Marco bambino, ci sono già degli altri poliziotti tra cui Gatti e delle persone in borghese. Marco li guarda senza capire chi siano.
Il resto dell'appartamento è in penombra, con le serrande abbassate. Dalla stanza dei bambini invece filtra nel corridoio la luce brillante del giorno.

RINALDI
Vieni qua... mettiamoci in soggiorno.
Vanno a sedersi sul divano.

MARCO
Chi sono?

RINALDI
Persone che servono per questa prova che dobbiamo fare... C'è da aspettare un po'.

MARCO
Che prova... che mi dovete fare?
Rinaldi fa un gesto come a dire, "non chiedermelo". Offre una sigaretta a Marco, che rifiuta con un gesto.

RINALDI
Sono stato al tuo paese...
Marco lo guarda ansioso, rabbioso. Rinaldi invece è gentile, per tutto il colloquio, gli parla come un amico.

RINALDI
Ho parlato con lo psicologo che ti aveva in cura.
Marco fa uno sbuffo sarcastico.

RINALDI
Non ti ha aiutato?
MARCO
Non mi piaceva.

RINALDI
C'è qualcuno che ti piace?
Marco non risponde.

RINALDI
Perchè hai interrotto la cura?

MARCO
Che cosa ti ha detto lui?

RINALDI
Qualcosa... Non molto... E' tenuto al segreto.
Marco si rilassa appena. Continua a spiare gli strani movimenti dall'altra parte della casa. Persone entrano ed escono dalla stanza del padre e da quella di Marco ed Elena bambini. Rinaldi riprende.

RINALDI
Mi hanno detto di più gli altri... i tuoi amici... Anche se non hai molti amici...
La tensione torna sul viso di Marco

MARCO
Che cosa ti hanno detto?

RINALDI
Che a un certo punto sei cambiato... Sei diventato un altro...
Fissa Marco.

RINALDI
Mi hanno detto che non hai mai avuto relazioni sentimentali... di nessun tipo.... Mai innamorato... neanche da ragazzino...

MARCO
E' una colpa?
Rinaldi fa una pausa. Quando parla cambia tono, gli si avvicina, il suo tono diventa confidenziale, quasi quello di un confessore o di un fratello maggiore.

RINALDI
Che cosa ti era successo? Dimmelo se vuoi che ti aiuto... Io lo so che tu... che tu non sei un delinquente... Lo so che c'è... un altro motivo.
Marco lo fissa, in trappola. Ora è chiaro che Rinaldi lo ritiene colpevole e non lo cela nemmeno più. Ma scuote il capo.

MARCO
Io non ho fatto niente. Non c'è nessun motivo...
Ma Rinaldi non si arrende.

RINALDI
Se tuo padre ti aveva fatto qualcosa... di male... è una cosa che ti può aiutare.... a questo punto.
Gli lancia un'occhiata significativa, alludendo al corridoio.

RINALDI
Li abbiamo trovati, Marco... i bambini... Lascia che ti aiuti... Dimmi che cosa ti aveva fatto tuo padre... So che se lo hai fatto è perchè sei malato...
Ma Marco scuote ancora, recisamente il capo.
Gatti dal fondo del corridoio fa un cenno a Rinaldi.

RINALDI
Ecco, possiamo andare.
Rinaldi si alza e fa strada a Marco.
Marco esita, colto da una paura quasi irrefrenabile per quello che sta per capitargli. Guarda Rinaldi quasi supllicando.

MARCO
Ma che devo fare? Che volete da me?
Rinaldi gli indica la porta della sua stanza da ragazzo.

RINALDI
Entra lì...
Marco entra nella stanza. Rinaldi lo segue.
Nella stanza ci sono altri Gatti e un altro poliziotto.

RINALDI
Aspetta qua.

MARCO
Ma cosa devo fare?

RINALDI
Un confronto...
Marco lo fissa allucinato. Rinaldi lo guarda, quasi con dolcezza, con comprensione, nello stesso tono fraterno di prima. Gli mormora all'orecchio:

RINALDI
Presto sarà tutto finito.
Marco resta paralizzato.
Uno dei poliziotti mormora qualcosa a Rinaldi.

RINALDI
Scusa un attimo.
Rinaldi esce. Marco, nervosissimo, aspetta, vicino alla parete opposta a quella dove stanno i poliziotti.
Entra un altro poliziotto con un uomo sconosciuto malvestito, d'aspetto slavo. L'uomo viene fatto aspettare dalla parte opposta della piccola stanza. Lo sconosciuto e Marco si guardano con la stessa aria sperduta. Marco non lo può riconoscere, ma è il barbone che dormiva in spiaggia vicino al maxiscivolo dove lui ha nascosto la borsa con il coltello.
Rinaldi rientra nella stanza. Ha un walkie-talkie e sta ascoltando qualcosa che gli dicono.

RINALDI
Ecco, ci dovremmo essere. Marco, alzati e mettiti davanti alla finestra, per favore.
Marco obbedisce, esitante.

RINALDI
(Ascoltando gli ordini al walkie-talkie)
Un altro passo... ecco, fermo lì.
Fa un cenno a Gatti, che fa scorrere la tenda che copriva la finestra. L'esterno si rivela, come su un palcoscenico su cui si sia alzato il sipario.
Marco solleva gli occhi verso il palazzo di fronte.
Sul terrazzo di fronte sta il procuratore, assieme ai due bambini che lo hanno visto il giorno del delitto ed al padre, l'uomo che Marco ha incontrato sulla spiaggia.
A dispetto della solennità del momento, i bambini non vogliono star fermi, ridono e scherzano, scappano da tutte le parti e si inseguono.
A Rinaldi viene da sorridere. Marco invece fissa la scena allucinato.
Il procuratore dice qualcosa che non si sente, in tono severo. Il padre dei bambini interviene a voce alta, nervosa che si ode fino a lì:

PADRE DEI BAMBINI
Giacomo, Maria... Basta! Fate come quel giorno e basta! Se no, oggi finisce male!
I bambini si chetano a fatica.

PADRE DEI BAMBINI
Fate tutto come quel giorno.
Si avvicinano al davanzale e guardano Marco, che guarda loro.
Il ragazzino solleva qualcosa che luccica, lo specchio.
Una macchia di luce bianca, abbagliante colpisce la parete, dietro Marco, poi la sua spalla. Vacillando, la luce cerca il viso di Marco, guidata dal bambino, sale sul collo, sulla guancia... Mentre la luce gli cerca gli occhi, Marco è certo di essere perduto.
Ma, prima che possa illuminargli appieno la faccia, la luce muore.
Marco non capisce perché, alza gli occhi: una nube ha oscurato il sole.
Il bambino guarda il magistrato, che fa cenno che non importa.

PADRE DEI BAMBINI
Guardate bene... ricordatevi se è lui...
I bambini guardano Marco, parlottano tra di loro. Marco li fissa. Poi dicono al magistrato qualcosa che non si capisce.
Il magistrato annuisce. Porta un walkie-talkie eguale a quello di Rinaldi alle labbra. Rinaldi ascolta nel suo apparecchio.
Tutto comincia a muoversi più in fretta.
Rinaldi non è convinto di quello che sente. Protesta.

RINALDI
Ma come?... Sono sicuri? Hanno guardato bene? Forse dobbiamo ripetere la prova... (Arrendendosi) Va bene... Va bene...
Rinaldi si volta, scuro in viso, verso Marco.

RINALDI
Bene... Tu, Marco puoi andare.
Marco è altrettanto stupito di Rinaldi.

MARCO
(Smarrito)
Dove?...

RINALDI
(Rabbioso)
In albergo... dove ti pare...
Rinaldi fa un cenno a Gatti, che scorta Marco verso la porta.
Prima di uscire, Marco lancia un'occhiata nella stanza.
L'altro uomo è stato messo davanti alla finestra, dove stava lui.
Il sole è tornato e la luce dello specchio colpisce in pieno il viso dell'altro uomo, adesso.

67. PENSIONE. ESTERNO GIORNO.
Marco scende dall'auto di Gatti, che resta seduto al suo posto e fa per andare via.
Marco è incredulo di essere lì, libero, nel cortile della pensione.

MARCO
Ma cosa devo fare adesso?

GATTI
Niente... puoi fare quello che vuoi.

MARCO
Che vuol dire?

GATTI
Che puoi stare tranquillo...

MARCO
Che vuol dire stare tranquillo?

GATTI
Che te ne puoi pure tornare a casa...

MARCO
Ma che significa? Prima... Che è successo?

GATTI
(Uscendo)
Non so che dirti... Domani magari puoi parlare col magistrato.
Gatti parte, lasciando Marco da solo.

68. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO GIORNO.
Marco è al telefono.

MARCO
Io lo devo trovare... devo parlarci... è urgente... Devo... avere una spiegazione. Se non con lui col giudice... Mi dica dove posso trovarlo... Va bene... se è il suo giorno libero vado io... Lo chiami lei se non mi può dare il numero e gli chieda se va bene... Io non so cosa fare, capito? (Perdendo la pazienza) Prima mi hanno detto che dovevo restare qua, a disposizione... Adesso... Voglio sapere cosa devo fare...

69. CONDOMINIO RINALDI. BALLATOIO. EST. GIORNO.
Marco cammina lungo un ballatoio su cui si aprono gli ingressi di una serie di villette a schiera.

69BIS. CASA RINALDI. CORTILE POSTERIORE. ESTERNO GIORNO.
Nel cortile posteriore della sua casa, Rinaldi sta riposando su una sedia a sdraio. Ai suoi piedi giocano con un cane due bambini, un maschio ed una femmina con la madre, una ragazza comune, già un po' sfiorita.
Rinaldi ha l'aria molto stanca.
Marco in piedi, sul cancello, lo guarda, da qualche metro di distanza. Anche lui ha l'aria stravolta. Come sentendo lo sguardo dell'altro fisso su di lui, Rinaldi apre gli occhi, si volta e nota finalmente la presenza di Marco.

RINALDI
Che cosa vuoi?

MARCO
Sono tuoi?
Indica i bambini.

RINALDI
(Con riluttanza)
Sì.

MARCO
Sono belli.

RINALDI
Che c'è?

MARCO
Non ho saputo niente... Gatti ha detto che me ne posso andare...
Rinaldi guarda la moglie e i bambini.

RINALDI
(Alla moglie)
Esco un momento...
La moglie di Rinaldi fa un cenno di saluto. Rinaldi esce con Marco.

69TER. CONDOMINIO RINALDI. BALLATOI. ESTERNO GIORNO.
Rinaldi e Marco camminano, uno a fianco dell'altro. Davanti a loro corrono i due bambini di Rinaldi, con il loro cane.

RINALDI
Non sei contento... che te ne puoi andare?

MARCO
Che è successo là?... Con quei bambini?

RINALDI
E' successo che te ne puoi tornare a casa... alla tua vita.

MARCO
Ma perché?

RINALDI
(Sarcastico)
Perché abbiamo preso il vero assassino.
Marco lo guarda muto, senza saper cosa dire.

RINALDI
...Quell'altro, quello che ha fatto il confronto dopo di te. I bambini l'hanno riconosciuto.
Marco continua a tacere, annichilito.

RINALDI
Lo abbiamo fermato con il portafoglio di tuo padre in tasca.

MARCO
Aveva il portafoglio di mio padre!

RINALDI
Dice che l'ha trovato in spiaggia. Ma naturalmente non gli crede nessuno. La testimonianza dei bambini poteva ribaltare tutto... Ma... hanno confermato...
Guarda Marco, che abbassa gli occhi.

RINALDI
Sono solo... bambini.
C'è una pausa.

MARCO
... Chi è? L'assassino chi è?

RINALDI
Un poveraccio che dormiva in spiaggia. Ha pure precedenti per furto.
Marco continua a tacere, assorbendo il colpo.

69QUATER. CONDOMINIO RINALDI. DISCESA VERSO IL PARCO. ESTERNO GIORNO.
Ora i due uomini camminano lungo una rampa che porta ad un piccolo parco schiacciato contro la strada provinciale..

RINALDI
Insomma te ne puoi tornare a casa tua...
Rinaldi fa una risatina amara.

RINALDI
Ormai l'inchiesta è chiusa.
Marco è incredulo. Rinaldi si rianima.

RINALDI
Ti fa effetto, immagino?
Marco lo guarda senza capire.

RINALDI
Che l'abbiamo preso. Siamo stati bravi.

MARCO
Sì, mi fa effetto. Ma perché lui ha....?

RINALDI
(Parlando come se fosse il primo a non crederci)
A scopo di rapina. E' entrato nell'appartamento per rubare. Tuo padre l'ha sorpreso. C'è stata una colluttazione...
C'è una nuova pausa. Rinaldi si ferma. Guardando Marco.

RINALDI
Lo sai che mancava per sospettare fino in fondo di te? Il motivo...
Marco lo guarda.

RINALDI
Sì, c'era l'appartamento. La tua quota: quei cento, centocinquanta milioni...
Marco lo fissa.

RINALDI
Ma per me tu non sei uno che ammazza per centocinquanta milioni.
Marco non dice niente.

RINALDI
E così sono andato a cercarlo il vero motivo... a casa tua, dai tuoi amici.... dal tuo dottore... Me la sono davvero presa a cuore...
Rinaldi sorride, in modo provocatorio.

RINALDI
Mi ero fatto tutta una mia... una mia idea su di te... Nel mio lavoro ne incontro tanti di... cosiddetti diversi... Ma tu... tu sei speciale... E così... me l'ero presa a cuore.

MARCO
Che cos'ho di speciale?

RINALDI
Che se hai ammazzato l'hai fatto... per una ragione vera... una ragione tua... non per i soldi...
Marco continua a fissarlo.

MARCO
Ma io non ho ammazzato.

RINALDI
Sì, ma... diciamo così... come se fosse un gioco... Ormai me lo puoi dire... perchè l'avresti fatto?

MARCO
Io non l'ho ammazzato.

RINALDI
Per gioco... Diciamo che qualsiasi cosa dici qua... è detta per scherzo.
Marco esita, guardando Rinaldi. Il poliziotto gli indica una panchina nel parco, davanti ad alcuni vecchi giochi per bambini.

RINALDI
Vieni... Sediamoci là.

69QUINQUIES. CONDOMINIO RINALDI. PARCO. ESTERNO GIORNO.
Marco e Rinaldi si siedono sulla panchina. Rinaldi comincia a parlare velocemente, quasi avesse paura che il momento magico tra lui e Marco finisca.

RINALDI
Mi ero immaginato di tutto, sai... Che magari.. che ne so? Che la colpa vera era di tuo padre... che ti aveva fatto qualcosa... Ti aveva violentato da piccolo...
Rinaldi sorride ironicamente, ma i suoi occhi sono seri. Marco a sua volta lo guarda. Le sue labbra si allargano a loro volta in un torto sorriso.

RINALDI
E' così? Ti aveva fatto qualcosa?
Marco sorride, indeciso. Poi mormora:

MARCO
Sarebbe stato meglio...

RINALDI
Se ti avesse violentato?

MARCO
Stiamo parlando per scherzo?

RINALDI
Sì, per scherzo.
Marco esita...

RINALDI
Qualcosa ti aveva fatto... Lo odiavi.
Marco ci pensa, un sorriso sale alle sue labbra e scompare. Desidera parlare quasi quanto il poliziotto desidera sapere.

MARCO
Sì... era successo... un fatto...

RINALDI
Quando?

MARCO
Quando ero... quando avevo dodici anni...

RINALDI
Che cosa?

MARCO
Papà mi aveva...
Sorride nervosamente. Sbircia Rinaldi. Finalmente:

MARCO
Mi aveva visto.

RINALDI
Ti aveva visto?

MARCO
(Esitando, poi con un torto sorriso)
Mi aveva visto fare qualcosa...

RINALDI
Cosa?

MARCO
Una cosa... sporca...
C'è una pausa.

MARCO
Una cosa... brutta... Una cosa... vergognosa...
Cade un silenzio. Marco aggiunge, quasi a spiegare:

MARCO
Ero piccolo... avevo dodici anni. Magari se fosse successo dopo... quando fossi stato più grande sarebbe stato diverso.
Rinaldi fissa Marco senza capire dove voglia arrivare.

RINALDI
Eri con... qualcuno... ?... Qualcuno che ti aveva costretto?
Marco si limita a sorridere.

RINALDI
Ma che cos'era? Che cosa... facevi...?
Lo guarda negli occhi. Confessa con un sorriso disarmante, quasi di scusa.

MARCO
Non riesco a dirlo...
Marco esita, sempre con quello strano sorriso, poi riprende. Torna alla scena del passato, come se la vedesse.

MARCO
Credevo che non ci fosse nessuno in casa... e invece mio padre è entrato... E mi ha visto... Mi ha guardato... mentre ero... in quel modo. E poi... è scappato.... Ma io ho continuato a vedermi... con i suoi occhi...

RINALDI
Ti ha punito?

MARCO
(Con un sorriso cattivo)
No... non ha fatto niente... Non ha mai detto niente... Ha fatto finta di niente.
Una lunga pausa.

MARCO
Ma c'erano delle volte... anche a distanza di anni... magari quando litigavamo... che, se pure non ne parlava... mi guardava... mi guardava in quel modo... come a dirmi... "Io lo so chi sei veramente..."
Il ricordo ancora accende gli occhi di Marco di rabbia.

RINALDI
E per questo lo hai ammazzato...?

MARCO
(Con un debole sorriso)
Io non ho ammazzato nessuno... E' un gioco, no...? Stiamo... giocando... Magari mi sono inventato tutto... Magari non era mio padre che mi aveva visto fare qualcosa… forse ero io che avevo visto lui… o forse avevi ragione tu… era lui che mi aveva fatto qualcosa di male… Magari non lo so nemmeno io...
Marco sorride appena. Rinaldi lo fissa sconcertato.

MARCO
Perché vai a cercare un motivo? Pensi davvero che serva un motivo?

RINALDI
Ci vuole un motivo per uccidere.
Marco sorride, e il suo sorriso è pieno di dolore. Rinaldi lo fissa a lungo, comprendendo, sentendo qualcosa di terribile, in quel sorriso.

RINALDI
Ci vuole un motivo!
Il silenzio di Marco perdura, poi mormora, in modo appena udibile.

RINALDI
A meno che uno non sia malato... che non sia pazzo…
Rinaldi lo fissa.
Marco si guarda intorno.

MARCO
Sì... forse sono stato malato... Non lo so... Nemmeno quello là, il dottore sapeva dirmelo...Secondo lui siamo ntutti malati in un modo o nell'altro...
Guarda Rinaldi.

MARCO
E' comodo... dare la colpa alla malattia. Fa sentire meglio tutti.
Rinaldi tace agghiacciato da quelle parole e dal tono di Marco. Dopo una pausa Marco riprende.

MARCO
Dopo quella cosa con mio padre... Sono stato tanto tempo da solo... Niente emozioni, niente interessi... niente di niente. Era come stare chiusi sotto una campana di vetro... senz'aria... Ma stavo in pace... non soffrivo. Ero solo.
Marco guarda le bambine di Rinaldi che giocano chiamando il loro cane.

BAMBINE DI RINALDI
Bobby… Bobby…

RINALDI
E non c'era niente che ti... che ti interessava... che ti teneva vivo...

MARCO
C'erano... i pensieri... ci stai dentro per giorni... mesi.... Fantasie...

RINALDI
Che fantasie?

MARCO
Fantasie...
Si stringe nelle spalle.

MARCO
Fantasie... di morte... Abbiamo dentro cose... che stanno in basso... cose a cui non pensiamo mai... ma che aspettano solo di venire fuori... Basta essere deboli… e soli… Avere le difese abbassate. E' come una voce che ti sta nell'orecchio…
Marco lo fissa con occhi disperati. Rinaldi ha un brivido.

MARCO
E se le ascolti abbastanza a lungo… ti incanta… Pensi che sia possibile… che sia facile… che devi farlo... perchè sarebbe una liberazione dalla campana di vetro…
La sua voce cambia.

MARCO
Ma se lo fai… è diverso… è diverso da come te lo sei immaginato… Non è facile... Non ti libera... E'… terribile.
Rinaldi lo fissa. Riprende, piano.

RINALDI
E ora?
Marco lo guarda e il dolore traspare dai suoi occhi.

MARCO
Ora è peggio... Prima non sentivo niente... Ora sento tutto... La luce, i rumori... Guardo la gente... e li invidio... Non lo sanno come sono fortunati... Prendono il sole... Pensano…
Marco sorride, con dolcezza.

MARCO
Pensano a innamorarsi….
Rinaldi tace a lungo, poi lo fissa, serio.

RINALDI
E così hai ammazzato per niente.
Marco si sforza di sorridere.

MARCO
Ma io non ho ammazzato… era tutto uno scherzo no…
Rinaldi ignora quella battuta.

RINALDI
Tu non sei malato... Tu... l'hai fatto... l'hai fatto per niente...
Marco si limita a guardarlo.

RINALDI
Come puoi reggerlo, ora che lo sai? Come fai a reggerlo?
Rinaldi scuote il capo.Si alza bruscamente dalla panchina e se ne va verso casa, seguito dalle sue bambine. Marco resta solo, sulla panchina.

70. PENSIONE. ESTERNO GIORNO.
Marco, rientra nel parcheggio della pensione.
Nota che ai piedi della veranda i camerieri della pensione, guidati dal gestore stanno allestendo un piccolo palcoscenico. Tendono file di lampadine tra i pali e gli alberi, dispongono sedie e tavolini nel parcheggio, sgombrato dalle macchine.
Il gestore si avvede di Marco. Illuminandosi, gli va incontro e lo abbraccia e bacia sulle guance, con sincero calore.

GESTORE
Allora, ha visto che l'hanno preso... L'ha detto anche la televisione. Era un ladro.
Marco annuisce. Il gestore scuote la testa, amareggiato.

GESTORE
E per quanto...? Per poche lire, magari?
Marco annuisce appena. Fa un gesto circolare a indicare i preparativi.

MARCO
Che cosa...

GESTORE
Stasera facciamo una festa... Ma finiamo per mezzanotte, se deve riposare...
Marco fa un cenno del capo e rientra nella pensione.

71. MINIMARKET. INTERNO SERA.
Marco spinge un carrello nel minimarket.
Prende dagli scaffali bottiglie di liquori, confezioni di birra, riempiendo il carrello, preso da una cupa e teatrale, solitaria smania di esagerazione.
Poi si ferma davanti all'angolo dei casalinghi.
Davanti a sè, appeso a una rastrelliera sono in offerta dei coltelli.
Dopo una esitazione, Marco ne prende uno dalla lama ripiegabile e lo mette nel carrello.

72. PENSIONE. CAMERA MARCO. INTERNO SERA.
Il coltello aperto, affilato è sul tavolino della camera della pensione.
Marco è al tavolino, stordito, istupidito dall'alcool.
Ha davanti due o tre fogli su cui ha cercato di scrivere, il biglietto di cui gli ha parlato Rinaldi, ma senza riuscire a terminare.
Ora sta tentando di nuovo...
Da fuori vengono rumori della festa in corso, voci, risa, qualche prova dell'impianto di amplificazione.
Squilla il telefono. Marco raggiunge il telefono e risponde.

MARCO
Pronto?... Chi? No... mandatela via... Ditele che sto male...
Ci ripensa.

MARCO
No... adesso vengo...
Marco prende il coltello dal tavolo, lo chiude, lo mette in tasca ed esce.

73. PENSIONE. VERANDA E PARCHEGGIO. ESTERNO NOTTE.
Marco esce sulla veranda della pensione. La veranda e la zona parcheggio, sgombra di macchine per l'occasione, sono piene di gente. Di lì a poco, sul piccolo palco allestito, inizierà uno spettacolo, che non è ancora cominciato.
Marco cammina tra la gente, tenendosi un po' in disparte.
Il gestore della pensione lo nota e gli si affianca.

GESTORE
Buonasera...

MARCO
Dov'è?

GESTORE
E' là... l'ho fatta accomodare a quel tavolo.
Marco guarda nella direzione che il gestore gli indica. Ad un tavolino sta seduta Maura, la donna del padre.
Marco guarda Maura, scontento.
Poi si avvia verso di lei.
Camminando, nota Katia che sta in mezzo ad un gruppo di ragazzine della sua età, più vicino al palco. Katia è vestita e truccata per l'occasione, come una ragazza più grande, in un modo appariscente e provocatorio, da discoteca. I suoi modi sono un po' artificiosi. Ma questo fa risaltare di più la sua giovinezza, la sua inadeguatezza al ruolo che vuole giocare.
Fa un cenno di saluto a Marco, che risponde allo stesso modo.
Marco si avvicina a Maura, che quando lo vede si alza in piedi. Gli va incontro e lo abbraccia goffamente, baciandolo sulle guance con imbarazzo. Marco resta freddo.

MAURA
Ciao, Marco.

MARCO
Ha preso qualcosa? Vuole qualcosa da bere?

MAURA
Ma mi dai del lei?
Marco non risponde. Si siedono.

MAURA
Mi dispiace di averti... ma appena ho saputo la notizia... Allora è stato uno straniero...? Per i soldi...
Marco annuisce.

MAURA
Tua madre come l'ha presa?

MARCO
Non lo so. Non ci ho parlato.
Maura lo guarda sgomenta.

MARCO
(Spiegando)
Non me la sentivo. Sono stanco. Molto.

MAURA
(Squadrandolo)
Non stai bene?

MARCO
No... sto bene... benissimo.
C'è un silenzio. Maura non sa cosa dire.
Marco non la guarda, sembra distratto, non pienamente in sé. Osserva il ragazzo di Katia che è appena entrato.
Non è solo, è con un gruppo di altri ragazzotti del posto e stringe alla vita una ragazza dall'aria volgare, non Katia.
Marco è sorpreso. Cerca Katia con gli occhi.
Anche Katia ha visto Luca con l'altra ed è impietrita.
La voce di Maura riporta Marco alla realtà.

MAURA
Sono venuta perché… dovevo dirti una cosa…
Marco si volta a guardarla.

MAURA
E' una cosa che… non mi fa dormire.. da quando è successo… Io… Io ti devo chiedere perdono… di una cosa… Avrei voluto… chiederlo a lui… ma…
Lo fissa, facendosi forza.

MAURA
Lo sai che io e tuo padre… che io lo stavo per lasciare?
Questo fa voltare Marco, che la fissa, sorpreso. Maura trattiene il pianto, di forza, ma i suoi occhi la tradiscono.

MAURA
Era un po' che ci pensavo…
Marco scuote il capo.

MAURA
Non gliel'ho mai detto… ma litigavamo… e lo tenevo a distanza… così lui… forse l'aveva capito… Lui ci soffriva… Forse mi piaceva un po', tenerlo sulla corda… Hai capito come sono fatta?
Maura si sforza di sorridere...

MAURA
Che ci vuoi fare... E così sono venuta a chiederti... scusa... per lui...
Marco non reagisce, pietrificato. Maura si pente di ciò che ha detto.

MAURA
Quanto sono stupida… dimentica… Dimentica quelo che ho detto…
C'è un silenzio più lungo. Maura si accorge che Marco ha abbassato gli occhi, pietrificato da quela confessione, da quel senso di colpa, tanto più nobile del suo. Scambia lo sbalodimento del ragazzo per freddezza. Cambia tono, offesa.

MAURA
(Secca)
E poi te… hai problemi più gravi a cui pensare…. Scusami.
Maura si alza per congedarsi, seccamente. Gli tende la mano, che lui stringe.

MAURA
Allora ciao...

MARCO
Arrivederci.
Maura si allontana, zoppicando leggermente. Marco lo nota, ricordandosi di qualcosa che gli ha detto il padre.

MARCO
Perché... zoppichi?
Maura sorride, come se fosse un'osservazione che le fa piacere.

MAURA
Ho una gamba un po' più corta dell'altra. Ci sono nata. Ma non mi dà fastidio... Solo invecchiando, sarà doloroso.
Marco annuisce. Maura sorride di nuovo, nel suo modo imbarazzato e si allontana.

STACCO
Marco si muove tra la gente che si diverte, assorto. Guarda Katia e Luca, che stanno litigando, in un angolo. Non può sentire cosa dicono, ma la mimica è eloquente.
Luca cerca di trattenere Katia, ma Katia se lo scrolla di dosso e si allontana. Quasi scappa. Luca non la segue. Torna verso il suo gruppo di amici e verso la sua nuova ragazza.
Intanto è cominciato un movimento sul palcoscenico.
Parte una musica che evoca arcane suggestioni. A Marco sembra di ricordarla. Si volta.
Sul palcoscenico è salito il gestore della pensione, con un uomo di mezza età, in un logoro smoking. C'è anche una donna magra magra, in un costume pateticamente provocante.

GESTORE (AL MICROFONO)
Bambini adesso uno spettacolo per voi.... ma anche per i grandi... Il mago Cilindro!
Il gestore tende all'uomo in smoking il microfono.

MAGO
(Completando la presentazione)
E la mia assistente...: Bacchetta.
Applausi del pubblico.
Marco si rende conto che si tratta dello stesso spettacolo messo in scena mentre uccideva suo padre.

MAGO
Signori e signori, cari bambini... potrei stupirvi con i soliti trucchi... conigli e colombe...
Dicendo questo fa uscire dal cappello a cilindro un coniglio bianco e due colombe.
Il pubblico applaude.

MAGO
Ma posso fare molto di più... Grazie alla forza magnetica dei miei occhi posso esaudire il vostro più grande desiderio. Ma mi serve un volontario... Chi vuole venire?
Il mago percorre con gli occhi la folla intimidita e ridente. Sentendo gli occhi di Marco fissi su di sé, quasi inorriditi, si sofferma su di lui.

MAGO
Lei, vuole venire lei?
Marco fa cenno di no, con il capo. Tutti applaudono e lo incoraggiano.

MAGO
Avanti, non sia timido.
Marco cede. L'assistente Bacchetta è scesa accanto a lui e lo prende sottobraccio, portandolo verso il palco.
Marco si accorge che la donna è molto più vecchia di quel che sembra. Il suo viso, incipriato è quello di una persona di mezza età.
Marco sale sul palco. Il mago gli stringe la mano.

MAGO
Come si chiama?

MARCO
Mantovani Marco.
Marco ha la luce dei riflettori negli occhi. Si protegge con la mano.
Guarda la gente del pubblico, nascosta dietro la luce, che lo fissa, ridente.
Vede Luca ed i suoi amici andare verso la spiaggia.

MAGO
Caro Marco, lei ha un desiderio, un sogno tanto grande che non osa nemmeno confessarlo a se stesso?
Marco guarda il mago come tentando di metterlo a fuoco.

MAGO
Ci pensi bene. E' un'occasione che non si ripeterà più.
Si vede che Marco ci pensa. Poi scuote il capo.

MAGO
Ma come... Tutti abbiamo un desiderio.
Marco guarda il pubblico.

MARCO
(Sinceramente, quasi con umiltà)
Scusate....

MAGO
Anche una cosa impossibile... la più impossibile... O forse si vergogna?
Marco lo guarda.

MARCO
Sì... mi vergogno.

MAGO
Allora è qualcosa di proibito! Me lo dica in un orecchio...
Un sorriso affiora sulle labbra di Marco.

MARCO
Vorrei andare in Paradiso.
Una serie di esclamazioni divertite accolgono quella richiesta.
Il mago corruga la fronte.

MAGO
E' difficile. Ma si può fare. Silenzio, per favore...
Pone le mani sulle tempie di Marco, guardandolo fisso.

MAGO
Guardami! Guardami! Guardami!
Marco fissa gli occhi del mago, scuri, incerti, nel volto d'uomo qualunque, bianco di trucco.

MAGO
Conterò fino a cinque... Al cinque sarai in Paradiso….
Marco non può trattenersi dal sorridere col suo sorriso amaro. Scuote il capo brevemente, quasi si scusasse. Batte sulla spalla del mago e scende dal palcoscenico, senza parole, senza aspettare il risultato del ridicolo esperimento.
Il mago, piantato in asso, stizzito, lo rincorre, quasi lo insegue.

MAGO
Aspetta...
Quasi di forza, il mago, lo costringe a fermarsi.

MAGO
(Quasi con rabbia)
Ti porti via qualcosa che non è tuo.
Gli pone una mano dietro la nuca e ne trae un mazzo di carte aperte a ventaglio.
Il pubblico applaude.
Marco si divincola dalla stretta del mago, che lo tiene per la manica.
Bruscamente, scende tra la gente, senza più guardare il mago, che recupera, con un sorriso.

MAGO
Ora mi serve un nuovo volontario...
Marco si fa largo tra la folla.
Vede una delle amiche di Katia, quelle che erano con lei all'inizio della festa.

MARCO
Dov'è Katia?

RAGAZZA
E' sparita... Mi sa che se n'è andata....
Marco lascia la ragazza e si guarda intorno, un po' spaesato.
Poi va verso le scale che scendono alla spiaggia.

74. SPIAGGIA. ESTERNO NOTTE.
In spiaggia. su di un lettino Luca sta baciando la ragazza volgare, con cui è venuto alla festa.
Marco gli si ferma davanti.

LUCA
Ma che vuoi?

MARCO
Dov'è Katia?

LUCA
(Sgarbatamente)
E che ne so io?
Marco con uno scatto di rabbia tira un calcio al lettino su cui sono sdraiati i due.

LUCA
Oh, ma che sei matto?
Marco si è già allontanato.

75. PENSIONE. LIMITARE AREA PARCHEGGIO. ESTERNO NOTTE.
Katia sta sola, in fondo al parcheggio, tra le macchine che sono state ammucchiate lì, per far posto allo spettacolo.
Non piange più, ma ha la faccia gonfia, imbruttita, dalle lacrime che ha versato.
Marco le arriva davanti e lei lo accoglie con un gesto infastidito, non vorrebbe vederlo, soprattutto non vorrebbe essere vista, mentre soffre.
Marco la guarda, con la sua aria stralunata.

MARCO
Non te la devi prendere per quello. E' uno stronzo.
Katia trova insopportabili le parole e la presenza di Marco.

KATIA
Nemmeno qua posso stare in pace?
La ragazzina fa per andarsene, ma Marco le si para davanti, sbarrandole la strada.
La ragazza si ferma, sorpresa e un po' spaventata dall'aria di Marco.
Il viso del giovane è illuminato da una luce dolorosa, disperata. Parla in fretta, in modo accorato, sincero.

MARCO
Non ci devi pensare a quello.... Non devi piangere. Tu non lo sai quanto sei felice… Non lo sai quello che hai…
Katia lo guarda stupita.
Marco la guarda altrettanto stupito di quanto ha detto.

KATIA
(Confusa)
Ma che... che dici?

MARCO
Se potessi, ci starei io con te. Ti vorrei bene io.
Katia lo fissa. Cambia espressionne.

MARCO
Io… se tu volessi… ti vorrei bene io…
Katia esita. Poi lo fissa, aprendosi.

KATIA
E' la verità?
Quella frase ingenua colpisce Marco come uno schiaffo.

MARCO
Io... Sì... è la verità...
La voce di Marco si incrina. Lotta per non piangere... se ne vergona e lotta con gli occhi rossi... Katia se ne accorge. Gli prende una mano, con un'espressione quasi materna, incongrua con la sua età...

KATIA
Ma che cos'hai? Non fare così... Ci sto io qua con te... Piangi?... E' per tuo padre, vero... Vedrai che passa... Ti aiuto io...
In quel momento sopraggiungono le amiche di Katia, sul pontile. La cosa imbarazza Katia e Marco. Lui lascia andare la mano di Katia, scostandosi da lei.

AMICA KATIA
Katia, che fai? Vieni...

KATIA
(Con tono affettuoso e abbassando la voce)
Adesso devo andare... Ci vediamo dopo la festa... Così parliamo... Davvero, eh?
Katia sorride, luminosa. Con un sorriso storto, Marco annuisce.
Katia va via. Marco rimane solo.

76. SPIAGGIA. CABINA. INTERNO NOTTE.
Marco attraversa la festa.
Marco si chiude in una cabina in spiaggia. E' sconvolto, fuori di sè.
Nello spazio angusto, quasi una bara, prende il coltello che aveva nascosto in tasca e lo apre.
Ansimando per la tensione lo punta alla propria gola.
Lotta con se stesso. Geme di rabbia e di dolore, cercando di trovare la forza di recidere la carotide. Batte il pugno contro la parete della cabina, rabbiosamente, poi tenta ancora....
Ma infine rinuncia.
Si lascia cadere a terra, rannicchiato.
Piange dolorosamente, convulsamente.

77. PENSIONE. VERANDA E AREA PARCHEGGIO. ESTERNO NOTTE.
Marco è tornato in mezzo alla festa. Ora è come fuori di sè, con un sorriso appeso alle labbra, come preda di una ebbra incoscienza.
Nota un tale, che sta mostrando un telefono cellulare ad un altro, vantandone le virtù. Come decidendo all'improvviso, si avvicina.

MARCO
Me lo presta un momento?
L'uomo lo guarda, stupito.

MARCO
E' una cosa importante.
L'uomo tende il telefono a Marco.
Marco lo prende, guarda la tastiera. Poi restituisce il telefono.

MARCO
Non so come si fa... Mi fa il numero?

UOMO
Che numero?

MARCO
Il 113.

UOMO
(Sorpreso)
La polizia?

MARCO
Ci vuole il prefisso?

UOMO
No, non ci vuole.
L'uomo fa il numero, poi tende il telefono a Marco.

MARCO
(Al telefono)
Vorrei parlare con l'ispettore Rinaldi... Come non c'è... (Il tono di Marco si fa ansioso) No... non voglio un altro... devo parlare con lui... Lo deve rintracciare... Lo deve rintracciare subito... Ha capito? Io... Io... (Cambiando tono, mortalmente calmo) Non importa... Mi dia... quell'altro... quello che lo aiuta...
Mentre aspetta, il suo sguardo incontra Katia, che sta rientrando nella festa, dal parcheggio, dopo essersi asciugata le lacrime.
Le sorride, con una forza, una sincerità che non ha mai mostrato.
Katia gli risponde allo stesso modo, con lo stesso sorriso.

STACCO
E' molto più tardi. La festa volge al termine. C'è ormai poca gente.
Marco è seduto da solo ad un tavolino.
I camerieri della pensione stanno ripulendo. L'impianto d'amplificazione manda della musica registrata. Qualcuno ancora balla: coppie di mezza età.
Katia sta ballando con suo padre. Sia il padre che lei sono molto contenti.
Il padre sorride, per aver riconquistato sua figlia e anche la ragazzina è felice, anche se il suo trucco è ormai devastato e le dà un'aria sbattuta, come il vestito provocante, inadatto alla sua età, che le balla addosso.
Ogni tanto, mentre balla, Katia guarda Marco.
Arriva sulla strada una macchina della polizia.
Ne scendono due agenti.
Marco si alza. Per un attimo ha un ripensamento, uno sbandamento, si volta, come in cerca di una via di fuga. Muove qualche passo...
Ma i poliziotti lo raggiungono, di fretta.
Accorgendosi del trambusto, sorpreso da quel goffo e rivelatore tentativo di fuga, qualcuno si volta a guardare Marco e i poliziotti.
Marco fa un gesto come a minimizzare, a scusarsi.
Uno dei due poliziotti è Gatti. Marco si aggrappa al suo braccio e lo segue fino alla macchina.
La musica è finita. Il gestore si avvicina al microfono.

GESTORE
(Al microfono)
Abbiamo fatto tardi, eh? Ci siamo divertiti. Ma domattina potete dormire un po' di più. Abbiamo spostato l'ora delle colazione... la sala resta aperta fino alle dieci. Grazie a tutti... Buonanotte.
Marco cerca con gli occhi Katia, ma non la vede più.
Sono arrivati davanti alla macchina della polizia. Marco viene fatto salire. Nell'abbassarsi per entrare, scopre che dentro, seduto accanto al guidatore c'è Rinaldi, in borghese, come se si fosse unito agli altri di fretta, senza il tempo di mettere la divisa. Lo guarda con un abbozzo di sorriso.
Marco gli risponde allo stesso modo, sollevato che lui sia là.
Viene fatto salire dietro.

78. AUTO POLIZIA. INTERNO NOTTE.
Marco si volta a guardare verso la pensione, quando la macchina parte. E' stretto tra Gatti e un altro poliziotto sul sedile posteriore.
Gatti lancia un'occhiata a Marco, quasi di pietà.
Si tira fuori di tasca una caramella e gliela offre.
Marco la prende con riconoscenza, anche se poi non la scarta, si limita a tenerla in mano. E' pallidissimo, in balia dei poliziotti, come un bambino.

GATTI
(Alludendo alla caramella)
Ma mangiala, no? Mica devi chiedere permesso.
Obbediente, Marco scarta la caramella e la mette in bocca.

GATTI
Ma senti... perché l'hai ammazzato?
Marco non dice niente.

GATTI
Era cattivo? Era violento?
Marco scuote la testa.

GATTI
Qualcosa però te le deve avere fatta. Se no, non s'ammazza così. Un motivo c'è sempre.
Marco non risponde. Ma il suo sguardo incontra quello di Rinaldi, e negli occhi del poliziotto c'è la condivisione del segreto di Marco e qualcosa in più: comprensione, solidarietà finalmente.
La macchina corre via.