
Quando vidi per la prima volta I TRE GIORNI DEL CONDOR rimasi del
tutto sconcertato. Non riuscivo infatti a capire il meccanismo
che dà inizio al film - ossia cosa mai avessero letto quegli agenti in
quei libri da rendere necessaria la loro eliminazione. A mia discolpa
devo dire che ero parecchio giovanotto. Poi, rivedendo il film, capii
che come affermava Hitchcock si trattava solamente di un MacGuffin,
un pretesto per raccontare una storia sugli USA. E’ stato solo nel 1982
che ho poi potuto collegare la pellicola con Redford al volto di Pollack,
che del film in questione era produttore e regista, nonché attore nella
parte dell’agente di Dustin Hoffman (TOOTSIE, appunto). Da allora, pensando
ai film girati da Pollack (assieme a quelli prodotti e interpretati, non
necessariamente in quest'ordine, e pensiamo all’epico CORVO ROSSO NON
AVRAI IL MIO SCALPO - che diede il volto ad uno dei personaggi più commoventi
e umani di Giancarlo Berardi, Ken Parker - COME ERAVAMO, oppure NON SI
UCCIDONO COSI' ANCHE I CAVALLI?, per citarne alcuni) ho sempre ritenuto
che la faccia di Sidney Pollack non si adattasse alle storie che racconta.
La sua è una faccia da commedia, buona per TOOTSIE, appunto,
o SABRINA (1995), ma chissà perché proprio non me lo riesco ad immaginare
mentre dirige un film di denuncia come DIRITTO DI CRONACA (1981),
oppure il surwestern JOE BASS L’IMPLACABILE (1968). O
forse è proprio grazie a quella faccia un po' così che
Sidney Pollack ha realizzato dei film così sottili - pellicole che sembrano
a prima vista di "genere" ma che invece narrano sempre, nel bene
e nel male, di qualcosa d'altro.
Una platea fitta e paziente ha accolto al cinema Lumiere di Bologna il
regista statunitense Sidney Pollack, ospite dell'Università e della Cineteca
per una serie di incontri con il pubblico. Preceduto dalla proiezione
del suo capolavoro, I TRE GIORNI DEL CONDOR, Pollack è stato presentato
dal coordinatore dell'iniziativa Franco La Polla, e subito si è
preoccupato di smentirne l'interpretazione di una delle scene madre del
film (il rapporto tra Redford e la Dunaway frammentato dalle zoomate dentro
e fuori dalle foto "senza vita" - come le definisce lui - che il personaggio
di lei scatta ai parchi vuoti). "Non è così profondo", ha detto
ridendo al critico che vi aveva visto un parallelo tra il coito e il movimento
di macchina avanti/indietro. La conversazione è proseguita con
il pubblico per un'altra ora, nel corso della quale il regista ha raccontato
della sua "amicizia telefonica" con Stanley Kubrick, confessando
di essere felice per essere riuscito a vederlo al lavoro. Ha poi affermato
- rispondendo a chi gli chiedeva come mai i suoi ruoli da attori fosssero
sempre negativi (si veda anche MARITI E MOGLI di Woody Allen) - di essere
ancora in attesa di una parte "da brav'uomo quale sono". Ha detto di non
avere un genere preferito, ha proclamato Redford il "suo" attore, soffermandosi
anche sulla lavorazione del film appena visto (tratto dal romanzo "I sei
giorni del Condor", dal quale prende a prestito solo l'idea iniziale,
il massacro durante la pausa pranzo). Prendondo spunto dalla trama (i
comportamenti sporchi della CIA) si è passati facilmente all'attuale
situazione americana: secondo Pollack ora sarebbe molto difficile realizzare
un film come I TRE GIORNI DEL CONDOR.
Gli abbiamo chiesto se poteva dirci qualcosa sugli incontri che Bush ha
promosso con i cineasti americani dopo l'11 Settembre: "Era un tentativo
di promuovere nuove idee per rilanciare l'immagine degli Stati Uniti,
in un momento in cui si sono avvertiti forti sentimenti e rancori antiamericani,
per via dell'imperialismo e della politica estera. Molti hanno ascoltato
educatamente ma questo non vuol dire cambiare le cose nel cinema. La propaganda
è una forma politica, e la forma artistica non deve avere niente a che
fare con questo genere di cose, altrimenti smette di essere forma artistica".
A proposito delle Twin Towers considera un bene l'averle cancellarle dalle
pellicole in programmazione, perché il pubblico, a suo avviso, non avrebbe
potuto, vedendole, che pensare alla tragedia. Infine, prima di salutare
e andarsene, per una ragazza che gli chiedeva un consiglio per una regista
non ha avuto risposte.
Meno brillante di Peter Weir, meno divertente di Kusturica (entrambi ospiti
in passato di analoghe serie di incontri), Pollack ha però
dimostrato di essere un professionista interessato a fare il suo mestiere
sempre al meglio delle proprie possibilità.
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